Nell’interpretazione dei Salmi è fondamentale per Cassiodoro il senso storico grammaticale. In ciò era favorito dalla sua straordinaria erudizione. Non di rado si mette a spiegare il testo parola per parola con frequenti riferimenti a conoscenze scientifiche di cui era ricco. Egli comunque preferisce in maniera assoluta il senso spirituale. Quando gli è possibile fa scaturire dai salmi utili insegnamenti morali. Ma per lui ciò che conta davvero è il senso allegorico. L’autore dei salmi è un profeta che vede in anticipo come Dio avrebbe realizzato il suo disegno di salvezza. In essi, pertanto, è al centro la figura di Gesù Cristo, unico Salvatore. È in Lui che la storia trova pienezza di significato. Potremmo tranquillamente dire che Cassiodoro vuole e riesce a scoprire nei Salmi la realizzazione del mistero pasquale. Il “canto nuovo” che i beati devono cantare in eterno “è il mistero della santa incarnazione, la natività mirabile, l’insegnamento che dona salvezza, la passione maestra di sapienza, la risurrezione prova certissima della nostra speranza, l’essere posto alla destra del Padre”. E, proprio perché la Pasqua avrà la sua pienezza nella Gerusalemme celeste, è evidentemente accentuato nel Commento il senso anagogico. Quanto detto risalta in particolar modo nel Commento ai Salmi dell’Hallel. Sono, in fondo, i salmi che venivano cantati dagli ebrei soprattutto nelle celebrazioni pasquali. E che, dunque, anche Gesù ha cantato. Si può esser certi che la lettura del Commento di Cassiodoro anche oggi possa far tanto bene, infondendo illimitata fiducia nella certezza che Dio ci ama e soprattutto aiutandoci a far della lode al Signore lo scopo della nostra esistenza. È una lode – insiste Cassiodoro – da cantare innanzitutto con la vita. Sono le buone azioni le corde della cetra.
Figura atipica nel panorama architettonico del XX secolo, Gaudì non cessa di stupire e di ispirare i protagonisti dell'architettura contemporanea. Di volta in volta ammirato, o accusato, per la sua capacità di far rivivere nei suoi edifici le radici tradizionali della cultura architettonica occidentale oppure, all'opposto, per l'inesausta ricerca tecnica che soggiace alla creazione di forme sempre nuove e sorprendenti, Gaudì resta un punto di riferimento ineludibile per comprendere il rapporto fra modernità e tradizione in architettura. In questo cofanetto si raccolgono tre fondamentali volumi che, soprattutto con autori catalani e italiani, mettono a fuoco i diversi ambiti in cui si è espressa la creatività del maestro catalano: dalle architetture per l'abitare, siano essi palazzi, case borghesi o giardini, al variegato impegno nella costruzione di edifici sacri, sino alla grande opera "collettiva" della Sagrada Familia, suggello della creatività di un genio ma anche della volontà di una città che ha dedicato decenni per completarne la costruzione.
La Lombardia attuale corrisponde solo in parte al territorio così definito nel Medioevo: essa è infatti frutto del riassetto conseguente all'Unità, che spartì artificialmente tra due distinte regioni il regno Lombardo-Veneto. D'altra parte il periodo storico che grosso modo corrisponde alla categoria creata agli inizi dell'Ottocento di "romanico" (XI-XII sec.) vede il frantumarsi dell'egemonia imperiale, la formazione delle autonomie comunali e il forte incardinamento locale delle esperienze costruttive e decorative, pur in un orizzonte sostanzialmente omogeneo. A fronte della grande fortuna goduta tra Otto e Novecento dalla definizione di "romanico lombardo", questo volume (che fa seguito a quello edito lo scorso anno dedicato ai "grandi cantieri") ne indaga la straordinaria varietà nella terra d'origine, assumendo come pista privilegiata il territorio, secondo aggregazioni omogenee legate alle singole città e alle relative distrettuazioni diocesane, che determinano, prima dell'affermarsi della signoria viscontea, l'effettiva e sostanziale rete di relazioni economiche e culturali. Il paesaggio romanico di Milano è caratterizzato non tanto da nuove fondazioni, quanto dalla ricostruzione della folta serie di chiese tardoantiche e altomedievali. E la stessa cosa accade altrove, a Como (S. Abondio) come a Pavia. Ciò determina una stretta connessione, un confronto continuo, tra forme "moderne" e "antiche".
