Storia e critica dell'opinione pubblica ("Mutamento di struttura della sfera pubblica", nel titolo originario), uscita nel 1962, è stata la prima importante opera di Jürgen Habermas, divenuta ormai un classico, che permette di comprendere la genesi e le trasformazioni della sfera pubblica politica dall'epoca borghese sino alla crisi del suo carattere emancipatorio nel corso del Novecento. Seppur il concetto di sfera pubblica - inteso in senso normativo, critico e applicativo - sia rimasto il filo rosso che accompagna l'intera sua opera, Habermas ritorna oggi a interrogarsi sul radicale mutamento strutturale prodotto da Internet e dai social network, così come sulle tendenze della comunicazione pubblica nel contesto del nuovo ecosistema mediale, ibrido, decentrato e reticolare.
Possiamo ancora avere speranza nel passato? O nemmeno il passato è più quello di una volta? Nella società del presentismo, in un mondo in perenne accelerazione, il passato è ormai condannato a un destino di rimozione collettiva? E in che senso possiamo ancora parlare di quella tradizione europea e occidentale contro cui sempre più spesso ci si scatena? Non è certo questa la prima volta che una società si focalizza sul presente, ma oggi più che mai ci si identifica con «un immediato» che non sembra avere - né volere - un passato e un futuro. Il passato non parla più una lingua conosciuta, ma certo pone un problema che riguarda tutti noi. Senza cedere alle tentazioni della nostalgia, questo libro lo riscopre come un processo dinamico in continua negoziazione col presente. Del resto, ritornare al passato è un modo eccellente per prepararsi al futuro e cominciare a costruirlo.
ChatGPT e gli altri sistemi di intelligenza artificiale generativa, capaci di produrre testi e immagini in risposta a una richiesta dell'utente, rappresentano in prospettiva una vera e propria rivoluzione. Probabilmente la terza grande rivoluzione causata dal digitale, dopo la diffusione del personal computer e dell'idea di informatica personale e dopo l'esplosione di Internet e dell'accesso mobile e universale alla rete. Per comprendere il significato e la portata di questa rivoluzione bisogna collocarla nel contesto di quello che è stato, da millenni, un sogno dell'umanità: organizzare il sapere in modo da poterlo trasmettere, recuperare, utilizzare, accrescere nelle forme di volta in volta più funzionali rispetto ai nostri molteplici e diversi obiettivi. E bisogna capire le idee e i principi che sono alla base degli strumenti non solo tecnologici ma anche sociali e culturali che stiamo creando all'interno del nuovo ecosistema digitale.
In queste pagine Francesco Terracina ricostruisce della Sicilia un'immagine inconsueta, un po' tragedia e un po' commedia, attraverso i ritratti di uomini e donne sedotti e respinti dalla singolarità di una terra che ha le dimensioni di una regione e il sentimento di una nazione. 'Mal di Sicilia' definisce la condizione di chi maneggia gli arcani dell'isola, ne scopre limiti e pericoli, eppure non riesce a staccarsene. Scrittori come Elio Vittorini, Goliarda Sapienza o Stefano D'Arrigo pagano ciascuno a modo proprio il loro legame con questa zattera del Mediterraneo. E qualche volta il prezzo del vincolo sentimentale è così alto da costare la vita a chi tocca i fili scoperti della scalcinata e suggestiva terra siciliana: è successo tra gli altri a Gaetano Costa e a Pio La Torre, così come a un ignaro inglese che all'inizio del Novecento rimane folgorato dalla bellezza dei templi di Agrigento e paga quest'amore con la sua rovina. Ma la Sicilia è anche il luogo in cui perdersi nella solitudine di un promontorio che dà sul mare delle Eolie, come è accaduto a un marinaio tedesco che ha abbandonato la tolda delle navi per una grotta incavata in una roccia in bilico sulle acque di Filicudi. E c'è chi punta i piedi, come l'elegante fantasista del Milan, Benigno De Grandi, mandato a Palermo per punizione, che ripete a se stesso di non volerci restare. E più lo ripete e più si radica nell'isola. Intellettuali, viaggiatori, sportivi, magistrati, artisti: una galleria di personaggi molto diversi tra loro che si misurano con trappole e piaceri dell'isola, finendo per contagiare anche il lettore di uno struggente mal di Sicilia.
Le crisi globali mettono in discussione il futuro dell'umanità. Pandemie, catastrofi climatiche, guerra, crisi energetica, ci rivelano che viviamo in un mondo interdipendente. Se avremo un futuro, sarà un futuro planetario. Preparare questo futuro chiede un radicale cambiamento di prospettiva, che prenda congedo dal paradigma della semplificazione, e muova verso un pensiero delle connessioni e delle relazioni, verso un pensiero della complessità: l'unico adeguato ad abitare un mondo in cui tutto è connesso. Senza tale cambiamento di paradigma, continueremo a entrare nel nuovo secolo indietreggiando e tarderemo a divenire ciò che siamo: una comunità di destino planetaria.
