«La bellezza è discesa dal cielo per salvarci» aveva scritto Platone. «La bellezza salverà il mondo» confermano Dostoevskij, Solov'ev ed Evdokimov. Tutti sono d'accordo, anche oggi, sull'importanza della bellezza. In questo libro, lo stesso Evdokimov intraprende un lungo viaggio attraverso le avventure dell'arte moderna, fino a scoprire che la radice dell'esistenza umana è abitata dal desiderio di trascendere ogni limite: ebbene, la bellezza e le sue rappresentazioni sono i fragili custodi di questo insopprimibile anelito. La domanda di fondo, però, rimane: chi libererà la bellezza da coloro che vogliono impadronirsene a scopo di potere, di ricchezza, di dominio sull'altro? Solo l'esperienza della bellezza nella sua forma assoluta - è la risposta del grande pensatore russo - ossia solo l'esperienza indicibile (e irrappresentabile) di Dio può restituire alla bellezza il suo splendore originario e l'anelito che da essa viene. Il detto e il non detto, il mostrato e l'inseguito, la forma e il simbolo aprono e apriranno sempre gli spazi per la ricerca della verità da parte dell'umano. L'icona della tradizione ortodossa, con la sua arte, si presenta come la perfetta realizzazione di questo tentativo di "liberazione della bellezza". Un testo classico per riscoprire lo splendore del vero e la bontà del bello.
Giunti quasi al termine dell'Anno Santo della Misericordia, un libro per raccoglierne e conservarne i frutti. Le immagini iconografiche, unitamente agli approfondimenti di Paolo Sedrani e alle meditazioni di fratel MichaelDavide Semeraro, aiutano il lettore a rivivere emozioni e dolcezze che mostrano la presenza dell'Amore anche e soprattutto nelle inevitabili imperfezioni dell'essere umano. Il percorso si sviluppa attraverso le otto Parabole della Misericordia presenti nel Vangelo secondo Luca e proposte nello stesso ordine temporale del testo sacro. Il ciclo iconografico si completa con altre due icone: dal Vangelo di Giovanni, la "Lavanda dei piedi-; da Luca, "Oggi sarai con me in Paradiso-. Alla fine di ciascun capitolo è presente una preghiera legata al tema trattato.
Questo volume propone un’analisi sul senso delle icone cristiane russe da un punto di vista filosofico e artistico. Attraverso un esame del pensiero dei filosofi religiosi russi, e in particolare di Pavel Florenskij, vengono
affrontate le questioni del valore artistico dell’icona in relazione all’arte occidentale, il tema della prospettiva rovesciata e della più generale appartenenza dell’icona al mondo culturale russo. Il volume è s corredato di un’ampia sezione di immagini.
Lo studio dell'arte paleocristiana e bizantina vedi ancora un problema non risolto: le origini e lo sviluppo dell'icona e il suo uso religioso. Thomas Mathews apre una strada di ricerca finora inesplorata con l'individuazione di un corpus di dipinti su tavola provenienti dall'Egitto precristiano i cui soggetti e tecniche anticipano con evidenza le icone. L'autore rilegge inoltre una serie di documenti (dal il secolo d.C. alle dichiarazioni del II Concilio di Nicea nell'VIII secolo) che descrivono la venerazione delle icone cristiane e il loro uso cultuale all'interno della chiesa e delle pratiche rituali. Il collegamento tra i dipinti su tavola e lo studio dei documenti di natura teologica rivela le possibili radici dell'arte cristiana dell'icona nella pratica religiosa greca e romana, che era solita produrre dipinti su tavola quali offerte votive o immagini per il culto domestico. L'Egitto ellenizzato fondeva il suo pantheon con gli dèi greci, in una singolare operazione di sincretismo (Arpocrate come Dioniso) e realizzava una produzione di tavole (icone) dedicate a varie divinità; in parallelo, le prime immagini cristiane si formavano in analogia con la tradizione pagana (Iside come Maria). Dalla ricostruzione di Mathews appare naturale per i cristiani l'uso di iconografie pagane per rappresentare figure della Rivelazione. Le icone erano poi trasportabili, e questo ha facilitato enormemente la diffusione di formule iconografiche divenute popolari nel Medioevo e nel Rinascimento europeo.
