Nella stesura di questo lavoro c’è un solo punto di partenza: lo sguardo, sempre diverso ma vivo, di tanti bambini, giovani e adulti eredi di una o più culture in movimento nel Belpaese. Un transito di culture, questo, che produce inizialmente un senso di “stranierità”, il primo step di un processo in cui l’entrare in contatto con una persona di cultura straniera, sconosciuta, diversa, obbliga al “confronto/scontro” tra menti diverse.
I disagi che ciò comporta coinvolgono tutti (autoctoni, vecchi e nuovi arrivati), senza alcuna distinzione di sorta (studenti, dirigente, insegnanti, personale ausiliario, amministrativo, esperti esterni, incluso lo stesso mediatore interculturale).
Quanto accade nella Scuola, dunque, non è altro che lo specchio fedele di ciò che avviene fuori, nella vita di tutti i giorni.
Le nostre radici culturali, che devono pur restare quale tratto distintivo dell’identità di ciascun individuo, dovrebbero essere considerate una delle tante sfumature di una tavolozza di colori da cui tutta la collettività possa attingere e trarne giovamento, con l’obiettivo di cogliere il meglio di ogni cultura per una società interconnessa in cui ognuno possa occupare un posto, rivestire una funzione, quella più consona alle proprie caratteristiche, attitudini ed esperienze, per la realizzazione del bene comune. Meglio, quindi, educare alle sfumature, alla pluralità, insegnare che nelle diversità c’è più gusto.
Il metodo proposto in queste pagine, adottato e sperimentato dall’autrice, è da intendersi come un preparare il terreno a diventare fertile in una realtà sempre più plurale, a misura di differenze e in un mondo così “networkizzato” come quello di oggi, dove i confini spazio-temporali stanno scomparendo.
Perché nella mediazione interculturale ciò che conta non è il risultato, come dall’alto di una cattedra ci hanno insegnato, ma quello che accade proprio dal basso, in maniera orizzontale; appunto, tra i banchi di scuola.
Nel nostro Paese la crisi profonda che riguarda il sistema scolastico nel suo complesso si riflette sugli insegnanti e, attraverso loro, arriva ai bambini che delle politiche educative e scolastiche sono destinatari “finali”. Per questo ogni cambiamento della Scuola finalizzato all’apprendimento deve cominciare dagli insegnanti e dagli educatori. Da questi hanno scelto di partire le autrici consapevoli che, se non si lavora
sugli adulti, non si arriva ai piccoli e che nella Scuola l’agio degli insegnanti è la condizione migliore per favorire l’apprendimento dei bambini.
“inRelazione” oltre che il titolo del libro è una proposta metodologica che mette al centro la formazione degli educatori e degli insegnanti da un punto di vista emotivo e relazionale. Le esperienze proposte offrono loro strumenti e occasioni per entrare in contatto con se stessi e con il proprio bambino interiore, per ritrovare o trovare la giusta motivazione a migliorare la qualità della loro vita professionale e quindi del lavoro con i bambini. Far dialogare la psicologia con la pedagogia, individuando strategie per ridurre l’incidenza di stress che caratterizza la professione dell’educare, è l’obiettivo del metodo.
Essere presente nella relazione educativa significa mettersi totalmente in gioco, prendersi la responsabilità del proprio sentire, delle proprie emozioni e del proprio agire, restituendo l’importanza del ruolo delle emozioni
nell’apprendimento. In fondo se tornano a stupirsi gli insegnanti, a incontrarsi sul piano anche delle emozioni tra colleghi, a condividere un metodo collaborativo, verrà da sé che anche i bambini staranno meglio nella scuola e impareranno di più.
