Non posso emettere verità sul Giappone perché continuo a non capirlo. Ci ho vissuto un anno e mezzo distribuito su sette soggiorni di qualche mese ciascuno, distanti quattro o cinque anni l'uno dall'altro, e continuo a non essere sicuro di avere capito. Né le cose grandi, né i dettagli. Una piccola galassia di incontri, scontri, errori, salvataggi, ipotesi e rivelazioni racconta lo spaesamento di un intellettuale italiano nel paese degli isolani d'Asia. Una persona abituata a capire, a padroneggiare, che invece deve continuamente riconoscere la propria natura di principiante. Ma senza angoscia, perché il Giappone è mite, e perfino quando ti trae in arresto per una specie di reato, ti tratta con rispetto. E il Giappone è stupendo e abbagliante, quando si rivela nella sua grandezza. Fra i personaggi di queste storie ci sono confezioni di caramelle, orsi prudenti, terremoti da tavola e ragazze come si deve, gessetti colorati, dinosauri distruttori e poliziotti pazienti, rifiuti firmati, lo snack Big Katsu e una Lamborghini copiata, fiumi, laghi, vulcani e timbri di giada, Del Piero e Sophia Loren. E a ogni passo si scopre che il non capire è un bene prezioso.
Esistono davvero le "persone"? E cosa dire del "linguaggio", del "discorso" o della "cultura"? Fino a che punto le reti sociali hanno determinato la specie umana in quelli che consideriamo come i suoi tratti costitutivi? Cosa unisce matematica e sociologia? Domande tanto ambiziose e originali trovano risposte altrettanto innovative in questo volume, in cui si propone la traduzione italiana di due saggi di uno degli ultimi maestri della sociologia americana. Muovendosi con eleganza tra ambiti concettuali e metodologici differenti, Harrison C. White analizza i fondamenti logici ed epistemologici di un approccio attualmente tanto utilizzato quanto raramente compreso in profondità: la social network analysis. I numerosi neologismi appositamente coniati - "forchette bayesiane", "commutazioni", "netdom", "nodi del futuro", "soluzioni d'angolo" - vengono inquadrati e presentati dai curatori attraverso una guida introduttiva alla lettura.
«Nel regime dell'informazione essere liberi non significa agire, ma cliccare, mettere like e postare». La digitalizzazione sta da tempo interessando anche la sfera politica e gli sconvolgimenti che produce nel processo democratico e nelle nostre vite sono massicci, epocali. Storditi dalla frenesia della comunicazione a ciclo continuo, ci ritroviamo impotenti di fronte a un sistema che trasforma l'essere umano in una miniera di dati da estrarre. Il nostro modo di pensare e intervenire nel mondo, il nostro rapporto con la verità stanno inesorabilmente cambiando. Siamo apparentemente liberi, ma incapaci di discutere. Immersi nell'infocrazia, nella quale libertà e sorveglianza coincidono, assistiamo al tramonto dell'epoca della verità. Con la forza che l'ha reso celebre, il filosofo tedesco che sta riscrivendo la mappa concettuale del nostro tempo traccia un ritratto argomentato ma implacabile dell'èra in cui viviamo. Perché capire davvero ciò che sta accadendo è l'unico modo di resistere.
Che cosa fanno i cittadini quando fondano o partecipano a un'associazione? E, ancora prima, che cosa possono fare? Queste le domande di partenza del volume di Sebastiano Citroni sulla quotidianità dell'associazionismo. A partire da un'indagine etnografica, che restituisce concretezza al vissuto dei protagonisti e alla specificità delle pratiche, vengono analizzati la diffusione di nuove forme d'impegno civico a livello individuale, il crescente peso dell'organizzazione di eventi nel repertorio d'azione degli enti di terzo settore e la contrattualizzazione dei loro rapporti con enti pubblici e privati finanziatori. Per ciascuna di queste trasformazioni, i risultati di ricerca mostrano come gli stili associativi filtrino e "metaforizzino" nella vita quotidiana di gruppo i fattori generali di contesto nell'ambito dei quali l'azione civica prende forma. La ricerca etnografica condotta da Citroni invita così ad abbandonare ogni facile retorica sulla neo-liberalizzazione del terzo settore e mostra quanto la sua azione come società civile si dispieghi anche sul piano ordinario degli stili dell'associarsi quotidiano e del loro potere istituente.
