"Il De brevitate vitae", uno tra i più famosi dialoghi filosofici di Seneca (composto tra il 49 e il 55), è dedicato a un tema di perenne attualità: la fugacità del tempo e la brevità della vita. Che però, sostiene Seneca, appare tale solo a chi, non sapendone afferrare la vera essenza, si disperde in mille futili occupazioni. Di fronte a questa massa di occupati, "assediati" dalle proprie inutili attività, Seneca propone il modello umano del saggio. Questi sceglie di dedicarsi all'"otium", vivendo in prima persona l'alternativa etica alla violenza della società e trovando nella riflessione filosofica il metodo per ristabilire l'equilibrio morale e recuperare la salute dello spirito. La conoscenza di sé diventa il punto di partenza per dare un significato nuovo al proprio agire nel mondo.
"Scienza e sport sono argomenti che raramente si incrociano in un consesso ufficiale. Molti hanno a cuore entrambi e amano parlarne in situazioni diverse, con toni e interlocutori diversi. In questo libro ho accostato lo sport per eccellenza in Italia, il gioco del calcio, al principio alla base della conoscenza, il "gioco" della ricerca scientifica: descrivendo in parallelo regole, giocatori, allenatori, società, appassionati, truffatori, vincitori e sconfitti, trasferimenti, stipendi, budgets ed esagerazioni ho evidenziato le loro similitudini. La mia fede milanista e una carriera da ricercatore permeano ogni pagina, insieme alle esperienze di scienziati da Leonardo a Einstein e di calciatori da Pelé a Ibrahimovic: al divertimento che ogni calciatore-ricercatore prova nel "giocare" si contrappongono le difficoltà legate all'attualità e uno sguardo sul futuro."
Tra i dialoghi filosofici più famosi di Seneca, il De brevitate vitae tratta un tema di perenne attualità e tanto più sentito nella nostra epoca dai ritmi frenetici: la fugacità del tempo e la brevità della vita. Che però, sostiene Seneca, ci appare tale solo perché non sappiamo afferrarne la vera essenza, e ci disperdiamo in mille futili occupazioni senza averne consapevolezza, avidi di possedimenti materiali ma incapaci di gestire il nostro bene più prezioso: il tempo.
Le Consolationes senecane sono tre: Ad Marciam, Ad Helviam mater e Ad Polybium. Esse hanno l'obiettivo di consolare i tre personaggi, afflitti per la morte di qualcuno, attraverso argomentazioni filosofiche. La prima è rivolta a Marcia, figlia dello storico Cremuzio Cordo, in seguito alla morte del figlio; l'opera vuole muovere una riflessione in particolare sul tema del suicidio, portando esempi di altre donne colpite dalla stessa disgrazia. La seconda consolati, la quale è addolorata per l'esilio in Corsica del figlio: egli però lo rassicura in quanto tale provvedimento non impedisce al saggio di dedicarsi all'otium. L'ultima consolazione è indirizzata a Polibio, il quale ha perso il fratello: Seneca, attraverso quest'opera, vuole in realtà tessere le lodi dell'imperatore Claudio per tornare dall'esilio a Roma.
Lucio Anneo Seneca (4 a.C.-65 d.C.) nasce a Cordoba, in Spagna, verso il 4 a.C., ma è a Roma che inizia gli studi retorici e filosofici. Prima sotto Caligola, poi anche sotto Claudio cade in disgrazia e viene esiliato in Corsica per otto anni. Richiamato a Roma da Agrippina, diviene precettore del figlio Nerone e poi nel 56 è nominato console: è ormai ai vertici della carriera politica. Nerone però intende seguire le sue ambizioni, eliminando tutti i possibili avversari. Seneca allora, fallito il sogno di un regno della filosofia, sceglie di ritirarsi a vita privata. Nel 65 si trova però coinvolto nella congiura dei Pisoni, per cui, rientrato dalla Campania, lo raggiunge la comunicazione della condanna capitale. Il filosofo allora decide di togliersi la vita; con quel gesto intendeva affermare che al saggio rimane ancora un'ultima libertà, cioè la morte.
