Italia del Sud, fine anni Cinquanta. Una grande azienda settentrionale ha deciso di impiantare una nuova fabbrica nel cuore del Mezzogiorno. Ora deve selezionare il personale adatto, e per questo ha incaricato uno psicologo che sottoponga i candidati a una "valutazione psicotecnica". Nel suo diario, lo psicologo registra l'esito del suo lavoro, che si fa via via più coinvolto e commosso, fino a trasformarsi in una vera e propria partecipazione al dramma dei disperati che si aggrappano al miraggio del posto di lavoro per liberare se stessi e le loro famiglie dalla miseria. E lui che, invece, per dovere professionale, deve decidere il destino di ciascuno di loro. Prefazione di Giuseppe Montesano.
Da mezzo secolo la televisione appartiene alla nostra vita e l'attraversa quotidianamente costruisce immaginari, riti e piaceri condivisi, contribuisce alla nostra conoscenza del mondo col suo "vedere lontano", ma al contempo definisce un'arena collettiva che ci comprende e ci chiama in causa. In questi cinquant'anni la televisione è stata temuta e deprecata per i mali che gli si sono attribuiti, o, più raramente, è stata apprezzata per la sua capacità di abbattere barriere e steccati, coinvolgere le persone e renderle più consapevoli, offrire loro intrattenimento, informazione e compagnia. In "Che cos'è la televisione" gli autori affrontano in maniera sistematica gli interrogativi più pressanti che hanno interessato il piccolo schermo.
Il Cid Campeador - nome leggendario d'un personaggio storico, Rodrigo Diaz de Bivar, vissuto nel sec. XI - è un eroe che si offre al pubblico come modello di equilibrio e di modesta sicurezza di sé, di coraggio mai disgiunto dalla consapevolezza dei limiti del fare umano. Ardito ma accorto, leale e generoso, non è l'eroe sovrumano della Canzone di Orlando, né le sue virtù sono idealizzate: ogni sua azione appare al contrario meditata, e il poema presenta numerose "istantanee" dell'eroe che riflette prima di reagire, anche di fronte ai gravi oltraggi subiti. L'indiscutibile grandezza del Cid, non esente da quelle debolezze umane e da quegli abbandoni all'affetto e all'intimità di sentimento che lo avvicinano all'uomo comune.
"La transizione italiana" ripercorre in maniera rigorosa i nodi cruciali dell'ultimo decennio: la stagione di Mani Pulite e il crollo del sistema politico, la nascita e lo sviluppo del modello Berlusconi come forma nuova di populismo mediatico, le ragioni della caduta del governo Prodi, il fallito tentativo di accordo della Bicamerale, il successivo declino dell'Ulivo, le manifestazioni dei new global e i "girotondi". Nicola Tranfaglia utilizza tutte le fonti ufficiali a disposizione e le testimonianze dei principali protagonisti. In questa documentata riflessione storica, emergono le ragioni che in pochi anni hanno portato in Italia al successo elettorale della destra e a una nuova tappa, dall'esito incerto, della tansizione iniziata 10 anni fa.
Il romanzo ruota attorno alla vedovanza di dona Flor e al suo lutto stretto, vissuto nel ricordo di Vadinho, delle loro ambizioni, del fidanzamento e dello sposalizio. Coglie l'intimità della giovane vedova, il suo riserbo, le sue notti insonni e la sua insoddisfazione. Racconta di come arrivò onorata al suo secondo matrimonio, quando il fardello del defunto cominciava a pesare sulle sue spalle, e di come visse in pace e armonia, senza dispiaceri né soprassalti, con suo bravo secondo marito, nel mondo della farmacologia e della musica. E mentre lei brilla nei salotti e il coro dei vicini le ricorda la sua felicità, Vadinho, nel suo corpo astrale, la visita, la corteggia, le elargisce gioie eccezionali e consigli formidabili.
