Nei dibattiti sul cattolicesimo democratico e sulla Democrazia Cristiana, spesso il Dossetti politico riemerge quasi come una figura mitologica giudicata o in maniera polemica oppure enfatizzata positivamente. Studiare criticamente il Dossetti politico in quest'ora drammatica per la politica italiana è importante. Assistiamo all'emergere sempre più evidente di un'instabilità della vita politica del nostro Paese che probabilmente non ha pari nella storia nazionale. Sarebbe inutile affermare che se ci fossero uomini come Dossetti la situazione politica sarebbe migliore. A noi compete leggere fra le righe della storia di uomini come Dossetti per capire che non è sempre stato così e che un'alternativa è possibile. Il libro di Gumina ripercorre la parabola politica di Dossetti attraverso il recupero della sua tensione esistenziale e credente che genera uno sguardo critico per la lettura dell'odierno scenario. Così il volume si presenta come un'opportuna e urgente occasione per tornare a pensare alla luce di una delle figure più straordinarie, e oggi dimenticate, del cattolicesimo italiano.
Per raccontare la straordinaria storia del Vaticano basterebbe, forse, ripercorrere quei secoli in cui alcuni dei più eccelsi maestri del pensiero, dell'architettura e delle arti figurative di tutti i tempi si incontrano alle corti papali. Alberti, Bernini, Bramante, Leonardo, Maderno, Michelangelo, Raffaello sono solo alcuni dei geni che competono tra loro per rendere sublime il tempio custode delle spoglie dell'apostolo Pietro. Eppure, il viaggio nel tempo che si compie leggendo il volume "La Storia del Vaticano", a cura di Valerio Maria Piozzo, inizia prima della nascita dell'arte, dell'uomo e persino della storia, quando l'area del Vaticano è sommersa da un vasto mare caldissimo. Nel Medioevo si assiste all'ascesa del papato, che assume in sé il potere divino e temporale. Quest'ultimo dura fino al 20 settembre 1870, quando gli ideali risorgimentali corrono con i bersaglieri alla presa di Roma, detronizzando il legittimo sovrano Pio IX. Il racconto ci conduce così al Novecento, con Hitler che vorrebbe occupare il Vaticano e arrestare Pio XII, l'unica autorità a rimanere a Roma durante l'occupazione e per questo ricordato come "defensor Urbis".
"Muori Sansone con tutti i filistei!" È a Gaza che la Bibbia colloca il celebre episodio in cui il guerriero ebreo perde la vita fra le macerie insieme ai nemici: il popolo dei filistei che dà il nome alla Palestina moderna. È da Gaza che il 7 ottobre 2023 hanno sconfinato le milizie di Hamas per compiere in Israele il più terribile massacro di ebrei dal tempo della Shoah. È sugli abitanti di Gaza che il governo Netanyahu ha scatenato una sanguinosa offensiva militare con il risultato di screditare la reputazione di Israele e isolarlo come mai prima d'ora. Gaza, insomma, oltre che un luogo è diventata il simbolo di una contesa che assume nel mondo dimensione culturale e morale. Gad Lerner si misura con il fanatismo identitario che ha contagiato i due popoli in guerra. Da ebreo per il quale Israele ha significato salvezza, deve fare i conti con l'esclusivismo e il tribalismo della destra sionista. Le spaccature della società israeliana, il rinchiudersi in se stesse delle Comunità ebraiche della diaspora, che si sentono incomprese e lanciano accuse di antisemitismo a chi solidarizza con i palestinesi, lo riportano alle domande cruciali che già si poneva Primo Levi: che futuro può avere questo Israele? Che funzione può esercitare il filone ebraico della tolleranza? Un libro sincero e necessario per non finire arruolati negli stereotipi delle opposte fazioni, preludio di ogni guerra.
