Nell'Europa cristiana di antico regime, l'esecuzione capitale era un grande spettacolo pubblico destinato a educare il popolo col terrore delle pene e a edificarlo sul piano religioso. In esso la preoccupazione dominante era quella della conversione. Dal condannato ci si aspettava che si convertisse: e la conversione doveva essere manifestata pubblicamente con segni di pentimento, esibizione di sentimenti di lealtà e inviti ai presenti a non disobbedire alle leggi e a coltivare sentimenti religiosi. La conversione era una trasformazione profonda che al posto della figura esecrata e maledetta del criminale, del ribelle e dell'eretico doveva far apparire improvvisamente un pio cristiano pentito e pronto a scontare col suo sangue il male fatto per guadagnarsi il premio della vita eterna. Sull'intreccio tra conversione e mutamento di identità, che si manifesta in occasione delle esecuzioni capitali, questo volume, che raccoglie un seminario tenuto presso la Scuola Normale, getta luce nuova e originale.
I filosofi e teologi della Scuola di San Vittore, soprattutto Ugo e Riccardo, che Dante ricorda nel Paradiso dopo averli meditati in profondità, hanno esercitato un influsso notevole sul pensiero e sulla letteratura fra Medio Evo ed età moderna, specie per l'accento posto sul valore formativo delle emozioni e della memoria, delle immagini e di quella pratica spirituale applicata ai testi che essi definirono «esegesi figurativa». In questo volume si raccolgono, in una ricca e articolata dimensione multidisciplinare, gli interventi dei migliori specialisti dei Vittorini su scala internazionale, che i due curatori hanno riunito alla Scuola Normale Superiore per mettere a fuoco un orizzonte problematico finora quasi del tutto trascurato. Per la prima volta la cultura vittorina viene ripensata in un confronto con le vette della letteratura medioevale, dai trovatori provenzali a Jacopone, da Dante a Petrarca: ma la luce riflessa in questo prisma luminoso giunge fino a Ezra Pound.
Scritto in una prosa affascinante intessuta di poesia, il romanzo di Petronio seduce da sempre filologi e lettori. I contributi di Mario Labate pubblicati in questo volume affrontano le principali sfide poste dai "Satyrica" e mostrano come i metodi della filologia costituiscano una guida sicura per l'interpretazione del testo. Attraverso un esame serrato di episodi, caratteri e modelli letterari, il volume propone nuove chiavi di lettura, restauri del testo e innovative ricostruzioni della trama, fornendo al lettore un'interpretazione organica del capolavoro petroniano.
Nel secolo in cui l'impero bizantino è di fatto la più grande potenza mediterranea, la figura del patriarca Fozio (ca. 820-891) domina la scena della «seconda Roma», capitale dell'impero. Grande battistrada dell'umanesimo, grande teologo, due volte patriarca ecumenico, pugnace avversario delle aspirazioni romane al primato, è considerato dal mondo cattolico pur sempre come un avversario, mentre dal mondo ortodosso solo tardi fu assunto come santo. Il suo nome è legato, per gli studiosi della letteratura greca antica e protobizantina, all'imponente repertorio, definito sommariamente Biblioteca, che in 280 capitoli riassume, analizza, sottopone a critica e in larga parte trascrive varie centinaia di autori: profani e cristiani, molto spesso per noi altrimenti perduti. La Biblioteca non era certo destinata alla circolazione libraria: nacque come strumento di difesa della cerchia raccoltasi intorno al patriarca e variamente bersagliata dall'ala oltranzista della Chiesa d'Oriente. L'opera alla quale egli probabilmente intendeva legare il suo nome era semmai l'intensa pubblicistica teologica e dottrinaria che occupa quasi per intero un paio di tomi della Patrologia greca. In questo volume viene finalmente offerta ai lettori la prima traduzione italiana integrale della Biblioteca. Al tempo stesso un commento sistematico ed essenziale accompagna il lettore nella selva fittissima della erudizione racchiusa in questo autentico «tesoro», come i grandi umanisti amarono definire la Biblioteca foziana. A fronte figura il testo greco, migliorato rispetto all'unica moderna edizione circolante, quella della "Collection Budé". Al termine, l'indice analitico di Immanuel Bekker fornisce al lettore una preziosa chiave per la consultazione.
