Il titolo del volume richiama un'espressione di sant'Agostino ("... et fides orat") e riporta indicazioni pratiche su come giunge e opera in noi "la grazia", attraverso l'umiltà, la preghiera, il sacramento della confessione e le opere buone. Un invito a lasciarsi stupire dall'incontro con il Signore. "L'uomo con la sua ragione può intuire che la felicità è in Dio, ma, senza l'attrattiva della grazia, non può goderne".
Che cos'è la coscienza morale? È un prodotto, nell'essere umano, dell'educazione o ha una sua autonomia? È creatrice del bene o lo decifra? È repressiva verso il soggetto o può essere una guida perfettiva? Produce solo conflitti interiori o può essere principio di unificazione del sé? Qual è il suo rapporto con le emozioni? Qual è la genesi della conoscenza morale di cui si avvale? La coscienza e le norme morali sono due poli contrapposti? Può la coscienza stabilire delle eccezioni alle norme? E l'obiezione di coscienza è un istituto legittimo o un arbitrio anarchico? A queste e ad altre domande cerca di rispondere il presente libro che (confrontandosi con Marx, Nietzsche, Freud, Tommaso, Kant, Rosmini, Smith, Arendt, Ricoeur e vari altri autori) focalizza alcune delle dinamiche e dimensioni dell'interiorità umana, dell'io al centro dell'io e della sua stupefacente e misteriosa profondità.
Le stelle cadenti. I matti nei paesi. Le portinerie. I peli superflui. Il tacco 3. Il corredo. Arrampicarsi sugli alberi. Le cabine telefoniche. Le lettere d'amore. Dirsi addio. Quello che abbiamo perduto racconta chi siamo.
Un libro agile, quasi un piccolo bignami. Per non dimenticare il Concilio, per ripassare i passaggi fondamentali, per scoprire - o riscoprire - le novità fondamentali che hanno cambiato il nostro modo di essere nella Chiesa. Monsignor Giacomo Canobbio, teologo di fama, racconta il Concilio Vaticano II alla giornalista Annachiara Valle. Un dialogo denso che fa giustizia dei luoghi comuni e degli attacchi che ciclicamente si ripetono su uno degli eventi fondamentali che ha segnato la storia della Chiesa. Un libro da portare con sé, da consultare spesso per "far camminare" il Concilio anche sulle nostre gambe.
Ultima grande epopea, erede di Omero e Virgilio, di Dante, la "Gerusalemme liberata" è insieme il primo poema moderno, prepara il canto di Leopardi e Baudelaire. Inaugura così un sentimento di lontananza, di perdita che si incide nella coscienza, nelle arti europee. E a questa mancanza il Tasso fissa una meta, Gerusalemme, patria terrena e celeste, che attingendo alle radici bibliche, immemoriali del sacro, proietta la sua poesia nell'orizzonte di un luogo cardine della costruzione e delle aporie della contemporaneità. È una 'funzione' il Tasso - opera e mito biografico - necessaria per comprendere l'Europa di Mozart e di Leopardi, per ritrovare una matrice, e dei rimedi, alle nostre ferite.
Il brillante ingegnere che ha rinunciato a tutte le proprie amicizie e a cercare l'amore. Il manager rampante che colleziona avventure galanti ma fugge terrorizzato non appena qualcuna si innamora di lui. L'attrice sul viale del tramonto che, affetta dalla "sindrome del bastardo", si accompagna soltanto a uomini violenti. Il cinquantenne brizzolato che tradisce compulsivamente la moglie perché "l'infedeltà fa parte della coppia"... Sono solo alcuni dei protagonisti dei casi clinici illustrati dallo psichiatra e psicoterapeuta Giacomo Dacquino, ognuno con una storia diversa ma tutti esempi della generale crisi dei sentimenti - soprattutto dell'amore - e dell'immaturità affettiva che sembrano caratterizzare la società contemporanea. Oggi troppo spesso si è portati a privilegiare la "quantità" dei rapporti anziché la loro "qualità", salvo poi accorgersi che, così, ci si condanna irrimediabilmente alla solitudine. Dacquino ci spiega che ogni autentica relazione d'amore è fondata sul dialogo, sullo scambio e la condivisione di pensieri ed emozioni, e che la prima causa del fallimento di tanti legami, anche di quelli che sembravano "eterni", è il progressivo esaurirsi della comunicazione (verbale e non) tra i partner dovuto alla fretta, alla routine e, soprattutto, alla mancata cura dei sentimenti. Perché uno dei tratti più negativi dei nostri giorni è costituito dall'egocentrismo e dall'analfabetismo affettivo, cioè l'incapacità di dire "Ti amo" non solo con le parole ma anche con il cuore.
