Scritta nell'XI secolo, L'Epistola del perdono di al-Ma'arri è un testo satirico di prima grandezza, una narrazione vivissima e teatrale. L'aldilà che vi è descritto è popolato di letterati pedanti, ipocriti adulatori, furbetti e furbastri che si aggirano tra angeli inverosimili e vergini a dimensione variabile secondo il desiderio dei beati. La satira di al-Ma'arri si rivolge sia agli uomini, in particolare agli eruditi ambiziosi e ai poeti maldestri, sia più in generale alle rappresentazioni popolari del Paradiso islamico. Poeta coltissimo, uno dei più grandi intellettuali della sua epoca, al-Ma'arri lascia trasparire, sotto l'ironia, una domanda di senso accompagnata da un messaggio teologico dirompente: il perdono divino è più grande di quanto si creda. Per essere ammessi in Paradiso può bastare una buona azione nella vita; per un poeta, un vero buon verso in mezzo a tanti fasulli. Questa prima traduzione italiana fa scoprire un libero pensatore dei suoi tempi, una delle più grandi figure della cultura araba di ogni epoca.
La storia del libro nell'Islam, è storia della proibizione per secoli del libro stampato in arabo e turco, pena la morte. Iniziò col rogo a Istanbul nel 1538 del Corano stampato da due tipografi bresciani, cui venne mozzata la mano. La motivazione di quel divieto è cruciale: il dogma che vuole che il Corano non debba essere interpretato dai fedeli. Da qui la voluta sterilità culturale che segnò il declino della civiltà islamica, che impedì che si formassero la cultura diffusa e quei "citoyens" che hanno invece innervato la forza espansiva dell'Occidente. Nella "non storia" del libro stampato nell'Islam è la traccia per comprendere la rivolta araba di oggi, deflagrata quando si è finalmente formata quella "massa critica" di cittadini sinora assente: i giovani formati sui libri e sulla loro critica.
Un testo che dà le chiavi per leggere e comprendere il libro che è alla base della spiritualità di milioni di persone. Gli autori, Bahgat Elnadi e Adel Rifaat, sono due politologi francesi di origine egiziana, che con lo pseudonimo di Mahmoud Hussein hanno pubblicato opere che hanno fatto epoca.
Gli adepti della posizione radicale considerano che il liberalismo abbia condotto gloriose battaglie, prima contro la teocrazia papista, poi contro il nazionalismo, il nazismo, il comunismo. Oggi esso si impegna ad affrontare la sfida dell’islamismo, se non dell’islam, quale nuovo totalitarismo e nuovo nemico globale. In altri termini, il mondo arabo e musulmano, come l’URSS nel XX secolo, dovrà essere strangolato fino alla sua capitolazione sotto la pressione economica, politica e culturale. È questa, in sintesi, la sostanza della teoria dello «scontro di civiltà» applicata all’islam dopo il 2001. Ma questa posizione è irrealistica. Il liberalismo è uscito vincitore dalle sue varie battaglie, ma non ha mai affrontato una religione per sradicarla. D’altro canto il socialismo, che era un’ideologia umanista, si è trasformato in totalitarismo proprio nei paesi in cui ha condotto una guerra di sradicamento delle religioni e delle tradizioni. Il rischio è ancora più reale dal momento che lo stesso Occidente sembra conoscere una recrudescenza religiosa incontrollata di cui nessuno può prevedere i limiti e le ricadute.
