Un’appassionata narrazione.
Paolo Di Paolo, “la Repubblica”
«L’esilio di Dante ci è stato presentato come conseguenza di normali dinamiche di alternanza politica: ora vincevano i guelfi e andavano in esilio i ghibellini, ora vincevano i ghibellini e andavano in esilio i guelfi. Una volta capitava ai guelfi neri, una volta capitava ai guelfi bianchi... Ma tutto questo valeva prima del 5 novembre del 1301. Quel giorno a Firenze ci fu un colpo di Stato e, a seguire, l’epurazione dell’intera classe politica allora al governo.»
A partire dal racconto tragico dell’esperienza dell’esilio, riprendono vita le vicende biografiche e poetiche di uno dei più grandi autori della letteratura mondiale.
Un'interpretazione di Dante cosi condotta è altissima filosofia e teologia, proprio perché è fedele alla poesia: essa rivela il pensiero meditante alla fede in ascolto della Parola e del Silenzio di Dio come evento della po sia divina. In tal modo, non è data risposta a tutte le domande, ma è indicato il sentiero che conduce a Custodia: resta, anzi più fortemente s'accende la nostalgia dell'origine, il desiderio di ritornare alla fonte dell'esistenza, il bisogno di percorrere come Dante il «santo viaggio»: «Se perdessimo la nostalgia della qualità originaria sarebbe smarrita la porta attraverso la quale accedere alla via illimitata che conduce verso il Nome di Dio»
(Dalla Prefazione di Bruno Forte)
Furono gli Eubei di Calcide e di Eretria i più antichi esploratori delle rotte mediterranee; marinai, mercanti, coloni, che, procedendo da oriente verso occidente, si spinsero fino alle acque degli empori atlantici, superando, presso Gibilterra, le mitiche colonne di Ercole. Il volume si sofferma sul mondo della grecità arcaica, su quella memoria dell'Odissea che è nella 'bisaccia' di ogni navigante e poi colono. Il dato davvero più rilevante è constatare che la codificazione della geografia dell'Odissea è definitivamente compiuta, e su più scenari mediterranei, già nella seconda metà delI'VIII secolo a.C., poco prima dell'Odissea, nella stagione cioè - con Cuma e con Naxos - delle prime fondazioni coloniali elleniche sia in Italia sia in Sicilia. Tale codificazione resterà sostanzialmente immobile fino alla tarda età ellenistica, quando i Romani, vinta Cartagine, si proietteranno su rotte atlantiche, qui nuovamente riciclando l'eterna leggenda dell'eroe navigatore.
Il Mediterraneo non è solo geografia, ricordava lo scrittore Predrag Matvejevitc. Risalendo alla definizione di "mare salato" dei Greci, che per primi lo definirono "sale", l'autrice prova a "leggere" il Mediterraneo come spazio letterario, per condividerne la storia e i suoi protagonisti. Come si racconta il mare e che ruolo ha nella Commedia di Dante? Come viene rappresentato e cosa significa per Petrarca? E come lo racconta Boccaccio? In un viaggio tra testo e immagine, il volume analizza e ricostruisce questi tre modi diversi di vedere il Mediterraneo.Il risultato è un acquarello dai colori non sempre vividi, ma realistici, di uno spazio geografico specchio mobile e ibrido che riflette le tensioni e le incongruenze "reali" del nascente urbanesimo medievale. Da queste pagine la testimonianza e la speranza di un Mediterraneo pacifico che trova, e ritrovi, la sua essenza nel suo essere «tra discordanti liti», come scrive Dante, ossia un mare che celebri la diversità delle sue coste, un mare ponte capace di unire culture, tradizioni, fedi diverse.