Sollecitato dalle riflessioni di Gilberto Pressacco e in seguito alla ricognizione della sua biblioteca, in cui colpisce la consistente bibliografia pasoliniana, questo saggio ripercorre le sue ricerche storiche, musicali e teologiche, rintracciando al loro interno una fitta rete di elementi legati all'opera e al pensiero di Pier Paolo Pasolini. Al centro è il "mistero contadino", rievocato da quest'ultimo nei versi della "Religione del mio tempo", con rinvio al mistero archetipico ed evangelico del seme che, solo morendo, genera frutto. Il carattere universale di questo "mistero" e la lezione "contadina" sulla ciclicità dell'esistenza che ne deriva si riflettono nella ricerca del sacro che ha alimentato prima lo sguardo poetico di Pasolini e poi il vertiginoso scavo nelle origini della chiesa aquileiese condotto da Pressacco. Da angolazioni diverse ma convergenti, e pur nella specificità dei rispettivi percorsi di vita e di pensiero, queste due intelligenze non conformi illuminano un Friuli diverso, in cui palpitano i corpi, la lingua, la danza e il canto di una terra antica e sacra.
Le Operette morali, composte nel 1824 e rimaneggiate fino al 1835, sono una raccolta di racconti e dialoghi che Leopardi dice di aver progettato «quasi per vendicarmi del mondo». Si tratta di scritti che risentono della “conversione filosofica dell’autore ed esprimono, con la chiarezza di una prosa pungente, la sua prospettiva sulla vita. Leopardi dà spazio libero al suo pessimismo esistenziale dipingendo l’esistenza umana come una ricerca continua e necessariamente insoddisfatta di un orizzonte infinito ed eterno. Nelle Operette troviamo affiancate la profonda riflessione esistenziale e la tagliente ironia che schernisce la piccolezza della vita umana: la risata è l’unico conforto possibile di fronte al male del mondo.
Luca Pancalli ha diciassette anni quando, giovanissima promessa del Pentathlon moderno, diventa tetraplegico in seguito a una caduta da cavallo durante una competizione internazionale in Austria. Per lui è l’inizio di una nuova vita, fatta di piccole e grandi sfide quotidiane, di comprensibili momenti di sconforto ma anche di caparbia determinazione per la conquista di nuovi traguardi, costantemente sostenuto dagli affetti familiari e soprattutto da una forza d’animo e di volontà straordinarie. Nonostante sia costretto sulla sedia a rotelle, torna a praticare sport a livello agonistico, partecipando a quattro edizioni dei Giochi Paralimpici e conquistando in tutto otto medaglie d’oro, sei d’argento e una di bronzo che gli regalano il titolo di atleta paralimpico più medagliato dell’era moderna. Percorre una brillante carriera di dirigente sportivo e si impegna fortemente per la nascita e la crescita del movimento paralimpico italiano. La sua vita è una eccezionale vicenda umana, sportiva ed esistenziale, raccontata con una grandissima empatia dall’amico giornalista Giacomo Crosa. Un fulgido esempio di cosa voglia dire essere uomini di sport nell’anima.
Giacomo Crosa - Prima Inviato speciale Rai e poi voce e volto storico di Mediaset, Vicedirettore Sport RTI. A ventun anni partecipa ai Giochi Olimpici di Città del Messico, guadagnando il Diploma d’onore olimpico per il sesto posto nella gara di salto in alto, ancora oggi il miglior piazzamento ottenuto da un atleta italiano in una finale olimpica. Come giornalista ha seguito tutte le più importanti manifestazioni sportive nazionali e internazionali dagli anni Settanta a oggi. Allievo e poi docente della Scuola dello Sport. Maestro di Sport. Oltre a numerosi premi e riconoscimenti, nel 2010 è stato insignito della distinzione onorifica di Ufficiale dell’Ordine “Al merito della Repubblica Italiana”.
