La domanda sulle origini è ampia e profonda al contempo: affascina certamente, e talvolta spaventa per la sua radicalità. Questo volume intende affrontare la domanda sulle origini in maniera interdisciplinare, grazie a contributi di esperti provenienti da discipline quali: la matematica, la fisica, l'astronomia, l'ingegneria, la chimica, la storia delle religioni e la storia della scienza, la biologia, la filosofia e la teologia. Il volume ripercorre "per iscritto" il percorso interdisciplinare svolto lungo un triennio (quello 2020-2023, intitolato proprio come il presente volume) dei seminari della Scuola Internazionale Superiore per la Ricerca Interdisciplinare (SISRI), dedicata a giovani laureati, studiosi e professionisti, e promossa dal Centro di Ricerca DISF della Pontificia Università della Santa Croce, di Roma. Il lettore troverà, nell'insieme dei contributi che segue, un esempio concreto del modo in cui la SISRI affronta le grandi domande che, in fin dei conti, interpellano tutti: studenti e studiosi, intellettuali e scienziati, professionisti e docenti di scuola, persone che lavorano nelle istituzioni, chiunque rifletta sul proprio stare al mondo.
La profezia di Nietzsche si sta avverando, l'insegnamento del suo vicario Zarathustra ha attecchito nella nostra cultura occidentale. A poco più di un secolo dalla morte del filosofo tedesco, la civiltà cristiana sta scomparendo. L'uomo rinnega il suo Creatore e si sostituisce a Dio in un delirio di onnipotenza che lo porterà in breve tempo a compiere azioni incontrollate e incontrollabili in tutti i settori della vita: sociale, genetico, medico ed etico. La trascendenza e ogni ordine provvidenziale vengono spazzati via, si tenta di oscurare la Chiesa e il suo insegnamento, di estirpare le radici da cui sono nate la cultura europea e occidentale. Siamo agli albori di una nuova umanità.
Evitando gli scogli della lettura ideologica dei filosofi, o, all'opposto, della mera riproduzione fotografica di alcune tesi di ciascuno di essi, questa Storia della filosofia si caratterizza per tre ragioni. Essa fa sorgere il pensiero dei singoli filosofi dal dialogo con le altre voci culturali, ivi comprese molte minori, non sempre adeguatamente considerate da opere analoghe; espone in modo serrato, eliminando decisamente ogni inessenzialità; si pone così, ad un tempo, come rigorosa esposizione ed interpretazione. Una storia della filosofia diventata un modello per la chiarezza e l'essenzialità nell'esposizione, il rigore nel riferimento costante alle fonti, la capacità di mettere a confronto il pensiero dei filosofi con le altre espressioni culturali della loro epoca. In questo volume, lo sviluppo del pensiero filosofico dell'età contemporanea, dal primo Ottocento alle grandi scuole del Novecento.
Quello che vedi è reale? Ti senti libero? Da dove vengono i tuoi pensieri? Dio esiste? Cinquanta domande per ragionare intorno ai grandi temi della vita, sviluppare senso critico e capacità di indagare noi stessi. Attraverso le parole dei pensatori che via via incontriamo in queste pagine, si apre lo spazio per il dialogo e per un gioco senza confini perché, come spiega Umberto Galimberti, domandare e rispondere è "fare filosofia". Età di lettura: da 9 anni.
Com’è possibile che il cristianesimo sia davvero una religione universale? Quali sono i processi e gli stili dell’evangelizzazione? In modo pionieristico e profetico, nell’immediato secondo dopoguerra, il teologo parigino Jean Daniélou traccia in questo saggio orizzonti e criteri che mantengono intatta la loro attualità. Incarnazione e redenzione, Pentecoste e Parusia, storia e mistero e altre tensioni generative che innervano la storia della salvezza vengono esplorate con il piglio dell’intellettuale e con l’ardore del missionario. Una raccolta di meditazioni nate all’interno dell’esperienza del Circolo san Giovanni Battista, di cui Daniélou fu instancabile animatore per decenni. L’affresco di una teologia della missione che già all’epoca delineava il nascente volto di un cristianesimo in India, in Cina, in dialogo con religioni e culture mondiali.
