Ci sono ancora donne, femmine, che amano i loro maschi.
Li scelgono e si donano, per sempre. Senza riserve. Si aprono alla vita e si ridonano. Tutte preparano da mangiare, molte addirittura cucinano, asciugano lacrime e dispensano consigli non richiesti, perchè vorrebbero salvare il mondo, magari indossando un tacco 12, molte lavorano fuori casa, anche se a volte preferirebbero poter curare i propri figli.
In comune hanno un segreto che si tramanda da generazioni.
Qualcuno le definisce mogli cattoliche tradizionali, ma rischia un errore che il modello 2020 della categoria rispedisce al mittente. Si raccontano Costanza Miriano, Beatrice Bocci, Raffaella Frullone, Benedetta Frigerio, Annalisa Teggi, Paola Belletti, Caterina Giojelli e tante altre che “nella buona e nella cattiva sorte” restano fedeli all’amore.
Benedetto XVI ha affermato che "la crisi ecclesiale in cui oggi ci troviamo dipende in gran parte dal culto della liturgia che talvolta viene addirittura concepita: etsi Deus non daretur". A questa formula, che riassume l'itinerario di secolarizzazione della società contemporanea, il Papa ha opposto quella etsi Deus daretur, che contiene una visione del mondo fondata sul principio del sacro. Espressione per eccellenza del sacro è la liturgia, la preghiera pubblica della Chiesa, atto di culto non del singolo uomo, ma della comunità dei battezzati, riuniti attorno al Santo Sacrificio dell'Altare. Questa liturgia non è solo la trasmissione della parola di Dio all'uomo, e la sua santificazione attraverso i Sacramenti; essa è anche e innanzitutto un insieme di forme sensibili che elevano l'uomo verso Dio e lo aiutano a glorificarlo e a rendergli il culto dovuto.
Uno dei dati scientifici che consentono di prevedere con più affidabilità l'esito positivo dello sviluppo del bambino è il fatto che ci sia stata nella sua vita almeno una persona capace di essere presente con regolarità per lui. In un'epoca di distrazioni digitali e impegni pressanti, esserci per un figlio potrebbe sembrare un compito davvero arduo. Ma, rassicurano Daniel Siegel e Tina Payne Bryson, essere presenti non richiede necessariamente grandi quantità di tempo e di energia. Esserci significa offrire al bambino una presenza di qualità, semplice da assicurare se si tiene conto di quel che serve per un sano sviluppo infantile: protezione, comprensione, conforto e sicurezza, il "poker dell'attaccamento". Basato sulle ultime scoperte delle neuroscienze, questo volume contiene racconti, "piani d'azione", semplici strategie e suggerimenti per fornire a un bambino il "poker dell'attaccamento" in ogni situazione: quando incontra difficoltà o, invece, riesce brillantemente in un compito e anche quando ci scusiamo per le volte in cui non ci siamo stati per lui. Una guida preziosa per coltivare nel bambino un sano paesaggio emotivo.
Per millenni filosofi, teologi e scienziati non sono riusciti a trovare risposte verificabili alle domande che definiscono il significato stesso dell'esistenza umana: che cosa siamo e che cosa ci ha resi quello che siamo. Nel suo esame della storia evolutiva, Wilson si spinge qui più indietro di quanto abbia mai fatto, consegnandoci un testo che mette in luce le origini profonde delle società animali e di quella umana. L'unico modo per comprendere il comportamento umano è cercare di conoscere le storie evolutive, lunghe e complesse, delle specie non umane. Tra queste almeno diciassette specie (roditori e gamberi tra gli altri) hanno sviluppato società avanzate e basate su livelli di altruismo e cooperazione simili a quelli che osserviamo tra gli esseri umani. Sulla scia di Darwin, che suggerì di studiare le origini dell'umanità tenendo conto del comportamento delle scimmie antropomorfe, Wilson sintetizza le più aggiornate ricerche svolte nel campo delle scienze dell'evoluzione, realizzando un'opera concisa ma rivoluzionaria sulla genesi della società umana. Prefazione all'edizione italiana di Telmo Pievani.