«Questo è un testo bellissimo, che ci aiuta ad amare tanto Maria, Madre del Redentore e Madre nostra, che per amore nostro ha collaborato alla nostra salvezza ed è sempre pronta a soccorrerci». Michael Brehl, C.Ss.R. Superiore Generale dei Redentoristi (dalla Prefazione)
Il terzo dei cinque volumi dell'opera - 1. profilo storico; 2. dottrina; 3. tempio, icona e musica sacra; 4. liturgia; 5. sacramenti - si concentra sull'ambito artistico. Nella concezione del cristianesimo orientale, e quindi del mondo ortodosso, si distingue tra arte liturgica (o ecclesiale) e arte sacra in generale. La seconda può esprimere liberamente la religiosità dell'artista, ma non trova spazio nei luoghi di culto. Al loro interno, infatti, l'arte non ha semplicemente una funzione didattica e tanto meno ornamentale, ma è una componente essenziale dell'azione liturgica, come ha magistralmente intuito Pavel Florenskij. Per questo, sottolinea il metropolita Ilarion nel volume, l'arte liturgica è guidata innanzitutto da una riflessione teologica elaborata dai Concili ecumenici e dai Padri della Chiesa. Il concetto fondamentale è quello di simbolo: l'opera d'arte, nella sua integralità e nelle sue singole componenti, rimanda incessantemente all'Archetipo, la contemplazione del quale costituisce una "finestra aperta" sul Mistero. Questo è appunto il compito dell'arte della Chiesa, che attraverso la bellezza e l'armonia costituisce una profezia del Regno. Nell'esame delle singole componenti dell'arte ecclesiale, l'autore traccia un excursus storico che parte dai testi biblici, letti alla luce della Rivelazione cristiana, ripercorre le epoche storiche e le loro vicissitudini nel mondo bizantino e slavo, mostrandone ripercussioni e interrelazioni...
L'Icona nasce nel Vicino Oriente ellenistico, nell'ultimo periodo dell'Impero romano. La sua diffusione interessa tutti i paesi (Egitto, Palestina, Giordania, Siria, Libano, Anatolia). Costantinopoli, centro del nuovo impero Bizantino dopo un periodo iconoclasta, ne diviene col secolo IX il massimo propulsore. Le Icone raggiungono anche l'Etiopia, la Georgia e l'Armenia. Da Costantinopoli si diffondono in Grecia e in tutte le isole dell'Egeo, quindi il loro viaggio prosegue a nord nei Balcani e nel mondo slavo: Macedonia, Bulgaria, Serbia, Albania. Nel XII secolo raggiungono Kiev, il cuore della prima Russia, poi Novgorod e Mosca, la terza Roma, come sarà chiamata anche dopo la caduta di Costantinopoli. Dopo la fine del mondo bizantino le Icone proseguiranno nel vicino Oriente cristiano, nei paesi Slavi e nell'Egeo influenzato da Venezia. In Italia arriveranno a più riprese già dall'epoca iconoclasta. Le Icone hanno stili e tecniche differenti a seconda dei Paesi e rispecchiano differenti tradizioni culturali, ma sono sempre riconoscibili quali immagini dotate di forza simbolica, liturgica, religiosa e, a volte, anche politica. I maggiori studiosi provenienti dai diversi Paesi sono stati invitati a un confronto reciproco per realizzarne la prima storia artistica globale: significati, punti di riferimento, evoluzione, soggetti cui l'icona si ispira, funzione pubblica e privata.
Il libro si sofferma su due icone del Nuovo Testamento particolarmente significative per cogliere il valore dello studio teologico. La prima raffigura una tappa paradigmatica dell’itinerario esistenziale di Paolo di Tarso e offre alcune riflessioni sull’affetto credente per Cristo, la comunione ecclesiale e il desiderio ardente di vita.
La seconda rappresenta l’esperienza spirituale dei discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni al cospetto di Cristo trasfigurato, un’icona che delinea la teologia come ambito di rivelazione divina del senso della vita e della morte. Intesa come scientia Dei e opera di carità, la ricerca teologica diventa così un’occasione favorevole in cui lo Spirito trasfigura il teologo in un’immagine vivida di Cristo.
Sommario
Premessa. La teologia odierna tra fatica e frammentazione. I. Affetto credente, comunione ecclesiale e desiderio di vita. 1. Affectus fidei e inculturazione della «bella notizia» di Cristo. 2. Communio Ecclesiae e unità interiore dell’evangelizzatore. 3. Concupiscentia vitae e debolezza credente dell’evangelizzatore. II. Teologia come itinerario trasfigurante della mente, del cuore e dei sensi.
1. Teologia come esperienza del «Tabor». 2. Teologia come ambito di manifestazione divina del senso della morte e della vita. 3. Teologia come scientia Dei. 4. Teologia come opera di carità. Epilogo. Teologia come itinerario di trasfigurazione della persona. Bibliografia.