«... Questo vezzo di perle... Io voglio che il duca me lo comperi...perché io ne ho grandissima voglia» Eleonora di Toledo «alcuno di quegli huomini stringendosi il naso con un morso di corno, & ungendosi gli orecchi con un oglio, ...con un sacchetto al fianco, si calano giù per quella corda; e quanto più presto possono, empiono il sacchetto, o canestrello pieno di quelle ostreghe» Viaggio dell'Indie orientali, di Gasparo Balbi, gioielliero venetiano, 1590 Rare e preziose, le perle hanno ispirato artisti e scrittori, conquistato in ogni epoca il favore di uomini e donne che le hanno incluse fra gli ornamenti prediletti. Culturalmente assai dense, sono emblema del lusso, della raffinatezza e della purezza, sinonimo delle vette di perfezione che può raggiungere madre natura. La Venere botticelliana fuoriesce da una conchiglia marina, quasi fosse una perla, evocando eterne nascite, un ciclo perennemente rinnovato di amore e procreazione. Allo stesso tempo simboleggiano anche dolore e perdita: quante perle nei funerali più chic... Il libro ci propone un viaggio avventuroso, dal Nuovo Mondo all'Asia, dal Venezuela al golfo Persico e a quello di Mannar, dalle piazze dello smercio più frenetico, come Venezia, Anversa e Siviglia, alla Cina e al Giappone: come venivano pescate le perle? Chi le commerciava? chi le indossava? Come giungevano nelle botteghe di orafi dalle mani sapienti e da lì, sotto forma di splendidi gioielli, nelle corti sfarzose a decorare i corpi e le vesti di re, regine, cortigiane e cortigiani? E quali erano i loro altri usi? Se il linguaggio che parlavano era soprattutto quello del potere, del prestigio e della bellezza, mille sono le sfumature che accompagnano la fortuna delle piccole sfere bianche e luminescenti lungo i secoli e fino ai giorni nostri.
«Nel 1989 Andrej Sacharov, prendendo la parola alla riunione di fondazione dell'Associazione Memorial, disse che il nostro compito era raggiungere ogni destino umano, e cioè restituire un nome alle migliaia di vittime, la cui memoria era stata cancellata dallo spazio pubblico». Queste parole, che Irina Scerbakova ama ripetere, costituiscono il messaggio fondamentale trasmesso da Memorial, fatto chiudere in Russia dalle autorità statali alla fine del 2021, ma ancora operante sia in patria che all'estero attraverso una vasta rete di volontari. A fronte del tentativo del sistema di isolare gli individui, la famiglia - di cui il regime sovietico tentò variamente di scardinare la struttura tradizionale - costituì un'isola di umanità: nella narrazione dell'autrice, nelle drammatiche vicende da lei riportate, emergono in primo piano legami autentici di affetto e stima, valori fondamentali come la cultura, il senso della responsabilità civile, il gusto del lavoro, la fede, che anche dai luoghi di reclusione i genitori tentarono disperatamente di trasmettere ai propri figli, vedendo in questo uno scopo più prezioso della vita stessa.
Viaggiare camminando vuol dire entrare in contatto con la Terra, che calpestiamo passo dopo passo, e con la sua Natura a cui abbandonare i nostri sensi per farsi accogliere da Lei in un abbraccio ristoratore e rigenerante. E dunque abbracciare un albero, dormire sotto le stelle, ascoltare il silenzio, annusare e assaggiare le erbe incontrate, bagnarsi nei torrenti o nelle calette isolate dei mari mediterranei, ammirare il volo di un rapace, sono tutte emozioni che ci riempiono di energia. È un viaggiare a bassa velocità, e quindi è la forma di viaggio che consente maggiormente un approfondimento verticale dei luoghi attraversati. Il camminare si è evoluto in questi anni da attività sportiva e performante (arrivare sulla cima) a attività di vagabondaggio, spirituale, di crescita interiore. Il camminare sempre di più è un gesto rivoluzionario, controcorrente, ma anche un bisogno profondo che torna a galla. Di tutto questo vogliamo parlarvi, introducendovi a questa nobile arte. La nuova edizione, riveduta e aggiornata, del primo manuale accessibile e divulgativo sul camminare scritto da uno dei maggiori esperti sull'argomento. Prefazione di Wu Ming 2.
Quello dell'amicizia è un tema fondamentale: riguarda ciascuno di noi. L'amicizia è infatti un vitale rapporto con il prossimo, capace di innescare un dialogo che ci trasforma reciprocamente. È una miracolosa fonte di gioia ma anche un equilibrio fragile, da tutelare. La relazione non esclude la solitudine, che anzi si trova al cuore dell'amicizia. I rapporti amicali non sono poi tutti uguali: mutano nel tempo, a seconda delle diverse età della vita, del genere, dei caratteri, delle condizioni esterne, familiari, sociali e storiche. L'amicizia, non ultimo, ha risonanze in psichiatria, tanto più in una situazione post-pandemica, ed è alla base della cura. Grandi pensatori, poeti e scrittori accompagnano Eugenio Borgna in questa riflessione a tutto campo sul sentimento di amicizia: Friedrich Nietzsche, Emily Dickinson, Rainer Maria Rilke, Thomas Mann e Antonia Pozzi, fra gli altri, prestano le loro parole per coglierne meglio il senso e il valore.
