Quando Ludovico Buonarroti mise il piccolo Michelangelo a balia dalla moglie di uno scalpellino non poteva certo immaginare che il figlio sarebbe diventato uno dei più grandi artisti di tutti i tempi. Un romanzo storico in cui Beatrice Buscaroli fa incontrare al lettore un Michelangelo avanti negli anni che - incoraggiato dal giovane nipote - racconta di Lorenzo il Magnifico e del Giardino di via Larga, di Angelo Poliziano e Girolamo Savonarola. A metà strada tra il romanzo storico e il memoir, la figura di Michelangelo emerge in tutta la sua grandezza e con altrettanta forza sono tratteggiati tutti i personaggi con i quali incrocia la sua esistenza, come Domenico Ghirlandaio il mastro invidioso - o Pietro Torrigiano - il rivale rissoso - che con un pugno deformò irrimediabilmente il naso di Buonarroti.
Questo libro racconta come gli artisti hanno affrontato nella loro opera il rapporto con il trascendente e in che modo hanno trattato l’immagine di Cristo, interpretandone la figura con l’obiettivo di rendere visibile l’invisibile.
L’analisi di Demetrio Paparoni, fra i più attenti osservatori dell’arte contemporanea, si accosta ai dipinti del passato osservandoli in relazione alle visioni che ci vengono dall’arte moderna e contemporanea. Con una scrittura piana e accessibile, Paparoni esamina il modo in cui gli artisti di oggi hanno ridisegnato sul piano iconografico, e inevitabilmente teologico, la figura di Cristo alla luce dei mutamenti storici e dello sviluppo di nuovi linguaggi.
L'autore, partendo dalla pubblicazione integrale di trentanove nuovi documenti conservati nell'Archivio del Capitolo di San Giovanni in Laterano riguardanti gli imponenti lavori di restauro eseguiti tra il 1624 ed il 1635 da Urbano VIII (Maffeo Barberini, 1623-1644), si cimenta - con il raffinato metodo di indagine a lui familiare - nella rilettura delle strutture murarie in stretto dialogo con le fonti storiche, bibliografiche e, per l'appunto, archivistiche, offrendo una sintesi aggiornata delle complesse fasi edilizie dell'edificio. In particolar modo Ippoliti soffermandosi sull'intervento barberiniano riporta, con uno stringente e convincente ragionamento, fatto di riferimenti di archivio e di lettura incrociata di fonti bibliografiche, il secondo livello della trabeazione interna del Battistero al pontificato di Paolo III (Alessandro Farnese, 1534-1549). Indubbiamente si tratta di dati fondamentali che Ippoliti stesso abilmente compone, come tessere di un mosaico, tratteggiando un quadro molto articolato che, con acute argomentazioni, gli permette di ripercorrere la storia del monumento. Anzi, la necessaria e più consistente parte documentaria del volume fatta di fotografie, rilievi e documenti, diventa un supporto essenziale e un utile commento visivo alla parte testuale e bibliografica nella quale si sviluppa il ragionamento.
Quest'opera è un'introduzione al mondo dei simboli del cristianesimo antico, fino al VII secolo. Il volume prende in considerazione ogni simbolo "visivo" e non puramente espresso in forma verbale o letteraria. Si tratta perciò di simboli dipinti, realizzati a mosaico, scolpiti o incisi su materiali diversi, ma anche simboli riconoscibili in forme architettoniche e nell'organizzazione dello spazio. Il volume, pur dedicando tre capitoli ai simboli cristologici, veterotestamentari e neotestamentari, ci dà una visione che non si limita agli aspetti della simbologia legata alle scritture, ma interviene su tutto ciò che concerne la vita quotidiana e sociale così come il rapporto con la natura e il cosmo. Le opere d'arte e i simboli riprodotti nel volume formano, stampati a colori, forse la più vasta sintesi iconografica per un lavoro sintetico e introduttivo.