L'esistenza di un monumento come la Sagrada Familia nel cuore del XX secolo resta un'eccezione e insieme una sfida per la cultura architettonica contemporanea. Essa rappresenta il prodotto, soltanto ora ultimato, dello sforzo collettivo di un'intera città e in questo assomiglia più all'impresa plurisecolare di una cattedrale medievale che a qualsiasi edificio contemporaneo. Come nessun altro architetto del Novecento, Gaudi con la Sagrada Familia ha dato vita a uno spazio sacro nel cuore vivo di una comunità (quando Le Corbusier con Ronchamp ha saputo farlo in un contesto isolato e attraverso un dialogo personale e privato - per quanto fertilissimo - con un interlocutore religioso). Impresa pubblica e civile come nessun'altra, oltre che sfida per un'architettura religiosa, la Sagrada Familia è tuttavia prodotto in fieri di una genialità costruttiva entusiasmante, frutto di una ricerca tecnologica che non manca di affascinare anche i più disincantati interpreti e protagonisti della vocazione virtuosistica propria dell'architettura contemporanea. Questo libro tuttavia testimonia - attraverso un repertorio inedito di immagini, gli interventi di studiosi e degli stessi protagonisti del cantiere di oggi - come nella Sagrada Familia si materializzi un'originale saldatura fra la componente tecnica e quella del significato, fra la dimensione creativa individuale e il lavoro collettivo, fra il contesto civile di una città e lo spazio sacro di una chiesa.
Quella che qui è pubblicata è la sesta e ultima edizione de Le thomisme di Étienne Gilson, che segnò nel 1965, data di apparizione, il termine di un lungo percorso apertosi nel 1919 con la prima edizione. Tra le numerose monografie del filosofo e storico della filosofia francese, Le thomisme è senza dubbio quella che si può considerare il libro di una vita, una specie di viatico che si muove e si rinnova, anche molto sensibilmente, con gli anni che passano fi no ad esprimere nelle ultime edizioni insieme con la maturità di certe intuizioni giovanili anche autentiche prospettive di innovazione. Nell’assiduo lavoro di storico (non solo medievale) e di teoreta, Gilson si è sempre confrontato, anche quando il suo studio si incentrava su altri autori, altri aspetti o altri periodi, col pensiero avvincente e sicuro di Tommaso d’Aquino. Istruttivo soprattutto per i filosofi cristiani e particolarmente per quei neo-tomisti nel cui novero tuttavia Gilson faticava a riconoscersi. Egli infatti sottolineava che l’autentico «sistema» filosofico di Tommaso traeva significato e forza dal fatto storico che Tommaso fosse anzitutto “teologo”, fortemente motivato a far risplendere la verità della sua fede nella sua integralità. Ciò stimolò, per Gilson, il contemporaneo costituirsi di una grande e intensa teologia che non poteva non includere una grande filosofia, resa solida dalla duplice critica (interna) della ragione e (esterna) della fede, entrambe in grado di attraversare i secoli, e ancora disponibili nel presente, per il valore intrinseco della loro consistenza. Il neo-tomismo tendeva ad una valorizzazione invece della «filosofia» tomista a prescindere dal suo contesto genetico che è quello di un credente-teologo impegnato nel dirsi e nel dire la verità, la bontà, la bellezza della sua fede. Si contava sul risultato «filosofico» di Tommaso, ritenuto nel suo valore spendibile nel dialogo critico con la modernità, senza chiedersi – ciò che invece Gilson ha fatto fin dall’inizio senza temere le incomprensioni dei «razionalisti» – a cosa fosse dovuto. Gilson era convinto che nel medioevo si fossero elaborate una molteplicità di filosofie, nuove e originali per effetto della fede, di livello autenticamente filosofico e così diverse rispetto a quelle dell’antichità nate in un contesto storico in cui fu assente la fede cristiana e rispetto a quelle della modernità che per principio si distanziarono dal contesto teologico e dalle sue stimolazioni.
