Ecco che la debolezza diventa un elemento utile e prezioso. L'applicazione alla vita pastorale è da inventare, secondo quello che il Signore e lo Spirito ci suggerirà. Però questo ci aiuta a non lasciarsi prendere sempre dall'avvilimento quando ci si rende conto che le forze fisiche, economiche, di riconoscimento sociale... sono scarse. Quando comprendiamo che tutte queste cose sono a un livello basso, non deve venir meno la fiducia e la confidenza nel valore del Vangelo che, anzi, può e deve diventare ancora più grande. Questo libro è una riflessione sulla Seconda lettera ai Corinzi, nella quale Paolo è costretto a difendere il proprio apostolato da critiche che gli sono state rivolte e, pertanto, è costretto a riflettere sulla sua esperienza di apostolo. Tale riflessione paolina può diventare ricchissima dal punto di vista della comprensione della nostra vocazione e del significato della pastorale che viviamo oggi.
Un percorso teologico sugli articoli del credo commentati da bibliste e teologhe italiane, L'interesse delle edizioni San Lorenzo e, in modo specifico, della collana Cammini diversi, nei confronti del pensiero teologico femminile, ha condotto a seguire diversi percorsi di teologia delle donne, alcuni dei quali già pubblicati. Perché questo interesse per lo sguardo femminile sugli articoli del credo? La teologia cattolica, plasmata sin dalle origini dal modello patriarcale è, a nostro avviso, troppo sbilanciata sul modo di vedere maschile della fede. C'è la necessità di trovare un equilibrio, di proporre cammini di pensiero capaci di recuperare non solo il tempo perduto, ma anche di condividere la ricchezza di uno sguardo diverso su Dio, la Chiesa, il mondo. Il desiderio, dunque, è la condivisione di un pensiero che può aiutare ad allargare i nostri orizzonti e a leggere in modo diverso em più profondo, i contenuti della fede cristiana. I primi tre articoli di fede affrontati sono stati affidati alla biblista Soave Buscemi e alle teologhe Selene Zorzi e Cristina Simonelli.
Il volume, curato dalla teologa Lorella Parente, raccoglie gli interventi tenuti da diversi biblisti in occasione delle Giornate Matteane di Salerno, un evento culturale annuale, legato alle celebrazioni in onore di San Matteo, le cui reliquie riposano nella cripta della cattedrale cittadina. Il tema trattato è quello delle Beatitudini matteane (Mt 5,3-12), dette anche "il manifesto del cristianesimo", come suggerisce il titolo del primo contributo, a opera del biblista don Paolo Mascilongo, il quale analizza i macarismi nel loro contesto di riferimento, ossia il "discorso della montagna" (Mt 5-7), tratteggiandone i principali contenuti dal punto di vista esegetico e teologico. Nel secondo intervento, Don Antonio Landi, biblista, va ad esaminare, in particolare, la relazione tra Gesù e la Legge (Mt 5,17-19), prendendo in considerazione le interpretazioni che Cristo offre di alcune norme legali (5,21-48) nella prospettiva di una giustizia chiamata a superare quella degli scribi e dei farisei (5,20). Nel successivo contributo, don Nicola Rotundo, moralista, offre una riflessione sull'essenza delle Beatitudini, tematizzandone l'aspetto etico per giungere a capire che cosa comporti...
Cosa sarà del piccolo gregge della Chiesa nel panorama culturale globalizzato del mondo d'oggi? La sinodalità è una sovrastruttura della Chiesa o uno stile di vita nell'esperienza cristiana? La pandemia può aiutare a riscoprire il senso di comunità anche nella realtà ecclesiale? Queste sono alcune delle domande che il biblista e teologo Gabriele Maria Corini e lo psicologo e professore Luca Raspi affrontano in modo semplice, ma profondo, in questo volumetto. Chiaro che l'intento del testo non è di consegnare al lettore risposte esaustive e puntuali, ma piste di riflessione per suscitare, a loro volta, l'interesse della ricerca e il desiderio di approfondire alcune tematiche che oggi più che mai interessano non solo gli addetti ai lavori, ma l'esperienza cristiana, a volte messa a dura prova nelle diverse realtà della vita. La prefazione del card. Zuppi arricchisce questo dialogo tra gli autori ed il lettore, introducendo così alle tematiche che seguono e che riguardano il panorama culturale e sociale della contemporaneità a 360°.