Le idee non stanno ferme. Le grandi idee, i grandi principi, le visioni del mondo hanno sempre delle radici, come le piante. Ma, diversamente dalle piante, raramente restano dove sono nate. Le idee si muovono, cambiano habitat, come uccelli di passo. È quel che è successo a tre grandi ideali della sinistra: difesa dei deboli, libertà di pensiero, cultura come via privilegiata verso l'eguaglianza. Oggi queste idee, che hanno fatto la storia della sinistra, non abitano più lì. Alcune vagano senza meta, altre si sono posate sulla destra. A vagare senza meta è soprattutto l'idea gramsciana della cultura alta come strumento di emancipazione dei ceti popolari, un'idea ancora viva ai tempi di Togliatti, ma completamente sopraffatta da mezzo secolo di riforme dell'istruzione, che - abbassando la qualità degli studi - hanno finito per bloccare l'ascensore sociale. A posarsi sulla destra, invece, sono state la difesa della libertà di pensiero, contro l'adesione acritica della sinistra al politicamente corretto, e la difesa dei deboli, contro l'incapacità di ascoltare la domanda di protezione dei ceti popolari. Attraverso un nuovo modello interpretativo, la dottrina delle tre società, Ricolfi individua con precisione chi sono i deboli oggi, e ricostruisce il lungo processo che ha portato la destra e la sinistra a scambiarsi le rispettive basi sociali, determinando una vera e propria mutazione del sistema politico. E azzarda l'ipotesi che sia un'eccessiva celebrazione del progresso ad accecare i progressisti, incapaci di vederne anche i lati oscuri, le falle che alimentano una nuova disperazione sociale, di cui sarebbe bene invece intercettare il grido.
Chiara Volpato analizza i processi psicologici e sociali che, nelle società occidentali, sorreggono il potere maschile, si oppongono al cambiamento e limitano l'apporto delle donne alla creatività sociale. Esamina i meccanismi di costruzione della presunta superiorità maschile e quelli che perpetuano la subordinazione femminile nel lavoro, nella politica, nei mass media. Il libro è una edizione riccamente ampliata e aggiornata rispetto alla prima pubblicazione di quasi dieci anni fa. Il divario di genere in questi anni, a livello internazionale e nazionale, non è cambiato in modo sostanziale. I progressi sono lenti; persistono troppe discriminazioni e, soprattutto, persiste una cultura ancora per molti aspetti patriarcale. Abbiamo assistito al movimento Me Too, che ha cambiato il panorama delle relazioni tra uomini e donne in molti paesi. Subito dopo, però, l'epidemia di Covid-19 ha pesantemente penalizzato le donne, incidendo sui tassi lavorativi e sulle relazioni familiari. Ma proprio l'esperienza della pandemia ci suggerisce una riflessione: che sia arrivato il momento di capovolgere gli schemi culturali tradizionali e riconoscere che la capacità di cura - tratto stereotipicamente attribuito alle donne - valga più dei principali tratti stereotipici maschili (la forza e il potere)?
Cosa vuol dire uguaglianza di opportunità? Quando ne parliamo pensiamo di riferirci tutti alla stessa cosa, ma non è così. Questo libro cerca di chiarirne il significato, esaminando tre interpretazioni e mostrandoci implicazioni e conseguenze sulle persone: l'uguaglianza di opportunità di partecipazione al mercato, che vede nell'istruzione il mezzo principale per assicurarla; l'uguaglianza di opportunità come compensazione delle disuguaglianze dovute alle circostanze; l'uguaglianza di opportunità come uguaglianza di capacità. Elena Granaglia illustra le differenze tra queste concezioni, che hanno ricadute significativamente diverse sulle politiche sociali ed economiche da adottare, ed esprime la sua preferenza per la terza, quella elaborata da Amartya Sen e Martha Nussbaum.
Frutto di un'ampia ricerca, il volume mostra come si stia rafforzando in Italia un nuovo pluralismo religioso, determinato soprattutto dalle minoranze immigrate. La prima parte, i cui capitoli sono suddivisi per aree confessionali (ortodossi, musulmani, evangelici, testimoni di Geova, cattolici, buddhisti, sikh), pone al centro dell'indagine le attività cultuali e aggregative, i modelli organizzativi e educativi, il ruolo dei ministri di culto, così come le iniziative solidali, le forme del protagonismo femminile e l'apporto delle «seconde generazioni». La seconda parte analizza in chiave comparativa il ruolo e le funzioni delle comunità di fede nei processi d'integrazione degli immigrati. Sono infine proposte delle policy per valorizzare le energie positive che derivano dal pluralismo religioso degli immigrati nella trama dei rapporti istituzionali, favorendo un più ampio riconoscimento del suo contributo alla società italiana.