Dopo i due tomi del volume IX dedicati a Gnosi e manicheismo, questo volume tratta della Chiesa di Mani. Durante la sua prolungata permanenza tra gli elcasaiti di Dastumisan, il futuro profeta ha avuto occasione di riflettere sulle dottrine dei numerosi gruppi gnostici del Vicino Oriente, di integrarle nel suo dualismo radicale di origine iranica e di puntare lo sguardo su un’altra comunità religiosa ampiamente diffusa all’inizio del III secolo, la Chiesa cristiana. Mani respinge il battesimo come mezzo di salvezza sostituendolo con la gnosi e si richiama a Gesù quale modello e iniziatore di una tradizione del tutto opposta a quella di Elcasai. Dichiarandosi il Paraclito annunciato da Gesù, si presenta come l’Apostolo di Gesù Cristo e intende la sua Chiesa gnostica come la vera Chiesa cristiana.
La prima parte del volume affronta il problema della salvezza e dei salvatori nel manicheismo e studia la struttura della Chiesa manichea, dalla presunta rivelazione celeste di Mani alla volontà di diffondere la sua gnosi quale messaggio universale di salvezza. La seconda parte si concentra sulla vita quotidiana della Chiesa del profeta di Babilonia, sui suoi comandamenti, sull’encratismo e la liturgia. Nella terza parte vengono discusse le dottrine escatologiche, con il tema della morte, del giudizio e del destino nell’aldilà, nelle quali è importante accertare le influenze provenienti dal Nuovo Testamento. Sulla loro base, viene proposta un’analisi dei tre tempi manichei: l’inizio, il tempo mediano e la fine del tempo. La quarta parte raggruppa i contributi relativi al comportamento dei manichei di fronte alle altre religioni con cui sono entrati in contatto: il buddhismo, il culto di Mithra, il paganesimo romano, il cristianesimo, con un confronto approfondito tra la visione agostiniana e quella manichea della Bibbia. La quinta parte è dedicata alla lotta che Agostino (adepto della setta per più di nove anni) ha ingaggiato contro la Chiesa di Mani, a partire dalla sua conversione alla Chiesa di Gesù Cristo, passando per il platonismo. La confutazione di Agostino ha come obiettivo specifico la dottrina manichea della creazione e della salvezza dell’uomo. La sintesi che chiude il volume presenta infine una breve comparazione tra manicheismo e cristianesimo, due religioni universali di salvezza.
Nell’opera di Paul Valéry, l’architettura ha una duplice centralità. Da un lato, rappresenta la metafora più convincente della logica costruttiva e della chiarezza ideale che devono guidare la riflessione sull’esistenza. Dall’altro lato, è quell’arte eccelsa che accoglie e custodisce il corpo dell’uomo, nell’orgoglio e nella bellezza, organizzando la materia bruta, secondo regola e numero. Su di essa, quindi, si addensano l’identità razionale e il destino vitale della civiltà. Così, guardare all’idea di architettura che Valéry esprime in pagine di raffi - nata scrittura, vuol dire guardare, da una postazione privilegiata, ad argomenti centrali nella cultura europea del Novecento. Muovendo da alcuni appunti inediti sull’architettura contenuti nei «Cahiers», gli autori propongono uno stimolante itinerario di lettura che attinge alla stessa passione per l’architettura nutrita da Valéry. Il volume è corredato da un inserto illustrativo con una selezione degli straordinari disegni dedicati da Valéry al tema dell’architettura
La cultura cresce soprattutto grazie agli scambi e alle contaminazioni. Per questo il Centro Camuno di studi Preistorici, fin dalle sue origini, ha sollecitato l’incontro e il confronto fra gli studiosi e gli specialisti di diverse discipline, contribuendo alla conoscenza e alla comprensione del patrimonio archeologico della Valcamonica e del mondo, anche attraverso la costituzione di un forum internazionale, il Valcamonica symposium, che giunge alla sua XXIV edizione dal titolo “Arte e comunicazione nelle società pre-letterate”. “Conoscere il passato per capire il presente” è il motto del Centro Camuno di studi Preistorici che dalla Valcamonica muove una nuova sfida intellettuale: riattualizzare il valore comunicativo delle prime manifestazioni artistiche dell’uomo, in un mondo che fa della comunicazione e della velocità delle informazioni la sua linfa vitale. “il linguaggio visuale - spiega il prof. Emmanuel anati, direttore del Centro Camuno di studi Preistorici - è una componente essenziale dell’arte; ma l’arte ha anche altre componenti di carattere emotivo ed estetico, che implicano un bagaglio di capacità associative, ricettive e comunicative particolari dell’homo sapiens. Le insegne stradali, i manifesti pubblicitari, i murales, fanno parte della nostra vita quotidiana, loro tramite vengono trasmesse e recepite emozioni, esternazioni grafico-estetiche ed informazioni. il linguaggio visuale è oggi usato universalmente e con scopi diversi, è quasi impossibile immaginare come sarebbe la nostra vita senza di esso, eppure è un fenomeno molto antico sviluppatosi ad opera dell’homo sapiens e le sue più antiche testimonianze sono vecchie di circa 50mila anni”.