In questi giorni ero in visita a varie comunità cristiane della diocesi. La diocesi di Rumbek non è proprio come quelle italiane. Ha un territorio molto vasto che si percorre con grosse Toyota Land Cruisers. Ha strade che potremmo meglio definire come piste di terra battuta piene di dossi e buche. Al passaggio si alza un polverone che copre tutto. Se si viaggia dopo una pioggia, bisogna saper sguazzare nel fango evitando le pozze più profonde. E dopo chilometri e ore di viaggio si incontra la vita del villaggio, la gioia dell'incontro dopo tanta attesa. All'ingresso di ogni villaggio ho trovato un gran numero di persone a darmi il benvenuto sotto il sole cocente. Era da dodici anni che non vedevano il loro vescovo. La loro gioia era straripante e si è dimostrata fino all'eccesso con grande rullio di tamburi, canti a squarciagola e il sacrificio un bel numero di tori. In ogni villaggio sono entrato lasciando alle spalle un povero animale sgozzato la cui carne viene divisa dalla gente come segno che l'ospite è una benedizione per tutti specie
i più miseri. E ogni villaggio è diventato poi luogo di incontro, di ascolto, di testimonianza e di preghiera che si fa rendimento di grazie.
dall'introduzione di MONS. CHRISTIAN CARLASSARE
«Nel luglio 1971 a Colonia di Itaeté (Bahia-Brasile), in un vasto campo bruciato dal sole, destinato a diventare la piazza del nuovo paese, dall'alto del cavallo Gratiston mi dice: "Padre, mi impresta una Bibbia?!". Qualche momento di indecisione, ma non so dire di no. Dopo mesi me la restituisce con tanti pezzettini di carta che segnano i passi da lui ritenuti importanti. Nell'ottobre 2016 Alberto a Montecavolo (Reggio Emilia) mi saluta: "Don, sono andato in pensione e ho deciso di leggere la Bibbia". "Bravo! Complimenti!". Dopo un mese lo vedo entrare in fretta, quasi sbuffando, nel mio studio: "Don, non ci capisco niente!". Dal 1971 ho sognato uno strumento semplice, facile, economico da offrire a Gratiston, ad Alberto e a tanti altri che desiderano leggere la Bibbia. Nella campagna di Wagner (Bahia-Brasile), durante la celebrazione della Messa, un contadino dichiara davanti a tutti: "Ho letto tutta la Bibbia. Ho impiegato 5 anni, 8 mesi e 21 giorni!". "Bravo! Complimenti!". "Ma cosa avrà capito?" penso dentro di me. Mi metto alla ricerca nelle librerie. L'offerta è ricca, vasta, molteplice. Percepisco che il problema è sentito da tanti e si cerca di dare una risposta. Ho acquistato e letto vari volumi: belli, bellissimi, affascinanti. Però sono volumi di 400 o 500 pagine e il linguaggio non è semplice. Posso offrire ad Alberto un libro di 500 pagine per avviarlo alla lettura della Bibbia? Sarebbe come rompere le gambe al ragazzo, pieno di entusiasmo, che si prepara a correre la maratona. Ci sono anche volumetti più popolari: ho tentato diffonderli, ma non ho percepito risultati. Ho deciso di mettermi al lavoro con l'intenzione di estrarre da tutti questi bei volumi di introduzione alla Bibbia gli elementi essenziali e presentarli con linguaggio semplice. Cammin facendo mi sono accorto che semplice per semplice qualcosa di complicato sempre rimane. Spero di offrire uno scarpone utile ad Alberto e a qualche altro intraprendente e coraggioso che desidera entrare nel mondo antico della Bibbia.» (PIerluigi Ghirelli)
"Il 29 giugno 2022, nella celebrazione della solennità dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, Papa Francesco ha promulgato la Lettera apostolica Desiderio desideravi sulla formazione liturgica del popolo di Dio. Questo documento costituisce un tratto significativo di una serie di interventi che il Pontefice ha dedicato al tema della liturgia della Chiesa; ciò attesta l'importanza non certo marginale che egli attribuisce alla celebrazione del mistero di Cristo, quale esperienza fondamentale di evangelizzazione e di cammino di vita cristiana plasmato dalla Parola, dal culto e dalla carità. Su questo versante