Portando avanti il progetto della « Nuova Edizione commentata delle Opere di Dante (NECOD) », concepito come massimo omaggio al Poeta nel Settimo Centenario della sua morte (1321-2021), il Centro Pio Rajna offre una nuova anticipazione del lavoro in corso per l'opera maggiore. È appena il caso di ricordare che il disegno generale dell'impresa venne illustrato in un ampio saggio di Enrico Malato, che ne approfondiva le ragioni e le modalità di attuazione: Per una nuova edizione commentata delle Opere di Dante (in « Rivista di studi danteschi », a. iv 2004, fasc. i pp. 3-160, poi in vol., 1° di questi « Quaderni », 2004, 20162, con una Postfaz.); seguíto poco dopo da uno specimen illustrativo proprio dell'edizione della Divina Commedia, per la quale si prometteva un testo interamente riveduto - assumendo a fondamento quello dell'edizione Petrocchi (1966-'68) - e un apparato esegetico pensato e attuato con criteri nuovi rispetto a quelli tradizionali: Saggio di una nuova edizione commentata delle opere di Dante. 1. Il canto i dell' 'Inferno' (in « Rivista di studi danteschi », a. vii 2007, fasc. i pp. 3-72, poi in vol., 3° di questi « Quaderni », 2007). Negli anni successivi, mentre la NECOD iniziava (nel 2012) e portava avanti le sue pubblicazioni (ad oggi sono usciti 8 dei 15 tomi complessivi previsti, un 9° è in corso di stampa, gli altri avviati al traguardo), il Curatore dell'edizione della Divina Commedia ha pubblicato altri "saggi" del lavoro in corso, per informazione degli avanzamenti e dei risultati via via conseguiti. Basti ricordare un contributo illustrativo del testo riveduto del poema: Per una nuova edizione commentata della 'Divina Commedia' (in «Rivista di studi danteschi», a. xvii 2017, fasc. ii pp. 235-300, a. xviii 2018, fasc. i pp. 3-132, poi in vol., 9° di questi « Quaderni », 2018), con l'anticipazione del nuovo testo e analitica giustificazione di ogni intervento innovativo (in sostanza, l'Apparato critico della nuova edizione NECOD); quindi, una edizione integrale del poema in un volume della collana «I Diamanti», con il nuovo testo di cui sopra e un commento essenziale a piè di pagina, quale gli spazi del formato ridotto hanno consentito, integrato però da un Dizionario della 'Divina Commedia', che dà corpo a un secondo volume collegato al primo, proposto come strumento utile alla ricerca e al rapido approfondimento di nodi più e meno problematici. Avvicinandosi tuttavia la scadenza del Settecentenario dantesco (settembre 2021) - quando sarà data una congrua anticipazione del lavoro definitivo - è sembrato opportuno esibire un secondo specimen, in funzione non più tanto di prospettiva di un progetto, quanto di documentazione di un processo esecutivo avanzato, ma tuttora in corso di attuazione. Si è scelto il canto x dell'Inferno perché nella "rilettura" complessiva dell'opera somma di Dante è stato focalizzato come uno snodo cruciale di un messaggio poetico che si sa bene estremamente complesso, non meno che affascinante, e tuttavia allo scavo esegetico si rivela portatore di ulteriori spazi di indagine, capaci di nuove comunicazioni e nuove straordinarie emozioni ai suoi lettori. Il lavoro, compiutamente definito nelle strutture fondamentali e in tutte le articolazioni particolari, è ancora in itinere. Si confida che l'anticipazione ulteriore che se ne offre giovi a rendere più agevole il percorso che resta.
In quattro successive sezioni, le prime tre originarie e la quarta aggiunta in questa nuova edizione, il libro raccoglie venti articoli, suggeriti da occasioni, letture e incontri molteplici e per lo più pubblicati in epoche diverse su giornali e riviste; ma tutti, o quasi tutti, legati tra loro da qualche connessione con il mondo manzoniano. Si tratta di riflessioni o «difese», spesso scherzose o semiserie e quasi sempre controcorrente, dedicate a famosi personaggi de «I promessi sposi»; di evocazioni di piccoli eventi personali o familiari dell'autore, stranamente intrecciati con l'opera del Manzoni; di ritratti di persone singolari incontrate nella vita, le quali, nella loro umiltà e umanità, suggeriscono confronti con i protagonisti maggiori o minori del romanzo; di meditazioni più recenti, legate alle tragedie, alle crisi, ai costumi dei nostri tempi e condotte dall'autore in un tacito e commosso colloquio «manzoniano» con il padre scomparso.