L'aborto è un argomento divisivo, polarizzato tra chi difende la libertà della donna e chi il diritto del bambino a nascere. Ma cosa si sa delle ragioni che inducono oggi una donna a pensare di abortire? Della solitudine e del dolore che prova di fronte a questa drammatica scelta, di quali condizionamenti subisce. L'autrice, che da anni collabora con il Numero Verde “maternità difficile” della Comunità Papa Giovanni XXIII, ci fa entrare in questo mondo sommerso, dando voce alle storie di queste donne, e di altre donne che si mettono al loro fianco, offrendo il proprio aiuto. Storie dall'esito diverso, ma ugualmente importanti per fare luce su quelle zone d'ombra che circondano il tema dell'aborto, disseminate di indifferenza e solitudine.
Il nostro futuro si giocherà in Africa. Il mondo la osserva con un'attenzione nuova. È il baricentro demografico del pianeta: lì si concentrerà la crescita della popolazione in questo secolo, mentre la denatalità avanza altrove. Un'altra sfida riguarda le materie prime, in particolare materiali strategici nella transizione verso un'economia sostenibile: molti dei minerali e metalli rari indispensabili per i pannelli solari o le auto elettriche vengono estratti in Africa. Del continente gli italiani conoscono solo una narrazione pauperistica e catastrofista. L'Africa è descritta come l'origine della «bomba migratoria» che si abbatterà su di noi. Viene compianta come la vittima di tutti gli appetiti imperialisti e neocoloniali: quelli occidentali o la nuova invasione da parte della Cina. Fa notizia solo come luogo di sciagure e sofferenze: conflitti, siccità e carestie, sfruttamento e saccheggio di risorse, profughi che muoiono attraversando il Mediterraneo. Dagli anni Settanta, quando si spensero le prime speranze di rinascita nell'epoca dell'indipendenza post-coloniale, l'Occidente ha mescolato la sindrome della pietà, i complessi di colpa e una «cultura degli aiuti umanitari» destinata a creare dipendenza e corruzione. Contro gli stereotipi s'impone una nuova narrazione. Ce la chiedono autorevoli personalità africane, che si riprendono il diritto di raccontare l'Africa così com'è davvero, senza piangersi addosso, ribellandosi ai luoghi comuni occidentali. L'Africa non è una nazione, è un continente immenso con diversità enormi, dal Cairo a Johannesburg, da Addis Abeba a Lagos. Non è solo sofferenza e fuga, come dimostra la sua straordinaria vitalità culturale. A New York, Londra e Parigi siamo invasi da romanzi, musica, film, pittura e mode creati da nuove generazioni di artisti africani. La diaspora brilla per le eccellenze: negli Stati Uniti i recenti immigrati dall'Africa hanno dato vita a una delle comunità etniche di maggior successo. Esiste un protagonismo africano. Sbagliamo quando descriviamo il continente soltanto come «oggetto» di manovre altrui (America, Cina, Russia, Europa). Senza ricadere nelle illusioni dell'Afro-ottimismo che già si sono accese e spente nei decenni passati, questo saggio è una provocazione contro la pigrizia intellettuale e un antidoto contro le lobby che usano l'Africa per i propri scopi. Il nostro sguardo deve cambiare perché lo sguardo degli africani su se stessi sta cambiando. Fallito il modello degli aiuti, fallite le dittature e gli statalismi, mentre c'è chi tenta di importarvi il «modello asiatico», noi europei dobbiamo uscire dalla nostra passività. Quasi un ventennio fa, Federico Rampini fece scoprire agli italiani un'Asia nuova, in vorticoso cambiamento, con Il secolo cinese e L'impero di Cindia. Oggi affronta con lo stesso approccio spregiudicato il Grande Sud globale, guidandoci nella sua riscoperta senza paraocchi, da testimone in presa diretta, attraverso reportage di viaggio e dando la voce a personaggi che fanno la storia.
L'esperienza della pandemia ci ha rivelato un mondo sconosciuto, diverso da quello che credevamo possibile. In questo nuovo mondo ci siamo sentiti parte di una società planetaria, sempre più unita e interconnessa, ma al tempo stesso frastagliata, minacciata dal disastro ecologico, percorsa da diseguaglianze che continuano a inasprirsi. È da questo senso di smarrimento percettivo che muove Judith Butler, per riflettere sulla nostra condizione di interdipendenza e ripensare i concetti che guidano il nostro agire etico e politico. Se non possiamo più dubitare che la nostra esistenza sia legata all'ambiente che ci circonda, a venir meno è allora l'idea liberale dell'individuo chiuso in se stesso, fondata sull'interesse personale e sulla proprietà privata. È la vita umana a essere messa a nudo, una vita colta nel suo intreccio inestricabile con tutte le altre forme viventi e con il pianeta, nell'urgenza, ormai ineludibile, di lottare contro la distruzione ambientale e di ricreare insieme un mondo abitabile.