Fiorita sull'altopiano del Corno d'Africa e lungo le coste del Mar Rosso prospicienti l'Arabia del Sud, la civiltà del Regno di Aksum tuttora riveste per fascino di tradizioni e ricchezza di storia un ruolo non irrilevante. Cristianizzato dalla metà del IV secolo e attore primario nelle vicende dell'area tra il III e il VII, il Regno di Aksum ha lasciato una documentazione epigrafica di grande interesse, poco nota e difficilmente accessibile, sia in greco sia in etiopico. Insieme alle ricchissime testimonianze archeologiche e numismatiche, l'epigrafia aksumita illumina mirabilmente dall'interno alcuni eventi capitali del tempo, dalla cristianizzazione alla grande spedizione militare del re Kaleb in Arabia del Sud nel VI secolo, celebrata nei secoli dalla letteratura bizantina. In questo lavoro postumo del semitista ed etiopista Paolo Marrassini le iscrizioni reali aksumite sono per la prima volta presentate in una traduzione riccamente annotata, preceduta da un'estesa rassegna introduttiva sulla storia e le tradizioni dell'Etiopia tardoantica. Un saggio di Rodolfo Fattovich sull'archeologia aksumita e una nota editoriale di Alessandro Bausi completano il volume.
In quanto potenza politica egemonica, Roma incideva in grande misura sugli sviluppi culturali e religiosi nel suo impero, tanto più che nella visuale della religione propria dei romani la loro dominazione si doveva alla benevolenza degli dei. Anche per tali ragioni in questo libro si presta particolare attenzione alla politica religiosa dei romani e ai suoi rapporti con le posizioni religiose adottata dalle comunità giudaiche e da quelle cristiane della prima ora. In questa prospettiva, da una parte non si è trascurata alcuna delle problematiche fondamentali e della letteratura corrispondente; dall'altra si è mirato a formulare e documentare in termini chiari una problematica che è di primaria importanza anche per la questione della cosiddetta «separazione» delle strade.
«Il problema dei 'silenzi' non è solo una questione del mondo ebraico, ma riguarda tutti, anche i cattolici». Pio XII è una figura controversa. Da un lato protagonista di azioni riconosciute a tutela delle vittime del nazifascismo, in particolare nei mesi drammatici dell'occupazione di Roma; dall'altro accusato per i troppi 'silenzi' a fronte delle notizie drammatiche che arrivavano in Vaticano, già dal 1939, dai territori occupati da Hitler, a partire dalla Polonia. Andrea Riccardi ricostruisce la storia e le ragioni di quei silenzi, avvalendosi di una ricca documentazione consultabile per la prima volta. Solo nel 2020 l'Archivio Apostolico Vaticano ha, infatti, reso accessibili agli studiosi i documenti del pontificato di Pio XII. Frutto di questa straordinaria opportunità di ricerca e a firma di uno degli storici più accreditati sulla materia, l'analisi e l'interpretazione di un nodo rilevantissimo della storia del Novecento.
L'antigiudaismo che esamina David Nirenberg in questo libro non è solo l'insieme dei pregiudizi e delle persecuzioni contro gli ebrei: è una delle modalità fondamentali con cui il pensiero occidentale ha definito se stesso e il proprio modo di interpretare il mondo in contrapposizione a una tradizione diversa. Come spiega l'autore, "L'antigiudaismo non va inteso come un anfratto arcaico e irrazionale nel vasto edificio del pensiero occidentale, ma come uno dei principali strumenti con cui tale edificio è stato costruito". Se l'antisemitismo prende di mira la concreta esistenza degli ebrei, le loro pratiche culturali e religiose, l'antigiudaismo si concentra su tratti e caratteri attribuiti all'influenza della tradizione ebraica ma rintracciabili anche al di fuori di essa, dal letteralismo religioso al materialismo. Già nel mondo antico si affaccia il motivo ricorrente di una "diversità ebraica" che anticipa, spesso con toni e caratteri simili, l'antigiudaismo cristiano e occidentale: è da qui che parte il viaggio di Nirenberg, per tracciare la storia del rapporto dell'Occidente (e del mondo islamico) con l'idea di giudaismo, in un percorso che da san Paolo arriva fino alla tormentata riflessione novecentesca sulle cause dell'antisemitismo e sul ruolo dell'ebraismo nell'Occidente contemporaneo.