La bellezza e il sacro sono nel cuore dell'uomo fin dalle sue origini: era impossibile per la Chiesa non assumerli. Juan Plazaola ripercorre duemila anni di arte occidentale con linearità e chiarezza, incontrando le opere più significative della storia dell'arte, osservate nel loro rapporto con le comunità cristiane che le hanno utilizzate, per comprendere e documentare l'intento pedagogico, didattico e teologico dei committenti. Affrontando innanzitutto il tema dell'ambiguità semantica del concetto di "sacro" applicato all'arte, l'opera illustra il rapporto tra la Chiesa, l'architettura e simbologia dei suoi luoghi di culto dalle origini alla contemporaneità; l'evoluzione storica delle immagini assunte dalla cristianità, dalle prime figure iconiche e poi simbologiche, passando per il realismo gotico e la figurazione narrativa, fino alle figure della Controriforma e alla crisi dell'immagine sacra in epoca contemporanea. Infine, un capitolo finale indaga il rapporto della Chiesa con gli artisti (storici, in tal senso, i discorsi di Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II).
Mai come oggi il mondo dell'arte appare distante dalla teologia e dalla spiritualità cristiana, dopo secoli in cui la Chiesa è stata un attore fondamentale dell'elaborazione estetica e anche della committenza di opere artistiche. Come si è arrivati a questa situazione? Siamo a un punto di non ritorno? Interpellando sul tema artisti e studiosi di storia dell'arte e di estetica, sono nati 19 dialoghi, tutti segnati dalla volontà di capire come l'arte contemporanea, figlia di una tradizione più che millenaria, possa tornare a porsi in rapporto con il "sacro" cristiano. È solo l'inizio di un cammino, che si annuncia promettente e fecondo.
Meraviglia dell'arte italiana, la pala d'altare con cui il Caravaggio si inchina alla solidarietà umana offre a chi la osserva un innovativo punto di vista sulle opere di misericordia, pietra fondante di qualsiasi fede. Attraverso lo sguardo del fiero custode del prezioso dipinto, si snoda il viaggio insolito di Terence Ward nelle "Sette Opere di Misericordia". In questo capolavoro è contenuto un messaggio visionario. Traboccante di suspense, colore e contrasti, la narrazione si avventura - seguendo il Caravaggio - attraverso il succedersi di gesti come l'offerta di cibo a chi ha fame, di acqua a chi ha sete, di vesti a chi ne è privo, di un tetto a chi non lo ha, di cure a chi è infermo, di attenzione a chi si trova in prigione e di sepoltura a chi muore. Con disinvoltura il narratore si sposta in verticale tra gli strati sociali di Napoli e tra passato e presente, passando dai circoli aristocratici ai quartieri popolari nel mondo del custode. Nel continuo fondersi di un elemento dentro l'altro, la storia va a coincidere con il resoconto personale, la memoria storica con il reportage giornalistico. Nell'arco di questi racconti paralleli si vedono, da una parte, lo sforzo febbrile dell'artista mentre trasferisce sulla tela la propria visione e, dall'altra, la faticosa esistenza del custode che si fonde con il messaggio di misericordia, ed è qui che avviene il passaggio dall'estraneità alla Grazia.
Riapre al pubblico dopo più di trent'anni Santa Maria Antiqua, la basilica nel Foro Romano scoperta nel 1900 alle pendici del Palatino. La chiesa conserva sulle sue pareti un patrimonio di pitture unico nel mondo cristiano del primo millennio, databile dal VI al IX secolo. Resta eccezionale testimonianza nello sviluppo della pittura non solo romana, ma di tutto il mondo greco bizantino contemporaneo: l'iconoclastia, infatti, cancellò gran parte delle immagini sacre di quell'epoca. Chiusa dagli anni ottanta per un complesso intervento architettonico proseguito con il restauro delle pitture, alla riapertura della chiesa si accompagna la mostra "Santa Maria Antiqua. Tra Roma e Bisanzio" promossa dalla Soprintendenza Speciale per il Colosseo, il Museo Nazionale Romano e l'Area Archeologica di Roma con Electa. L'esposizione è "mostra" del monumento stesso, perché gravita intorno al ruolo che l'edificio, con i suoi dipinti, ha giocato nell'area del Foro Romano post-classico cristianizzato e al rapporto con la Roma altomedioevale.
