Il volume esamina il testo Gespräche mit den Schizophrenen (1978) (Colloqui con gli schizofrenici) - i colloqui dello psichiatra Leo Navratil con i pazienti della casa di cura austriaca Maria Gugging - attraverso un'analisi semantica di matrice cognitivista delle strutture del movimento opposte a quelle della stasi. Sulla base di un approccio metodologico transdisciplinare che integra cognitivismo e fenomenologia, l'individuazione di tale frame semantico antitetico viene messa in relazione alla ricerca psichiatrica di una prospettiva temporale futura opposta alla dimensione statica della psicosi.
"Caro sindaco, prima di morire devo dirlo a qualcuno: nell'inceneritore abbiamo smaltito la roba di Seveso." Siamo a Mantova nel 2002 e chi parla è un anziano ex operaio della Montedison. È da poco deflagrata la notizia che una ricerca epidemiologica ha riscontrato tra gli abitanti della zona contigua al petrolchimico di Mantova una frequenza anomala di sarcoma dei tessuti molli, un tumore correlabile direttamente con la presenza di diossina. Ma è possibile che i resti tossici del più famoso disastro ecologico italiano siano finiti nell'inceneritore di Mantova, quando invece si è sempre sostenuto che fossero stati mandati fuori dall'Italia? Quando scoppia il caso, già da molti anni Paolo Rabitti, ingegnere mantovano, si sta specializzando nello studio e nella lotta contro le violazioni della normativa ambientale. Rabitti si mette alla ricerca delle tracce di quella che sarebbe una terribile connessione tra Mantova e Seveso. Dalle prime indagini sull'inquinamento dell'aria di Mantova, fino alle ricerche sulla presenza di diossina nel sangue dei mantovani, passando per una completa revisione di tutto quello che si sa del disastro di Seveso, Rabitti racconta in questo libro più di un decennio di ricerche: un'inchiesta su un mistero italiano e il romanzo di formazione di un cittadino che per difendere i beni comuni lotta con le armi della scienza, dell'indignazione e della coscienza civile. Con una prefazione di Salvatore Settis.
Nel mondo contemporaneo la distinzione dominante non è più quella tra lavoro intellettuale e manuale, ma quella tra lavoro e non lavoro, tra tempo occupato e tempo libero, tra ciò che è utile per l'individuo e la società e ciò che appartiene al gioco e alla festa.
Una santa moderna, madre di famiglia, colta, attenta ai poveri e alla carità. Col motto "Unico fine la gloria di Dio" si spese per gli altri donando generosamente sé stessa e le proprie sostanze. La vita di Maria Biffi Levati, donna benestante monzese (1835-1905), è una storia di santità vissuta nell'ordinario. Rimasta vedova prematuramente, la protagonista di questo libro ha maturato la convinzione che non valga la pena preoccuparsi troppo dei beni di questa terra, che finiscono, ma che sia più utile - e umano anche - cercare il Regno di Dio, fin da ora, secondo l'invito di Gesù dell'amore al Padre dei Cieli e al prossimo. Nonostante fosse già madre di tre figli suoi, Maria, dopo la morte del marito, ha dilatato la propria maternità dedicandosi all'accoglienza e al soccorso dei poveri e dei malati della sua città. Un'azione di carità che, per l'incontro con il sacerdote, oggi beato, Luigi Talamoni (che divenne sua guida spirituale per 27 anni, fino alla morte, e fu il suo primo biografo), ha generato un'opera: la congregazione delle suore Misericordine presenti ormai su tutto il territorio nazionale e all'estero (nel Canton Ticino e in Africa). Maria Biffi Levati - sottolinea lo storico Edoardo Bressan - ha vissuto con la dolcezza e il sorriso, così come la sua vita spirituale appare serena e concreta, nella consapevolezza che la vera devozione è inseparabile dalla carità.
