Tre temi fondamentali, affidati ad altrettanti studiosi del mondo moderno, per comprendere la vita di oggi e il suo futuro.
Non cambi il mondo, e non difendi la democrazia, facendo sempre quello che ti dicono di fare. Occorre assumersi la responsabilità di contravvenire a leggi ingiuste senza aspettare che qualcuno gentilmente lo conceda. L'obiettivo non è violare le regole, ma cambiarle, la cosa giusta da fare quando la legge si scontra con il vissuto delle persone, trascurando diseguaglianze rese ancora più profonde dalle proibizioni. E questo che ha fatto Marco Cappato accompagnando in Svizzera dj Fabo, aiutandolo a porre fine alla sua sofferenza a costo di essere perseguito penalmente nel nostro Paese. Ed è questo - ha dichiarato - che farà ancora, per difendere il diritto di tutti di essere "liberi di sorridere, fino alla fine". Eutanasia e fine vita, dunque, ma anche droghe, sesso, internet, genetica, scienza e diritti umani: contro le molte norme che in diversi campi minacciano la libertà e criminalizzano comportamenti diffusi e realtà sociali ineliminabili, Cappato si batte da anni con gli strumenti della disobbedienza civile e della nonviolenza - che indica non una semplice assenza di violenza, ma la costante opera attiva per convertire la violenza nel suo opposto - seguendo le orme di illustri personalità come Gandhi e di compagni di viaggio come Pannella. Intrecciando pratica e teoria, la sua storia radicale e le sue azioni - dall'arresto a Manchester per la campagna antiproibizionista alla difesa della ricerca sul genoma e le staminali, alla battaglia contro l'informazione manipolata e la limitazione della libertà digitale -, spiega oggi in questo libro perché disobbedire (civilmente) è lo strumento indispensabile per chi vuole migliorare il sistema e difendere la libertà di tutti. E perché occorre farlo in prima persona: "assumendoci la responsabilità delle nostre azioni, sperimentando alternative, creando conoscenza".
Nel mondo di oggi, che mette in discussione ogni forma di autorità, la sfida educativa dei genitori diventa sempre più complicata. Se il conflitto tra generazioni non è certamente una novità, quello che sta accadendo è però qualcosa di diverso, di molto più serio: una vera e propria interruzione del tradizionale passaggio di valori dai padri ai figli. I genitori sono soli, insidiati da mille modelli alternativi che li contraddicono, parlano un'altra lingua, dettano altre priorità. Diventato padre in due momenti diversi e distanti della sua vita, Antonio Polito entra nel vivo di una battaglia culturale volta a smascherare i nemici dei genitori: le idee e le figure che tendono a sabotarne l'autorità o che semplicemente hanno smesso di aiutarli. Dai social alla scuola, dalla politica alla Chiesa, dai cattivi maestri fino alla famiglia stessa, che ha commesso gravi errori, importando stili di vita che ne minano il ruolo. Davanti all'urgenza di rifondare l'autorità dei genitori, la soluzione sta forse nel tornare al più classico dei compiti: trasmettere cultura, comportamenti, esperienze e valori, primo tra tutti l'amore e il rispetto per la vita. «A padri e madri bisognerebbe dire: non credete più a chi vi colpevolizza, riprendetevi 1 vostri figli, ribellatevi a chi sta alienando la vostra potestà, credete di nuovo possibile la vostra missione».
Il fenomeno dell’abuso sessuale nella Chiesa forse non sarà mai eliminato del tutto, ma in questi anni l’impegno in ambito ecclesiale e civile è cresciuto. Tuttavia non bisogna abbassare la guardia. Tutti possono fare qualcosa; riconoscere i segni di abuso o i rischi che a volte corrono i minori è possibile, ma bisogna essere preparati e sapere a chi rivolgersi. Questo volume è pensato per tutti coloro che si occupano di giovani: educatori, formatori, accompagnatori vocazionali, superiori di congregazioni, genitori, insegnanti… È scritto a più mani da persone esperte che da anni affrontano il problema con serietà, competenza, professionalità e che in queste pagine consegnano e condividono volentieri la propria esperienza con ogni lettore.
