Il giornalista Igor Righetti, cugino di Alberto Sordi, ha scritto questo libro inedito sulla vita privata del suo illustre parente in occasione del centenario della sua nascita che farà scoprire, per la prima volta, chi fosse Sordi fuori dal set e dalle apparizioni televisive ufficiali. Svela, inoltre, le tante menzogne raccontate su di lui. Il volume, unico sia per gli aneddoti e le curiosità sia per le foto esclusive provenienti dagli album di famiglia e da Reporters Associati & Archivi, presenta anche le testimonianze di alcuni cugini dell'attore: da parte della madre Maria Righetti e del padre Pietro Sordi. Ci sono, inoltre, i ricordi inediti di alcuni suoi amici, amori e personaggi del cinema e della tv con i quali lavorò. Tra questi, Rino Barillari, Pippo Baudo, Patrizia de Blanck (con la quale Sordi ebbe una love story), Elena de Curtis (nipote di Totò), Sandra Milo, Sabrina Sammarini (figlia di Anna Longhi) e Rosanna Vaudetti. Il libro viene arricchito con il CD della prima canzone dedicata a Sordi Alberto nostro, della quale Igor Righetti è autore e compositore con Samuele Socci. Un piacevole volume utile anche alle nuove generazioni perché la memoria storica di un grande attore come Alberto Sordi non vada perduta e, al contrario, rigeneri. Prefazione di Gianni Canova.
"Sono come incapsulata nel silenzio di un urlo che dura ormai da tutta una vita. E senza che nessuno mi abbia detto niente, capisco da sola che hanno ucciso mio padre. Mentre io guardavo un film sdraiata sul divano del soggiorno, mio padre moriva..." Rita ha 34 anni quando suo padre, il generale dalla Chiesa, viene assassinato dalla mafia. "Mi salvo da sola" inizia proprio dal racconto di quel dramma, e del grande amore che la legava a lui. Amore e dolore, felicità e perdita, successi e delusioni sono stati la costante altalena della sua vita. Con un unico punto fermo a cui potersi ancorare: se stessa. Rita rivive tutto, sia i momenti difficili sia quelli felici accanto a Fabrizio Frizzi, l'altro uomo importante della sua vita, e lo racconta in questo libro "liberatorio" e pieno di sentimento. Un racconto che unisce sensibilità e passione, tenerezza e rabbia, commozione e autoironia: "C'è amore e forza, per me, in ogni parola. Questa sono io".
La vita è una milonga, bisogna saperla ballare. In questi due versi di un tango argentino si potrebbe riassumere l’umana vicenda di Gianni Minà. Perché forse non c’è stata, nella storia del giornalismo italiano, vita più smisurata e temeraria della sua, e nessuno che l’abbia saputa ballare con maggiore esuberanza, empatia e curiosità. Per la prima volta Minà ce la racconta in prima persona, con tutti i suoi stupori, le sue risate, le sue amarezze. Come un capitano in esilio che ha magicamente conservato il sorriso leale e disarmante di un funambolo.
Sfila in queste pagine l’abbecedario di una generazione e di un secolo: Muhammad Ali, Jorge Amado, i Beatles, Fidel Castro, Adriano Celentano, Robert De Niro, Gabriel García Márquez, Dizzy Gillespie, Sergio Leone, Diego Armando Maradona, Rigoberta Menchú, Pietro Mennea, Mina, Gianni Morandi, David Alfaro Siqueiros, Tommie Smith, Massimo Troisi, Emil Zátopek. Di nome in nome prendono forma di romanzo le avventure di un ragazzo partito da un quartiere di Torino, in calzoncini corti, da una famiglia di origine siciliana, da un maestro in sedia a rotelle.
Storia di un boxeur latino non è un’autobiografia. È una dichiarazione d’amore alla vita, alla musica, allo sport e agli ideali d’altri tempi. È la storia di quando ci si batteva contro le ingiustizie perché l’ingiustizia contro cui battersi, in ogni tempo e luogo, è sempre la stessa. La storia di quando si poteva giocarsela finché si aveva fiato. E i desideri, quelli veri, erano il tema della vita.
