In poche parole: I possibili esiti del dialogo tra popolo d’Israele e Chiesa cattolica secondo la visione di uno dei principali esponenti dell’ebraismo messianico contemporaneo.
La dichiarazione Nostra Aetatesui rapporti tra la Chiesa cattolica e le religioni non-cristiane ha cambiato radicalmente la visione cattolica dell’ebraismo: ricordando “il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo” e il “grande patrimonio spirituale comune ai cristiani e agli ebrei”, la Chiesa cattolica ha affermato che il mistero di Israele è inseparabile dal mistero della Chiesa. Come misteri intrecciati, ognuna delle due parti richiede la presenza dell’altra per comprendere se stessa, pur nella diversità delle rispettive istituzioni. In questo libro il teologo ebreo messianico Mark S. Kinzer sostiene che il cammino intrapreso con Nostra Aetatedebba ancora essere adeguatamente esplorato in tutte le sue implicazioni: l’insegnamento cattolico riguardante Israele dovrebbe produrre nuove prospettive sull'intera gamma della teologia cristiana, inclusa la cristologia, l'ecclesiologia e i sacramenti.
“Cosa hanno mai fatto gli ebrei? Perché tanta gente ha creduto a quello che dicevano Hitler e i nazisti? Puoi aiutarmi a capire per quale motivo in tanti li odiassero a tal punto da permettere che fossero perseguitati?” Questa la domanda che Sofia pone a suo nonno, Roberto Finzi, grande studioso e autore di libri e articoli, in Italia e all’estero. Un dialogo fittissimo, un viaggio appassionante, mano nella mano, attraverso la Storia. Alla ricerca dell’origine e del significato dell’antisemitismo, un odio irrazionale e antico, mai del tutto sopito.
È possibile distruggere nuovamente le tavole della legge che Mosè ha riscritto sul monte Sinai? O mandare in frantumi l’alleanza tra il Creatore e il creato sancita con Noè dopo il diluvio? Le seconde tavole della legge divina sono state infrante dall’arroganza umana che nel cuore del XX secolo ha pianificato, organizzato ed eseguito sin nei dettagli lo sterminio del popolo ebraico, cifra di ogni odio verso l’altro in quanto diverso da noi, ma anche icona del rifiuto di quella visione morale del mondo che identifichiamo ancora con la rivelazione sinaitica.
Nel secondo centenario della pubblicazione dello scritto di un giovanissimo Leopold Zunz, che inaugurò la scienza dell'ebraismo, l'opera di Giuseppe Veltri e Libera Pisano fornisce un'introduzione generale a questa grande figura, insieme alla traduzione di alcuni dei suoi saggi più significativi. Con le sue ricerche sulla tradizione e le fonti Zunz mise in luce i rapporti e le contaminazioni storiche che hanno fatto dell'ebraismo un campo dinamico ed eterogeneo e al tempo stesso un elemento costitutivo della storia europea. Il riconoscimento di questo intreccio viene ad assumere un ruolo politico decisivo per l'emancipazione degli ebrei: solo da una comprensione adeguata dell'ebraismo poteva scaturire - a detta di Zunz - una riforma consapevole della società, che avrebbe messo gli ebrei al riparo da ogni discriminazione presente e futura.
L'ebraico è una lingua piena di sorprese: nella Bibbia è la lingua con cui il Dio della Genesi ha creato la luce, e con cui Adamo ha dato nomi a piante e animali del nostro pianeta. È la lingua ufficiale di uno stato e la lingua santa di una religione. È la più antica lingua al mondo a essere utilizzata in maniera pressoché identica da millenni, e attraverso liturgie e traduzioni è penetrata in molte parlate europee, italiano compreso. È la protagonista di una storia affascinante e avventurosa: per molti secoli infatti, si è comportata come una vera e propria lingua morta, ben padroneggiata da rabbini e intellettuali ma soppiantata soprattutto dallo yiddish e dal tedesco nei contesti profani. Ma tante circostanze storiche l'hanno poi riportata in vita e alla ribalta della storia. Anna Linda Callow ci inizia alla lettura di un alfabeto affascinante e misterioso, ci fa compiere intriganti scorribande tra splendide pagine di letteratura, e ci fa viaggiare nel tempo e nello spazio immergendoci in una cultura affascinante in cui tutti noi affondiamo le radici.
Il saggio ripercorre, alla luce degli studi più recenti, la vita e le opere dello storico Flavio Giuseppe, mettendo a fuoco un tema che ha a lungo appassionato gli studiosi: fu un traditore della sua patria o un eroe? Diversi fattori hanno influenzato la risposta a questa domanda, non ultimo l'uso che in chiave anti-giudaica fecero della sua opera i primi cristiani. Una lettura equilibrata dei suoi scritti consente di giungere a una soluzione per certi versi paradossale: la sua condotta, non sempre trasparente nelle prime fasi della guerra giudaico-romana, rende fondata l'accusa di tradimento verso i suoi connazionali, tuttavia il suo odio contro i ribelli, una volta passato nel campo romano, rivela un amore profondo e incompreso per il suo popolo.