Un tempo il coraggio - nella sua accezione di ardimento fisico - era solo opera dell'umano, poi le macchine se ne sono impossessate: non più il guerriero armato delle sue proprie mani, ma di mitragliatrici, carri armati, lanciafiamme, cacciabombardieri. Un po' come accade ora con la tecnologia: fino a trent'anni fa occorreva pronunciarsi, scrivere, telefonare, dunque esporsi. Oggi si può comunicare, anzi si è indotti a farlo, senza un'interfaccia umana, dunque senza rischio, senza paura di compromettersi. E le umane virtù vengono delegate a ciò che umano non è. Così, anche il coraggio e la forza d'animo che vi è intrinsecamente connaturata stanno diventando sempre più un'astrazione virtuale, svuotata di senso, per uomini e donne che vagano senza bussola, giovani accecati dal presente e vecchi incartapecoriti nel ricordo. Per fronteggiare «la più grande urgenza sociale odierna», Paolo Crepet propone a genitori, educatori e, in particolare, a quei «nativi digitali» che si accingono a esplorare la propria esistenza in una società ipertecnologica un «ipotetico inventario» di alcune declinazioni del coraggio in vari ambiti dell'esperienza umana (il coraggio di educare, di dire no, di ricominciare, di avere paura, di scrivere, di immaginare, di creare...). Un inventario concepito come un'associazione di idee, un 'brain-storming', un esercizio utile per stimolare adulti e non ancora adulti a ritrovare la forza della sfacciataggine e la capacità di resistenza che la vita ogni giorno ci chiede. Ma in queste pagine Crepet parla soprattutto di un'altra e più ambiziosa forma di coraggio. Quella che dobbiamo inventarci per creare un nuovo mondo, se non vogliamo che siano altri a inventarlo per noi; quella che i giovani devono riscoprire per non ritrovarsi tristi e rassegnati a non credere più nei loro sogni; quella che tutti devono scovare in se stessi per iniziare un rinascimento ideale ed etico. Perché, alla fine, il coraggio è la magica opportunità che permette di capire il presente e di costruire il futuro.
«A un certo punto Marta mi prese la mano e mi confessò: "Nulla mi fa più felice che aiutare il prossimo, Christian. Credo che sia doveroso far qualcosa in più per sostenere chi ha bisogno. Mi sta girando nella testa un'idea: un viaggio itinerante in Italia per raccogliere fondi per la ricerca sulle malattie rare. Sarebbe anche un modo per farle conoscere alla gente". La sua mano mi trasmetteva un'incredibile energia, i suoi occhi erano colmi d'amore, l'amore per il prossimo.» Christian Cappello e Marta Lazzarin sono una giovane coppia all'apice della felicità: insieme hanno girato il mondo, insieme hanno creato un coinvolgente lavoro nella new economy e costruito la loro casa. E ora aspettano il loro primogenito di cui hanno già deciso il nome: Leonardo. Tutto procede per il meglio, ma all'improvviso Marta muore in modo fulminante. E con lei se ne va anche il bambino che porta in grembo. Dopo settimane di sorda disperazione, Christian si ritrova a camminare lungo un sentiero, come in trance, per diverse ore. Quando rientra in sè, sente di essere preda di un'insolita euforia fisica e di una nuova consapevolezza: il progetto che Marta gli aveva accennato a Natale - aiutare le persone colpite dalle malattie rare - sarà anche quello della sua rinascita. Christian fonda quindi la onlus Marta4kids e si mette in cammino. Impiegherà quasi un anno per visitare di persona i ventisette centri di ricerca sulla fibrosi cistica sparsi in tutto il territorio italiano. Camminerà a costo zero, raccogliendo soldi per la onlus e ospitalità per sé. Incontrerà migliaia di persone, malati di ogni tipo, familiari, medici, giornalisti, sindaci e semplici curiosi. A tutti racconterà che il senso della vita, anche quando è la vita stessa ad apparire ingrata e ingiusta, è l'amore per gli altri: l'ultima, semplice lezione di Marta. Questo libro è il diario di una avventura vera, partita da Bassano il 2 aprile 2016 e continuata per oltre quattromila chilometri di eccezionale solidarietà.