Nato a Brooklyn nel 1935, Woody Allen ha iniziato la sua carriera nello spettacolo a sedici anni, scrivendo battute per un giornale di Broadway, e ha continuato a scrivere per la radio, la televisione, il teatro, il cinema e il New Yorker. Ha lasciato la stanza dello scrittore decenni fa per diventare comico nei locali notturni e, da allora, un regista conosciuto in tutto il mondo. Durante sessant'anni di cinema, ha scritto e diretto cinquanta film, recitando in molti di essi. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali, diverse statue sono state erette in suo onore (qualcosa di cui non riuscirà mai a capacitarsi) e i suoi film sono stati studiati nelle scuole e nelle università di tutto il mondo. In A proposito di niente, Allen racconta dei suoi primi matrimoni, con una fiamma della giovinezza e poi con l'amata e divertente Louise Lasser, che evidentemente adora ancora. Racconta anche della sua storia e dell'amicizia eterna con Diane Keaton. Descrive la sua relazione personale e professionale con Mia Farrow, che ha dato vita a film divenuti classici fino alla loro burrascosa rottura, per la quale l'industria dei tabloid ancora li ringrazia. Afferma di essere stato il più sorpreso di tutti quando a 56 anni è iniziata una relazione romantica con la ventunenne Soon-Yi Previn, diventata una storia d'amore appassionata e un matrimonio felice che dura da oltre ventidue anni. Ironico, pienamente sincero, pieno di guizzi creativi e non poca confusione, un'icona della cultura mondiale racconta, non richiesto, la propria storia.
Studiare la biografia di Muhammad è essenziale per comprendere l'Islam, la cui professione di fede si basa sul binomio indissolubile dell'unicità di Dio e della veridicità della missione del suo Inviato. Il punto di vista critico adottato nel volume, non usuale nella storiografia euro-americana, è quello di una analisi "dall'interno", che privilegi la comprensione che i musulmani hanno della loro storia sacra. Il libro si confronta innanzi tutto con le molteplici biografie del Profeta circolanti in Occidente, superando la vecchia orientalistica e aggiornando la nuova. Ambisce poi a delineare un profilo a tutto tondo del fondatore dell'Islam che tratteggi l'immagine di un uomo dalla personalità intrigante e sfaccettata: un mistico e un predicatore, certo, ma anche un uomo politico e un condottiero. L'autore accede direttamente alle fonti primarie in arabo, a partire dal Corano per arrivare alle sire (biografie) medievali e - novità non indifferente - contemporanee. Un capitolo finale è dedicato alla successione politica di Muhammad, un'epoca travagliata di lotte da cui emergeranno le due grandi ramificazioni dell'Islam, il sunnismo e lo sciismo.
Sono numerosi gli scrittori che hanno voluto delineare i tratti spirituali e l'attività di John Henry Newman. La vita di questo pensatore e teologo di genio, poeta, predicatore, educatore e modello di santità, attraversa tutto l'Ottocento (dal 1801 al 1890) e le sue opere hanno esercitato e continuano a esercitare un influsso potente. All'interno del cattolicesimo la poliedrica attività di Newman fu sprone costante a un rinnovamento interiore aperto a ogni valore autentico e alieno solo da ogni settarismo e da ogni angustia di spirito. Parlare di una tale personalità senza incorrere in quei difetti ed errori che di solito minacciano e impoveriscono la qualità di una biografia è sicuramente un'impresa ardua.
«Ho aspettato di saperci forti prima di scrivere nuovamente. Ho tentato di registrare i mutamenti, la schiuma del cambiamento, dalla perdita di ogni punto di riferimento fino a questo istante in cui il cielo diventa sgombro, quasi di colpo.
«È a questo punto che arriva la 'vita dopo'».
Antoine Leiris ha perso la moglie il 13 novembre 2015 al Bataclan. Non avrete il mio odio, il suo libro precedente, raccontava i giorni immediatamente successivi, il modo in cui lui li ha vissuti insieme a Melvil che allora aveva un anno e mezzo. Quattro anni dopo, Antoine e Melvil sono entrambi cambiati, sono cresciuti. Antoine non è più lo stesso uomo né lo stesso padre e Melvil non è più un bebè, è un bambino. È questo il viaggio che racconta Noi due. Il viaggio di un uomo e di suo figlio lungo il cammino della vita. Malgrado tutto. Un racconto luminoso e ricco di affetti, che dimostra come la scrittura sia fonte e testimonianza stessa dell’amore per la vita.
Marie Curie è una donna povera e bella, figlia di una nazione oppressa. Una vocazione potente la costringe a lasciare la sua patria, la Polonia, per andare a studiare a Parigi, dove vive per lunghi anni in solitudine e difficoltà. Poi, incontra un uomo: è un genio come lei, lo sposa e la loro felicità è unica. Insieme, attraverso uno sforzo accanito, riescono a isolare un elemento magico, il radio. La loro scoperta non solo dà origine a una nuova scienza e a una nuova filosofia, ma offre agli uomini il modo di guarire una malattia terribile. Ma all'apice della gloria la tragedia colpisce Marie: la morte le porta via il compagno della sua vita. Con la disperazione nel cuore e il fisico minato da diversi mali, porta avanti da sola l'opera intrapresa col marito, e imprime un decisivo sviluppo alla scienza creata in collaborazione con lui. Marie Sk?odowska Curie (1867-1934), prima donna di scienza a ricevere riconoscimento mondiale, è stata una dei più grandi scienziati del XX secolo. Scritta dalla figlia Ève, questa biografia, basata su esclusivi documenti di famiglia, racconta i leggendari risultati di Marie Curie nella fisica e nella chimica, premiati con due Nobel (nel 1904, con il marito, e nel 1911), ma anche la sua storia privata e personale, che solo chi visse al suo fianco poteva svelare.