Ci sono libri che nascono con il preciso intento di lasciare una traccia il più possibile completa e ordinata di un pensiero educativo che a distanza di tempo corre il rischio di essere propagandato per sintesi e slogan. Questo libro nasce con l'intenzione di ricostruire il lavoro di Adele Costa Gnocchi che di Maria Montessori è stata interprete fedele, acuta e geniale. Raccoglie memorie e indicazioni precise del suo lavoro creativo e si sofferma volutamente sui primi tre anni, offrendo ai lettori la possibilità di attraversare il concetto di educazione dalla nascita come aiuto alla vita, sul cui significato Adele Costa Gnocchi ha lavorato e sperimentato, impostato e declinato il pensiero di Maria Montessori. Sostenere il diritto del bambino al "rispetto", fare in modo che questo non sia parola vuota, di comodo, ma correttamente impostare un approccio educativo montessoriano fin dall'attesa è quanto queste pagine fanno declinando il pensiero di Maria Montessori e raccogliendo esperienze sperimentabili ancora oggi. Un libro per educatori, genitori, insegnanti affascinati dalla possibilità di un progetto pedagogico basato sull'osservazione, sulla fiducia nelle forze naturali dei bambini e dei ragazzi, in un ambiente liberante, senza banchi, né premi, né voti, come sosteneva la Montessori. Non dal dire al fare, ma dal fare al riflettere, dal dedurre al provare ancora, indicava Maria Montessori. Una via scomoda perché non consente ricette, però una via onesta, fonte di benessere per bambini e per adulti. E di questa onestà il libro è sintesi e provocazione per chiunque abbia voglia e bisogno di cominciare da subito a educare i bambini rispettandoli per quello che sono e non per come li vorremmo noi.
La nonviolenza continua nei decenni e nei secoli a scorrere come un pacato fiume sotterraneo che di tanto in tanto affiora in fresche sorgenti e che, anche nel contesto italiano, non cessa di fertilizzare senza clamori il terreno sociale. Lontana da pretese assolutizzanti, essa resta aperta, come voleva Aldo Capitini, il padre della tradizione nonviolenta italiana: aperta a coltivare e generare nuove pratiche di convivenza e condivisione tra gli esseri venuti alla vita.
Anche per continuare a coltivare, a fertilizzare, a generare, nasce questo libro, nella persuasione che la nonviolenza può portare alla luce un’umanità più in pace, che sceglie di essere, come voleva Alex Langer, più lenta, più profonda, più gentile.
L’educazione con e per la nonviolenza è drammaticamente cosciente dei limiti della realtà, ma non rinuncia a tendersi in avanti, a sporgersi su un futuro di liberazione che abbracci i Tutti e dischiuda per Tutti la dimensione della festa. Tutti è il plurale di Tu, diceva Aldo, parola sacra, categoria principe, parametro irrinunciabile di ogni discorso pedagogico, e quindi politico.
Al cuore di ogni riflessione in tal senso, resta la domanda capitiniana: Dobbiamo aiutarlo [il fanciullo] a svilupparsi per far parte di questa umanità-società-realtà, pur nella nostra convinzione che questa umanità-società-realtà non sia accettabile?. La risposta farà da discrimine tra un’educazione che accetterà il reale come naturalmente buono (o legittimamente cattivo) e chiederà ai nuovi nati di adeguarvisi per riprodurlo e un’educazione che sceglierà l’opzione radicale di aggiungere tramutando.
L’educazione affettiva resta un tema non affrontato perché non è facile parlare di amore con i bambini per noi adulti, eppure li lasciamo esposti a trasmissioni televisive che più che parlare d’amore fanno da agenzie matrimoniali o a fatti di cronaca dove amori malati consegnano loro vissuti patologici.
Avvertiamo un po’ tutti la necessità di avere uno strumento attraverso cui i bambini e i ragazzi, insieme agli adulti di riferimento – madri, padri, nonni, maestri, operatori dei Servizi Sociali e Sanitari, bibliotecari, ecc. –, possano parlare dell’amore per imparare a concepirlo, gestarlo, farlo nascere, crescere, curarlo quando si ammala, aspettando che gemmi e fiorisca in primavera, dia i suoi frutti d’estate, appassisca in autunno, geli
d’inverno. Questo libro è lo strumento pensato per parlare d’amore ai bambini della scuola materna e della scuola elementare. Le storie e le illustrazioni sono arricchite da una parte di accompagnamento alla lettura per supportare i genitori, gli insegnanti, gli adulti di riferimento, a costruire un universo di senso attuale intorno a un tema così complesso dicendo ai bambini dell’amore, di ogni tipo di amore, senza tacere e senza inutili giri di parole, con quelle più adatte per aiutarli a crescere innamorandosi dell’amore che ‘tutto può e tutto muove’ nel rispetto della libertà dell’altro.
