Oggi la morte è un tabù - non bisogna parlarne, e le salme vanno esposte con moderazione...-, mentre paradossalmente la morte "virtuale" è diventata spettacolo molto diffuso nei film e nei videogiochi, a volte di barbarica violenza. Ma in un passato anche recente la morte era di casa, come lo era la nascita, e la si evocava e raffigurava con serena normalità. Questo libro indaga sulla presenza dell'idea della morte e la sua raffigurazione nella società civile e religiosa dai dipinti ipogei dei primi secoli cristiani all'impatto con la fotografia e la "settima arte" fino alla sua rappresentazione "liquida" dei nostri giorni, accostando elementi letterari, religiosi e figurativi la cui feconda complementarità consente di comprendere al meglio il variegato patrimonio iconografico depositato nei secoli.
Questo è un libro davvero necessario, quello che mancava, una piccola chiave preziosa per cercare di aprire il cuore, di sfondare quella barriera che sembra inesorabilmente dividere quando si parla di aborto, di comunicare nel modo giusto con le donne che sono tentate dal dire no alla vita, ma soprattutto con quelle che hanno già fatto quel passo. È un libro che parla ai cuori spezzati con un cuore spezzato dal loro dolore, capace di una compassione profonda, che credo oggi sia l’unica via da provare a percorrere per trovare ascolto anche tra le orecchie più chiuse dai preconcetti. È incredibile come Jorge María Randle riesca a giudicare con chiarezza le azioni, mantenendo nello stesso momento uno sguardo dolcissimo e misericordioso sulle persone.
Dalla Prefazione di Costanza Miriano
Sono milioni ogni anno i bambini non nati a causa dell’aborto. Le vittime non sono però soltanto coloro a cui viene tolta la vita nel grembo materno, ma anche le loro madri e i loro padri. Queste pagine sono state scritte per loro. E, di conseguenza, mostrano che cosa dire, che cosa fare a chiunque si trovi accanto una persona che soffre a causa di un aborto.
Questo volume che l'autrice, medico-chirurgo, ha pensato e scritto come proposta di riflessione da condividere con i medici e gli ospedalieri che vogliano rinfrescare le ragioni profonde della loro vocazione e del loro servizio ai malati, si rivela, in realtà, una lettura molto utile per tutti. In queste pagine, infatti, si offre una delicata meditazione sul senso cristiano della sofferenza e della malattia. Ogni capitolo è introdotto da un passo del Vangelo che ispira l'atteggiamento umano e professionale dell'autrice: elle si accosta ogni giorno al suo lavoro domandandosi cosa farebbe al suo posto Gesù, il medico del corpo e dello spirito, che dai portici di Betzaetà al pozzo di Samaria, passando per la casa di Giairo o da quella di Pietro, è portatore di Vita eterna.
A oltre sessant’anni dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo, trenta dalla Legge 194, cinque dall’entrata in vigore della Legge 40, e viste le recenti e scottanti discussioni sull’eutanasia e sul testamento biologico, la coscienza di ciascuno di noi si trova, di fatto, violentemente interpellata e «obbligata» a una riflessione meno distratta sul tema fondamentale della vita. In tre sole decadi oltre cinque milioni di concepiti sono stati soppressi legalmente con l’IGV e ora ci si chiede quanti anziani e malati gravi potranno essere soppressi, a breve, altrettanto legalmente con procedure eutanasiche...
«Non bastano le cifre dei sociologi, nude, crude e fredde», puntualizza in queste pagine mons. Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia della Vita, «è la realtà che ci interpella... Domandiamoci: quanto tutto questo è conforme alla realtà vera, quella che Dio ha pensato e che Cristo ha voluto?».