"Opera di grande giornalismo e di intensa testimonianza morale, 'ROma 1943' pubblicato per la prima volta nel 1945 - resta un modello inarrivabile di cronaca autentica, di verità essenziale che poco o nulla ha a che vedere con la tradizione spesso dissimulatrice del giornalismo italiano. Ne era consapevole lo stesso Monelli: 'Mi pare che da questa cronaca pur scarsa e lacunosa esca già una lezione terribile per tutti noi: spesso, scrivendo, mi pareva di fare un doloroso esame di coscienza'". Così, nella introduzione, Lucio Villari ci ricorda che questa consapevole onestà intellettuale è stata fondamentale per fare di "Roma 1943", a cinquant'anni dalla prima pubblicazione, un vero libro di storia. E, per il piacere del lettore, l'autore non dimentica, nel far cronaca, il gusto per l'ironia, senza lasciarsi sfuggire le situazioni paradossali che sempre si accompagnano ai drammi.
Quaranta domande dei ragazzi alle quali non è facile rispondere. Domande profonde e impegnative che spesso spiazzano genitori e adulti ai quali vengono poste a bruciapelo. Gli argomenti sono i più disparati, ma tutti trattano questioni di crescita personale, di relazione con gli altri e con Dio. Paolo Curtaz ha raccolto la sfida e ha risposto a ogni domanda con la freschezza e l'energia che lo caratterizzano e con l'onestà e la trasparenza che i ragazzi meritano. Ogni risposta è commentata ironicamente da Ippo, il personaggio creato da Stefano Frassetto. Età di lettura: da 8 anni.
Il volume si interroga sulla relazione tra la creatività giovanile e alcune nuove forme dell'audiovisivo, concentrando l'attenzione sul successo della piattaforma di contenuti YouTube. La domanda di fondo da cui muove il testo non è come i media influenzano i giovani spettatori, quanto piuttosto come questi si avvicinano ai loro meccanismi tramite la mediazione di processi di riscrittura creativa. Abbandonare i pregiudizi verso queste forme della cultura partecipativa giovanile è essenziale per avvicinarsi alla comprensione del modo in cui si costruisce e si trasforma l'esperienza mediale di molti ragazzi. Per molti adolescenti che smontano, manipolano e riassemblano materiali audiovisivi l'abilità sul versante tecnico è chiaramente uno strumento per esprimere la propria posizione nei confronti di un racconto e per entrare in relazione con una comunità. Nel testo, con l'ausilio di molti esempi, vengono prese in esame alcune delle modalità espressive più ricorrenti tramite le quali giovani consumatori creativi contribuiscono a trasformare e a condividere le forme e i linguaggi dell'audiovisivo.
Avvicinare il panorama dei media nella prospettiva semiotica significa osservare un mondo complesso e in continua evoluzione cercando di cogliere, dietro la molteplicità di linguaggi, generi e formati, una serie di logiche di fondo. Quali sono i meccanismi complessi e stratificati sui quali si basa l'efficacia di forme comunicative che appartengono alla nostra esperienza comune? Come scomporre e approfondire testi consolidati e apparentemente ovvi come uno spot pubblicitario, un quotidiano, un programma televisivo di approfondimento? Il libro propone un primo approccio ai testi mediali attraverso percorsi di analisi, schede, esempi, domande.
La geografia in Guido Gozzano ha coordinate semplici e, se si esclude il passaggio in India, di per sé eccezionale e raccontato in "Verso la cuna del mondo", tutta si risolve nel viaggio verso l'infanzia , verso il materno paese canavesano che in qualche modo fa da contraltare alla gaia Torino, "città favorevole ai piaceri". Agliè, il dolce paese che non dico, è dunque il rifugio, il luogo eletto della solitudine e dell'ironica meditazione poetica, popolato di fantasie e in qualche modo, visti i costanti traffici col passato, anche di fantasmi. Come sempre capita con i poeti, è inutile cercare Gozzano nel Canavese, l'operazione giusta è semmai quella contraria e cioè quella di cercare il Canavese in Gozzano, attraverso una rilettura dei suoi versi e delle sue prose: lettere, articoli, piccole memorie. Paolo Mauri, che di Gozzano scoprì e pubblicò nel 1966 la prima stesura de "L'assenza", ricostruisce la trama sottile che lega il poeta ai suoi luoghi e al milieu culturale da essi rappresentato, ponendo sullo sfondo le figure di Massimo d'Azeglio e di Giuseppe Giacosa: due conterranei che non per nulla "arredano" i suoi versi. L'indagine vuole essere un omaggio all'autore dei "Colloqui" e insieme uno strumento per meglio sondare il miracolo di una poesia profonda e originalissima ma capace di apparire lieve come una favola d'altri tempi.