Questo libro di Matthew Fox è un vero e proprio manifesto che sconvolge e reindirizza le ragioni per cui si educa. Come sosteneva Heschel – citato da Fox quasi a premessa del testo – “non è vero che imparare serve a vivere, perché imparare è vivere”. Per questo, assumendo che l’educazione sta attraversando ovunque e da tempo un profondo momento di crisi, la chiave suggerita da Fox è reinventare il vivere su questa Terra, e vivere questo come un processo continuo di apprendimento. È importante assumere come principi nella lettura di questo libro che l’educazione non riguarda i bambini ma gli adulti, non è esclusiva della scuola ma è importante che la scuola insegni il gusto e la gioia, l’utilità e l’efficacia di vivere la vita come apprendimento. Che cioè educhi allo stupore di cui la modernità non si è occupata molto fino ad ora, dedicandosi più ad addomesticarlo che a ravvivarlo, più a sfruttarlo che ad apprezzarlo.
Ci troviamo dentro una vera e propria rivoluzione culturale. Immersi in una realtà "liquida" stiamo trasformando il nostro modo di vedere la realtà e i nostri rapporti. I bambini e gli adolescenti vivono come una "doppia vita" che influenza il processo di sviluppo e di individuazione: una reale dove fanno le esperienze comuni e si confrontano con il principio di realtà e una virtuale che consente altre esperienze e rapporti con se stessi e con gli altri. I "pollicini" cioè quelli che digitano solo con i pollici, altrimenti chiamati "nativi digitali", nati dalla fine degli anni Novanta in poi sono cresciuti con Internet e il nuovo modo di interagire. Comunicano, scrivono, parlano, hanno gesti e ritualità che le generazioni precedenti non conoscevano e che gli adulti di oggi, i "tardivi digitali", non comprendono. Riflettere su questi aspetti è una necessità. Perché è importante cercare di capire cosa sta accadendo a noi e ai nostri figli e interrogarci su cosa serve sapere e fare oggi dal momento che, per i nativi digitali, "on line" e "off line" non sono mondi separati e distinti come rette parallele ma realtà sovrapposte. Questo libro è pensato come una "guida" per i genitori di oggi spesso smarriti di fronte alle emergenze e ai fatti di cronaca. Essere Genitori 2.0 significa saper valorizzare le opportunità e le enormi potenzialità del mondo tecnologico ma soprattutto saperlo governare e non esserne governati. Serve anche per evitare che i nuovi "pollicini", lasciati soli da noi adulti nella scoperta di questi nuovi mondi e modi, si perdano nel bosco e si debbano arrangiare da soli ad uscirne o difendersi dai lupi. Se non ci siamo noi adulti e genitori alla guida di questo viaggio è partita persa per loro e per noi! Buon lavoro!
"Abbiamo tutti bisogno di dosi di innocenza. No, non quella cieca: dico quella dei clown, dei vulnerabili contenti, quelli che hanno conosciuto il dolore eppure non ne hanno fatto il loro dio. Ecco la materia che vale la pena studiare: l'innocenza dei caduti che anziché rallentare si mettono a correre che a credere in Dio non ci vuole mica fatica. La parte più laboriosa è credere negli uomini."
L'attenzione e la consapevolezza che le emozioni di ogni natura giocano un ruolo importante nello sviluppo e nell'apprendimento si scontrano con la difficoltà di modelli e metodologie ancora non in grado di orientare in tal senso l'educazione e, soprattutto, la didattica. Focalizzare la propria azione educativa per sostenere lo sviluppo delle competenze sociali ed emotive in soggetti in età evolutiva - e nei loro educatori - significa predisporre intenzionalmente una serie di attenzioni e di interventi che si armonizzano con le consuetudini e gli obiettivi di apprendimento della vita scolastica. Se è vero che emozione e cognizione agiscono efficacemente quando operano in equilibrio, è altrettanto vero che la base materiale di questo processo è il nostro cervello, e che il nostro corpo agisce in un contesto materiale reale. L'unione di tutti questi aspetti porta dunque a dover mettere alla base dell'esperienza umana e del suo apprendimento un "mediatore" emotivo che, con la sua azione, permette di imparare, pensare e creare. E all'insegnante è chiesto oggi di diventarlo. Le competenze emotive e sociali sono educabili e per renderle concrete e vive nei nostri contesti è possibile utilizzare questo libro come una mappa, una guida che non riporta con precisione assoluta le caratteristiche del territorio che descrive, ma che aiuta a esplorarlo e percorrerlo. Non è, infatti, la lettura del libro il viaggio che vi chiediamo di intraprendere: il vero viaggio è quello che vivrete nelle vostre aule, auspicabilmente in modo sempre più consapevole.