Dopo la personale esperienza umana della malattia raccontata con contagiosa allegria in "Chi non muore si rivede", Alberto Maggi affronta, con il suo stile sempre gioioso, il difficile argomento della morte, uno dei grandi tabù della nostra società. Alberto Maggi offre parole ricche di serenità e speranza, lontanissime da quell'inesauribile repertorio di frasi fatte che non solo non consolano, ma gettano nel più profondo sconforto quanti sono nel lutto e nel pianto, anche quando vengono da uomini di fede. Leggendo queste pagine riusciremo invece a comprendere e accogliere l'aspetto naturale della morte, per renderla davvero una sorella come poeticamente suggeriva san Francesco, una compagna lungo l'intero viaggio nella nostra esistenza. E grazie a questa nuova consapevolezza, potremo finalmente allontanare ogni tristezza e tornare a vibrare in un crescente, pieno accordo con quella grande sinfonia che è la vita.
In Giappone c'è una caffetteria speciale. È aperta da più di cento anni e, su di essa, circolano mille leggende. Si narra che dopo esserci entrati non si sia più gli stessi. Si narra che bevendo il caffè sia possibile rivivere il momento della propria vita in cui si è fatta la scelta sbagliata, si è detta l'unica parola che era meglio non pronunciare, si è lasciata andare via la persona che non bisognava perdere. Si narra che con un semplice gesto tutto possa cambiare. Ma c'è una regola da rispettare, una regola fondamentale: bisogna assolutamente finire il caffè prima che si sia raffreddato. Non tutti hanno il coraggio di entrare nella caffetteria, ma qualcuno decide di sfidare il destino e scoprire che cosa può accadere. Qualcuno si siede su una sedia con davanti una tazza fumante. Fumiko, che non è riuscita a trattenere accanto a sé il ragazzo che amava. Kòtake, che insieme ai ricordi di suo marito crede di aver perso anche sé stessa. Hirai, che non è mai stata sincera fino in fondo con la sorella. Infine Kei, che cerca di raccogliere tutta la forza che ha dentro per essere una buona madre. Ognuna di loro ha un rimpianto. Ognuna di loro sente riaffiorare un ricordo doloroso. Ma tutte scoprono che il passato non è importante, perché non si può cambiare. Quello che conta è il presente che abbiamo tra le mani. Quando si può ancora decidere ogni cosa e farla nel modo giusto. La vita, come il caffè, va gustata sorso dopo sorso, cogliendone ogni attimo.
L'orologio circadiano, che regola i ritmi sonno-veglia e altri aspetti della nostra fisiologia, si sincronizza con l'ambiente naturale che ci circonda, soprattutto per mezzo della luce del Sole. Tuttavia le nostre abitudini di vita, condizionate dall'orologio sociale, spesso confliggono con i ritmi dettati dall'orologio circadiano. Questo favorisce l'insorgenza di malattie, anche gravi. Alcuni semplici accorgimenti possono aiutarci a prevenirle, e a vivere in modo più sano e piacevole.
Loretta segue la dieta dell'ananas, Guido deve controllare il colesterolo, Martina è diventata vegana, Francesco è celiaco, Rakid rispetta le usanze della sua religione, Cinzia mangia solo cibo biologico con la garanzia che i lavoratori siano stati pagati equamente. In questa frammentazione, che tutti noi sperimentiamo nel quotidiano, diventa arduo condividere lo stesso pasto. Fruttariani, vegani, crudisti, macrobiotici... Com'è diventato il nostro rapporto con il cibo? E che cosa raccontano di noi le nostre scelte alimentari?