"In una appassionante 'fantasia storico-poetica' su Maria Maddalena, l'autrice instaura con quest'ultima un dialogo intimo e partecipe, un discorso affettivo dove si intrecciano letteratura, storia, arte e religione. Annamaria Poma Swank ci invita a unirsi a lei in un viaggio poetico che illumina la magia e il mistero di Maria Maddalena. Avendo lei stessa esplorato la vasta letteratura in materia, la studiosa risparmia ai suoi lettori gli intralci accademici, spesso noiosi, per consentire una riflessione ispirata su questa figura. Citando da padri della Chiesa, teologi e poeti, Poma Swank si impegna in una conversazione illuminante con i grandi artisti medievali, rinascimentali e barocchi, da Giotto a Gentileschi, che hanno cercato di creare un vocabolario visivo per la Maddalena." (Diane Apostolos Cappadona, Ph.D., Professore di Arte Sacra e Storia Culturale, Georgetown University, USA)
La cura di un piccolo patrimonio di ex voto, raccolta custodita nel Santuario della Beata Vergine del Soccorso di Ossuccio (Como) - voluta dall'Ordine dei Frati Cappuccini in collaborazione con il Centro di ricerca CREA dell'Università Cattolica di Milano - è iniziata con un restauro conservativo esemplare, per poi diventare terreno di ricerca per studiosi di arte, storia, sociologia e iconologia. La valorizzazione del bene culturale parte dall'individualizzazione della fonte delle grazie in due differenti immagini custodite nel Santuario di Ossuccio quale premessa all'insorgere della devozione mariana prodiga di grazie. Le ipotesi di lettura iconologica delle immagini offrono l'occasione di osservare uno spaccato della vita e degli affanni del popolo della sponda occidentale del lago e di ricostruirne alcune vicende, che spaziano ben oltre i confini ladani. La tradizione degli ex voto si rivela storicamente come attestazione riconoscente di un'irruzione della potenza del divino nella vicenda umana. Cielo e terra diventano la fonte di un dialogo attraverso cui i due estremi si cercano a vicenda. Il legame che si annoda è aspirazione a un divino capace di farsi compagnia piena di misericordia per l'uomo sofferente.
I musei istituiti dalla Chiesa cattolica in Italia, specialmente negli ultimi quarant'anni, sono molto numerosi. Nel 2015 il loro numero superava quota 800 e sta ancora crescendo. Circa un quarto è stato istituito dalle diocesi, mentre gli altri sono nati per iniziativa di parrocchie, confraternite, ordini e congregazioni religiose. Sono musei di non grandi dimensioni, piccoli o piccolissimi, attivi e noti in ambito diocesano, impegnati a valorizzare un esteso patrimonio culturale, grazie a una presenza capillare e a iniziative connesse alla vita delle comunità locali, la cui esistenza, tuttavia, non sembra sia stata ancora notata a sufficienza. Questo volume intende analizzare quattro aspetti fondamentali dei musei ecclesiastici italiani: la missione specifica, le tipologie, le reti e i rapporti con l'arte contemporanea. Rispetto agli altri musei, infatti, quelli ecclesiastici hanno una missione specifica, messa in evidenza da papa Francesco: essere espressione di una Chiesa ricca di storia che si rivolge in modo preferenziale ai 'poveri'. Inoltre, per quanto riguarda le collezioni, musei ecclesiastici sono meno omogenei di quanto si possa immaginare: solo per metà sono musei di arte sacra, mentre dal punto di vista del le relazioni, paradossalmente, non costituiscono ancora una rete. Il loro aspetto più originale è la disponibilità a dialogare con l'arte contemporanea.
La grande malattia del mondo di oggi è la mancanza dell'io, l'oscuramento di cosa è l'uomo. È proprio questa crisi d'identità che è alla base del crollo delle evidenze, della violenza nei rapporti, della vita non vissuta, del senso di orfanità sperimentato da tanti. Qual è il metodo di Dio per venire incontro a questa circostanza? Cosa c'entra Abramo, quell'uomo sconosciuto della Mesopotamia? "Tutta la storia di tutto il mondo diventa chiara in un filone che parte da un uomo della Mesopotamia, Abramo. Dio lo ha scelto per farsi conoscere dagli uomini e per salvare gli uomini che navigavano in una dimenticanza totale o in una affermazione della totalità secondo una propria misura" (Luigi Giussani). Con Abramo avviene la "nascita" dell'io. La concezione dell'io come rapporto con un tu che mi chiama nella storia, la percezione dunque della vita come vocazione e del lavoro come compito assegnato da un altro, la categoria di storia lineare nel rapporto con Dio, sono dimensioni che entrano in gioco per prima volta con la chiamata di Abramo.