Buber condivise l'esperienza di Landauer, esponente del socialismo libertario e pacifista, trucidato nel 1919 a Monaco dopo l'esito della Repubblica dei Consigli. Gli scritti raccolti in questo piccolo volume, alcuni inediti in italiano, toccano due temi principali, il socialismo e la comunità, che in epoca moderna si sono spesso intrecciati. Buber indaga il moto rivoluzionario alla sua genesi, nello spirito della comunità, ove la cognizione individuale della realtà si rappresenta nella necessità comune del suo superamento. Comunità di uomini e non collettività. Nelle comunità gli uomini cercano il principio di vita, relazione, verità cioè il sacro, e lo chiamano Dio. «Gli uomini desiderano possedere Dio, ma egli non si concede loro, poiché non vuole essere posseduto, ma realizzato. Solo quando gli uomini vorranno che Dio sia, essi creeranno la comunità».
Alla luce del Targum e della tradizione rabbinica, l’autore individua più di cento profezie messianiche, immerse nelle Sacre Scritture.
Si tratta di passi biblici che presentano un inequivocabile senso messianico, che, nel Testo Masoretico, è spesso sottinteso se non (quasi) nascosto. Dall’analisi svolta, emerge che molte profezie inerenti alla venuta del Messia, alla sua incarnazione, morte e risurrezione non sono interpretazioni esegetiche retrospettive, generate da una lettura cristiana dell’Antico Testamento, ma sono proprio il frutto dell’esegesi rabbinica. Ciò mostra chiaramente l’esistenza di una continuità tra la tradizione rabbinica e quella cristiana, per cui il cristianesimo non può prescindere dalle sue radici ebraiche.
Conosciuto come il Rabbi di Asti, Paolo De Benedetti è stato poeta, editore, biblista, docente, traduttore e teologo tra i protagonisti del dialogo ebraico-cristiano. Un suo allievo ed amico ne delinea qui la complessità del profilo intellettuale e umano. Una sapienza tutta da esplorare che fa, per così dire, di Paolo De Benedetti un classico contemporaneo.
Il volume raccoglie gli Atti del convegno tenutosi a Gerusalemme, presso il Notre Dame of Jerusalem Center, nei giorni 6 e 7 dicembre 2010, a cura della Facoltà di Filosofia dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma. Il convegno riguardava i rapporti tra fede e ragione nella Scolastica medievale ebraica, cristiana ed islamica. Sia quel convegno sia la presente raccolta degli Atti relativi si incastona all’interno della Cattedra Marco Arosio di Alti Studi Medievali, la cui collaborazione al convegno poteva essere considerata il suo evento di partenza e di lancio. Ringraziamo vivamente tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione del convegno e del volume, particolarmente i Signori Franco ed Olimpia Arosio, genitori del compianto Marco, giovane e valente medievista, richiamato dal Padre a Sé nel 2009. In onore del Prof. Marco Arosio questo volume ospita anche una sua relazione, da lui tenuta in un convegno medievista riunitosi in Assisi nel novembre del 1997.
Il libro, curato da Carmelo Pandolfi e Rafael Pascual, presenta i contributi dei professori Carmelo Pandolfi, Guido Traversa, Renata Salvarani, Joan-Andreu Rocha Scarpetta, Graziano Perillo, Giovanni Boer, Rafael Pascual, Costantino Sigismondi e Marco Arosio (postumo).
Il volume tratta di una figura tra le più importanti del mondo ebraico italiano ed europeo, Tranquillo Vita Corcos, rabbino e medico attivo a Roma tra fine Seicento e primi decenni del Settecento. Stranamente trascurato dalla storiografia sull’ebraismo, Corcos si muoveva abilmente tra le relazioni intrecciate con membri illustri della politica e della cultura romana e italiana – papi compresi –, e quelle con le comunità ebraiche europee, che si rivolgevano a lui come a una indiscutibile autorità. Il personaggio, la vita e le opere di Corcos rinviano a una serie di tematiche storiografiche che illumina il contesto storico-culturale, non solo ebraico, dell’Italia e dell’Europa tra XVII e XVIII secolo e chiarisce quale fu la natura, essenzialmente negoziale, dei rapporti tra ebrei e cristiani ma anche la loro trasformazione nel tempo. Quella esercitata indefessamente da Corcos, politico avveduto, intellettuale complesso, attratto dalla Kabbalah e dal sabbatianesimo, fu davvero un’“arte della mediazione” pur all’interno di una strenua difesa dell’identità ebraica. Siamo di fronte a un personaggio razionale e aperto e a uno sforzo di dialogo e di conciliazione che non impediva però il ricorso a più dure proteste e denunce rivolte agli stessi pontefici per difendere gli ebrei da preconcetti e accuse, come quella, temibilissima, di omicidio rituale.