Nel verbosissimo e infinito fiume di parole scritto e detto per raccontare il meridione d'Italia, luci e ombre non sono (quasi) mai nella stessa scena. Da una parte si mettono in evidenza criminalità, sprechi, lentezze, degrado, dall'altra si inalberano una difesa esaltata e a oltranza e un folclore al limite della caricatura. Una contrapposizione che non serve a fare chiarezza. Quello che occorre, invece, è guardare i chiari e gli scuri insieme nella stessa foto. Questo fanno le quattro autorevoli voci che compongono questo libro. Quattro intellettuali "terroni" raccontano il Sud senza sconti, senza piagnistei, senza sensi di inferiorità né di superiorità, tra la "fuganza" di chi proprio non ce la fa a restare e la "restanza" di chi invece ha deciso di tenere duro e rivitalizzare la propria terra. E le ragioni per entrambe le scelte non mancano. Il risultato è una riflessione illuminante, una messa in guardia sul valore del nostro Sud. State attenti, dicono gli autori, significa sia preoccupatevi per il Sud, sia badate a voi perché potrebbe stupirvi ed esplodervi in mano. In ogni caso, stare attenti al Sud vuol dire stare attenti all'Italia intera.
Quante volte leggiamo sui giornali che i disagi e i crimini tra le mura di casa derivano dalla crisi della famiglia, una crisi tutta moderna? Come se la famiglia fosse sempre stata un luogo di riparo, di protezione da una società ostile. Ma è davvero così? Dopo lo studio sul mondo greco di «Non sei più mio padre», Eva Cantarella ritorna sul tema centrale della famiglia e indaga le regole e la quotidianità della vita familiare nel mondo romano, per verificare attraverso le fonti l'ipotesi secondo la quale la famiglia infelice nascerebbe solo con la modernità. Con gli strumenti di studiosa del diritto e della storia antica ricostruisce costumi e abitudini delle famiglie romane, risalendo fino alle origini della civiltà che ha creato i fondamenti della nostra cultura giuridica. Dimostra così che, a partire dai Sette re di Roma, a metà dell'VIII secolo a.C., fino al VI secolo d.C. e alla stesura del Corpus iuris civilis di Giustiniano, il potere di vita e di morte dei padri sui figli è assoluto e l'uccisione del padre appartiene con impressionante frequenza alla realtà sociale di ogni famiglia romana. Cantarella si interroga sulla natura ansiogena e conflittuale dei rapporti tra padri e figli nell'antica Roma e, con una ricerca che guarda al passato per parlare del presente, mostra che le famiglie infelici non appartengono solo al nostro tempo. Da Cicerone a Ovidio, da Seneca a Giustiniano, racconta le norme che regolavano l'abbandono dei figli, la facoltà di venderli come schiavi o addirittura di ucciderli, evocando episodi di sconcertante violenza. Quella che svela è una storia tanto sconosciuta quanto decisiva per le nostre radici culturali, che ci spinge a riflettere sul carattere atavico e profondamente umano dello scontro tra le generazioni.
A più di dieci anni dall'uscita di «Contro il fanatismo», Amos Oz sente la necessità di ritornare sul tema con tre nuove riflessioni che riprendono il discorso rielaborandolo, ampliandolo e aggiornandolo. Il filo conduttore è ancora una volta una disamina del fanatismo unita a una pacata apologia della moderazione. A prescindere dal tipo di fede e dal contesto in cui il fanatismo - religioso, politico o culturale - si esprime, esso è per Amos Oz il vero nemico del presente. Accanto a questo tema Oz torna anche sulla situazione attuale del Medio Oriente e del conflitto israelo-palestinese.