Le uniche soluzioni realistiche consistono nell’incoraggiare le riforme attraverso la democratizzazione progressiva del mondo arabo e musulmano, nel favorire il buon governo e un’economia al servizio dell’interesse dei popoli e, ciò che qui ci interessa, nell’avviare una revisione graduale ma profonda delle rappresentazioni e delle pratiche religiose. I musulmani devono uscire dal loro isolamento per partecipare pienamente all’edificazione di un mondo nuovo, più giusto e più rispettoso degli equilibri tra gli uomini da una parte, e tra gli uomini e la natura dall’altra. Ma questo mondo non potrà edificarsi nella pace se un quinto dell’umanità sarà marginalizzato. È essenziale che sia fatto il possibile per evitare il diffondersi del sentimento di una nuova crociata o di una nuova guerra di religione. Per questo sarà molto più utile operare insieme a tutte le tradizioni religiose per fare della riforma un paradigma universale che si applichi all’islam come alle altre religioni, e per arginare in maniera collettiva il ritorno inopportuno e anacronistico del conservatorismo religioso. Ogni tradizione religiosa nasconde un nucleo di esclusione e di violenza ed è tentata di additare gli orrori dell’altro per giustificare i propri errori e abusi. Facciamo attenzione a non risvegliare gli antichi demoni.
L’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001 ha turbato profondamente l’opinione pubblica americana ed europea e l’ha costretta a riconoscere il fatto che la convivenza pacifica tra fedi e culture può entrare in crisi anche nel ricco e tollerante Occidente. Dopo di allora, altri attentati, rivolte e l’arrivo sempre più massiccio di immigrati dal Terzo Mondo musulmano, hanno ulteriormente minato la serenità di chi non si sente più sicuro a casa propria, esacerbandone posizioni e atteggiamenti. Molti hanno cercato e cercano di formarsi un’opinione corretta ed equilibrata, ma è difficile attingere a fonti di informazione complete e attendibili. Proprio per soddisfare una tale esigenza è nato questo libro. Agli interrogativi e alle paure dell’Occidente padre Samir contrappone la sua profonda conoscenza di un mondo, di una religione e di una cultura a partire dalle loro basi linguistiche, religiose, letterarie e giuridiche.
Del resto, è giunto il momento di prendere posizione su alcune questioni di particolare importanza per la convivenza. Ad esempio, un musulmano può avere più di una moglie, se risiede in un paese che non lo prevede? Può pretendere che la giustizia sia amministrata sulla base della tradizione islamica? Più in generale, fino a quale punto può spingersi il riconoscimento di usi e costumi solo indirettamente legati alla religione e in forte contrasto con i nostri?
Quanto è successo in diversi paesi del Nord Africa e del Vicino Oriente dalla fine del 2010, con le ovvie ricadute sulle nostre società, ci dà la misura dell’urgenza di questa riflessione. Dobbiamo conoscere e capire il mondo che ci circonda, per compiere scelte sagge e meditate. Necessarie per il futuro del mondo, oltre che per noi e per i nostri figli.
Dottore in teologia orientale e in islamologia, Samir Khalil Samir, gesuita copto, vive a Beirut dove insegna all’Università Saint-Joseph. Fondatore e direttore del CEDRAC (Centre de Documentation et de Recherches Arabes Chrétiennes), è professore presso il Pontificio Istituto Orientale di Roma e presidente dell’International Association for Christian Arabic Studies. Autore di una cinquantina di opere e di oltre milletrecento articoli, è noto in tutto il mondo come specialista dell’Oriente cristiano e delle relazioni fra islam e Occidente.
Contributi di Luca Patrizi
A cura di Roberto Tottoli
Illustrazioni di Marco Campedelli
Traduzione di Roberto Tottoli
Scritto nell'VIII secolo, il Muwatta' è il più antico trattato di legge islamica.
Fin che il Profeta stesso era in vita, non c'era bisogno di una legge musulmana sistematizzata, sia perché la sua autorità in merito era assoluta, sia perché i confini politici del mondo musulmano non si estendevano oltre la penisola arabica, dove vigevano norme consuetudinarie omogenee. Ma dopo la sua morte da un lato viene a mancare la sua autorità carismatica e dall'altro l'Islam si diffonde rapidamente in territori multietnici, dove le tradizioni giuridiche erano molto differenti. Di qui la necessità di raccogliere una casistica in grado di coprire un'ampia gamma di attività umane, molte delle quali non venivano trattate nello stesso Corano. Nascono così, fra VIII e IX secolo, varie scuole giuridiche, ma il primo vero «manuale pratico» di legge islamica è questo di Malik ibn Anas, che anche dal titolo (muwatta' significa «cammino reso piano », «percorso agevolato») si propone come uno strumento da utilizzare per districarsi nella complessità dei problemi, insomma, per l'appunto, un manuale.