Note sull'autore
Franco Manzi, sacerdote della Diocesi di Milano, ha conseguito nelle Pontificie Università Romane il dottorato in Scienze Bibliche e in Teologia. È élève titulaire de l’École Biblique de Jérusalem. Insegna nel Seminario e nell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Milano e nelle Facoltà Teologiche dell’Italia Settentrionale e di Lugano. Direttore della rivista La Scuola Cattolica, è autore di numerosi libri. Con EDB ha pubblicato Attirerò tutti a me. Ermeneutica biblica ed etica cristiana (in collaborazione con A. Fumagalli, 2005).
"Dal portale regale di Chartres a Michelangelo, dall'icona di Rublev alle scuole russe italianizzanti del XVIII secolo, si constata una perdita progressiva del senso sacro", osserva Evdokimov. "Il sacro si sposta verso il "bello" estetico, l'essenza religiosa scompare dinanzi all'elemento narrativo, aneddotico, al piacevole, al ritratto somigliante, al complicato". Non accade così nel mondo dell'icona, dove il sole non tramonta e la luce è senza attenuazioni. La maggiore espressione figurativa del mondo ortodosso esprime il meriggio abbagliante dell'incarnazione, senza ombre né oscurità, e le sfumature vengono espresse solo dal contrasto dei colori, al di fuori di ogni artificio di illuminazione e di prospettiva. Se ogni dipinto è posto in un triangolo chiuso, composto dall'artista, dalla sua opera e dallo spettatore, l'icona spezza quel triangolo e afferma la sua indipendenza sia da chi la realizza che da chi la contempla. Essa non suscita l'emozione, ma l'avvento di un quarto elemento, l'avvento del trascendente di cui attesta la presenza. L'artista scompare dietro la tradizione che parla e l'opera d'arte diviene lo scaturire di una presenza dinanzi alla quale non si può restare solo spettatori.
André Grabar ci offre con quest'opera, che è stata senza dubbio la prima del suo genere e per molti versi è rimasta insuperata, una veduta d'insieme di un millennio di arte cristiana, dal III al XIII secolo. L'accento vi è spostato dalla considerazione delle forme e delle tecniche artistiche all'indagine del contenuto intellettuale e del valore semiotico delle immagini, attraverso la cui analisi viene rintracciata e ricostruita l'interpretazione dei soggetti cristiani in epoche e zone geografiche differenti. L'autore smonta il meccanismo della creazione e stana, nel momento stesso della loro genesi, temi iconografici di lunghissima durata. Una ricca erudizione, associata alla capacità di servirsi con rigore di fonti eterogenee (dalle credenze popolari alle arti minori, al magistero ecclesiastico, alle speculazioni degli ambienti colti), fa di questo libro - organizzato come un dittico di cui antichità e medioevo costituiscono i pannelli - un testo di lettura assai piacevole, in grado di illuminare la storia dell'arte come anche la storia del cristianesimo.
Opera di Nikodim P. Kondakov, "L'iconografia della Madre di Dio" è un vero e proprio documento della storia del pensiero russo pre-rivoluzionario sull'arte sacra. Con una prospettiva positivista, e con un'ampiezza di orizzonti impressionante, Kondakov ci racconta la storia del culto mariano e delle sue testimonianze figurative tra Oriente e Occidente nel primo millennio della storia cristiana. Tra le righe del testo possiamo però leggere la storia dell'impero degli Zar che - inconsapevole di quanto lo avrebbe atteso solo pochi anni più tardi - cerca e definisce la propria identità culturale e la propria missione storica. La presente edizione vuole pertanto presentare al lettore contemporaneo il pensiero del grande Kondakov, dandogli nel contempo gli strumenti per comprendere la cultura che lo ha fatto nascere.
Gli scritti raccolti per la prima volta in questo volume, interamente rivisti e accresciuti, offrono una testimonianza articolata delle ricerche di John Lindsay Opie intorno all'immagine sacra e al suo linguaggio simbolico. Dall'Occidente desacralizzato verso l'India tamil, fino all'incontro con l'iconografia delle chiese bizantine e slave. La sua indagine accurata delle fonti letterarie, liturgiche e teologiche dell'imagery sivaita e cristiano-ortodosso, si pone in dialogo con i risultati della semiotica, dell'antropologia culturale e della storia delle religioni. Nel profondo rapporto di amicizia e condivisione spirituale con Elémire Zolla e Cristina Campo, maturano così l'adesione del bizantinista alla chiesa Ortodossa, l'avvicinamento al pensiero filosofico di Pavel Florenskij, da lui presentato per la prima volta in lingua inglese, e il confronto con Aleksandr Solzenicyn.