Grande fu il contributo che italiani e italiane animati dalla fede cristiana hanno reso alla Resistenza tra il 1943 e il 1945. Il loro apporto, cosi consistente, è qui ampiamente documentato sulla scorta di una ricerca storica che si è avvalsa del lavoro sul campo attingendo a testimonianze, lettere e memorie civili. Non si riscontra nel saggio alcun intento polemico né il tentativo di strumentalizzare quel movimento popolare. A partire da fatti, numeri, volti e atti di eroismo e di martirio, emerge una storia di popolo che merita di essere ritrovata e raccontata. La Resistenza è stata anche cristiana, nella misura in cui vi hanno partecipato uomini e donne la cui coscienza era mossa dalla fede non meno che dal patriottismo. Erano tanti, patrioti e fratelli al di là dei luoghi, della notorietà e degli atti compiuti. L'apparato iconografico è parte documentale del saggio: le immagini sono talvolta piccole, sbiadite, rovinate ma sempre eloquenti. II lettore resterà impressionato dalla giovinezza e dall'innocenza dei volti dei protagonisti di questo spaccato di storia, una rassegna che unisce veri e propri condottieri a uomini sconosciuti e miti che hanno incontrato il martirio nell'eroico e disarmato esercizio della carità.
Alberto Leoni ha tradotto la storia del Risorgimento italiano scritta da Patrick Keyes O’Clery, con il titolo La Rivoluzione italiana (2000). Tra i numerosi titoli pubblicati con Ares: La croce e la mezzaluna (2007), Il paradiso devastato. Storia militare della campagna d'Italia (2012), "O tutti o nessuno!". Storia e ritratti dei 123 sacerdoti e religiosi morti in Emilia Romagna nella Seconda guerra mondiale (2020).
Stefano Rodolfo Contini, laureato presso la facoltà di Scienze politiche dell'Università di Milano, ha frequentato un master di primo livello in Security Studies presso l'Institute for Global Studies (Roma), organizzato in collaborazione con lo Stato Maggiore della Difesa.
I protagonisti della narrazione, tratti dal mondo reale, illustrano le vicissitudini che hanno segnato il percorso sociale di un paesino rurale della Carnia negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso. In una comunità chiusa e ancorata al campanile, alle tradizioni, alla fede e a un modo di vivere semplice e genuino, tutti in paese recitavano la propria parte, mettendo al servizio della collettività le abilità e l’ingegno che non erano mai mancati nelle famiglie, costrette a fronteggiare quotidianamente, con scarsissime risorse, le difficoltà che il vivere in montagna allora comportava. Così ciascuno s’incamminava, fin da bambino, lungo il sentiero già tracciato dagli avi, cercando prima di tutto di ricalcare le impronte di quanti l’avevano preceduto e migliorando dove possibile con i mezzi e le nuove possibilità che in quei decenni il progresso portava in ogni settore, anche nelle più remote località della valle. Soprattutto i più giovani sentivano questo vento, quest’aria nuova e fresca che prometteva di scompigliare tutto quanto odorava di stantio, facendo voltare di scatto le pagine troppo consunte del libro di scuola.
Note sull'autore
Eddo Della Pietra vive a Cercivento (UD), dove è nato nel 1953. Perito industriale, è stato impiegato tecnico comunale per oltre un quarantennio nella propria comunità. Interessato fin da giovane alle attività culturali in zona, è tra i soci fondatori del Circolo culturale “La Dalbide” (1980). Scrive per riviste e periodici locali e ha già pubblicato la monografia Cercivento 76-96 (1996) e il romanzo Il sogno di Andrei (2016).
