"Don Andrea Gallo 'prete dei tossici, prete dei poveri'. Pensando a lui, mi è subito venuta alla mente la figura di san Francesco: con il santo di Assisi don Gallo ha infatti molte affinità, prima fra tutte la scelta incondizionata e coraggiosa di 'stare con i disperati'. Sempre pronto allo scontro e alla battaglia dialettica, don Gallo non si è fatto intimorire da nessuno e è andato avanti per la sua strada, fedele solo a se stesso e ai dettami del Vangelo. Entrambi. Francesco e Andrea, hanno scelto di aiutare chi soffre, gli umili, i diseredati e gli emarginati accogliendoli a braccia aperte, offrendo ospitalità e cure, senza mai pretendere nulla in cambio, senza giudicarli o condannarli. Hanno restituito loro una dignità, quella dignità umana che da tempo la società aveva loro strappato. Certo a lui non importa molto di essere paragonato a un santo. Anzi, mi si racconta che, quando qualcuno nell'elogiarlo lo avvicina a qualche mistico della tradizione cristiana, don Gallo quasi si risente: 'Assomiglio troppo a quelli che aiuto per potermi definire santo'. È già difficile essere 'umano' e questo già mi basta'." (Dario Fo)
Singolarissimo giornale: così Giovanni Battista Montini, il futuro Paolo VI, definì nel 1961 «L'Osservatore Romano» in un celebre articolo scritto in occasione del centenario e dedicato alle difficoltà del quotidiano della Santa Sede: «Ma, a bene esaminare le cose, sono queste stesse difficoltà - scriveva il cardinale arcivescovo di Milano, che dal 1937 al 1954 aveva esercitato l'alta direzione sul foglio vaticano - che gli conferiscono tanta dignità nella funzione propria della stampa periodica, tanta autorità e tanta forza. Ne feci io stesso l'esperimento nel triste e drammatico periodo dell'ultima guerra, quando la stampa italiana era imbavagliata da una spietata censura e imbevuta di materiale artefatto. «L'Osservatore» ebbe allora una funzione meravigliosa, non già perché si fosse arrogato compiti nuovi e profittatori, ma perché continuò impavido il suo ufficio d'informatore onesto e libero. Avvenne come quando in una sala si spengono tutte le luci, e ne rimane accesa una sola: tutti gli sguardi si dirigono verso quella rimasta accesa; e per fortuna questa era la luce vaticana, la luce tranquilla e fiammante, alimentata da quella apostolica di Pietro. «L'Osservatore» apparve allora quello che, in sostanza, è sempre: un faro orientatore». Questo libro - curato dall'Ambasciata d'Italia presso la Santa Sede e dal giornale vaticano - vuole presentare, attraverso dodici contributi, alcuni aspetti della storia del quotidiano che sta per compiere un secolo e mezzo di vita.
Dall’autunno del 2007 «L’Osservatore Romano» ha intrapreso un rinnovamento radicale, divenendo una presenza più netta e interessante nel panorama giornalistico e culturale, italiano e non solo. Soprattutto, seguendo il desiderio del suo editore, il Papa, ha ampliato il suo respiro con una larga apertura alle questioni internazionali, che segue con logiche diverse da quelle degli altri media, spesso grazie a fonti privilegiate o addirittura uniche.
Nel centocinquantesimo anniversario del giornale (che uscì per la prima volta con la data del 1° luglio 1861), si raccolgono qui, in ordine cronologico e con le titolazioni originali, cento editoriali pubblicati in questi ultimi quattro anni, scelti sia perché costituiscono uno specchio del giornale nel commentare l’attività della Santa Sede e del Papa, sia perché rivelano un nuovo modo di affrontare i problemi che la Chiesa ha incontrato, dalla discussione sul fine-vita al rapporto tra scienza e interessi economici, dall’irruzione di Internet nella vita quotidiana fino allo scandalo della pedofilia.
La complessità e la ricchezza con cui la Chiesa cattolica vive la sua presenza culturale nel mondo risaltano anche nelle firme degli editoriali, tra cui compaiono molti non cattolici – cristiani di altre confessioni, esponenti dell’ebraismo e dell’islam, intellettuali laici – a testimonianza di un confronto chiaro e pacato con le questioni della contemporaneità e secondo una linea di fedeltà alla tradizione cattolica, senza rinunciare alla vivacità di un dibattito culturale aperto.
«Poco dopo il centenario del quotidiano, fu Montini – nel 1963 divenuto Papa con il nome di Paolo VI – ad avviarne un primo rinnovamento, in qualche modo invocato da un celebre romanzo d’ambiente vaticano di Morris West. Proprio in quell’anno apparve infatti The Shoes of the Fisherman (in italiano Nei panni di Pietro), che un quindicennio prima dell’inizio del pontificato di Giovanni Paolo II racconta la storia dell’elezione di un Papa slavo, Kiril I: “Appena possibile bisogna che io mi occupi dell’Osservatore: se la mia voce dev’essere udita nel mondo, è bene che gli giunga nei suoi toni autentici”, scrive in un memoriale il nuovo pontefice, appena liberato dalla prigionia sovietica ed evidentemente non tanto soddisfatto del suo quotidiano, sul quale dimostra però di avere idee piuttosto chiare. E se sul giornale il romanzo non aggiunge altro, nel mezzo secolo trascorso da quella efficace annotazione “L’Osservatore Romano”, che resta difficilissimo e singolarissimo, si è forse avvicinato al desiderio di quel Papa, immaginario ma non troppo».
(dall’Introduzione di Giovanni Maria Vian)
Un contributo alla verità storica su Pio XII dagli scritti di Giovanni Maria Vian, Paolo Mieli, Saul Israel, Andrea Riccardi, Rino Fisichella, Gianfranco Ravasi, Tarcisio Bertone, Benedetto XVI.
Atti del Seminario per il cinquantesimo del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, Citta' del Vaticano 3-4 giugno 2005.