Umberto Eco ha raggiunto fama mondiale come romanziere, intellettuale pubblico, esperto di filosofia medievale, semiologo e studioso di letteratura, arte, storia. Ma, prima di tutto questo, è stato un grande maestro, all'università e fuori. Claudio Paolucci del professor Umberto Eco è stato uno degli ultimi allievi e suo collaboratore all'Università di Bologna. Ma, prima di tutto questo, è stato un ragazzo che nel 1997 si presenta al ricevimento docenti per mettere in dubbio alcune idee di 'Kant e l'ornitorinco'. "Quel professore, che era incidentalmente l'intellettuale italiano più famoso del mondo, passò ore e ore a discutere con un ragazzo di ventiquattro anni con un look che lo disturbava moltissimo". I pilastri del lavoro di Eco sono stati per decenni l'amore per i dubbi e la fiducia nella negoziazione, l'attitudine a gettare ponti tra idee, persone e istituzioni diverse, l'ironia e il riso come test dell'ordine esistente, ma anche la limpida vocazione alla didattica e alla ricerca. In questo libro, Paolucci tenta una prima ricognizione dell'eredità (filosofica, pubblica, umana e intellettuale) di Umberto Eco, mostrando le strette relazioni interne tra le sue differenti attività: la teoria semiotica e la pratica di romanziere, l'analisi dei mass media e l'amore per il Medioevo, il gusto per la barzelletta e la serietà con cui prendeva il suo lavoro di professore.
«In letteratura è come in teologia: valgono le sole domande. O meglio: è l'intelligenza delle domande che costringe a elaborare risposte alla loro altezza. Se chi si appresta a leggere questo libro spera di trovare enunciati regole e precetti più o meno ovvii su come scrivere cosa, allora forse è meglio che abbandoni il libro e l'idea di diventare scrittore. Il talento, l'istinto sono necessari. Vanno educati, certo, ma sono necessari. Uno scrittore autentico i fondamentali li avverte ben prima ancora di elaborarli in concetti. Chi, non pago di affidarsi al tacito insegnamento dei Maestri, sente il bisogno di un prontuario cui attenersi, è meglio che lasci perdere: la letteratura non è un compitino. Men che meno un suo compitino. Per vari aspetti, il processo di creazione letteraria è come il tempo per sant'Agostino: "Se nessuno mi chiede cos'è, lo so; se devo spiegarlo a chi lo chiede, non lo so più"». Così esordisce Tuzzi, in questa conversazione che - articolata in dieci capitoli: Prima di scrivere; Stile, struttura, scrittura; Come agganciare il lettore; Dire, non dire, da chi farlo dire; Come caratterizzare i personaggi; Finali chiusi, finali aperti; Buona e cattiva letteratura; Tutti i colori del genere: giallo nero rosa; Due o tre cose sul giallo perfetto? e Due o tre cose sul perfetto lettore di gialli - propone a un più vasto pubblico di lettori il ciclo di lezioni tenuto per Radio Popolare. Non banali ricette di tecnica espressiva o di forma narrativa, non fabula, intreccio, narratore interno esterno o ambiguo, ma più fertili considerazioni su limiti e potenzialità della parola, sulla potente irrealtà della letteratura.
L'epoca in cui viviamo si definisce post-ideologica. È il tempo della post-politica e della post-verità. Ovvero (cambiando l'ordine degli addendi, la somma non cambia) politica e verità da post. Parole e slogan virali che fanno il giro della rete propagandando spesso opinioni su fatti mai esistiti. Quello a cui ci si riferisce con questa sfilza di post è, in realtà, un pensiero prepolitico. E la lingua che lo veicola, più che una neolingua, è una veterolingua che invece di mirare al progresso vorrebbe farci regredire, riportandoci agli istinti e alle pulsioni primarie. Indietro, o popolo! Dal «Votami perché parlo meglio (e dunque ne so più) di te» si è passati al «Votami perché parlo (male) come te». Come la pubblicità, come la televisione, anche la politica alimenta il narcisismo dei destinatari, i quali - lusingati - preferiscono riflettersi che riflettere. Il meccanismo del ricalco espressivo innesca una continua corsa al ribasso. Un circolo vizioso che toglie al discorso politico qualunque forza propulsiva, qualunque dinamismo. Non una risposta ai bisogni degli italiani, ma pura ecolalia: ripetizione ridondante. Così le parole stanno paralizzando la politica.