«Io sono solo, Rachele, e vedo che tutto è finito.» Così Mussolini nell'ultima telefonata alla moglie, a poche ore dall'arresto e dalla morte. «L'Ucraina non esiste» disse Putin. «E, se esiste, è una colonia russa.» «Mario, che fai? Mi lasci sola?» Giorgia Meloni si aggrappò con una battuta a Mario Draghi che il 23 ottobre si congedava da Palazzo Chigi, dopo le consegne alla nuova padrona di casa. Sapeva quanto enorme fosse il compito affidatole dagli elettori in uno dei momenti più difficili del dopoguerra. Guerra civile, rilancio tragico di un conflitto che ci sembrava impossibile nel cuore dell'Europa del XXI secolo. E una donna di 45 anni, alla quale nessuno ha regalato niente, chiamata all'appuntamento con la Storia: prima presidente del Consiglio della nostra Repubblica, prima capo di governo di destra. Una «grande tempesta» che attraversa un secolo di storia italiana e internazionale. Bruno Vespa rende contemporanei i tre avvenimenti raccontandoli, come d'abitudine, in presa diretta. L'ultimo atto della storia del fascismo, che si apre con l'arresto di Mussolini a villa Savoia e si chiude con la macabra esposizione del suo cadavere a piazzale Loreto, è denso di retroscena insospettabili per il lettore comune. Re Vittorio Emanuele III e il maresciallo Badoglio non sanno dove sistemare l'ex Duce, e l'ex Duce s'illude di ritirarsi da pensionato alla Rocca delle Caminate. Sa, fin dal momento della liberazione sul Gran Sasso, di essere prigioniero di Hitler e quindi si adatta a guidare la repubblichetta di Salò sperando che le truppe d'occupazione nazista riservino all'Italia un trattamento migliore che alla Polonia. Ma Salò significa guerra civile, narrata in queste pagine anche negli aspetti meno frequentati dagli storici, fino al suo tragico epilogo. Solo un altro dittatore crudele e cinico come Vladimir Putin poteva riportare la guerra in Europa a ottant'anni dalla fine del secondo conflitto mondiale. Vespa ne ha parlato con Volodymyr Zelensky e con sua moglie Olena, ha avuto vivaci discussioni con l'ambasciatore russo a Roma Sergej Razov e con Vladimir Solov'ëv, il principale anchorman della televisione russa, ma entrando nelle chiese di Leopoli si è convinto che il popolo ucraino non si arrenderà mai, nonostante le minacce nucleari di Putin. Il conflitto in Ucraina ha avuto pesanti conseguenze sulla politica e sull'economia italiana, trovatesi nella «grande tempesta» di elezioni anticipate che hanno sconvolto il panorama politico nazionale. Vespa racconta i dietro le quinte della conferma di Sergio Mattarella al Quirinale e dell'improvvisa crisi di governo del luglio 2022. Si è confrontato con tutti i leader dei partiti di maggioranza e opposizione, svelando i retroscena della formazione del nuovo esecutivo, e ha avuto lunghe conversazioni con Giorgia Meloni, che si è detta decisa a cambiare profondamente la Nazione. «Altrimenti vado a casa» ha confidato all'autore.
Musarra riesce a fornirci un quadro tanto largo quanto approfondito del Great Game pisano- genovese nel tempo stesso nel quale ebbe luogo sul Mediterraneo una ‘rivoluzione commerciale’ che fu anche ‘nautica’.
Franco Cardini, “Il Secolo XIX”
1284 La battaglia della Meloria è costruito su fonti di prima mano, spesso inedite. Musarra sceglie a tratti di rivolgersi direttamente al pubblico, al fine di rendere la narrazione teatrale e dunque potenzialmente irreale.
Marina Montesano, “il manifesto”
Una ricostruzione che consente di riportare alla luce il profilo di un Medioevo diverso: quello marittimo e navale, dove gli orizzonti improvvisamente si allargano e dove piccole città si rendono 14 protagoniste di rivoluzioni – da quella commerciale a quella nautica, a quella finanziaria – capaci di mutare il corso della storia.
La più grande battaglia navale del Medioevo. L’Aquila contro il Grifo, Pisa contro Genova, in lotta per l’egemonia sul Mediterraneo. Un ‘grande gioco’ con al centro il controllo dei commerci con l’Asia che parte dalla Terrasanta, passa per la Sicilia e arriva fino alla Corsica e alla Sardegna.