la testimonianza della comunità cristiana degli inizi a Gerusalemme è sempre attuale (cfr. At 2,42). In riferimento all'interesse manifestato da Papa Francesco per la liturgia secondo l'autentica tradizione della Chiesa e la sapiente interpretazione rinnovata dal Concilio Ecumenico Vaticano II è necessario ricordare, anzitutto, l'approvazione della terza edizione italiana del Messale Romano 3 . Non sono meno significativi, inoltre, gli interventi omiletici nel contesto eucaristico tenuti da Papa Francesco a casa Santa Marta, commentando i testi biblici del Lezionario." (dalla presentazione di mons. Ovidio Vezzoli)
Per essere testimoni del Gesù vivo, dobbiamo "Ricordare" che è stato condannato a morte perché è sempre stato dalla parte dei piccoli, dei peccatori, dei poveri, delle donne, contro tutte le forme di oppressione e di morte. Questo riassume "tutto" quello che le Scritture dicevano di Gesù e che le comunità di Luca non dovevano assolutamente dimenticare. E' la memoria viva della misericordia di Gesù (il suo cuore dalla parte dei miseri), che sarà presente in ogni pagina del Vangelo e che ci "ricorderà"che per questo Gesù è stato crocifisso. Mai dimenticarlo! Il "Vivente" porterà per sempre i segni del suo martirio/testimonianza che le nostre comunità devono dare, se vogliamo essere seguaci sul cammino del "Vivente". Il cammino e i tavoli sono gli spazi e i momenti che manifestano la misericordia di Gesù alle comunità di Luca e alle nostre. Con lui cammineremo, saremo suoi commensali per riuscire ad essere, con lui, segni della misericordia divina. Senza aver più paura della croce.
«Tra la novità e la speranza, tra lo stupore e l'incertezza, con la profonda certezza che Dio sostiene con il suo Spirito le nostre lotte e la nostra resistenza. Sperimentiamo in questi tempi difficili che il nostro Dio continua a camminare con noi perché è il Dio con noi, il Dio che è venuto a condividere la nostra stessa fragilità, il Dio che non ci lascia mai soli. La Parola di Dio è diventata in questi tempi difficili, ancora più "Buona Notizia", facendoci capire che Dio non ci abbandona mai, ma ci accompagna sempre, nel meraviglioso viaggio che è la vita. Se nel secolo scorso il teologo tedesco Johann Baptist Metz aveva iniziato un grande dibattito teologico partendo dalla domanda: "Come parlare di Dio dopo Auschwitz"?, e decenni dopo, Gustavo Gutiérrez della realtà peruviana aveva offerto il suo contributo a partire dalla domanda "Come parlare di Dio da Ayacucho?", ora penso che sia il momento di riformulare la domanda, partendo da cosa ci sta lasciando in eredità questo tempo.» (dall'introduzione)
Il cammino percorso dal movimento liturgico, biblico, patristico e catechetico ha raggiunto il suo vertice nella riscoperta della parola di Dio nella vita della Chiesa. A buon diritto il Concilio Ecumenico Vaticano II, accogliendo le intuizioni non marginali, che hanno accompagnato l'itinerario e la ricerca dei movimenti sopra citati, ha ratificato il termine dell'esilio della Parola di Dio e ha aperto l'orizzonte per una sua ermeneutica; questa trova nella liturgia il contesto più alto di espressione. La celebrazione rituale si presenta, cioè, come il luogo privilegiato delle Scritture, sul versante interpretativo. Ciò costituisce una evidenza che non si può ignorare né polemicamente disattendere. Nemmeno le infondate accuse di un ritorno al biblicismo accademico o di emulazione accondiscendente della tradizione protestante, possono ormai frapporsi come ostacolo alla «corsa della Parola» riconsegnata alla Chiesa. Un criterio fondamentale conduce la proposta di questa riflessione sul rapporto Bibbia e Liturgia nella vita della comunità ecclesiale: la fedeltà alla tradizione biblica, patristica e liturgica, quale testimonianza ineludibile del vissuto della fede dei credenti, permette di approfondire la dinamica della rivelazione di Dio all'uomo nella storia e nel tempo.
