Gerusalemme non è un campo di battaglia sul quale nel corso dei millenni avrebbe avuto luogo un presunto scontro di civiltà, la guerra delle identità religiose o territoriali. Prendendo le distanze da tali categorie di dubbio valore, questo libro racconta la lunga storia di una città dalla sua nascita ai nostri giorni. Mantenendosi rispettoso dello spirito dei luoghi come delle cesure temporali, il volume racconta invece la vicenda di una città-mondo aperta ai quattro venti, la culla comune entro la quale hanno preso vita di volta in volta l'ebraismo, il cristianesimo e l'islam, e i cui emblematici luoghi santi riflettono sia gli scambi e le influenze storiche, sia i conflitti e i confronti. Per la prima volta, questa sintesi storica propone all'ampio pubblico i risultati delle più recenti scoperte archeologiche, i materiali d'archivio finora inaccessibili e i dibattiti più aggiornati. Una lettura indispensabile per comprendere perché il mondo intero si è dato appuntamento a Gerusalemme.
Il nonno polacco di Eduardo Halfon arrivò in Guatemala nel 1946 dopo essere sopravvissuto alla Shoah e non tornò mai in Polonia. Aveva sempre proibito alla sua famiglia di andarci. I polacchi, diceva, ci hanno tradito. Ma poco prima della sua morte Eduardo disse ancora una volta al nonno che voleva visitare Lodz, la sua città natale. Ma lui ancora una volta si arrabbiò e sbatté la porta. Però, poco dopo, tornò con un foglietto dove c'era scritto l'indirizzo della sua casa a Lodz e lo dette al nipote come un ordine o un'eredità. Questo racconto è la storia di dove quel foglietto ha finalmente portato Eduardo: in Polonia, nelle vecchie strade di Lodz.
«Così, dopo lunghe titubanze e una serie di soluzioni provvisorie, nel febbraio o marzo del 1893, meditando intensamente un giorno intero, alla sera abbozzai una memoria ... che fu come una rivelazione di me a me stesso» scrive Croce in "Contributo alla critica di me stesso". In effetti, a partire da questa «memoria» fervidamente antipositivistica ? volta a confutare le tesi di storici come Droysen e Bernheim ? Croce si libera dal suo passato, dalla «scrittura di erudizione» come lui stesso la definiva, e, nell'affrontare le complesse relazioni fra arte, scienza e storia, scopre la sua vera vocazione: l'interesse, prepotente, per le questioni teoriche e le indagini storiche di più ampio respiro. Leggendola, ritroveremo non solo «la facilità e il calore» con cui Croce la compose, ma tutta la forza dimostrativa di uno stile ineguagliabile.
La storia dell'Italia repubblicana comincia nel caos. La fine della guerra ha lasciato dietro di sé un paese logorato e diviso, ma soprattutto ha fatto emergere le fratture di lungo periodo che il fascismo aveva oscurato a colpi di propaganda e di retorica nazionalista. Nel 1945 il paese è costretto a fare i conti con le profonde differenze che lo attraversano da nord a sud. C'è uno squilibrio economico, infrastrutturale e demografico, ma anche una forte contraddittorietà nel modo di reagire alla fine del conflitto: la guerra non è stata vissuta da tutti allo stesso modo. Chi si muove con energia, come gli operai del Nord, che dopo il rapporto con il Pci consolidato durante la guerra vogliono impadronirsi delle fabbriche, abita di fianco a chi torna da reduce e si ritrova improvvisamente senza riferimenti e senza lavoro. Dopo "La Resistenza perfetta", Giovanni De Luna sottopone i primi anni di vita della Repubblica italiana a un'indagine acuta e rigorosa. Cominciando con una domanda: è vero che la Resistenza aveva sostanzialmente fallito "l'occasione storica" di rinnovare profondamente le strutture portanti del paese? Per dipanare la complessità di questo periodo decisivo, De Luna costruisce una narrazione corale, fatta delle voci di una grande galleria di testimoni, a partire dalla storia personale di chi torna dalla guerra o va a cercare fortuna negli Stati Uniti, fino ai grandi scenari della politica, che hanno per protagonisti Alcide De Gasperi, Palmiro Togliatti, Ferruccio Parri e Pietro Nenni. E ci costringe a riflettere sulla nostra identità e sul nostro passato, spingendoci a fare i conti con uno dei capitoli più difficili, ma anche appassionanti, della nostra storia nazionale.