La raccolta degli «Studi su Dante» contiene i saggi che Erich Auerbach ha scritto dal 1929 fino alla vigilia della morte. In questi scritti definisce l'importanza del concetto di "figura" nella cultura tardo-antica e ricostruisce il complesso rapporto tra struttura e poesia nella «Divina Commedia». L'autore giunge al risultato allargando l'indagine a tutta la civiltà cristiana e mostra come l'intelligenza di Paolo, Tertulliano, Agostino o Bernardo di Chiaravalle sia propedeutica e necessaria per una lettura "globale" del capolavoro dantesco.
Damasco suona magica e favolosa, e continua a suonare così mentre si riempie di violenza e di fantasmi. Nessuno meglio di Suad Amiry poteva raccontare il fulgore del passato per aprire una porta sul presente. Il racconto comincia nel 1926, nel palazzo di Jiddo e Teta - marmi colorati, soffitti a cassettoni, fontane che bisbigliano nell'ombra -, comincia quando, dopo trent'anni di matrimonio, Teta torna per la prima volta ad 'Arrabeh, il villaggio da cui era partita poco più che bambina per andare in sposa al ricco e nobile mercante damasceno Jiddo. Il viaggio di Teta - intrapreso nella speranza di poter dare l'ultimo saluto alla madre - imprime una svolta inattesa al suo matrimonio: il sensuale Jiddo la tradisce. Il perfetto equilibrio della casa sembra spezzarsi, ma poi la vita della famiglia riprende: la dolcezza delle consuetudini smussa le asperità, i rituali attenuano e riassorbono i contrasti, gli equilibri si riassestano. Suad Amiry conduce il lettore nei cortili e nelle stanze della famiglia Baroudi, con i fastosi pranzi del venerdì, le rivalità tra i figli maschi pigri e viziati, il vincolo indissolubile tra le figlie femmine. Passano gli anni, ed è ancora una volta l'arrivo di un bambino a sparigliare le carte, a far luce nelle pieghe più nascoste dell'intimità domestica: vengono così a galla segreti inimmaginabili, come quello che lega la tenera Karimeh alla sorella maggiore Laila, che con piglio inflessibile ha assunto il ruolo di capofamiglia...
Nel 1933 viene lanciato nei cinema USA I tre porcellini di Walt Disney. Questo piccolo avvenimento segna l'inizio della parabola della cultura mainstream promossa dai film delle majors hollywoodiane, raccolta e amplificata dalla radio e dalla tv. Questo tipo di cultura, basata su un'idea consolatoria dell'intrattenimento, fondata su una visione manichea del bene contro il male e sul must del lieto fine, prende forma allora e mette radici nell'immaginario collettivo dell'Occidente. Basti pensare a film come Via col vento, Il mago di Oz e Gli uomini preferiscono le bionde, o a fumetti come Tarzan, Dick Tracy o i supereroi. Dopo la seconda guerra mondiale si assiste invece alla nascita e al successo di una controcultura di massa, animata - sin dai primi anni Sessanta - soprattutto dalla formazione e dal successo della musica rock. Bob Dylan, Beatles, Pink Floyd intrecciano i loro rapporti con il coevo 'nuovo cinema' di Hollywood, da Easy Rider a II laureato, fino alla nuova produzione teatrale di Broadway e alle nuove forme della programmazione televisiva. Una cultura alternativa, con al centro gli afroamericani, i ragazzi e le ragazze delle subculture giovanili, i militanti per i diritti civili. Questa costellazione potente si dissolve a partire dalla metà degli anni Settanta permettendo alla cultura di massa mainstream di rinnovare la sua egemonia, ancora oggi evidente.