In copertina: Matrimonio mistico di san Francesco d’Assisi e madonna Povertà (1440-’60), dipinto su tavola attribuito a Domenico Veneziano (Domenico di Bartolomeo). München, Alte Pinakothek, Bayerische Staatsgemäldesammlungen
Gli Atti contenuti in questo volume fanno parte di un progetto di ricerca sulla storia delle parole nella nostra tradizione letteraria, avviato nel 2004 presso l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli.
Nei Colloqui si pone al centro dell’attenzione un lemma significativo trascelto nell’ampio corpus della letteratura italiana.
I cinque precedenti appuntamenti furono dedicati a illusione, ordine, silenzio, unità, fortuna; il sesto Colloquio, tenuto a Napoli nei giorni 27-29 maggio 2015, è stato intitolato alla povertà. Il metodo d’indagine è rimasto lo stesso adottato nei precedenti incontri: risalire all’uso e alle accezioni del vocabolo dal mondo antico fino a noi, privilegiando lo scandaglio della tradizione letteraria italiana e il suo dialogo con discipline e forme d’arte diverse (dal diritto alla sociologia, dalla musica al cinema), non solo europee. Attraverso la voce di venti studiosi, è stata cosí restituita l’inedita, originale narrazione della parola e dei contesti che l’hanno nominata: dalle Beatitudini a san Francesco, da Petrarca ad Alberti, da Machiavelli a Tasso fino al Lazarillo de Tormes e a Giulio Cesare Croce. Inoltre il lemma povertà è stato analizzato in Pagano, Leopardi, Verdi, Pascoli, Verga; un termine che poi, nel Novecento, si impone nella poesia, nella narrativa e nel cinema: dai crepuscolari a Ungaretti, da Capitini a Luzi, Betocchi, Turoldo, Scotellaro, Pasolini, Zavattini, da Bilenchi a Madieri e in maniera particolarmente rilevante nella testimonianza religiosa, come mostra il saggio sul teologo Arturo Paoli, e nella riflessione filosofica e giuridica.
Se nell’arco di secoli di vita del nostro idioma il dibattito sulla povertà appare minoritario e di fatto è rimasto fino alla metà circa del XX secolo un argomento poco presente alle culture dominanti, dalla lettura del libro emerge la ricchezza di interpretazioni di una parola che ci attraversa, che per aspetti diversi ha sollecitato le varie forme dell’arte e sta misurando la storia della nostra civiltà.
Silvia Zoppi Garampi
è professore ordinario di Letteratura italiana all’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli. Ha curato edizioni di testi di Erizzo, Pagano, Croce (Ed. Nazionale), Ungaretti, Gadda. Tra i suoi ultimi libri, Le lettere di Ungaretti. Dalle cartoline in franchigia all’inchiostro verde (Salerno Editrice, 2018) e Ungaretti (« Grandangolo Letteratura », vol. 15, 2018). Dal 2004 coordina nel suo Ateneo i Colloqui internazionali di Letteratura italiana e ne cura gli Atti pubblicati dalla Salerno Editrice.
"I classici sono libri senza tempo, raccontano la gioia e il dolore, sono l'immagine di noi stessi: sono il frumento, il nostro pane quotidiano... Il mistero della letteratura è il mistero della vita". La necessità dei classici per comprendere il nostro tempo. La felicità della lettura. La riscoperta di un Canone diverso: sono solo alcuni dei temi toccati da questa intensa conversazione (da Omero a Dante, da Pasternak a Fenoglio) tra Giampiero Neri, decano e "maestro in ombra" della poesia italiana, e un discepolo più giovane che da lui ha appreso l'Abc della scrittura.
Leggere Virginia Woolf significa inseguirla e catturarla nelle diverse declinazioni della sua attività letteraria: scrittrice, critica, saggista, editrice. Il volume offre una mappa per orientarsi nella complessità dell'opera di Woolf considerando, nella loro interazione e in ordine cronologico, la scrittura romanzesca e la pratica saggistica raccordate agli eventi più importanti della sua vita. A emergere è il profilo di una delle più importanti intellettuali del Novecento, che ha illuminato nuove possibilità per raccontare le relazioni dell'io con il sé e con il mondo, e che rappresenta ancora oggi una delle guide più affascinanti attraverso la letteratura inglese e non solo.