Un libretto di citazioni: le letture preferite del Che. Avventurosamente ritrovato, il materiale di questo volume fa parte dei taccuini sui quali Ernesto Che Guevara veniva annotando i passi più significativi delle sue letture. Le parole di Rosa Luxemburg, Lenin, Trockij, Stalin, Mao Zedong, Lukàcs, Hegel, Engels, Castro si rincorrono tra loro. Ma vi è anche la trascrizione di tre bellissime poesie di Ruben Dario. Compilate con la pazienza e la disciplina di uno studioso severo - un'attitudine che si avverte nella stessa grafia, nell'ordine dei paragrafi, nella precisione dei riferimenti bibliografici - queste note di lettura del Che sono accompagnate dalle fotografie dei quaderni, dei documenti, dei reperti. "Prima di morire" non è solo uno straordinario inedito, è anche la testimonianza di una passione intellettuale e di una coscienza politica che volentieri si intrecciano a fantasia e poesia.
Templari, libera muratoria, Fratellanza, Gran Loggia, Rosacroce: tanti sono i nomi attribuiti nei secoli a quella forma di associazione segreta nota ai più semplicemente come "massoneria". Ma chi c'è veramente dietro a questa forza occulta che sembra guidare i destini del mondo? Come è nata e con quali scopi? Chi sono stati i suoi massimi esponenti e chi ne fa parte ancora oggi? In Italia, in particolare, sembra che la storia nazionale si sia spesso intrecciata con quella delle logge segrete: dalle persecuzioni degli affiliati in epoca fascista alle deviazioni estreme della P2 di Licio Gelli, con le ombre del golpismo e delle stragi, mai del tutto cancellate; dagli interessi americani al potenziale abbraccio letale con esponenti delle forze dell'ordine e dei cosiddetti "servizi segreti deviati", fino ai pericolosi contatti con la malavita organizzata. Con interviste esclusive e materiale inedito, la giornalista d'inchiesta Antonella Beccaria va alla scoperta di un mondo spesso sconosciuto e inesplorato, per illuminare le molte zone d'ombra che ancora oggi si trovano attorno al fenomeno massonico.
La battaglia di Caporetto è stata la più grave sconfitta della storia italiana, che solo il sacrificio di migliaia e migliaia di ragazzi, spesso rimasti senza nome, non ha trasformato in una disfatta definitiva. Fu l'epicentro di trenta mesi di guerra condotta con scarso criterio ed enorme disprezzo della vita umana. Tra gli intrighi della politica e della massoneria, un governo ostaggio del comandante in capo Luigi Cadorna, l'uomo sbagliato nel posto sbagliato, e gli errori strategici di Badoglio, milioni di contadini, operai e artigiani, poco addestrati e male armati, vennero mandati al massacro contro le micidiali mitragliatrici austriache. Alfio Caruso racconta i giorni dell'angoscia per bloccare i commandos del giovanissimo Rommel, la battaglia casa per casa di Udine, l'estrema resistenza sul Piave, la controversa sostituzione di Cadorna con Diaz, il salvataggio di Badoglio grazie agli incantesimi della massoneria. Fino a quando il costante logorio delle armate austro-tedesche non consentì all'Italia di respingere, nell'estate del 1918, l'estrema offensiva e di avviare il contrattacco risolutore.
L'11 novembre del 1918 segna un momento decisivo della storia d'Europa: la fine di una guerra che aveva distrutto un'intera generazione e l'estinzione di grandi imperi secolari. Ma quale è stata l'eredità che ci ha lasciato la Prima guerra mondiale? Per molti aspetti il futuro dell'Europa non è stato condizionato tanto dai combattimenti sul fronte occidentale quanto dalla devastante scia di eventi che seguirono la fine del conflitto mondiale quando paesi di entrambi gli schieramenti vennero travolti da rivoluzioni, pogrom, deportazioni di massa e nuovi cruenti scontri militari. Se nella maggior parte dei casi la Grande guerra era stata una lotta fra truppe regolari che combattevano sotto la bandiera dei rispettivi Stati, i protagonisti di questi nuovi conflitti furono soprattutto civili e membri di formazioni paramilitari. La nuova esplosione di violenza provocò la morte di milioni di persone in tutta l'Europa centrale, meridionale e sud-orientale, e questo ancor prima che nascessero l'Unione Sovietica e una serie di nuovi e instabili staterelli. Ovunque c'erano persone animate da un desiderio di rivalsa, disposte a uccidere per placare un tormentoso senso di ingiustizia, e in cerca dell'opportunità di vendicarsi contro nemici reali o immaginari. Un decennio più tardi, l'avvento del Terzo Reich in Germania e l'affermazione di altri Stati totalitari fornirono loro l'occasione che tanto avevano atteso.