«Sono Giulia Agrippina Augusta e ho raggiunto il quarantesimo anno di età. Ho imparato molto da mia madre, ma disgrazie innumerevoli mi hanno indotto ad agire con meno testardaggine, imitando la diplomazia in cui mio padre eccelleva. L’arte più importante è quella che insegna a vivere. Si ottiene una vita di potere solo imparando a usare gli uomini come mezzi. Il fuoco che nel cuore arde, fatto di pulsioni e debolezze, va nascosto nel ghiaccio. Una passione genuflessa al rigore delle regole di corte mi ha recato ormai un dominio indiscusso, nonostante le resistenze di chi a me tutto deve: mio figlio Nerone.» Una biografia scritta come l’autobiografia di una donna che fu nobildonna e imperatrice.
Per tutta la vita Jean Baudrillard si è misurato con la tradizione del pensiero razionale occidentale, cercando di prenderne le distanze. L'ossessione millenaria della filosofia per la realtà e il tentativo di eliminare dal mondo l'apparenza e l'illusione si sono rivelati un vero fallimento: oggi tutto si presenta ai nostri occhi come il regno del simulacro e della simulazione. Con lo sviluppo delle tecnologie digitali, la realtà sociale che conta è quella inquadrata da un qualche obiettivo. Sullo schermo del cellulare la nostra rappresentazione mediatica diventa sempre più importante, mentre la confusione tra il reale e l'immaginario aumenta. La razionalità non sopporta questo paradosso, perché non tollera l'incoerenza. Il pensiero, scrive Baudrillard, "se non aspira più al discorso della verità, deve prendere la forma di un mondo da cui la verità si è ritirata". Vanni Codeluppi getta luce sul pensiero radicale del grande maestro, guidandoci nella rete dei suoi continui rimandi interni come in un ologramma, dove ciascuna parte rinvia sempre al tutto e ogni singolo elemento contiene l'informazione totale. In un dizionario che attraversa i meandri più attuali dell'opera di Baudrillard, la sua eredità si libera di ogni semplificazione e ci offre una chiave di lettura della nostra incapacità di uscire dagli inganni della ragione moderna.
Altro che fine della politica, è proprio a questo punto del trionfo dell'individuo che si scopre che il mercato non basta. E' necessario che la politica ritrovi la forza di orientare lo sviluppo e di non subire l'egemonia di un vecchio pensiero liberista che ha fatto molte vittime anche a sinistra. Nel mondo delle interdipendenze non si può essere liberi da soli, senza gli altri o contro gli altri, ma solo in dialogo con gli altri.
Quando Verdi conseguì il primo importante successo col "Nabucco", il genere di melodramma che s'era imposto era di origine francese, pur se fondato in prevalenza da italiani: il Grand-Opéra. La creazione di tale modello si deve ai sommi Cherubini, Spontini, Rossini; esso viene raccolto da Auber, Meyerbeer, Halévy, Donizetti. Ma Verdi ha una personalità di ferro. Pur influenzato dai predecessori, adotta il modello quale cornice esterna e lo riempie di contenuti stilistici, drammatici e psicologici soltanto suoi. Poi addirittura lo rovescia. Al tipico, al «caratteristico» e al diversivo sostituisce la sintesi, il nesso e la velocità drammatici. Al carattere stereotipo dei personaggi contrappone la irreproducibilità e la ricerca del Vero drammatico: non imitato bensì trasceso per mezzo dell'arte: la sua formula è «inventare il Vero». In ciò la sua creazione è coerente per decennî. Il suo successo lo fece quasi subito desiderare dall'Opéra di Parigi. Il maestro si concesse di rado a partire dal 1847, ma in francese sono alcuni dei suoi capolavori. Questo libro parte dai rapporti di Verdi con l'Opera francese, la cultura, l'ambiente e la società francesi, per tentare di fare del compositore un ritratto generale, estetico e anche politico: e di molti capolavori in qualche modo connessi con la Francia, a partire dalla "Traviata", fa una distesa narrazione e interpretazione.