«Voz de Dios» se pensaba la conciencia, a causa de la autoridad prescriptiva absoluta de sus juicios. «He aquí la voz de Dios» se piensa hoy, más bien, en tono más humilde, conscientes de la necesidad de verificar la autenticidad de lo que resonó en lo íntimo con tanta fuerza categórica de obligación interior. ¿Quién habla en mí con la voz de mi conciencia? ¿Un intruso que vulnera mi libertad? ¿O un huésped, esperado desde siempre, por ser aliado y familiar, «más íntimo a mí que yo mí mismo»? Es necesario un discernimiento, ciertamente. Pero para ello se necesita más todavía una formación.
L'amore è l'esperienza fondamentale della vita umana, dalla quale dipende il suo senso e la sua realizzazione. Non c'è persona che non desideri amare ed essere amata. Non si tratta di un desiderio come gli altri, che hanno un'importanza relativa per la vita. Si può vivere senza denaro, senza cultura e persino senza salute, ma non si può vivere senza amore. L'essere umano, fin dal momento in cui entra nel mondo, è affamato di amore più di ogni altra cosa. Gli puoi dare tutto, persino l'intero universo, ma non saprebbe che cosa farsene se non trovasse un cuore dove abbeverarsi e dove riposare. L'amore è ciò che tutti desiderano e senza il quale non si è felici.
All'inizio del Novecento l'Europa comandava il mondo. Il suo impero coloniale era vastissimo e la popolazione cresceva a ritmo sostenuto. La guerra aveva cessato da tempo di decimare le giovani generazioni. Scoperte e innovazioni producevano il miglioramento delle condizioni di vita anche delle masse rimaste in povertà. La natura, che nei secoli aveva disseminato epidemie e carestie, sembrava sotto controllo. Ma nel volgere di trent'anni si succedono due catastrofi immani. La forza distruttiva delle decisioni e delle azioni determinate dalla politica sovrasta la potenza rovinosa degli eventi naturali. I due conflitti mondiali con decine di milioni di morti, le guerre civili, le carestie, le migrazioni forzate, la pulizia etnica e il genocidio sono il frutto avvelenato di azioni politiche e mietono vittime assai più numerose di quelle provocate dai microbi, dal clima o da altri eventi naturali.
Il nostro tempo, in particolare nei Paesi di antica cristianità, sta sperimentando una crisi di fede come mai era avvenuto nella storia bimillenaria della Chiesa. Le cause sono molteplici, ma una è facilmente identificabile da tutti: si perde la fede perché si smette di pregare. La preghiera è come l’acqua che tiene in vita il fiore. Se ogni giorno ne viene data qualche goccia, il fiore cresce e manifesta tutta la sua bellezza. Diversamente appassisce e muore.
Perché la fede riprenda a fiorire è necessario che i cuori, prima ancora delle labbra, ricomincino a pregare. La preghiera cristiana rispecchia la pienezza della fede e nel medesimo tempo la alimenta. Come la fede è un dono di grazia, così è la preghiera cristiana. Quanti cristiani si rendono conto che la loro preghiera è quella del cielo che è stata data in dono all’umanità pellegrina? Pregare è qualcosa di bello, di profondo, di connaturale all’uomo e perfino qualcosa che viene spontaneo. La preghiera è il respiro dell’anima.
“Voce di Dio” si definiva la coscienza, a causa dell’autorità prescrittiva assoluta dei suoi giudizi. “Eco della voce di Dio” si pensa oggi piuttosto, in tono più umile, consapevoli della necessità di verificare l’autenticità di ciò che è risuonato nell’intimo con tanta categorica forza di obbligazione interiore. Chi parla in me con la voce della mia coscienza? Un intruso che vìola la mia libertà? Oppure un Ospite, da sempre atteso, perché alleato e familiare, “più intimo a me di me stesso”? È necessario un discernimento, certo. Ma per questo è necessaria ancor più una formazione. La tradizione classica più che sulla coscienza faceva perno sulla prudenza, virtù che perfeziona la ragione pratica nel suo esercizio concreto. Essa si nutre della memoria e della promessa, matura nella docilità verso le persone più sagge e nell’apertura alla comunione con gli altri. La prudenza nasce da questa reciprocità virtuosa dei buoni che in una comunità sanno ridestare le evidenze fondamentali sul bene. Costruire tali comunità, oasi di umanità, nel deserto dell’emotivismo post-moderno, è compito primario per la Chiesa.
Sempre più - nel nostro Paese e nell'Occidente globalizzato - la fede cristiana sembra persa o addirittura rinnegata. È una semplice evoluzione dei costumi? Un'irresistibile ascesa della secolarizzazione a seguito del progresso scientifico e tecnologico? O il sorgere di un mondo nuovo senza Dio, in cui l'uomo sceglie di idolatrare surrogati - il denaro, il potere, il piacere - e, in ultimo, anche se stesso? L'apostasia è l'abbandono formale e volontario della propria religione. Molti lasciano infatti le pratiche e la morale tradizionale in un processo lento, ma inesorabile, che pare non avere fine e che allontana l'umanità dalla luce di Cristo. In questo suo saggio, padre Livio lancia un forte grido, supportato anche dai messaggi che giungono da Medjugorje e che invitano a non indugiare, poiché il momento di tornare a Gesù è adesso.
