Edgar Allan Poe ha scritto di un verme conquistatore in cui si risolve il dramma dell'umanità; i testi sacri ci hanno insegnato che ogni ambizione e avventura, ogni piramide e cattedrale, ogni promessa e speranza, nasce dalla polvere e alla polvere è destinata a ritornare. Bencivenga parte da questa intuizione e declina il trionfo della polvere, innanzitutto, come onnipresenza linguistica. Le metamorfosi semantiche della polvere, osserva Giuseppe Ledda nella sua postfazione, comprendono non solo la polvere dei secoli e le torri e i miti caduti biblicamente nella polvere, ma anche la polvere di stelle e la polvere da sparo, la polvere d.oro e quella «più bianca della farina» con cui si cerca un'«estasi a buon mercato». La polvere che gli zoccoli dei cavalli sollevano nella piana e quella cui il ragionamento logico riduce le nostre abitudini. Granelli che si agitano nel vento, come si agitano le gocce di pioggia che li imitano e li contrastano. Ma in questa tormenta si disegna una possibile, temporanea, arrischiata salvezza. Potrà forse venire dalla spontanea, casuale aggregazione dei granelli e delle gocce, che qui ripetutamente si addensano passando dalla scansionemetrica della poesia alla compattezza (illusoria?) della prosa. O forse, invece, dall'accettare la frammentazione, la perdita di una sicura identità, la fusione con l'altro e nell'altro.
"Ring" è un libro di poesie ispirate e temi e forme assai diversi e compositi: a cominciare da "Italy", canzone autobiografica che si configura come un femminile e disilluso testamento in vita, per approdare a "Tre folk songs" d'amore passato e presente, passando per "Foto di cronaca nera", che indaga l'oscurità criminale di ognuno, e "1960", originale rievocazione dei "favolosi anni Sessanta". Chiudono la raccolta l'omaggio al musicista Giorgio Gaslini "Jazz sop(v)rano" e le "Lezioni sull'arte", ironico percorso sull'arte rivolto a ignari studenti.
Paolo Fabrizio Iacuzzi prosegue la sua biografia in versi, quasi una lacerata e lacerante biopsia tinta di rosso. Il colore della nascita e della passione, del principio e della fine, diventa il tramite di una poetica del contagio e della mutazione. Restituisce così la sua segreta vita "a quadri", facendo esperienza dell'altro e del "nemico" a partire dall'interno, assumendosi il peso del male e della diversità ed esponendo le viscere di sé per un espianto di organi per altri.
Il volume raccoglie poesie inedite scritte da Folco Portinari in questi ultimi anni, col recupero significativo di alcune composizioni lontane nel tempo. Come sempre, nella sua poesia come nel suo lavoro di critico letterario, l'occhio naturale di Folco Portinari corre all'elemento politico e civile, all'impegno etico. L'autore riunisce una serie di poesie intitolate Lezioni nella più ampia sezione della raccolta, intitolata "Postume"; quasi a ribadire, con ironia e gusto del paradosso, attraverso il genere della poesia sapienziale e gnomica, che in vita non s'insegna, ma s'impara fino alla fine. A patto di saper guardare con occhio disincantato eppur fiducioso alle vicende della vita e alle persone che ci circondano. Rinnovando il monito, appunto, a non disperare.