Jean Daniélou (1905-1974), cardinale francese, è stato tra i maggiori teologi del Novecento. Nel catalogo Morcelliana ricordiamo, di Daniélou, Il mistero dell’avvento, I Vangeli dell’infanzia, Saggio sul mistero della storia e, di G. Pasquale, Jean Daniélou.
Com'è nata l'ideologia transumanista? Come si è passati dall'intenzione di migliorare le condizioni della vita umana al fantasticare su una natura umana radicalmente potenziata? Quella rappresentata dal transumanesimo è un'utopia realizzabile? Quali sono le sue basi intellettuali? Quali i pericoli insiti nell'impresa? Come riabilitare l'umanesimo oggi? Tre specialisti - un medico, un filosofo e un teologo - affrontano il tema da diverse prospettive, per rispondere alle domande poste oggi da questa tendenza sociale e culturale tanto decisiva quanto affascinante. Dopo aver contestualizzato il transumanesimo e avere decrittato i suoi fondamenti intellettuali, Folscheid, Lécu e de Malherbe sviluppano una proposta critica, che non manca però di sottolineare gli spunti positivi. Un'opera accessibile per conoscere e comprendere finalmente il transumanesimo, tema scottante di indubbia attualità che esige un saggio discernimento. Il transumanesimo chiama in causa la ragione filosofica, la ragione politica e la ragione teologica. Riconquistare ognuno di questi livelli aiuta a distinguere tra un uso buono e uno cattivo del "desiderio dell'uomo di superare l'uomo".
La tesi dottorale di Luigi Giussani, pubblicata per la prima volta dal giorno in cui fu discussa al Seminario di Venegono il 23 giugno 1954, rappresenta un prezioso documento per inoltrarci non solo nella conoscenza di uno degli autori più sensibili e innovatori all'interno del protestantesimo americano, ma anche per cogliere gli snodi teologici che, in senso costruttivo e critico, hanno contribuito alla riflessione di Giussani sull'antropologia cristiana. La lettura attraversa tutte le tappe di un percorso umano alla propria autocoscienza, a partire dalla domanda sulla relazione tra natura e spirito, sul senso dell'auto-trascendenza umana, fino al significato e al ruolo della rivelazione cristiana. Giussani accompagna il lettore entrando nelle pieghe più recondite di tale percorso documentando, come non mai, il suo autentico spirito ecumenico, la sua ampia e profonda competenza teologica e la sua sensibile conoscenza dell'animo umano. Le pagine qui proposte sono l'invito a un'immedesimazione e a un confronto di grande attualità.
In un'epoca sempre più votata alla robotizzazione della vita, elogiare l'inconscio è un atto di resistenza. Invenzione di Freud - secondo la radicale lettura di Massimo Recalcati -, l'inconscio è infatti il luogo in cui il desiderio del soggetto si manifesta nella sua irriducibile singolarità, ritagliando costantemente uno spazio creativo, eccentrico, anomalo che nessuna pianificazione educativa può addomesticare. L'inconscio non smette di destabilizzare il conformismo sociale, l'uniforme imposta da quel che Jacques Lacan chiamava il «discorso del capitalista». È l'unico vero antidoto alla concezione dell'uomo come macchina e al culto narcisistico dell'io-padrone. Riconoscere l'esistenza del soggetto dell'inconscio significa anche mettere in scacco l'ideale prestazionale di un'identità forte, deporre ogni forma di fanatismo o dogmatismo totalitario e «sviluppare, come si direbbe in politica, una democrazia interna più vitale e più interessante, dove i confini siano in grado di garantire transiti e incontri sorprendenti». Con questo elogio, oggi ripubblicato in versione aggiornata e con una nuova Introduzione, Recalcati ci ricorda che non esiste un modello uguale per tutti cui dovremmo conformare le nostre vite. «Non cedere sul proprio desiderio», come insegnava Lacan, è piuttosto un dovere etico che impegna ciascuno di noi, singolarmente, in una responsabilità radicale. A volte, persino quella di fare amicizia con il nostro peggio.
La morte pone l’uomo davanti alle grandi domande esistenziali: che senso ha la vita? c’è qualcosa al di là della morte? O ancora: la morte biologica segna il termine ultimo dell’esistenza umana ed ogni anelito di immortalità è puramente illusorio? Esiste l’anima? Che cos’è la felicità? Che risposta può dare l’uomo a queste domande servendosi della sua intelligenza? Qual è il ruolo delle religioni e che cosa offre la fede cristiana?