Antonio Labriola è stato uno dei massimi rappresentanti del marxismo italiano insieme ad Antonio Gramsci che, pur appartenendo a una temperie culturale e politica assai diversa, nei "Quaderni del carcere" ne sottolineò l'importanza per l'energia con cui aveva rivendicato l'autonomia teorica del pensiero di Marx. Essa è argomentata in primo luogo nei "Saggi sul materialismo storico" (1895-98), che ebbero una circolazione europea e ancora oggi costituiscono un punto di riferimento essenziale della fortuna di Marx tra Otto e Novecento. In questa lunga riflessione si inseriscono le pagine, tratte dal lascito manoscritto di Labriola, rimaste inedite fino ad ora e pubblicate qui per la prima volta, nelle quali è abbozzata una biografia intellettuale di Marx. Esse contribuiscono a mostrare, da un punto di vista particolare, la ricchezza e l'originalità della riflessione labriolana su Marx.
Il «De Christiana religione» è un testo importante per molti motivi: è la prima opera personale resa pubblica a stampa da Ficino, sia nel testo volgare che in quello latino; intende rivolgersi a un pubblico più vasto dei 'litterati' o dei sodali dell'Accademia; esprime con notevole chiarezza le idee religiose dell'autore e la sua concezione della 'pia philosophia', destinata ad avere larga influenza sulla cultura europea del Quattrocento e del Cinquecento. Nonostante il grande lavoro di insigni studiosi, come Cesare Vasoli che ne illustrò con sapienza le fonti, mancava però una edizione critica che consentisse anche di entrare nell'officina di Ficino. È il compito che si è assunto Guido Bartolucci, dando un contributo importante agli studi sulla cultura filosofica del Rinascimento.
La corrispondenza tra Giovanni Pascoli e il fratello Raffaele, composta da 389 lettere che si snodano dal 1882 al 1911, getta luce su aspetti ancora poco noti della biografia del poeta, legati sia alla sua vicenda familiare, e in particolare ai rapporti con i fratelli, sia ad aspetti della sua carriera: dall'insegnamento liceale alla docenza universitaria, dalla spinosa questione della cattedra romana di filologia dantesca ai rapporti con Carducci, alla genesi e datazione di alcuni componimenti. Le lettere, di cui si riproducono ampi stralci, contribuiscono a tratteggiare un quadro d'ambiente, delineando un ritratto di famiglia italiana sullo scorcio dell'Ottocento.
Francesco Cattani da Diacceto (1466-1522) fu considerato dai contemporanei come il maggiore platonico del suo tempo e il legittimo successore di Marsilio Ficino. Il libro intende ripercorrerne l'intera riflessione filosofica ? dalla metafisica alla dottrina dell'amore, dalla cosmologia all'antropologia ?, attraverso un confronto costante con le fonti antiche e coeve (soprattutto Ficino e Giovanni Pico della Mirandola), delineando il profilo del platonismo fiorentino nei primi decenni del Cinquecento.
9 settembre 1599: la Congregazione del Sant'Uffizio è d'accordo, con varie sfumature, sul fatto che l'imputato Giordano Bruno non è convictus: non ne è stata, cioè, dimostrata in modo irrefutabile la colpevolezza. 17 febbraio 1600: Bruno viene bruciato in Campo de' Fiori, dopo aver dichiarato al Papa e al Tribunale di non sapere di cosa dovesse pentirsi perché non aveva nulla di cui pentirsi. Perché quella situazione di stallo si sia risolta nella condanna a morte è ancora oggi difficile da capire: analizzando il comportamento del Nolano, alcuni hanno parlato di una sua scelta lucida e consapevole; altri, all'opposto, di un suo crollo nervoso. Con una tecnica alla Hitchcock - e il ritmo di un thriller -, Germano Maifreda concentra l'obiettivo su uno dei maggiori accusatori - fra' Celestino da Verona - ipotizzandone, anche sulla base di nuovi documenti, un ruolo fondamentale nella decisione da parte di Bruno di scegliere la morte.
Da Chartres a Firenze, dalla più celebre delle scuole cattedrali del XII secolo al più importante centro dell'Umanesimo e del Rinascimento, il volume si propone di illustrare e mettere a fuoco la varietà e la ricchezza degli studia humanitatis sottolineandone la valenza etica, politica e religiosa e l'attenzione allo studio dell'uomo come cittadino e dello stato come organizzazione civile per il conseguimento del bene comune. Particolare rilievo è dato in queste pagine alla riflessione etico-politica di Giovanni di Salisbury e ad alcuni aspetti della ricezione dell'aristotelismo a partire dal XIII secolo. E in una nuova prospettiva vengono considerati il confronto tra potere spirituale e potere temporale e i rapporti tra realtà politiche 'universali', nazionali e cittadine, da un lato, e cultura universitaria e crisi religiosa, dall'altro.