"Alla lunga il dolore si consuma: anche il più ostinato, quello che insorge quotidianamente e si ribella alle cure, è spossato dal tempo, efficacissimo mitigatore delle violenze."
È un dialogo filosofico tra il filosofo Seneca e un giovane, Anneo Sereno. Sereno è in un momento incerto della vita: si sente sospeso a metà strada tra l'incapacità di abbandonare i difetti del suo animo e la forza di affrancarsene. Ciò dà a Seneca la possibilità di esprimere, sotto forma di consigli al giovane, la sua visione della vita. Seneca richiama l'importanza della saggezza come guida per affrontare le difficoltà ma anche le opportunità che la vita propone; punto di partenza per trovare il giusto equilibrio tra studi e svaghi, affari e ozi, è la conoscenza di se stessi. Questa permette di trovare la giusta misura che c'è in tutte le cose.
Nella prima e più celebre delle sue Consolazioni Seneca si rivolge a Marcia, affranta in seguito alla prematura scomparsa del figlio Metilio. Richiamandosi alla forza d'animo della donna il filosofo la conforta e la sprona a trovare le risorse necessarie per risollevarsi da un lutto di fronte al quale «il tempo, rimedio naturale anche contro gli affanni più gravosi, si è rivelato del tutto inefficace». Lettera a una madre che ha perso il figlio ( Consolazione a Marcia il titolo originale dell'opera) è una delle più antiche riflessioni sulla morte, sulla fugacità del tempo e sul potere terapeutico della parola, e al tempo stesso un appassionato inno alla vita, troppo breve solo per quanti non sono in grado di apprezzarla.
"Entro i confini dell'universo non può esistere alcun esilio, perché nulla di ciò che si trova nell'universo è estraneo all'uomo." La consolazione che Seneca indirizzò alla madre Elvia, rientra in un genere letterario assai sviluppato nell'antichità, ossia gli scritti consolatori, la cui funzione era confortare chi aveva subito qualche sventura.
Scritti probabilmente in una fase della sua vita in cui era ormai lontano dalla politica (62 d.C.), i sette libri del dialogo De beneficiis studiano il rapporto tra il dare e il ricevere e definiscono in base a tale scambio il fondamento di ciò che regola le relazioni degli uomini organizzati in società. Quel che muove a beneficiare gli altri con il nostro dono è riportato a quella ragione che regola tanto le intenzioni e la volontà degli uomini quanto gli stessi avvenimenti naturali. Ma questo testo rappresenta non solo una sofisticata riflessione sulle motivazioni del donare. Attorno all'idea del dono Seneca restituisce tutto intero il sistema dei rapporti etici e politici di una società - quella imperiale - che egli ha tentato di rifondare da precettore e ministro di Nerone, e che in quest'opera descrive nei dettagli, conservandone i tratti fondamentali per la posterità.
Spetta senz'altro a Seneca il merito straordinario di aver scoperto la dimensione dell'interiorità in termini moderni e di aver fornito non solo uno stile nuovo, tutto rotture, che vive sul fuoco d'artificio della sentenza finale, ma anche un nuovo coerente linguaggio, nelle cui innumerevoli sfaccettature si riflettono le inquietudini e i dubbi del suo animo, quell'alternanza di pensieri diversi che non sono vere e proprie contraddizioni, ma incertezze, approdi temporanei di una mente inquieta che, avvolta nel mistero delle cose, cerca nella fermezza dello spirito il sostegno della propria esistenza.
In questo volume: "Edipo", "Agamennone", "Tieste", "Ercole Eteo", "Ottavia".
In questo volume: "La pazzia di Ercole", "Le Troiane", "Le Fenicie", "Medea", "Fedra". Con una importante introduzione, bibliografia, note critiche e testo originale a fronte.