A questa emergenza educativa, l’Associazione Difendere la Vita con Maria, che nel 2009 ha festeggiato il decennale, risponde tramite iniziative pubbliche e la realizzazione di volumi come questo, chiamando a confronto teologi, politici e legislatori, medici, sociologi e psicologi, esperti di diverse discipline e persone comuni, per una nuova coscienza personale e collettiva, nella convinzione che la rinascita dell’Occidente possa partire solo da un ritrovato amore verso sé stessi e verso la vita.
In queste pagine Michelangelo Peláez offre il compendio di alcune virtù etiche – giustizia, sincerità, fedeltà e altre ancora – imprescindibili nell’esercizio dell’attività medico-sanitaria, ma altresì in ogni altra professione. Rendere umana la scienza volgendone gli esiti al bene della persona è necessità sempre più avvertita nel mondo della ricerca e trasmissione dei saperi, in special modo nelle istituzioni universitarie. Queste riflessioni sono nate dall’attività dell’autore come docente di Etica presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma. La Presentazione è del prof. Elvio Covino, preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia nell’ateneo romano.
Michelangelo Peláez (Zamora, Spagna, 1930), laureato in Giurisprudenza (Salamanca 1953) e in Diritto canonico (Università Pontificia San Tommaso 1955), è stato ordinato sacerdote alla fine del 1955 e da allora risiede in Italia, dove ha svolto in varie città il suo ministero sacerdotale e contemporaneamente coltivato gli studi etico-giuridici. Dal 1994 è docente di Etica presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma, dove ha fondato e diretto il Dipartimento di Antropologia ed Etica applicata; è stato il primo Presidente del Comitato Etico di questa Università. Tra le sue pubblicazioni si segnalano: Introduzione allo studio della criminologia (Giuffrè 1960), Etica, professioni & virtù (Ares 2009), L’arte di vivere bene (Ares 2007), Studi 1960-2003 (Ares 2009).
Anna e Giovanni Rimoldi, entrambi insegnanti, consegnano in queste pagine il frutto della loro passione educativa, stimolata dal ricordo sempre vivo della figlia Maria Gabriella (scomparsa dopo soli cento giorni di vita) ed espressa in decenni di confronto con gli studenti: è infatti la stessa realtà, con la sua drammaticità e (perché no?) con il suo stupore, che interroga la ragione, corroborata dalla fede, sul perché qualunque vita, fin dal concepimento, debba essere accolta con amore.
«Stupisce che a insegnare così», osserva Marina Corradi nella Presentazione, «siano un uomo e una donna che sono stati padre e madre per cento giorni di una bambina lungamente attesa, e così brevemente vissuta. Come se la loro sapienza, lo sguardo autenticamente profondo, fosse stato generato da quel dolore e da quell’amore. Come disse Emmanuel Mounier commentando il destino della sua bambina malata, “Siamo stati visitati da una grande grazia”». Piccola, grande storia che s’incrocia con quelle dei cinquecento bambini salvati dal Centro di Aiuto alla Vita di Busto Arsizio, dove gli autori prestano opera di volontariato.
I «quadri» raccolti in questo libro costituiscono anche il contenuto della mostra itinerante «Un grande sì alla vita» organizzata dal Centro di Aiuto alla Vita di Busto Arsizio nel ventennale di fondazione.
Anna Puricelli Rimoldi, laureata in Pedagogia, insegna nelle scuole medie. Giovanni Rimoldi, laureato in Filosofia e in Psicologia, è insegnante di liceo. Insieme hanno pubblicato per Ares Cento giorni nell’eternità. Alla ricerca del senso della vita, dedicato alla loro figlia, Maria Gabriella.