Il presente volume, che interesserà piu’ ambiti disciplinari, è un’importante opera di Storia realizzata da un giurista da sempre studioso del mondo russo. La storia della Chiesa russa è segnata da uno stretto rapporto di unione tra Sacerdotium e Imperium che trova il suo fondamento nella dottrina bizantina della sinfonia dei poteri, ma che, fatti salvi periodi assai brevi, si è realizzato come totale e incondizionata subordinazione dell’autorità spirituale a quella temporale. Il fattore religioso permea tutta la storia della Russia: basti pensare all’idea di Mosca Terza Roma e alla sua negazione, che alla fi ne del XVI sec. si esprime nell’Unione con Roma delle eparchie rutene della Confederazione polacco-lituana, o nella metà del secolo successivo al grande Raskol o scisma dei Vecchi credenti, i quali danno vita ad una Chiesa nazionale contrapposta a quella ufficiale, o ancora, in negativo, a cavallo tra XVII e XVIII sec. al periodo di Pietro il Grande, che trasforma la Chiesa in un dicastero statale, impone un modello di società totalmente estraneo alla tradizione russa e dà inizio alla grande frattura che porterà alla contrapposizione tra slavofili e occidentalisti, tra fautori del modello europeo e di quello asiatico e successivamente all’imposizione intollerante del bolscevismo. Dopo l’esperienza sovietica, attentamente analizzata dall’autore, prevarrà ancora una volta il rapporto di stretta sinergia tra Chiesa e Stato dell’epoca zarista e, siamo ai giorni nostri, riprenderà vita un sistema confessionista, intollerante nei confronti delle religioni considerate estranee alla tradizione del Paese. Il volume esamina diffusamente anche l’evoluzione storica dei rapporti dello Stato russo con la Chiesa dei Vecchi credenti e con quella greco-cattolica, analizzando le cause che ne hanno favorito la nascita, e gli attuali rapporti della Chiesa Ortodossa Russa con le altre Chiese e Confessioni. Particolarmente attuali sono le pagine sul progetto di unione tra cattolicesimo e ortodossia elaborato da Petro Mohyla, elevato all’onore degli altari dalle Chiese ortodosse ucraina (Patriarcato di Mosca), romena e polacca nel 1996 e dalla Chiesa Ortodossa Russa nel 2005.
Un grande intellettuale messicano ci presenta una riflessione insieme ironica e partecipata sull'universo dei libri e sulle diverse figure che lo costellano: autori, editori, librai, lettori contribuiscono tutti, in questo avvio di XXI secolo, a un mondo sovraffollato di libri dove l'abbondanza rischia di soffocare la qualità e dove le parole scritte rischiano di superare quelle lette. Eppure questo disincantato sguardo sul mondo editoriale, leggero nello stile quanto lucido nell'analisi, si risolve in un paradossale ma convincente elogio di Babele.
Raccolti in un pratico cofanetto, i tre volumi della collana dedicata alle origini della nostra specie. Coppens, accompagnato dalle illustrazioni di Sacha Gepner, segue la misteriosa nascita della specie umana, dai primi passi evolutivi sino al disvelarsi delle grandi acquisizioni culturali.