Nel 1886, a Clermont-Ferrand, un giovane insegnante liceale di nome Henri Bergson viene a conoscenza degli esperimenti d'ipnosi di un bibliotecario locale. Incuriosito dai risultati apparentemente inspiegabili delle sedute, decide di assistervi e poi di sperimentare di persona. Ma è solo l'inizio di un interesse persistente per i fenomeni psichici, che ventisette anni più tardi porterà lo stesso Bergson alla direzione della "Society for Psychical Research". Nella lingua di uno dei maggiori scrittori di filosofia del '900, due saggi di parapsicologia, il cui vero tema sono l'inconscio come regolatore ultimo della vita psichica e una serrata critica all'assunto di fondo delle moderne scienze della natura, ovvero l'idea che il non misurabile neppure esista.
I saggi contenuti nel volume intendono indagare il problema della legittimità del potere politico come problema di comunicazione politica, e quindi in base alla analisi di linguaggio e discorso politici, in una prospettiva transepocale. Per il tema e per la scelta della lunghissima durata il volume si inserisce nel progetto di ricerca su cui si basa il dottorato internazionale Comunicazione politica dall'antichità al XX secolo, come specifico apporto della sede di Bologna. Tutti i saggi hanno origine da relazioni orali, o da brevi interventi, presentati per la maggior parte in occasione di un seminario intensivo del dottorato internazionale svoltosi a Bologna nel giugno 2010. La tematica unitaria intorno alla quale si muovono i saggi è quella del rapporto tra violenza e potere (inteso sia come Herrschaft sia come Macht) e violenza, declinato sulla base di peculiari prospettive.
Si tratta dell'edizione critica del commento del sociniano austriaco Wolzogen alle "Meditationes de Prima Philosophia" di Descartes. Del testo esistono solo tre precedenti edizioni, le due del Seicento, ovvero l'editio princeps del 1657 e la riedizione nella Bibliotheca Fratrum Polonorum del 1668, e l'edizione polacca moderna del 1959 curata da Ludwik Chmaj. A differenza di quella di Chmaj, questa nuova edizione si basa sul testo del 1657 e segnala tutte le varianti significative sul piano filologico fra le due versioni. Le note filologiche indicano tutti i rimandi del commento al testo cartesiano. Le note di commento tentano di proporre riferimenti eruditi utili a contestualizzare il testo. Nell'introduzione sono ripercorse le ragioni dell'interesse storico e filosofico di questo commento alle "Meditationes", che è certamente l'unico a provenire dagli ambienti della riforma radicale. Rivedendo talune interpretazioni che hanno tradizionalmente messo in relazione la teologia sociniana con certo platonismo della cultura umanistica, la curatrice sottolinea che l'originalità del testo di Wolzogen consiste nell'ispirazione propriamente sociniana della sua critica anticartesiana.
"La politica della guerra di posizione è la politica giusta (...), ma il problema è tener desta nei fortini necessariamente attrezzati con tutti i conforts, la volontà di una città futura". Protagonista degli anni Sessanta, Alberto Scandone ha speso la sua breve ma intensa esistenza in un'inesauribile attività, politica e pubblicistica, al servizio di un progetto delineato fin dall'adolescenza. Sulla base di scritti inediti e di testimonianze questa biografia ricostruisce il suo itinerario umano e culturale che si snoda all'interno di un mondo - la Firenze di La Pira e gli elitari collegi svizzeri, la Roma dei giochi politici e di Pasolini, le vitali contraddizioni di Palermo e i drammi della Sicilia - che coniuga in un intreccio singolare le ragioni personali del vivere e quelle universali della Storia. Ne emerge il profilo di una personalità ricca e poliedrica: realismo politico e tensione morale, umorismo e distacco da sé, vocazione ereticale e senso delle istituzioni, un'intima spiritualità in cui si avvicendano resistenza e resa alle pressioni della Grazia. In Appendice alcuno scritti e documenti inediti.
Alcuni valori condivisi stanno alla base dell'etica risorgimentale della patria: nella stagione delle Guerre di Indipendenza, e delle insurrezioni cittadine, il coraggio guerriero, il valore bellico, lo slancio eroico concorrono certamente, e in modo determinante, alla costituzione del mito patriottico. Ma le molte sconfitte militari che segnarono il processo unitario e i primi anni del nuovo Stato - da Custoza e Novara, fino alla desolante impresa coloniale che avrebbe lasciato sul campo i "vinti di Abba-Garima" (Pascoli) - posero evidentemente questioni delicate anche a chi si esprimeva attraverso la scrittura letteraria. Come si raccontano le battaglie perdute? La centralità del tema - come tanti saggi di questo volume dimostrano - rileva una continuità che segna la storia nazionale, ben al di là della sua fase costitutiva, fino e oltre al primo conflitto mondiale.
Il volume che si propone è frutto di numerosi anni di ricerca trascorsi in archivio, con la consultazione di fondi poco esplorati. Il volume prende in esame gli anni dal 1434 al 1443, quando il pontefice Eugenio IV si trasferì con curia a Firenze, in anni cruciali che videro il Concilio di Firenze sancire l'Unione tra la chiesa di Roma e le chiese orientali. Attraverso documenti d'archivio e fonti manoscritte, finora non presi in considerazione, ne emerge un panorama circostanziato, decisamente originale rispetto alle tradizionali ricostruzioni che privilegiano esclusivamente gli aspetti teologico-dottrinali.
Questo volume raccoglie il lavoro pluridecennale di Guglielmo Gorni intorno a Leon Battista Alberti. I ventuno saggi in esso contenuti spaziano dalla filologia all'esegesi, e coniugano rigore e divulgazione con quell'eleganza cordiale e quell'autorità competente che hanno sempre riscosso il plauso degli addetti ai lavori e dei tanti lettori fedeli.