In Scintille l'arte incontra la trascendenza, nella ricerca di senso e di infinito che caratterizza l'umano. Si racconta di persone, di opere, di amore, di percorsi: dal sé all'altro e poi agli altri, fino alla percezione del "noi". Dove il medium di questo cammino, non può che essere la bellezza, secondo tutte le sue - non finite - forme. Si riflette sull'idea di comunità nella diversa prospettiva laica e religiosa. Si parla di contaminazioni con Nicola Spinosa, di inquietudine con Mimmo Jodice, di meraviglia con Yannick Vu Jakober, di luce con Silvio d'Ascia, di magnanimità con Laura Mattioli, di metamorfosi con Michal Rovner, di armonia con George Pehlivanian, di ponti con Angelo Casati, di resistenza con Marisa Albanese, di dialogo con Stefan Kraus, di bellezza con Wolfgang Laib, di possibilità con Giancarlo Santi e di altro, altro ancora. In un dialogo informale e con un linguaggio familiare si discute con i Protagonisti dell'arte del nostro tempo, delle loro vite, del loro intrecciarsi con altre - quelle di Chagall, di Beuys o Kounellis - del loro modo di essere nell'arte e per l'arte.
Gli Incontri si sono tenuti nella sezione san Luigi della Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale a Napoli, città simbolo del Mediterraneo, il mare senza confini, dalle danze e dai pani comuni dell'opera Love differences di Michelangelo Pistoletto.
Riflettere sui vizi capitali è come fare un viaggio dentro il mistero dell'uomo, un'esplorazione nell'«abisso del cuore» di cui parla il Salmo, dove bene e male si confrontano. E quale guida migliore dell'arte? Questo libro riccamente illustrato racconta come artisti di varie epoche abbiano interpretato i sette vizi capitali. Attraverso gli occhi dell'arte e soprattutto dell'arte di ispirazione cristiana - che ha prospettato per immagini i grandi temi della vita dell'uomo con il costante riferimento alle Sacre Scritture - ogni vizio capitale viene indagato grazie alle opere di grandi maestri come Giotto, Dürer, Correggio e di autori poco noti al grande pubblico, ma non per questo meno interessanti e stimolanti.
Antica capitale dell’Impero romano, Ravenna, sulla costa adriatica, possiede un’incomparabile ricchezza di mosaici del V e VI secolo. Unico nella sua grandezza, questo primo capolavoro della fede dell’era cristiana scintilla sotto la sua scorza di mattoni – tre chiese, un mausoleo, due battisteri – come una gemma imperitura fra il crepuscolo dell’impero romano e la notte dei tempi barbarici. Esso ci propone una originale visione del Vangelo (e dell’Antico Testamento), dai colori vividi, d’una freschezza repentina, che riconcilia il cielo e la terra, li fa coesistere in una serena, gioiosa e dolce armonia.
Più che una guida, più che un libro di storia, Il Vangelo secondo Ravenna è una passeggiata contemplativa attraverso le più belle illustrazioni che il Vangelo abbia mai ispirato ad artisti perfettamente padroni della propria tecnica e candidamente docili alla luce della propria fede. «Se il vostro destino eterno vi interessa, andate a Ravenna: esso sta scritto sui suoi muri» scrive André Frossard.
Ed è anche stupendamente scolpito nelle pagine del suo Vangelo secondo Ravenna.
Il “Salvatore” di Andrej Rublev, la “Madonna di Montefeltro” di Piero della Francesca, la “Trinità” di El Greco, la “Sepoltura” e la “Cattura” di Cristo del Caravaggio: che cosa accomuna queste cinque immagini sacre, dipinte in tempi, ambienti e stili diversi, e a cui il presente volume è dedicato? Un’intuizione interpretata con tutta l’originalità e la genialità di ciascuno dei loro autori: non c’è competizione di sorta tra Dio e l’uomo, poiché in Gesù Cristo è apparso, al di là di ogni possibile dubbio o equivoco, che “Dio è per noi” (Rm 8,31) e “noi siamo per lui” (1Cor8,6). Così inteso, il tenore umanistico che accomuna queste immagini tradisce una visione della condizione e dell’identità umana che risente in profondità della manifestazione verificatasi in Gesù Cristo, “immagine del Dio invisibile” (Col 1,15). Come molta parte dell’arte sacra occidentale e orientale, sostiene l’autore del libro, anche queste cinque immagini affondano le proprie radici, oltre che nella sacra Scrittura, in una variegata tradizione liturgica spirituale e dottrinale alla quale non hanno unicamente conferito una forma pittorica ma che hanno simultaneamente interpretato e contribuito a indagare.
Il presepe monumentale conservato nelle collezioni del Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari di Roma ha uno stretto legame con la storia del nostro Paese: fu infatti raccolto dall'etnologo Lamberto Loria, cui era stata affidata la cura della grande Mostra di etnografia italiana svoltasi a Roma nel 1911 nell'ambito della "Mostra internazionale" organizzata per celebrare il cinquantenario dell'Unità d'Italia. Le figure in catalogo, che rappresentano gli usi e costumi delle diverse regioni d'Italia, sono opera di importanti maestri napoletani del XVIII e XIX secolo e ci mostrano personaggi caratteristici di classi sociali e realtà diverse, occidentali e orientali, cristiani e gentili.