Un usignolo è tornato dall'Africa dove ha svernato ed è alla ricerca di un posto dove costruire il suo nido. Vola giorno e notte, senza trovare il luogo adatto a lui, quando, all'improvviso, vede una casa con un antico giardino, sul limitare di un bosco. «Lì troverò la mia casa!» esclama l'uccellino, felice. Il giardino è grande e ospita tanti alberi diversi. Così, l'usignolo si avvicina a ciascuno di loro, per conoscerli e scoprire quale potrà offrirgli una casa. Sarà un pruno, un pero o un ciliegio? Ogni albero racconta la sua storia, parla di sé, mettendo in luce le proprie peculiarità. Tra i racconti compare la figura del vecchio giardiniere, un uomo buono e gentile, che si prende cura degli alberi, trattandoli come persone, amandoli e conversando con loro. L'usignolo troverà la sua casa? Età di lettura: da 5 anni.
La figura poliedrica di Emilio Sereni è messa a fuoco, in questo libro, come responsabile per il Partito comunista italiano dell'organizzazione dei Partigiani della pace. Il movimento internazionale, nato su impulso sovietico, ebbe una sua anticipazione nel congresso degli intellettuali per la pace svoltosi a Wroclaw, nel 1948. La fama intellettuale di Sereni, la sua caratura di dirigente e la sua impressionante duttilità linguistica lo posero al centro di una serie di relazioni con studiosi di tutto il mondo che aderirono a quel consesso. Da quel nucleo di intellettuali nacque poi un movimento di massa: i Partigiani della pace. Sereni ne fu instancabile organizzatore, aperto al dialogo con tutte le forze politiche, nonostante il suo fermo credo marxista. Il movimento seppe interpretare il timore di un conflitto ben più distruttivo di quello appena lasciato alle spalle. Le campagne per la pace, anche per questo motivo, videro una grande partecipazione, una mobilitazione di donne e di giovani e un'attenzione insolita nel nostro paese per la politica internazionale. In quella stagione, grazie anche al contributo di Sereni, si ebbe una larga "alfabetizzazione politica" degli italiani.
Amburgo, 1932. Un uomo dall'aria stanca, abito scuro e ventiquattrore alla mano, si appresta a salire sulla passerella del cargo Catania, diretto a Ibiza. È Walter Benjamin, critico e scrittore ancora senza fama né opera, in fuga da una Germania sull'orlo della follia. Isolato e lontano da ogni forma di modernità, finirà per indagare il proprio tempo come nessun altro. Losanna, 1980. A pochi giorni dall'attentato che ha ucciso ottantacinque persone nella stazione di Bologna, un uomo arruffato e infreddolito varca la soglia di un bar di periferia, terra franca di neonazisti e fanatici antisemiti. E Frédéric Pajak, scrittore e disegnatore inclassificabile, alla deriva per l'Europa inseguendo l'opera di una vita, «un libro fatto di parole e immagini, scene d'avventura, ricordi sparsi, aforismi, fantasmi, eroi dimenticati, alberi, la furia del mare». Mescolando episodi autobiografici e affondi sulla straordinaria figura di Benjamin, Pajak ricostruisce con passione critica alcuni momenti fatali del Novecento europeo, tavola dopo tavola, frase dopo frase, muovendosi tra Parigi, Capri e una desolata Sicilia d'aprile.
All'interno di quella generazione di studiosi che, nel suo insieme, ha rappresentato la maggiore storiografia religiosa italiana del secondo Novecento, Giovanni Miccoli si è distinto sia sul piano dell'elaborazione teorica, sia per la sua figura di storico e di intellettuale. L'ampia riproposta delle pagine più significative dedicate dallo studioso triestino al metodo, ai propri maestri (tra i quali Delio Cantimori e Arsenio Frugoni) e ad altri storici a lui coevi (Marino Berengo, Pierre Vidal-Naquet, Pino Alberigo e Corrado Vivanti) acquista il valore di un'autobiografia intellettuale: non solo dello stesso Miccoli, quanto piuttosto di tutta una generazione. Un'autobiografia collettiva che si richiama alle grandi tradizioni precedenti (o per distaccarsene, come nel caso dell'idealismo crociano e dei suoi epigoni; o per assumerne in parte l'eredità, come in quello della scuola storica positiva), ai propri maestri, alle scelte che progressivamente hanno costituito la cifra di ciascuno studioso, disperdendo nelle rispettive strade e imprese la comune originaria appartenenza generazionale.