La vita, anche la più sofferente e malata, è degna di essere vissuta fino in fondo. Mentre il Parlamento è chiamato a pronunciarsi su una legge sul fine-vita e il testamento biologico occorre riaffermare a viva voce e con il cuore che la vita è sacra ed è un dono meraviglioso. È questa l’eredità che ci ha lasciato Eluana Englaro – e prima di lei Terri Schiavo – così come è stata recepita, a mente fredda, dagli autori di questo libro che contiene documenti, inediti, valutazioni medico-scientifiche, contributi d’opinione, interviste, i racconti di persone che si sono risvegliate perfino dopo 19 anni di coma. Contiene anche il monologo teatrale del poeta e scrittore Davide Rondoni e svariate testimonianze, in primis quella del ministro della Salute Maurizio Sacconi, che si è messo in gioco con tutta la sua umanità – e non solo come politico – in questa vicenda.
Gli altri interventi sono dei medici Gian Battista Guizzetti, Mario Melazzini, Marco Maltoni, tutti e tre impegnati in prima fila accanto ai malati più gravi; del giurista Luciano Eusebi e di Fulvio De Nigris, il «papà» della Casa dei Risvegli Luca De Nigris di Bologna. In chiusura l’adesione alla vita pronunciata dall'attore e autore teatrale Alessandro Bergonzoni e dal noto giornalista del Tg1 Aldo Maria Valli.
Massimo Pandolfi, giornalista, caporedattore de Il Resto del Carlino-Qn, è già autore pro-life di due volumi che hanno suscitato ampio dibattito e ottenuto un grandissimo successo: Liberi di vivere (2008), proseguimento naturale di L’inguaribile voglia di vivere (Edizioni Ares, 2007). Per le Edizioni Ares, Pandolfi ha scritto e pubblicato anche Inchiostro Rosso nel 2004 e Un Poliziotto in galera nel 2005.
Nel testo vengono intervistati dieci esperti su altrettanti temi di bioetica o di morale naturale. Gli argomenti e i relativi autori sono i seguenti: Aborto – Carlo Casini (parlamentare europeo); Fecondazione artificiale – Don Stefano Teisa (docente universitario); Rapporti prematrimoniali e masturbazione – Padre Lino Ciccone (moralista); Contraccezione – Maria Grazia Vianello (docente universitario); Matrimonio e divorzio – Giacomo Samek Lodovici (docente universitario); Coppie di fatto – Mario Palmaro (docente universitario); Omosessualità – Roberto Marchesini (psicoterapeuta); Droga – Antonello Vanni (ricercatore); Eutanasia – Claudia Navarini (docente universitario); Legittima difesa e pena di morte – Giacomo Rocchi (magistrato).
Le domande, poste da Tommaso Scandroglio, mettono in luce i più diffusi luoghi comuni su questi temi: il concepito è già un essere umano? Perché la donna non può decidere della sua salute ricorrendo all’aborto? Se due ragazzi si amano, che male c’è ad avere rapporti sessuali prima del matrimonio? E se due persone non si amano più, perché non divorziare? L’affetto tra due omosessuali non è uguale a quello di due persone eterosessuali? Non è meglio decidere di morire piuttosto che soffrire, come Welby? La pena di morte è sempre sbagliata?
Osserva lo psicanalista Claudio Risé nella Prefazione: «Le false notizie sulla vita, e sulla morte, in questo libro riportate esattamente nelle domande fatte da Tommaso Scandroglio, e confutate con precisione e competenza dagli intervistati, sono il risultato della separazione dell’uomo dal Padre che è all’origine della vita, e dello smarrimento, che ne consegue, dell’esperienza dell’amore, e del dono di sé, come indispensabile nutrimento dell’intero percorso di vita, e delle relazioni che lo attraversano e fanno crescere».
Le risposte date dagli autori vogliono offrire al lettore facili motivazioni per smontare quelle «false notizie» così popolari. Il libro è quindi un vademecum di scorrevole lettura per avere sempre la risposta giusta al momento giusto.