L'opera, in italiano e in inglese, mira ad illustrare la tesi dell'autore secondo cui c'è una corrispondenza concettuale e grafica fra due celebri opere di Michelangelo. Il titolo dell'opera per un verso allude a ciò che Michelangelo stesso ha inteso fare nella Madonna di Manchester e nella Pietà Rondanini, mostrare l'invisibile, dall'altro invece allude all'esame digitale delle strutture nascoste di queste due opere qui condotto con l'utilizzo di diffusi strumenti di manipolazione digitale delle immagini. File dopo file, il lettore è accompagnato all'interno del laboratorio mentale del più grande artista di tutti i tempi e a condividere scoperte rivoluzionarie su due sue opere ben note. "Ciò che è noto, però, non è conosciuto" affermava Hegel e questo libro gli dà ragione.
Nel corso dei secoli. La musica è stata tradotta in immagine nei più variegati modi, esibendo la sua valenza pragmatica o esaltando i suoi significati astratto simbolici. Nato nell’ambito di un Seminario della facoltà di storia e bene culturali della Chiesa, il volume riunisce i lavori di studenti che si affacciano per la prima volta nel complesso mondo dell’Iconografia musicale. Per la sua vocazione inter arte, questa disciplina si colloca a metà strada tra la musicologia e l’iconografia, fornendo preziosi strumenti per l’analisi dei soggetti rappresentati. Un fil Rouge lega tutti i contributi: la presenza degli angeli e della loro musica.
Il testo si propone una indagine sulla raffigurazione di Cristo nell'arte dei secoli XV e XVI nell'Europa occidentale. Attraverso un percorso storico sulla religiosità dell'epoca, favorita dalla Devotio moderna, esamina i diversi soggetti - dalle Pietà al Vir dolorum al Trono di gloria - attraverso cui si è espressa la spiritualità cristiana, partendo dal Nord dell'Europa. Si sofferma in particolare sulla teologia della gloria nel polittico di Gand e della croce in quello di Grunewald a Colmar. Analizza poi il rinascimento italiano nelle sue opere cristologiche della "teologia del corpo in diverse espressioni d'arte: da Masaccio a Botticelli, da Bellini a Leonardo e a Raffaello, anche nei loro soggetti mariani. Una indagine specie è rivolta all'opera di Michelangelo come figura-sintesi delle varie stagioni del Rinascimento: dai giovanili David e Pietà alle Cappelle Sistina e Paolina alle ultime ricerche religiose. L'ultima parte tratta dell'arte della Riforma cattolica e del suo scopo evangelizzatore. Si esaminano in modo speciale due rappresentanti: il Tintoretto autore del ciclo "glorioso" del vangelo alla Scuola Grande di San Rocco a Venezia e la spiritualità mistica tra Oriente ed Occidente in Spagna nei lavori di El Greco.
Fra il 1303 e il 1305 Giotto affrescò, su commissione del banchiere padovano Enrico Scrovegni, una piccola cappella dedicata a Santa Maria della Carità. Il ciclo pittorico è centrato sull’avvenimento di Dio che si fa uomo per aprire all’uomo la strada verso il suo personale destino di gloria.
L’Autore di questa guida introduce il visitatore nella ricchezza di significati custoditi negli affreschi, nell’ordito profondo e nella regia ad essi sottesi, che trovano espressione anche nel simbolismo dei colori e dei numeri, del bestiario e dell’erbario, negli intriganti giochi prospettici, nelle corrispondenze fra Antico e Nuovo Testamento.
Giotto, infatti, assieme a Dante è all’apice di una cultura in cui ogni particolare partecipa di un ordine che tutto abbraccia. Di tale cultura la Cappella degli Scrovegni costituisce, assieme alla Divina Commedia, un vertice assoluto.
La cintura non è solo uno dei più semplici e pratici capi di abbigliamento, ma è anche un simbolo antico, a partire dalle cinture che compaiono nei primi capitoli del libro della Genesi. Gli autori ripercorrono in questo saggio, tra storia dell'arte, esegesi biblica e antropologia culturale, la lunga storia della cintura come simbolo di seduzione, sacrificio e potere al femminile, che culmina nella devozione alla "Madonna della Cintola", diffusa soprattutto in area toscana.
Il libro è un estratto di "Caravaggio. La luce e le tenebre". Il bagliore e la tenebra, l’ombra e la luce. Il nostro occhio, sorpreso, meravigliato, al primo impatto non sa dove posarsi, in questa Vocazione di san Matteo del Caravaggio. Scivola sulle giubbe ricamate, sfiora una piuma in cima a un cappello, s’impiglia nelle pieghe di una veste. Evita, per ora, come per un istintivo pudore, l’intensità degli sguardi, il gesticolare nervoso delle mani. E dopo un attimo di esitazione, si sofferma infine sulle monete sparse sul tavolo, lucenti d’argento. Come dice quel detto? «Il denaro è lo sterco del diavolo». Già. Ma dal letame possono nascere fiori…
L'intenzione che ha guidato la studiosa israeliana Nirit Ben-Aryeh Debby, docente presso l'Università Ben Gurion del Neghev, è stata quella di presentare la tradizione iconografica di santa Chiara, partendo dalle più famose immagini medievali per giungere sino alla prima età moderna.
Mentre a proposito di san Francesco e l'arte esiste una quantità abnorme di studi, gli storici dell'arte hanno invece prestato poca attenzione all'immagine di santa Chiara: le opere che la rappresentano sono state discusse in modo occasionale all'interno degli studi su san Francesco, soffermandosi soprattutto sulla tradizione antica testimoniata in Assisi fra Due e Trecento.
Il libro vuole mostrare come le rappresentazioni di santa Chiara nell'arte medievale siano lo sfondo essenziale a partire dal quale diviene possibile verificare gli elementi di novità o di continuità con la tradizione presenti nella prima età moderna.