All'evoluzione dello Stato sociale della nostra Repubblica può essere applicata la parabola dei cicli di vita propri di ogni organismo vivente. Dagli inizi alla crescita, fino alla piena maturità ed espansione durante quelli che questo libro definisce i "gloriosi anni '80 e '90". Erano i tempi in cui alla crescente complessità sociale si accompagnava una differenziazione dei Servizi sociali e assistenziali, con il sostegno di una diffusa coscienza sociale che reclamava l'estensione degli stessi diritti a tutti i cittadini. Se è così, che periodo stiamo vivendo oggi? Non vi è dubbio che sia un tempo di declino, non tanto perché sono venuti meno i bisogni, anzi la maggiore consapevolezza dei cittadini ha prodotto un aumento della domanda sociale. La crisi semmai deriva dall'aver sottratto la protezione delle persone in stato di bisogno alla comunità civile cui appartengono, delegando cura e sostegni ai Servizi e ai professionisti. In quello che sembra un vicolo cieco, la proposta di questo libro apre una porta di speranza e di rinnovato impegno per tutti: non solo per gli operatori del sociale ma anche per gli amministratori e, ancor più, per gli utenti dei Servizi socio sanitari. Nulla di miracolistico, sia chiaro, ma la definizione di una possibilità che il Welfare recuperi la propria dimensione comunitaria, che possa avvalersi delle risorse presenti nei contesti locali, in una programmata sinergia fra istituzioni e cittadini, che chiami a corresponsabilità i beneficiari dei Servizi.
Questo libro è una risposta del perché, del come e del cosa è stato fatto per arrivare ad affermare che invece "si può fare". Si può facilitare il naturale sviluppo di ciascuno, si possono non usare libri, voti, compiti e schede, si può rompere quel sempiterno sodalizio che purtroppo lega l'apprendimento alla noia. Insomma si possono fare molte cose se, innanzitutto, si crede che sia importante farlo. Dopo questa esperienza possiamo asserire che l'unica cosa che non si possa fare nella scuola è insegnare senza apprendere dai bambini. È un appello a tutti coloro che si occupano o hanno a cuore i temi dell'educazione: costruiamo una scuola più competente, vicina agli esseri umani che la abitano, ai loro bisogni e sogni, a partire dal bisogno/sogno di felicità.
La facilitazione ha a che fare con i gruppi e le comunità, con le dinamiche che normalmente accadono quando le persone si mettono insieme per realizzare qualcosa e sperimentano la fatica del progettare e giungere alla fine di un processo. Interviene non sul cosa fare ma su come fare, perché tutti siano partecipi e protagonisti fino alla fine del processo deciso e avviato. In questo senso trova campi di applicazione ampi: è facilitazione ciò che supporta la naturale evoluzione di un processo, sia personale che collettivo. Forse è un'arte, forse una disciplina, forse una scienza sociale. Di certo è un metodo che rende fluida la comunicazione e i processi decisionali, integrando le capacità di ognuno: testa, cuore, mani ed energia! Questo manuale, e le carte della facilitazione, sono dunque uno strumento per imparare a stare insieme affrontando le difficoltà e i conflitti, costruendo spazi sicuri di dialogo e confronto collettivo dai quali possano emergere soluzioni condivise e innovative. Un progetto che nasce dalla convinzione della necessità di diffondere la facilitazione in Italia oggi: nelle scuole, nei gruppi informali, al lavoro, all'interno di associazioni e istituzioni.