La sfida di questa riflessione è quella di proporre un nuovo progetto formativo in cui la «transdisciplinarità» possa essere un vero dialogo fra le discipline, in un orizzonte etico e politico. Il tema della formazione transdisciplinare, in un tempo di esasperata specializzazione dei saperi, è oggetto degli interventi che compongono questo libro. La parola «transdisciplinarità» non si riferisce semplicemente all'accostamento di diversi saperi, ma a quell'approccio alla conoscenza che predispone le singole discipline a un reciproco attraversamento, a una reciproca messa in questione. Ciò consente di improntare un nuovo progetto di formazione, che unisca l'uso della comprensione, alle competenze disciplinari e all'orizzonte etico-politico del loro esercizio.
Inaugurata nel 2018, la collana «Mappe del pensiero» pubblica i risultati della ricerca transdisciplinare condotta dall'Associazione «Mechrí / Laboratorio di filosofia e cultura», coordinata da Florinda Cambria e con la supervisione scientifica di Carlo Sini. Preceduto da Vita, conoscenza (2018), Dal ritmo alla legge (2019) e Le parti, il tutto (2021), Evoluzione, progresso presenta i risultati dei lavori svolti nell'anno sociale 2018-2019. Tali lavori sono riattraversati dai curatori mediante un montaggio di testi e materiali grafici che narrano il senso del percorso formativo condotto in prima persona dagli Autori. Il primo capitolo raccoglie i testi di Carlo Sini (con la straordinaria riproduzione di 40 tavole a colori) relativi al Seminario di filosofia intitolato Evoluzione e progresso. Le potenze della terra e le figure dello specchio. Il secondo ripercorre il lavoro svolto nel Seminario di arti dinamiche (Prolegomeni alla ricomposizione di Orfeo. Disgregazione, ricomposizione, evoluzione: la poesia dal 1970 ad oggi), curato da Tommaso Di Dio. Il terzo (Linguaggi in transito: evoluzione umana) documenta il cammino di Andrea Parravicini lungo le tappe dell'evoluzione umana nell'intreccio tra paleoantropologia e autobiografia. Il quarto capitolo ripercorre gli Esercizi di drammaturgia proposti nell'attività laboratoriale condotta da Antonio Attisani. Il quinto, infine, raccoglie alcuni dialoghi fra i Soci e i membri del Comitato scientifico di «Mechrí», avvenuti tra il 2019 e il 2020, sul rapporto tra l'evoluzione e la legge, sia intesa in senso strettamente giuridico, sia come arte della formazione e kinesis della vita sapiente.
I saggi che compongono questo libro, selezionati dallo stesso autore, si insinuano nel cuore di quell'insistita domanda sulla propria origine e sul senso di un possibile dialogo con il mondo che le principali confessioni dell'Occidente continuano - talvolta drammaticamente - a modulare. Composti a partire dagli anni '50 fino all'inizio degli anni '70, si accordano con sorprendente precisione all'insieme di movimenti, rivoluzioni, promesse di cambiamento e delusioni che hanno attraversato il ventennio europeo uscito dalla guerra. Lévinas prende parte al dibattito con l'autorevolezza della plurimillenaria tradizione di cui è stato uno dei più felici e discreti interpreti: i maestri della tradizione talmudica insieme ad alcune grandi voci della contemporaneità filosofica come quella di Rosenzweig vengono interrogati su questioni di rovente attualità - l'uscita da Auschwitz e il dialogo interreligioso con il cristianesimo e l'islam; il rapporto con il comunismo e la conquista della luna; la polemica con gli autori cristiani e il futuro del giudaismo -, senza censure e senza illusioni sulla complessità che le sostiene e che reclama analisi altrettanto complesse.
"Geschlecht": questa parola tedesca, che ha dato il titolo generico a una serie di quattro studi di Jacques Derrida dedicati all'opera di Martin Heidegger, è assolutamente intraducibile in italiano perché la parola è correlata al tempo stesso con "sesso", "razza", "nazione", "umanità". Ebbene, sono proprio queste le categorie che Derrida intende esplorare nell'opera di Heidegger. Nel presente volume, al cuore della ricerca sono innanzitutto la dimensione politico-sessuale e la nozione di patria. È questa l'occasione, per Derrida, di pensare una sessualità più radicale di quella binaria, ed è anche l'occasione per denunciare un nazionalismo dal carattere preoccupante in Heidegger, un approccio quantomeno ambiguo se rapportato a quello avuto con il nazismo dal quale pretende di smarcarsi. Questa edizione presenta uno studio che sembrava perduto per sempre. Il gruppo di ricercatori che ne ha stabilito il testo ha realizzato dunque una notevole opera intellettuale ed editoriale.