Dalle "visioni2 di Coleridge e Baudelaire alle nuove droghe di oggi
Che cosa collega la CIA a Timothy Leary? Gli scienziati nazisti ai rave party? Allen Ginsberg agli psichiatri militari? I Grateful Dead agli esperimenti segreti di Menlo Park? La risposta sta in unasigla: LSD. Questa potente sostanza fu scoperta dal chimico Albert Hofmann nel 1938 e si aggiunse a poche altre che stavano affascinando scienziati, rivoluzionari, filosofi, militari e agenti segreti. L'LSD sembrò la medicina meravigliosa per vincere l'alcolismo, la follia e le ingiustizie; per illuminare le menti o creare la spia perfetta. Queste sostanze furono studiate da grandi istituti di ricerca strategica e inserite nei protocolli di esperimenti top secret prima di diffondersi nelle strade, nei salotti, nella società del boom economico e oltre, in un'onda lunga che influì profondamente sulla cultura della droga dagli anni Settanta sino al XXI secolo. Da qui, la «rivoluzione psichedelica», che sedusse psichiatri, artisti e scienziati del comportamento; il suo effetto cambiò le università, dipinse i colori degli anni Sessanta, ispirò i suoni del rock e degli hippies, la rivolta di Berkeley, l'utopia di Haight-Ashbury e il Sessantotto. Ormai un classico, Rivoluzione psichedelica - qui in edizione accresciuta, arricchita, rivista - racconta fedelmente ciò che accadde quando trame segrete e sogni ingenui accomunarono persone che non avevano niente in comune fra loro. Un racconto di ieri ma, soprattutto, un racconto di oggi.
Costanza Rizzacasa d'Orsogna ci porta al cuore del dibattito sulla cancel culture che infuria nella società non solo americana ma ormai anche europea. Parole come 'appropriazione culturale', 'supremazia bianca', 'mascolinità tossica', usate spesso a sproposito, popolano le conversazioni quotidiane. Sullo sfondo, negli Stati Uniti, una polarizzazione politica e del pensiero che per gli esperti ha raggiunto un punto di non ritorno, e il modello parentale ed educativo del safetyism: la sicurezza emotiva come valore sacro. La retorica di sinistra che da anni infuria dentro e fuori i campus, eliminando tutto ciò che può apparire politicamente scorretto, alimenta il bigottismo di destra, in un circolo vizioso in cui perdono tutti. Le guerre culturali dilaniano la scuola dell'obbligo, con il numero dei libri banditi o contestati che sfonda ogni mese nuovi record. Se mettere i libri al bando non è nulla di nuovo nelle scuole americane, diverse oggi sono le tattiche, e fortissima la politicizzazione. Da Mark Twain a Philip Roth, da Hemingway a Toni Morrison, da Salinger a Margaret Atwood, "Scorrettissimi" ci racconta questo terremoto culturale, ne ricostruisce la genesi e le ragioni all'interno del contesto storico e politico americano in cui è nato.
Il 2021 è stato l'anno della progettazione della nuova fase di sviluppo del paese dopo l'impatto inedito e inatteso della pandemia. Il governo italiano ha steso il PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) che contiene progetti ambiziosi, finanziati soprattutto attraverso le risorse di Next Generation Eu. Il 2022 segna, quindi, l'inizio di una nuova fase. Per dare basi solide al futuro l'Italia deve mettere al centro la valorizzazione del capitale umano delle nuove generazioni, un bene diventato sempre più scarso nel nostro paese. Rafforzare i percorsi formativi e professionali dei giovani: questo l'obiettivo principale, non solo per superare i limiti e gli squilibri passati (nel rapporto quantitativo tra generazioni e nel rapporto tra debito pubblico e ricchezza prodotta) ma anche per cogliere le opportunità di uno sviluppo inclusivo e sostenibile che valorizzi le competenze necessarie per la transizione digitale e verde.
L'attuale configurazione globale delle società ha portato a trasformazioni sociali inattese. Ormai tramontate le società nazionali, si sono create nuove linee di frattura: inclusi/esclusi, cosmopoliti/locali, concentrati/estesi. Si è formata così una nuova triade sociale da analizzare dal punto di vista qualitativo e quantitativo. In questo libro viene misurata con dati sia nazionali che disaggregati localmente, tra Nord, Centro e Sud, tra regioni, province e città. Il quadro proposto raffigura l'Italia tra il 2008 e il 2020, ma ha una proiezione europea e mondiale. Ciò che scopriamo è che in Italia l'élite è diminuita in quantità e qualità, la neoplebe è cresciuta fino a rappresentare la maggioranza della popolazione, mentre la classe creativa è in costante aumento e potrebbe rappresentare la nuova classe dirigente, per ora senza potere. Dati che ci interrogano su questioni attualissime: quale mondo ci troveremo a gestire così polarizzato tra poche grandi concentrazioni metropolitane e immense aree di sfruttamento estensivo? Quali conseguenze sociali e politiche avranno le dinamiche tra una élite in storico declino, una massa priva di sapere e dei saperi senza potere?