Al tema della fede, padre Livio ha dedicato una serie di catechesi radiofoniche settimanali rivolte ai giovani, raccolte in questo libro. Non ha enumerato e spiegato le singole verità che la Chiesa ci consegna nel Credo, ma ciò che viene prima: come e perché nasce la fede, come e perché la fede scompare o addirittura non nasce. Ecco perciò il titolo del libro: "Le sorgenti della fede". Con un linguaggio chiaro e appassionato, padre Livio parla ai ragazzi, manifestando la sollecitudine educativa che caratterizza tutto il suo ministero sacerdotale, animato dalla convinzione incrollabile che abbracciare la fede significa avviarsi a vivere una vita che è, già dal primo istante del nostro esistere, vita eterna: cioè vita che corre ininterrottamente verso la pienezza cui Dio ci ha chiamato.
Il cuore della fede cristiana è la persona di Gesù Cristo, il Figlio di Dio che si è fatto uomo per salvarci. Nel momento in cui venisse meno questa fede, il cristianesimo si dissolverebbe, anche se venisse conservato tutto il suo straordinario impianto spirituale. Infatti i misteri dell'incarnazione e della Santissima Trinità sono i cardini sui quali è costruito l'intero edificio della fede. Nella misura in cui questa verità di fede venisse offuscata, prendendo a motivo il dialogo con le altre religioni, il cristianesimo perderebbe il suo centro vitale. L'obiettivo, più o meno consapevole, sarebbe quello di eliminare dalla professione di fede cristiana gli elementi che impediscono di inserire Gesù Cristo nel pantheon mondiale tra i tanti rappresentanti della spiritualità umana. Da sempre il principe di questo mondo ha operato per eliminare la fede in Gesù Cristo. Oggi lo fa con la menzogna della nuova religione mondiale, dove l'umanità idolatra si mette al posto di Dio indicando se stessa come dio.
Nel 70 d.C. Tito distrugge il Tempio di Gerusalemme radicalizzando gli animi delle comunità ebraiche di Antiochia, Cipro, Egitto e Cirenaica. Durante l’esilio gli scampati alla catastrofe coltivano la speranza, politica e messianica, di rientrare in terra d’Israele e ricostruire il santuario, in una sorta di nuovo Esodo.
In questo contesto, Traiano, dopo aver conquistato la Dacia, si prepara ad invadere l’Oriente ma ha bisogno del supporto delle comunità giudaiche fiorenti nell’impero partico. Per questa ragione concede loro un aiuto finanziario, autorizzando l’allestimento di una via presidiata per il ritorno in Giudea e di banche per finanziare la ricostruzione del Tempio. L’imperatore conquista cosí Armenia e Mesopotamia.
Tuttavia, l’operazione diplomatica scatena aspre ostilità fra gli ebrei e le popolazioni greche cittadine. Le comunità ebraiche dei territori appena conquistati insorgono e l’interludio di tolleranza cede presto il passo a una guerra sanguinosa e distruttiva le cui ricadute dureranno millenni.
"Riferiscono persone vicine al Presidente Giorgio Napolitano che egli, negli anni del suo mandato, cercava suggerimenti e informazioni sull'estensione dei suoi poteri e sui modi corretti del loro esercizio leggendo frequentemente la voce 'presidente della Repubblica' scritta per 'L'enciclopedia del diritto' da Livio Paladin. È questa una notizia che riesce utile per aprezzare la riproposizione in edizione riveduta e corretta del 'Diritto costituzionale' di Livio Paladin, che Ludovico Mazzarolli e Dimitri Girotto si sono assunti generosamente il compito di curare." (Dalla prefazione di Sergio Bartole)
Nella Roma imperiale pochissimi furono gli imperatori che seppero distinguersi sul campo di battaglia per valore e per le loro gesta. Tra questi spicca senza dubbio Traiano, primo imperatore proveniente da una provincia, che con le sue conquiste seppe portare l'Impero alla sua massima estensione territoriale. Traiano fu protagonista di memorabili successi militari, come la conquista della Dacia del re Decebalo, arrivando a essere paragonato ad Alessandro Magno per aver esteso sino a Oriente i confini dell'Impero con l'annessione dell'Arabia, dell'Armenia, dell'Assiria e della Mesopotamia. Ma si distinse anche per i provvedimenti in campo politico, economico, sociale e urbanistico, dimostrandosi un abile politico, un attento e lungimirante amministratore. Traccia immortale del suo governo sono la Colonna traiana e i Mercati traianei. In ragione di ciò Traiano è considerato - insieme ad Augusto - uno dei più grandi imperatori della storia di Roma, nonché uno degli statisti più virtuosi e completi della Storia.