Luca Pancalli - Avvocato, dal 2000 presidente del Comitato Italiano Paralimpico, dal 2005 vice presidente del CONI. Ex pentatleta, nuotatore paralimpico, è più volte primatista mondiale, partecipa con successo a quattro Paralimpiadi, quattro campionati del mondo e cinque europei. Nel 1993 inizia la sua carriera di dirigente sportivo. È commissario straordinario della Figc nella stagione 2006-2007. Dal 2005 segretario generale del Comitato Paralimpico Europeo. Tra i riconoscimenti ricevuti quattro medaglie d’oro al valore atletico, la stella d’oro e nel 1997 il Collare d’oro, massimo riconoscimento del Coni per meriti sportivi. Riceve dal presidente della Repubblica Ciampi l’onorificenza di Ufficiale nel 2001, di Commendatore nel 2004 e di Grande Ufficiale nel 2006. Nel 2010 gli viene conferito il Paralympic Order dal Comitato Paralimpico Internazionale (ipc). È padre di due figli.
Autore:
Coccolini Giacomo
Insegna Filosofia della religione presso l'Istituto superiore di Scienze religiose di Bologna (Facoltà teologica dell'Emilia Romagna). È autore di numerosi libri.
Contenuti:
I tratti essenziali del cattolicesimo attraverso la storia, la teologia, la liturgia e altre pratiche religiose, la morale. In evidenza, alcune grandi questioni che sfidano i cattolici oggi: la pace e la guerra, lo "spirito del tempo" postmoderno, la ricerca di un'etica universale.
In particolare in questo volume, dedicato allo spirito del cattolicesimo ancor prima che alle sue concretizzazioni storiche, si parla di:
• L'etimologia, la storia e il senso del termine "cattolico";
• La visione della storia umana come storia della salvezza;
• La correlazione tra Scrittura e tradizione;
• Il rapporto tra liturgia e vita;
• La morale cattolica davanti a questioni calde come la ricerca di un'etica universale, la guerra e la pace, il rapporto con la politica.
Inoltre, le tendenze teologiche dopo il Concilio Vaticano II e il tema del dialogo interreligioso e interculturale.
In occasione del centenario della nascita di don Giuseppe dossetti, il card. Biffi offre questo libro che ne ripercorre le tappe fondamentali del pensiero, della vita, della teologia.
Nessun semaforo, una manciata di case e negozi, e un campanile che svetta come un faro nel mare verde dell'Alto Milanese, già però punteggiato di fabbriche e fabrichette che ne stanno cambiando irrimediabilmente la fisionomia. E, soprattutto, volti e voci di un'umanità anch'essa in trasformazione, ma ancora sospesa prima della "rivoluzione". Sono gli anni Sessanta e Settanta, e il paese, con i suoi ritmi lenti, i suoi riti, i suoi "personaggi", riesce ancora per un momento, forse per l'ultima volta, a dare significato e calore alla vita dei suoi abitanti. Villa Cortese, in questo senso, incarna tutti i paesi di un Nord Italia che si avvia al boom economico senza sapere che poi niente sarà più come prima, del tutto ignaro dei costi della travolgente corsa al benessere. Custode fedele di questi ricordi, Giacomo Poretti ce li porge con la delicatezza di chi sa di maneggiare qualcosa di fragile e unico, con il candore di uno sguardo infantile acuto ma privo di malizia. Il suo umorismo non è mai crudele, e non c'è ombra di sarcasmo - semmai affetto e compassione - per un piccolo mondo al tramonto. All'interno di questa storia corale, che si dipana tra colonie estive, scuole, oratori, bar, officine, campi e garage, si susseguono le stagioni della vicenda di un uomo che, lungo il proprio percorso, avvertirà tutta l'angustia e i limiti del paese, l'insidia nascosta nel suo abbraccio protettivo.