La pubblicazione del seminario "La vie la mort", tenuto da Jacques Derrida tra il 1975 e il 1976, potrebbe segnare in maniera decisiva l'interpretazione dell'intera opera del filosofo franco-algerino. Derrida vi affronta la decostruzione dell'opposizione tra la vita e la morte quale matrice che orienta e struttura la tradizione del pensiero Occidentale in chiave metafisica. È infatti in questa prospettiva che si muove, fin dal titolo, in cui, tra "la vita" e "la morte", non vi è alcun segno di congiunzione, o di altra articolazione, che potrebbe implicitamente ratificare la distinzione e quindi l'opposizione tra due termini presupposti come di per sé autonomi e l'uno dall'altro indipendenti. Tuttavia, Derrida non si limita a decostruire la tradizione della cosiddetta «filosofia della vita», fino ad affrontare la questione del cosiddetto «biologismo» di Nietzsche, attraverso la lettura di Heidegger; in questo seminario, Derrida si confronta per la prima e unica volta con il discorso scientifico e in particolare con "La logica del vivente" (1970) di François Jacob.
Dal mondo del digitale e della biologia molecolare ci viene annunciato che tutti i meccanismi biologici potranno essere finalmente svelati, modellizzati, superati. Sarebbe cioè giunto il tempo di passare dal mondo reale e dal vivente stesso, ormai riducibile alle proprie componenti, a uno meccanico. Dietro queste promesse di vita aumentata si cela in realtà un vecchio progetto reazionario: quello di sbarazzarsi dei corpi per giungere finalmente alla «vera vita», che sarebbe quella dei dati e degli algoritmi. Ma affermando che «tutto è informazione», il mondo digitale non soltanto ignora, ma annienta le singolarità proprie del mondo del vivente e della cultura, mettendo a repentaglio la nostra stessa possibilità di agire, pensare, desiderare e amare... Contro questa minaccia, Miguel Benasayag ci invita a elaborare una modalità di ibridazione tra la tecnica e gli organismi che non si riduca a una brutale assimilazione. Ciò implica la creazione di un nuovo immaginario, di un nuovo paradigma in grado di aiutarci a studiare ciò che nell'ambito della complessità propria del vivente e della cultura non può essere ricondotto al modello informatico dominante. Prefazione di Jean-Michel Besnier. Postfazione di Giuseppe Longo.
È sostanzialmente inedita un'approfondita riflessione filosofica sull'Ornamento. Sotto questo punto di vista, lo sterminato, multiforme continente della decorazione si rivela una sonda che rimette in questione alcune delle nostre convinzioni sulle forme dell'arte e sul pensiero che vi presiede. In questo libro ? che torna in una nuova edizione ampliato nel testo e in veste illustrata ? l'autore segue una duplice pista interpretativa: il rilievo teorico-filosofico, infatti, si incrocia e dialoga con il piano storico-critico. La prospettiva che da Kant porta fino a Husserl e poi al dibattito sul concetto di Kunstwollen ('volontà artistica') che vede protagonisti Riegl, Panofsky e Sedlmayr, incontra sul suo cammino la prospettiva che elegge tra i suoi momenti esemplificativi l'arte islamica, Matisse, la Vienna di Klimt e di Loos. Durante questo tragitto, si incontrano altri grandi autori della cultura europea del Novecento, da Simmel a Valéry, da Bloch a Lévi-Strauss, da Hartmann a Focillon, solo per citarne alcuni. La pervicace convinzione secondo cui l'Ornamento è qualcosa di supplementare, di opzionale, non celerà forse l'assunto opposto? Proprio la sua pretesa marginalità non ne rivelerà una paradossale centralità?
C'è un luogo comune e universale che ha dato vita all'umanità e in cui ogni essere umano continua a nascere. Questo luogo è il discorso, il sermo, direbbe Orazio: liquido amniotico dello spirito che ci traghetta dalla natura alla cultura, dalla vita istintiva alla vita sociale. Questa semplice evidenza reca però con sé tutti i problemi e i paradossi delle nostre credenze e dei nostri saperi, quindi i limiti delle nostre pretese verità e l'ambiguità di una presunta idea di realtà che da molto tempo ci accompagna. Il libro ne attraversa esemplarmente numerose figure emblematiche: dall'idioma dell'antico mondo della poesia cinese alla riflessione greca sui nomi, ai dialetti e alle lingue del medio evo e del mondo romanzo, alla formazione della nostra lingua volgare, sino ai lessici paradossali delle moderne scienze della natura e alla evoluzione darwiniana delle forme di vita. Da questi e da ancora altri percorsi emerge la proposta di una nuova etica del discorso, che ne curi le cecità e le superstizioni: estremo dono della filosofia al senso dell'uomo planetario in cammino.