Non c'è lingua e non c'è epoca in cui non si sia giocato con le parole: troviamo giochi di parole nei testi più solenni di religioni, letterature, filosofie. Sono una dimensione comune a tutti: dagli analfabeti ai premi Nobel. Ed è proprio dalla classicità e dal folklore che la cultura di massa ha ripescato le più curiose ed enigmatiche combinazioni linguistiche per adattarle alla contemporaneità. Dall'enigmistica alla pubblicità, dalla satira ai tweet, la lingua mette in gioco le parole in modo che ci avvincano ancora prima che convincerci. In queste pagine Stefano Bartezzaghi, finissimo e spericolato funambolo del linguaggio, ci spiega la natura di queste scintille dell'intelligenza e ci invita ad appropriarcene.
Perché scrivere bene, in modo adeguato alle situazioni e alle richieste della società, della scuola e dell'università, è così complicato? Quali sono le principali difficoltà della scrittura di oggi? E i dubbi più ricorrenti? È davvero possibile migliorarsi? Se sì, in quale modo? Il libro risponde a questi e ad altri interrogativi, adottando un'impostazione diversa da molti altri manuali di scrittura: partendo, cioè, dai reali problemi della scrittura nel terzo millennio, ai quali viene dedicato ampio spazio, proponendo strategie, soluzioni pratiche ed esercizi stimolanti e innovativi. Il tutto nella convinzione che il dovere di comporre testi possa anche trasformarsi nel piacere di scrivere.
Questa nuova edizione aggiornata riprende tutti i contenuti del manuale "La linguistica" (ad esclusione dell'ultimo breve capitolo con cenni di storia della linguistica, che sarà comunque disponibile on-line), aggiungendo numerosi dettagli e precisazioni in diversi punti della trattazione. Viene quindi migliorata la copertura, a livello introduttivo, dei principali settori della disciplina, mentre è mantenuto l'obiettivo di fornire una presentazione di base semplice e accessibile che coniughi rigore scientifico, chiarezza di esposizione e plausibilità didattica per principianti nella materia, in particolare di corsi di primo livello. L'abbondanza di materiali di esercitazione e lo spazio relativamente ampio concesso ad alcuni concetti e ambiti tematici, e soprattutto la presenza di numerosi box con dettagli e approfondimenti, favoriscono peraltro l'utilizzazione del volume anche in corsi magistrali.
L'interesse eccezionale delle Institutiones di Gaio è giustificato da diverse ragioni; tra le principali si possono citare l'enigma concernente la figura dell'autore, la straordinaria preservazione del testo pressoché integrale dell'opera di un giurista dell'epoca classica (caso praticamente unico), le circostanze del ritrovamento del palinsesto. Tuttavia il punto centrale resta il fatto che le Institutiones Gaiane ci trasmettono l'unica visione di insieme delle forme del diritto romano classico e repubblicano, delle genuine radici, cioè, del formante giuridico, che costituisce senza dubbio il contributo più significativo e rappresentativo della civiltà romana alla costituzione della cultura occidentale.
Tutti gli studenti di tutte le scuole superiori si troveranno molte volte davanti al foglio protocollo del tema in classe. Per molti di loro, la stesura di un tema non è un'azione naturale, anzi è un cammino a ostacoli. Massimo Birattari si rivolge per la prima volta agli adolescenti (e ai loro genitori e insegnanti) alle prese con la scrittura scolastica. E proprio perché non è un insegnante (ma ha molti contatti con il mondo della scuola) non propone modelli astratti e artificiali, ma l'italiano chiaro, efficace ed espressivo del buon giornalismo, della buona saggistica, della buona narrativa (perché entrare nel laboratorio dei bravi scrittori significa imparare le loro tecniche e i loro trucchi, che possono benissimo essere applicati ai temi). Agli esempi positivi aggiunge anche quelli negativi, sempre accompagnati da analisi e proposte di semplici rimedi. Non ci sono "temi svolti", ma la sezione dedicata alla stesura mostra come si procede, passo dopo passo, a scrivere un tema; il libro diventa così un viaggio nella testa di uno che scrive, attraverso le scelte, i ripensamenti, le strade scartate. E una parte del testo è dedicata alle varie forme della prova scritta d'italiano alla maturità: il tema di attualità, quello storico, l'analisi del testo letterario, l'articolo di giornale e il saggio breve.