David Lurie è il protagonista e la voce narrante di questo romanzo di formazione. La sua infanzia nel Bronx, negli anni immediatamente precedenti la Grande Depressione, è segnata dalla malattia, dall'ortodossia della claustrofobica comunità ebraica, dallo strisciante antisemitismo, dagli echi degli isterici comizi hitleriani e dalle notizie sulla Shoah che travolge i parenti rimasti in Polonia. Il tormentato itinerario verso la consapevolezza e l'affermazione della propria individualità si scontra con questa realtà, fino alla drammatica rottura con la tradizione e al passaggio al mondo dei goyim: solo così potrà finalmente iniziare un nuovo viaggio alla ricerca delle proprie radici.
"La guerra del Peloponneso" è considerata l'opera storica più notevole dell'antichità e fra le più profonde di tutti i tempi, innovatrice sul piano del metodo, dei contenuti e dei modi narrativi. Al centro della sua visione storica Tucidide pone, come fatto in cui si riassumono le vicende degli stati, la guerra. Nessuno spazio trovano la fatalità o gli dei o le considerazioni morali: l'attenzione si punta sulle motivazioni psicologiche, sociali ed economiche delle azioni umane, sulle origini vere e durature degli eventi, che spingono "necessariamente" i protagonisti ad agire come hanno agito.
L'ispettore generale è un'espressione emblematica del teatro gogoliano e del suo tentativo di indicare, attraverso il riso e la comicità, una via per modificare, correggere, rimuovere la violenza, l'ingiustizia e il sopruso che dominano l'esistenza. Non è l'uomo a essere malvagio, è la società che lo rende tale: in questa godibilissima commedia degli equivoci viene messa alla berlina la corrotta burocrazia di una cittadina della Russia zarista che rimane presa al laccio dei suoi stessi inganni, mettendo a nudo tutta la propria piccolezza morale.
La scoperta dell'oppio come scorciatoia per giungere alle vette della creatività letteraria. "Confessioni di un oppiomane" è l'autobiografia sincera e sconcertante di un autore che, con la sua predilezione per gli aspetti fantastici e grotteschi della realtà quotidiana, anticipò il gusto del decadentismo e fu intensamente ammirato da Baudelaire.
I Fioretti non sono soltanto un libro per il popolo e per l'infanzia, come venne descritto da De Sanctis nella Storia della letteratura italiana, ma un testo letterario a pieno titolo, inimitabile per grazia e limpidezza. Da questi e dalle Considerazioni sulle Stimmate che completano il volume, nasce la leggenda francescana. Questa edizione si avvale del particolareggiato commento critico di Pier Massimo Forni, autore anche di un saggio introduttivo e di una bibliografia sul francescanesimo e sulla letteratura religiosa medievale.
Il fur(b)etto è il collega d'ufficio che ognuno di noi detesta. È quello che dice: "Sono il tuo project manager. Ti tocca un lavoro difficilissimo e probabilmente inutile. Se hai bisogno del mio aiuto, andrò dal capo a lamentarmi di te". È quello che ti pugnala alle spalle e fa carriera senza lavorare, perché fare il fur(b)etto ha i suoi vantaggi. In una serie di brevi capitoli, corredati dagli ormai conosciuti fumetti, Scott Adams illustra i comportamenti tipici del fur(b)etto aziendale.
Siamo in un salotto delle coste della Bretagna, Le Devin. Sull'isola ci sono due villaggi: Les Salants, che la giovane Mado, ritornando sull'isola dopo dieci anni passati a Parigi, trova ancora più povero di quando l'aveva lasciato; e Les Houssinières, che grazie allo spirito imprenditoriale di Claude Brismand è diventato una località turistica di grande richiamo. Mado capisce che la miseria di Les Salants è dovuta all'avanzamento del mare, mentre l'altro villaggio prospera grazie alle barriere spartiacque costruite dall'avido Brismand. Quando cerca di spiegarlo ai suoi amici, Mado incontra solo scetticismo e rassegnazione. Ma non demorde: per ridare prosperità al villaggio dovrà addirittura inscenare un miracolo.