Oppressa da una frenetica gestione del tempo, la nostra epoca ha un grande bisogno di pazienza, virtù protagonista in questo libro di Paolo Pejrone, senza alcun dubbio nostro "giardiniere" per eccellenza, principale responsabile della nuova attenzione culturale che circonda piante e giardini. Il lavoro del giardiniere richiede un senso diverso del tempo e del vivere: "in giardino non c'è fretta", come recita uno dei capitoli del libro. Il tempo della natura non può essere forzato e costretto. E, in questo modo, l'astuzia della ragione ci conduce a una sorta di "piccola ecologia del bello": il bello diventa un mezzo per raggiungere il buono. Il curare i fiori, il crescere con delicatezza e attenzione piante e alberi si rivela, nella sua necessaria lentezza, un modo per cambiare il nostro atteggiamento verso il tempo. "La pazienza del giardiniere" vuole chiarire e ribadire la concezione, imperniata sulla semplicità, che Pejrone ha del giardino, aborrendo e esecrando ogni sofisticazione, sia concreta che metaforica. Il libro evidenzia poi il rapporto che la società civile deve avere con il verde pubblico, denunciando il dilettantismo e l'arroganza con i quali spesso si agisce nel costruire e curare giardini e altri spazi comuni.
Dal bullismo, che è troppo facile liquidare come «ragazzata», all'abuso di alcol, tra le prime cause di morte fra i giovani, dal 7 in condotta, necessario perché solo la presenza di regole insegna a rispettare il prossimo e a riconoscere i propri limiti, al telecomando, che insieme a Facebook e all'iPod indirizza verso un uso «surfistico» delle relazioni, improntate cioè all'eccitazione momentanea, alla comodità, che porta a evitare la fatica della riflessione... Un importante, meditato, utilissimo abbecedario dove ogni parola chiave è l'occasione per raccontare una storia vera, che ci riguarda. Attraverso l'esperienza decennale di incontri con le famiglie nelle diverse province italiane, Paolo Crepet parte dai nostri gesti quotidiani per ragionare sulle sfamiglie di oggi, quelle che passano insieme non piú di 40 minuti al giorno, quelle dove i genitori sembrano arrendersi, concedere tutto ai figli per paura di sentirsi rifiutati o solo per senso di colpa. E ci aiuta a guardare con responsabilità a ciò che abbiamo costruito, talvolta sfasciato. Perché educare significa «accompagnare», voler rischiare di credere nell'altro, avere coraggio: proprio come amare.
Così, nella prefazione a Sfamiglia, Paolo Crepet spiega le ragioni che lo hanno spinto ad affrontare il tema della famiglia:
«Ho deciso di scrivere spinto da un bisogno impellente, comune aIle persone di buon senso: la percezione che ciò che stiamo vivendo non sia frutto di errori di percorso o involuzioni impreviste, ma di una straordinaria mutazione antropologica che coinvolge la famiglia, i giovani e Ie loro culture, ovvero l'intera comunità. Una mutazione che non dovrebbe indurre spavento ma curiosità, attenzione, voglia di provare a capire cosa sta accadendo e cosa potrà accadere.
Questo vademecum nasce dunque dal desiderio di cercare e accettare il confronto con tale nuova e inusitata complessità, anzi, di sfidarla. Ho cercato una modalità di scrittura nuova per me, che accogliesse la necessita di guardare alIa cronaca come a una metafora, a volte annichilente, delle nostre relazioni; di raccontare ciò che vedo e ascolto perché da gesti semplici e parole quotidiane si possa trarre ragionamento e critica; di ripensare ai miei vecchi e più recenti maestri per dire aIla mia generazione che senza di loro si procede alIa cieca; di riascoltare la mia musica e di ripercorrere alcune mie letture formative per ricordare a me stesso e a chi leggerà quanto dietro e dentro una nota o una pagina ci siano risposte a domande che abbiamo smesso di farci.
Un libro daIla forma di suk, il suono di una jam session, i colori di uno di quei cieli che mio nonno materno chiamava «da battaglia», sovrastanti il combattimento campale di una raffigurazione seicentesca. Contiene spunti, riflessioni, citazioni, note attorno al tema più importante e alla prova più determinante che dobbiamo affrontare: il nostro comune futuro, ovvero l'educazione e la crescita delle generazioni nuove.»
Questo libro è un atto d'amore. Per la musica. Per i suoni. Per lo strumento, la tromba, compagno di strada di una vita. Dentro c'è tutto l'universo di un artista sempre più apprezzato e conosciuto sia in Italia sia all'estero. C'è il legame con le radici sarde, i silenzi di una campagna selvaggia rotti dal fruscio delle foglie e dai belati delle pecore. C'è la scoperta della vocazione musicale e il severo tirocinio di un artista. C'è l'incontro con Miles Davis, modello e ispiratore di sempre. E c'è un'idea della musica come esplorazione incessante di paesaggi sonori. La tromba di Fresu ha dato lustro alla nouvelle vague del jazz europeo, le sue incursioni nel pop e nella musica colta hanno contribuito ad aprirle nuove strade, la sua passione e generosità hanno aiutato ad avvicinarla a un pubblico sempre più ampio.
Dagli anni di Odoacre e di Teodorico fino alle soglie dell'età romanica, Paolo Cammarosano segue nascite, crisi e trasformazioni di aristocrazie protagoniste di strutture differenti di potere: da quelle di stampo classico, legittimate da un'antichità di stirpe e da un ruolo di pubblica ufficialità, a quelle sviluppatesi nelle vicende delle conquiste militari e delle carriere ecclesiastiche, ai notabilati cittadini dei secoli VIII e IX, ai nuovi meccanismi della fedeltà personale di età carolingia, alle formazioni di marchesi e principi in endemico conflitto per la corona d'Italia, ai conti delle città, al pullulare dei cavalieri e al loro radicarsi nei castelli nel X secolo. Agli inizi dell'XI secolo, con l'irrequietudine politica sia nelle città che nelle campagne, si avranno le prime importanti manifestazioni di una dinamica che finirà per imporre forme nuove di vita sia civile che ecclesiastica.