Seguendo la traccia della Divina Commedia, e quasi ripetendone il percorso, Giulio Ferroni compie un vero e proprio viaggio all'interno della letteratura e della storia italiane: una mappa del nostro paese illuminata dai luoghi che Dante racconta in poesia. L'incontro con tanta bellezza, palese o nascosta, nelle città come in provincia, e insieme con tanti segni della violenza del passato e dei guasti del presente, è un modo per rileggere la parola di Dante in dialogo con l'attualità, ma anche per ritrovare in questi luoghi una ricchezza, storica e letteraria, che spesso fatichiamo a riconoscere anche là dove ci troviamo a vivere. Da nord a sud, dalla cerchia alpina alla punta estrema della Sicilia, da Firenze al Monferrato, da Montaperti a Verona, da Siena a Roma, Ravenna, Brindisi, si seguono con Dante i diversi volti di questo paese "dove 'l sì suona", "serva Italia", "bel paese", "giardin dell'impero": un percorso attraverso la storia, l'arte, la cultura, con quanto di essa luminosamente resiste e con ciò che la consuma e la insidia; ma anche un viaggio che riesce a restituirci, pur tra le fuggevoli immagini di uno smarrito presente, la profondità sempre nuova della nostra memoria.
L’amicizia fra Benjamin e Scholem spicca, nel Novecento, come una tra le più affascinanti e vitali. E quando nel 1980 Scholem pubblica questo carteggio, che copre gli ultimi otto anni della vita di Benjamin, vuole rendere giustizia a un rapporto complesso e non privo di contrasti, ma improntato a una profonda fedeltà. Grande studioso della Qabbalah e della mistica ebraica, Scholem è, nel 1932, già da tempo in Palestina e ormai a un passo dalla cattedra; la vita di Benjamin, cabbalista in incognito e profondo innovatore del pensiero, attraversa invece la sua fase più tormentata: ospite di volta in volta a Ibiza, Parigi, Sanremo e in Danimarca, è costantemente alla ricerca di una base di sussistenza. Tra i due, fortemente segnati dalla formazione nella Berlino di inizio secolo e subito attratti dalle ricerche l’uno dell’altro, si sviluppa un confronto incessante che investe l’attualità politica, i libri letti, le comuni conoscenze (da Buber a Bloch, da Brecht ai francofortesi), e che trova il suo fulcro nei densissimi scambi a proposito di Kafka. Un dialogo a distanza – se si esclude il breve incontro parigino dell’inverno del 1938 – e non di rado drammatico, intessuto com’è anche di malintesi, puntute allusioni, eloquenti silenzi, ma che resta una prova convincente delle parole con cui Benjamin definì il suo rapporto con Scholem: «fra Gerhard e me le cose stanno così: ci siamo persuasi a vicenda».
Il volume propone una storia della vita e delle opere di Pietro Aretino (1492 - 1556) di agile lettura, ma allo stesso tempo fondata sui testi e sulle testimonianze del suo tempo. L'esistenza di uno dei maggiori scrittori del pieno e del tardo Rinascimenti italiano, dopo secoli di fraintendimenti e di diffamazioni, viene rivisitata alla luce dei nuovi studi e della pubblicazione dell'Edizione nazionale delle opere.
Il libro colloca la figura e l'opera del poligrafo aretino all'interno della densa temperie culturale della prima metà del Cinquecento, non senza indagare tra le pieghe della società italiana di quegli anni, alla ricerca della giusta valutazione degli scritti letterari del celebre libellista. L'antologia di lettere e le testimonianze coeve (specie quelle relative alla morte dello scrittore), riportate in appendice e corredate di brevi note esplicative, intendono offrire al lettore la possibilità di un agevole approccio alla complessa personalità artistica di Pietro Aretino.