Nel quadro del progetto editoriale «Percorsi Mechrí», la collana «Mappe del pensiero» mette annualmente a disposizione dei lettori i risultati della ricerca condotta dall'Associazione milanese «Mechrí / Laboratorio di filosofia e cultura», con la direzione organizzativa di Florinda Cambria e la supervisione scientifica di Carlo Sini. Preceduto da "Vita, conoscenza" (2018) e "Dal ritmo alla legge" (2019), il nuovo volume collettaneo "Le parti, il tutto" propone una retrospettiva sui lavori svolti a Mechrí nel 2017-2018. Tali lavori sono riattraversati dalla curatrice mediante un montaggio di testi e materiali grafici che rammentano il senso delle ricerche svolte da ciascuno degli Autori nel Laboratorio di Mechrí. Oggetto d'indagine condiviso è la relazione fra il molteplice e l'intero, interrogata entro una costellazione di linguaggi diversi. Filosofia e matematica, cinematografia e scienze naturali tracciano così un orizzonte transdisciplinare, nel quale ogni prospettiva testimonia il proprio essere manifestazione di un «sapere comune». Il volume è arricchito da un'ampia riflessione sul tema della transdisciplinarità, come criterio compositivo di funzioni o forme del conoscere, e da un'ampia riflessione sulla nozione stessa di «forma». In Appendice una raccolta di scritti, nati durante i recenti mesi di confinamento per emergenza sanitaria, esaminano gli effetti di didattica e «formazione a distanza» sulle attuali dinamiche di trasmissione e costruzione di conoscenza e coscienza collettiva. Contributi di Mario Alfieri, Enrico Bassani, Eleonora Buono, Florinda Cambria, Andrea Cavaggioni, Riccardo Conte, Francesco Emmolo, Rossella Fabbrichesi, Giovanni Fanfoni, Gianfranco Gavianu, Lorenzo Karagiannakos, Egidio Meazza, Manuela Monti, Andrea Parravicini, Gabriele Pasqui, Enrico Redaelli, Carlo Alberto Redi, Carlo Sini, Michela Torri, Fernando Zalamea.
Chi siamo? Che cosa forma la nostra identità? Come è possibile la coesistenza, in noi, di una dimensione fluida, in divenire, con una dimensione salda, profonda? C'è differenza tra identità e personalità? E che cosa rende un individuo persona e fa sì che tale resti nel tempo, al di là dei cambiamenti? Gli autori propongono un itinerario di ricerca tra psicoanalisi e filosofia, e si inoltrano nell'esplorazione della questione dell'identità, muovendo dall'idea ricoeuriana di identità narrativa, per giungere a proporre quella di identità traduttiva e a dare rilievo, sulla scia del pensiero psicoanalitico contemporaneo di derivazione bioniana, al concetto di trasformazione, secondo un modello corrispondentista trasformazionale. La psicoanalisi e la filosofia ermeneutica sono così chiamate a collaborare a un processo di costruzione dell'identità di cui pure riconoscono il carattere inafferrabile: l'identità resiste, persiste, ma come un processo che non ha mai fine e che si svolge tanto a livello dell'inconscio, nella atemporalità e nella molteplicità identitaria, quanto della coscienza, ove il tempo torna ad esistere e il sé, pur con le sue incertezze, a riemergere.
Questo testo misura, nella maturità della riflessione teorica di Bachelard, il complicarsi e ristrutturarsi incessante del pensiero scientifico fin dall'inizio del secolo e il progressivo arricchirsi del sapere fisico, in quanto «attività razionalista». Che senso ha oggi riproporre un razionalismo epistemologico? Per Bachelard il razionalismo non è una pretesa della ragione di avere già da sempre la chiave di lettura della realtà, foss'anche nei termini di un metodo; il razionalismo è un movimento della ragione che non si pone prima o al di là dell'esperienza, ma che l'approfondisce smascherandola nel suo presentarsi chiara, immediata e definitiva. Il pensare bachelardiano permette di riattraversare il dibattito sulla formazione della teoria e sulle sue possibilità conoscitive oggi, perché spezza il parlare della filosofia sulla scienza e inaugura un lavoro di produzione del fisico in laboratorio. Questa la risorsa del testo: indicare una strada di militanza per la ragione in quanto difende non i risultati della scienza, ma la dignità dello scienziato nella sua pratica teorica di laboratorio.