Ricordare è faticoso, meglio non sapere: sembra questa la regola aurea di tanta storiografia ufficiale. Lorenzo Del Boca fa l'esatto contrario. Vuole ricordare tutto: anche i lati oscuri su cui si è sempre preferito tacere. «Il maledetto libro» è innanzitutto questo: uno sconvolgente viaggio nel tempo attraverso due secoli di bugie sfacciate e vergogne nascoste, animato dal desiderio di rendere giustizia alla storia. Anche a rischio di toccare i nervi scoperti della nostra identità nazionale. I Savoia furono sovrani illuminati o squallidi approfittatori? I garibaldini furono eroi senza macchia o un'accozzaglia di avventurieri mossi dalle più disparate motivazioni? L'unità d'Italia fu il sogno di un intero popolo o una frottola ideologica per camuffare la sete di conquista delle élite? Siamo certi che la lotta contro i banditi del Meridione non sia stata in realtà una feroce occupazione coloniale? E ancora: cosa descrivono i terribili diari dei soldati nelle trincee della Grande Guerra? Un'impresa gloriosa o una carneficina insensata, voluta da cinici politicanti e condotta da ufficiali codardi e incapaci? E il fascismo fu davvero, come in troppi ancora pensano, un regime autoritario ma di specchiata onestà? Dalla rilettura della nostra storia - quella non "taroccata" - emerge un sottile filo rosso che, in maniera contorta ma senza soluzione di continuità, si dipana dall'Italia di ieri per attorcigliarsi intorno a quella di oggi...
Nel 1995 un generale boliviano rivela a Jon Lee Anderson che il corpo del Che è stato sepolto segretamente in una fossa scavata sotto la pista di atterraggio di Vallegrande, in Bolivia. La notizia, uscita poco dopo sul "New York Times", dà inizio alla ricerca del corpo, i cui resti sono stati trovati solo nel luglio 1997. La scoperta ha condotto alla riesumazione e a una nuova sepoltura, con gli onori statali di Cuba. Jon Lee Anderson ha vissuto per tre anni a L'Avana e ha viaggiato in Sud America, in Europa e in Russia per intervistare i compagni del Che, alcuni dei quali parlano per la prima volta in questa biografia, e anche gli uomini della CIA che, con l'aiuto degli ufficiali boliviani, hanno dato la caccia a Che Guevara e l'hanno giustiziato. Ha avuto l'accesso esclusivo agli archivi personali del Che, curati dalla vedova Guevara, e a molti documenti prima sconosciuti del governo cubano. Diversi dettagli delle vicende che hanno coinvolto il Che sono a lungo rimasti avvolti nel mistero. La biografia di Anderson narra la sua vita straordinaria, dall'infanzia in Argentina ai campi di battaglia della Rivoluzione cubana, dalle sale del potere del governo di Castro al fallimento in Congo e all'assassinio nella giungla boliviana, il 9 ottobre 1967, in un resoconto che è anche la narrazione della storia dell'America latina durante gli anni drammatici della Guerra Fredda. Una ricerca che getta luce su una figura mitica che ha impersonato la forza utopica del comunismo rivoluzionario. Un ribelle che ha sempre inseguito un sogno: porre fine alla povertà e all'ingiustizia in America latina e nei paesi in via di sviluppo.
Qual è la radice dell'odio dell'islam fondamentalista per l'Occidente? Fra gli storici e gli studiosi di politica non pochi addossano alle «guerre cristiane» la responsabilità di aver inaugurato l'era della colonizzazione europea allo scopo di accaparrarsi le ricchezze della Terra Santa e di arruolare nuovi credenti. Questa interpretazione giustifica l'idea di una sorta di peccato originale che condizionerebbe i rapporti dell'islam con l'Occidente - un'idea che si è insinuata nei discorsi e nei dibattiti più importanti e ha spesso informato le scelte di capi di governo e organizzazioni internazionali. Per Rodney Stark è arrivato il momento di fare chiarezza, ricollocando al giusto posto - sulla base delle fonti dell'epoca (dell'una e dell'altra parte) e degli studi più autorevoli - tutte le tessere che compongono il complesso mosaico di quelle vicende lontane. Stark presenta i protagonisti (i papi, i re, tutto il variegato universo umano che prese parte a vario titolo all'impresa, e anche gli «infedeli» con le loro vere o presunte eccellenze), analizza le ragioni e motivazioni rispettive, descrive i complessi intrecci politici, economici e culturali (compreso il ruolo giocato nelle società medio-orientali dalle comunità autoctone di ebrei e cristiani), e naturalmente ricostruisce, con rigore e puntualità, la sequenza degli eventi.
Nella sua storia millenaria il Sacro Romano Impero ha costituito per l'uomo occidentale un richiamo ineludibile; la sopravvivenza di tale istituzione politica nell'Europa degli Stati nazionali, seppure in forma residuale e apparentemente anacronistica, testimonia quanto sia stata radicata la speranza in un mondo pacificato e unito nella diversità, propenso a tentare la difficile composizione fra la sua sfera temporale e quella spirituale.