Il testo rappresenta un interessante appello ad incedere nel cammino della vita per inoltrarsi fiduciosamente in quella dello Spirito; ad animarne il contenuto è il medesimo spirito che sollecita gli uomini e le donne di ogni tempo ad innalzare tutto il cuore e tutta la mente a Dio per unirsi a Lui. I lettori, coscienti che il culmine della vita in Cristo si realizzerà compiutamente nel secolo futuro, saranno sollecitati a riflettere sul problema di come instaurare un proficuo rapporto con Dio a partire dall'esistenza terrena. Se ci si chiede che cosa significhi in concreto partecipare dello Spirito, e come si possa cooperare con Questo per compiere la volontà del Padre, ci accorgiamo che l'invito assume la sua concretezza nella vita quotidiana, per tale ragione dobbiamo affidarci alle testimonianze di coloro che hanno sperimentato in precedenza la Sua presenza, per questo alludiamo all'esempio dei Padri della Chiesa indivisa. Il libro traccia una parabola patristico-biblica, in cui il punto di partenza è l'ascolto profondo della Parola, per farla penetrare sino alle nostre "fibre spirituali"; scopriremo che l'ascolto è spesso disatteso, sappiamo che ciò accadeva fin dai tempi apostolici, Gesù stesso riscontrò la durezza del cuore dei suoi fedeli, per questo motivo, ancora oggi, l'umanità impiega notevoli sforzi nel perfezionare questo tipo di ascolto, purificando il cuore e cercando il silenzio per far riemergere la Parola. L'approccio metodologico dell'autrice desterà sicuro interesse in tutti quei cristiani che forse si trovano infastiditi dai facili spiritualismi, o dalle pratiche che spesso confondono i piani del telos cristiano, che mira alla divinizzazione. La particolare suggestione offerta dall'analisi ha di mira il ridestare la ricettività allo Spirito Santo seguendo l'esempio dei Padri per "perfezionare l'imperfezione" umana, un ossimoro spirituale sul quale meditare.
I cinque poemi che compongono il Libro delle Lamentazioni formano un'opera letteraria unitaria e, di conseguenza, i singoli poemi devono essere letti seguendo il filo che li unisce. Anche se è possibile che all'origine dei poemi non vi sia un solo autore e soprattutto che l'autore del capitolo 3 possa essere diverso dall'autore degli altri capitoli, l'opera, come ora si trova nel Canone biblico ebraico, presenta un marcato carattere unitario determinato dall'uso della medesima forma metrica (la qinah, "lamentazione"), dal linguaggio e dalla riflessione sul tema tragico della caduta di Gerusalemme. Lo stesso autore del terzo poema, che è in stretto contatto con la scuola di Isaia, potrebbe essere il curatore della redazione finale del libro. È comunque significativo che le questioni lasciate aperte nel Libro delle Lamentazioni abbiano trovato risposta nel Libro di Isaia, in particolare nei capitoli 40-54. Il Libro di Isaia, nella seconda parte, fornisce una risposta all'aspirazione alla sopravvivenza così evidente nel Libro delle Lamentazioni anche avvalendosi delle stesse formulazioni verbali. Molti rabbini e alcuni esegeti moderni hanno notato una somiglianza di linguaggio e di temi tra il Libro delle Lamentazioni e la parte del Libro di Isaia comunemente attribuita a un anonimo profeta dell'esilio, chiamato Deutero-Isaia, in particolare nell'invito «Consolate, consolate il popolo mio, dice il tuo Dio» (Is 40,1), ma quasi mai e solo in modo indiretto hanno sostenuto che ci sia un vero rapporto tra i due testi.