Non solo Dante, Leopardi, Manzoni: nella costruzione della lingua italiana un ruolo importante è quello svolto da tanti umili personaggi senza nome, privi di prestigio e spesso di cultura. Ma il loro prezioso contributo - messo in risalto nel libro - rivela aspetti della comunicazione altrimenti condannati per sempre all'oblio collettivo. "Pocoinchiostro", il soprannome di un giovane che negli anni dell'Unità stilava lettere di ricatto per le bande di briganti analfabeti, allude anche all'attuale affermazione dei nuovissimi mezzi digitali, che hanno ridotto l'inchiostro a simbolo obsoleto.
Nello studio, nel lavoro e nella vita privata, parlare bene è forse il fattore più importante per ottenere ciò che vogliamo. Questo libro insegna a evitare errori e cadute di stile nell'uso della grammatica italiana e dei termini stranieri o specialistici, guida a scegliere i modi di esprimersi più adatti nelle diverse circostanze, svela i trucchi della persuasione e della comunicazione efficace. Un'attenzione particolare è dedicata ai nuovi strumenti con cui si dialoga per iscritto oggi, come le chat, e i social network.
In questo libro troviamo tutto ciò che chiamiamo «il latino», una lingua niente affatto morta, che permane e riaffiora, talvolta in incognito, anche nel parlato più quotidiano, espressione di una civiltà che permea ancora la nostra cultura. Nel suo cuore l'uomo occidentale conserva un'affezione per questa radice della propria identità e sogna forse un ritorno alla patria romana aperta all'Europa e al mondo. In questo libro che fu già un best seller alla sua prima uscita nel 1989 (e fu poi genialmente ritoccato) Enzo Mandruzzato ci offre una «grammatica» da leggere e per leggere e che finisce con l'appassionare. Così il latino trova il suo spazio, lingua tra le lingue, e ci propone una sfida allettante: forse lo si può imparare senza sforzo, anzi con piacere.
Il libro si occupa della traduzione dal latino mettendo al centro dell'indagine la 'decodifica' o 'comprensione' del testo, ovvero la prima fase della traduzione, che ha sempre goduto di scarsa, per non dire nulla, attenzione nei testi di didattica dedicati all'argomento, ma che rappresenta invece per lo studente il momento più delicato. Il docente di latino troverà nel volume un valido strumento per farsi guida dei discenti alle prime armi nell'individuazione della gerarchia degli elementi sia nella frase singola che nella multipla composta e complessa. Il percorso di decodifica viene presentato in modo dettagliato e con particolare attenzione alle informazioni che lo studente deve acquisire da un uso corretto del vocabolario nella sezione 'Laboratorio di decodifica', il cui esito trova utile sintesi nella rappresentazione grafica. Basato sul modello di descrizione della lingua di matrice funziona-lista, applicato al latino da Emanuela Andreoni Fontecedro e da lei riformulato come tecnica di traduzione, il libro contiene una proposta organica di didattica della traduzione, compatibile con qualunque manuale di morfosintassi, e con ricca esemplificazione - fornita rigorosamente con frasi d'autore - illustra il meccanismo per cui gli stessi elementi nominali presenti in una frase singola arrivano ad "ampliarsi" fino a generare a loro volta una frase multipla. Completa il volume una sezione dedicata alla seconda fase della traduzione, con riflessioni che richiamano l'attenzione sulla competenza linguistica e culturale necessaria per la 'ricodifica'.