Fin dall’antichità l’uomo si è interrogato su questi temi, ma la società odierna tende spesso a eluderli o a darvi risposte superficiali e ideologiche, o a rifugiarsi in una fede che tende al fideismo.
L’uomo invece, e a maggior ragione il credente, ha non solo il diritto, ma anche il dovere di cercare la verità per rispondere alle domande che abitano il suo cuore. Riprendendo l’esortazione di Giovanni Paolo II nell’enciclica Fides et Ratio, l’Autore sottolinea come oggi sia urgente «un rinnovamento della ricerca filosofica, sia per l’uomo alla ricerca del senso della propria vita, che per il credente alla ricerca del vero senso della Rivelazione e della fede».
All'interno della monumentale Kirchliche Dogmatik, interamente fondata sull'evento della rivelazione di Dio in Gesù Cristo, Karl Barth discute il problema del tempo. Ritrattando quanto affermato nel commentario alla lettera ai Romani di san Paolo del 1922, il teologo vi afferma che Dio si rivela nella temporalità. La rivelazione non è un evento puntuale, come in precedenza suggeriva la metafora della retta tangente il cerchio, ma un vero e proprio tempo, dotato di un passato (il tempo dell'attesa) e di un futuro (il tempo del ricordo). La rivelazione è l'eterno presente di Cristo, già presente nella sua sospensione veterotestamentaria e ancor presente nel suo ricordo apostolico. Di più, il tempo della rivelazione è il tempo che Dio dona all'uomo; il tempo compiuto, che assume in sé e rigenera il tempo decaduto dell'uomo. Ne segue che il nostro tempo malato, corrotto ed esposto al nulla è stato guarito e superato dal tempo che Dio ci ha donato in Cristo. Ciò spiega anche lo scandalo della rivelazione per gli uomini, che non vogliono rinunciare al proprio tempo.
Il male è comune, capillare, "umile", si insinua dappertutto, cambia aspetto nelle sue continue metamorfosi. Vuole essere allettante, sapendo di correre il rischio della illiceità. Questa triste verità devono aver trovato i prigionieri, in prossimità dei cancelli dei campi di concentramento, come ad Auschwitz, dopo lunghi viaggi sui vagoni piombati che li avrebbe accompagnati alla morte. Ma lo si nota pure negli ultimi giorni della guerra mondiale, quando i nazisti, sapendo dell'arrivo dei liberatori, si affrettarono a cancellare i segni della violenza dei lager, facendo saltare in aria le camere a gas e i forni crematori. Non si dovevano lasciare le tracce troppo compromettenti dei crimini commessi, L'operazione di rimozione era stata meditata da tempo. Il male tocca l'abisso poiché può contare su una buona dose di ignoranza e di prepotenza. Tutto ciò è voluto perfidamente. Il male è questo continuo, e seducente, allontanarsi dall'umano, che deve essere - e può essere - combattuto dal rispetto per l'altro, dalla riduzione del proprio egoismo a vantaggio dell'espansione amichevole e fraterna fra gli esseri umani.
I testi qui per la prima volta raccolti rientrano nell'ampia ricerca che Ricoeur svolge su questioni di filosofia politica, dove la disamina del concetto di tolleranza (e dei suoi opposti) è condotta secondo la dialettica dell'et et: mostrare affinità e differenze tra i concetti e gli slittamenti di significato nei diversi piani del discorso. La tolleranza ha tre giustificazioni - politico-giuridica, culturale e teologica - e nasce come contingenza propria dell'età moderna, per poi diventare condizione di possibilità di una vita giusta. Nell'età post-moderna l'esito inatteso: la tolleranza rischia di scivolare nell'indifferenza. Di qui l'intollerabile, «ultimo rifugio di tolleranza pensata e voluta», paradossalmente esso stesso intollerante quando si erga a giustiziere dell'immoralità degli altri. La stessa indignazione necessita quindi di prudenza e mitezza: è un invito all'etica di compromessi ragionevoli. La tolleranza, in tal senso, resta una virtù incompiuta, un compito senza fine.