«Voglio una vita manipolata»: Vasco Rossi non lo ha mai detto, ma nella sua celebre canzone reclamava una libertà intesa come autodeterminazione individualista, «che se ne frega di tutto». E' questa in sintesi l'idea, oggi tanto più radicata, che ognuno sia l'artefice della propria fortuna e che la felicità e la libertà non siano una conquista, un cammino, una storia, come intese in passato, ma una soddisfazione immediata di un desiderio istintivo da raggiungere a ogni costo, per quanto momentaneo, scentrato, pretestuoso o perfino dispotico possa essere. Una tale concezione è frutto, spiega questo libro, del disconoscimento della legge naturale. Senza il riconoscimento nella realtà e nella stessa vita personale di un qualcosa che è dato, l'uomo contemporaneo non serve più l'ordine del mondo ma lo riplasma, manipolando la vita e la realtà , come dimostrano le modalità in auge della fecondazione artificiale, dell'aborto, dell'eutanasia e della promozione/consumo degli stupefacenti.
Come scrive il direttore di Avvenire Dino Boffo nella prefazione, queste «pagine gettano una luce impietosa su una serie di fenomeni degenerativi nel rapporto fra tecnica e vita; scaturiscono però da un positivo intento provocatorio, di messa in allerta delle coscienze. Ma anche da una pretesa in più; quella di condurre un'analisi di ampio respiro circa le cause di tale dissesto etico». Il risultato? Non è dimostrato che l'uomo si dia da solo la felicità ; più agevolmente, come recitava la canzone, può darsi «una vita piena di guai» (pp. 184)
Francesco Agnoli, collaboratore de Il Foglio e di Avvenire. Tra i suoi libri: Storia dell'aborto nel mondo e La fecondazione artificiale; Conoscere il Novecento; Controriforme. Antidoti al pensiero scientista e nichilista (scritto con A. Morresi).
Viviamo anni decisivi per quel che concerne la difesa della vita umana. Non possiamo più eludere il dovere di informarci pazientemente e correttamente su dinamiche legislative e sociali che toccano non solo Paesi a noi vicinissimi e nostri partner nell'Unione europea, ma inevitabilmente anche il nostro. Siamo chiamati tutti a serie prese di coscienza. Questo libro - composto col contributo di esperti internazionali dei diversi ambiti culturali coinvolti nel dibattito, da quello dell'assistenza ai malati al profilo giuridico e legislativo - vuol essere uno strumento pratico e rigorosamente aggiornato nella prospettiva di fornire un messaggio positivo sulla relazione terapeutica di fine vita. Praticare l'eutanasia non è infatti rendere omaggio alla libera volontà di una persona che chiede di essere aiutata a morire, ma sanzionare quello stato di abbandono morale e sociale che si avrebbe il dovere - sia da parte delle istituzioni sia da parte di tutti gli individui di buona volontà - di combattere strenuamente. Peraltro, sta diventando ormai palese che è del tutto fuorviante definire l'eutanasia alla stregua di un suicidio assistito. In Olanda, nell'estate del 2004, è stato elaborato e concordato nella Clinica Universitaria di Groningen un protocollo per la soppressione eutanasica di neonati e più in generale di minori; e questo sia nel caso in cui fossero malati terminali, ma anche nel caso in cui fossero colpiti da patologie non mortali, ma gravemente invalidanti. Una "china di morte" per arginare la quale il diritto è necessario, ma non basta: occorre attivare e potenziare quei vincoli di compassione, di solidarietà , di fraternità , che trovano le loro ragioni e le loro radici solo in un'etica profondamente umana e profondamente condivisa.
Prefazione di Francesco D'Agostino, presidente del Comitato nazionale per la bioetica.
Il presidente del movimento per la vita propone in questo saggio una lettura dell'«evento rimosso», il referendum sull'aborto del 1981, alla luce dell'attuale situazione culturale e politica, al fine di ricercare fili sotterranei di speranza per una ricostruzione dell'intero orizzonte civile. La ricomposizione dei cattolici in nome dei diritti umani è auspicata non per contrapporsi alla società nel suo complesso, ma, al contrario, per offrire un contributo di crescita morale e civile a beneficio di tutti (pp. 320).