La globalizzazione è un prodotto della modernità occidentale, la conseguenza di un processo cumulativo e trasformativo scatenato dagli spettacolari sviluppi delle comunicazioni, della liberalizzazione economico-finanziaria e dell'apertura delle frontiere. Ormai la globalizzazione è un processo sociale irreversibile. Ogni Paese deve fare la sua parte nel mantenere sani i "fondamentali" dell'economia, nel migliorare le scuole, rispettare la legalità internazionale. La globalizzazione ha bisogno di una effettiva governance globale. Non di un utopico "stato mondiale", ma della cooperazione internazionale e della vasta rete di contatti tra individui e aziende, emersa negli ultimi venti anni. La leadership politica dovrebbe sentirsi attratta dall'opportunità di riformare le attuali istituzioni multilaterali (o di definire i contorni di istituzioni nuove) e aprire al mondo una nuova era di prosperità nella libertà e nella sicurezza. Una sfida intellettuale paragonabile a quella che si trovarono di fronte i padri fondatori degli Stati Uniti, quando vennero chiamati a disegnare le istituzioni per governare uno spazio senza frontiere e costruire una nazione "a pluribus unum": l'unità nella diversità della popolazione americana.
"A chi chiede a che cosa serva la filosofia, bisogna rispondere aggressivamente perché la domanda è volutamente ironica e caustica. La filosofia serve a denunciare la bassezza del pensiero in tutte le sue forme, a trasformare il pensiero in qualcosa di aggressivo, attivo e affermativo, a formare uomini liberi, che non confondano cioè i fini della cultura con gli interessi dello stato, della morale o della religione, a combattere il risentimento e la cattiva coscienza che hanno usurpato in noi il pensiero, a sconfiggere infine il negativo e il suo falso prestigio."
In un'ex scuderia reale di Stupinigi, vicino a Torino, una ragazza di quindici anni, figlia di un operaio Fiat, non va più a scuola e aiuta la madre a vendere verdura al mercato. Un giorno però, l'incontro con un venditore di libri le cambia la vita, perché la ragazza si imbatte per caso nelle antiche poesie dei trovatori provenzali e si mette in mente di diventare una di loro. Affascinata da quelle letture, scappa di casa: non per fare politica come tutti quelli che ha intorno, ma per... cercare l'"amore da lontano". Il romanzo, tra il realistico e il paradossale, racconta con toni un po' ilari e un po' dolenti le avventure di questa ragazza, così distante dalla storia che le scorre accanto: per amore della celebrata lontananza lei commetterà errori a volte piccoli, a volte più gravi, si infilerà in storie a volte mediocri, a volte sublimi, fino a che, alle soglie della maturità, incontrerà il sogno che - forse - nemmeno sapeva di avere.
"Nelle esperienze di play therapy, grazie alla relazione con lo psicoterapeuta, si dà al bambino l'opportunità di conoscere se stesso. Lo psicoterapeuta si comporta in modo tale da comunicare al bambino che questa esperienza gli offre la sicurezza e la possibilità di esplorare liberamente, non solo la playroom con i suoi giocattoli, ma anche l'esplorazione di se stesso nell'ambito della relazione terapeutica. Qui il bambino avrà l'opportunità di misurarsi con se stesso. Il bambino come risultato di questa esperienza di autoesplorazione di sé in relazione con gli altri, di autoespansione e autoespressione imparerà non solo ad accettare e rispettare se stesso ma anche gli altri e a utilizzare la libertà con senso di responsabilità." (dall'introduzione dell'autrice) Un classico della letteratura internazionale che ha aperto la terapia al gioco come strumento di autoesplorazione dei bambini.
La complessa e delicata struttura sociale italiana rischia di consegnare il suo futuro ad una tiepida idea di cittadinanza, consentendo unicamente l'affermazione di un'antropologia sociale fondata sul consumo e l'assegnazione alle politiche sociali di compiti residuali di puro rimedio delle cose che non vanno o delle esigenze più grossolane.
A Maria Montessori (1870-1952) dobbiamo una nuova comprensione del bambino e un nuovo modo di intendere l'insegnamento e la formazione dei docenti. Il suo famoso Metodo è utilizzato in tutto il mondo e trova echi e riflessi anche dove non viene ufficialmente citato. Maria Montessori è però molto più di questo. Ambasciatrice di pace (fu proposta tre volte per il Premio Nobel), viaggiò instancabilmente in Europa, America e India per annunciare "la scoperta del bambino" e far capire che se si vuole un'umanità migliore è dal bambino che bisogna cominciare, perché il bambino è il padre dell'uomo, è la speranza per il futuro. In questo libro vengono indagati e messi in luce aspetti ancora poco noti della vita della grande pedagogista: le sue lotte per il femminismo e per il diritto della donna al voto, il complesso rapporto con Mussolini e il regime fascista, la pesante contraddizione che non le consentì di tenere presso di sé il figlio Mario, nato da una libera relazione con un collega. Solo a quindici anni Mario potè unirsi alla madre, divenendo il suo miglior collaboratore. E ancora: il rapporto di Maria Montessori con la teosofia e la Società Teosofica, rapporto molto più importante di quanto si sia finora pensato. Un ritratto ampio e completo di una personalità complessa quale è stata Maria Montessori, una donna che ha vissuto appieno la sua epoca, superandola e proiettandosi al tempo stesso verso i tempi moderni.