L'enorme fortuna di questo libro ha attraversato il mondo islamico e il Muwatta', qui tradotto per la prima volta in italiano, è tuttora il testo base della legge islamica in gran parte del Nord Africa.
Un libro fondamentale per capire in profondità la cultura islamica, affondando nelle sue più antiche origini, al di là della disinformazione che spesso domina in questo campo.
Una piccola guida alla cultura musulmana per comprendere l’Islam attraverso il suo vocabolario. Si possono trovare parole specifiche, temi o parole-chiave che permettono di scoprire l’Islam politico, sociale, economico, giuridico, filosofico, mistico e rituale. Il testo è corredato da un’appendice dedicata alle biografie di personaggi celebri.
Autore
SAMI AOUN, politologo e attento commentatore radio e tv su temi di politica internazionale, Medio Oriente e mondo arabo musulmano, è professore di politica applicata presso l’Università di Sherbrooke, Québec (Canada).
Dall'infanzia alla conquista di Mecca e fino alla morte, la vita di Muhammad, profeta dell'Islam, Messaggero di Dio e Suggello dei Profeti, uomo reso 'perfetto' dalla grazia divina.
Quattordici secoli di pensiero islamico ci hanno lasciato in eredità un patrimonio di interpretazioni del Corano scritte prevalentemente da uomini. Il Corano e la donna di Amina Wadud rappresenta la prima lettura ermeneutica del Testo Sacro mai effettuata da una donna, una lettura che legittima la voce della donna nel Corano e l'aiuta a uscire, finalmente, dall'ombra. L'autrice ribadisce e rafforza il concetto di eguaglianza delle donne e costituisce un fondamento legittimo cui appellarsi per contestare il trattamento discriminatorio che le donne hanno subìto nei secoli e continuano a subire legalmente nelle comunità musulmane. Come Amina Wadud afferma lucidamente, il Corano non stabilisce una tipologia unica e inamovibile di struttura sociale, ma prevede un'ampia gamma di possibilità per la realizzazione di un rapporto di reciproco riconoscimento, di una collaborazione più appagante e fruttuosa tra uomini e donne, più di quanto non sia stata ancora mai realizzata, da musulmani e non. Postfazione di Renata Bedendo.
Gli Ismailiti sono oggi presenti come minoranza religiosa musulmana in più di venticinque paesi. Nonostante le loro origini risalgano al periodo fondativo dell'Islam, la loro storia è ancora per molti aspetti avvolta nella leggenda, anche a causa delle interpretazioni distorte che ne sono state date sia all'interno della comunità musulmana sia in Occidente. Dalla filosofia al diritto, dall'arte alla storiografia e alla letteratura, gli Ismailiti hanno contribuito in maniera decisiva alla formazione della civiltà islamica e parte di questa grandiosa eredità culturale è stata assorbita dalla Sicilia. Farhad Daftary, tra i maggiori esperti mondiali di ismailismo, propone un quadro storico che lascia ampio spazio agli aspetti religiosi e dottrinali e al pensiero filosofico, concentrandosi in particolare sulle diverse tradizioni e istituzioni intellettuali elaborate dagli Ismailiti e sulle risposte alle sfide e alle circostanze avverse che essi hanno spesso incontrato nel corso della storia. Partendo da un esame critico delle fonti storiografiche, il libro copre il periodo compreso tra la metà dell'viii secolo e i giorni nostri, rivelandosi uno strumento indispensabile non soltanto per esperti e studiosi, ma per quanti desiderano conoscere la storia di questa importante comunità musulmana.
Dopo Platone, mentre in Europa la filosofia della politica e della storia attendevano ancora un Machiavelli per vedere compiutamente la luce, nel mondo islamico si assisteva alla fioritura di intellettuali destinati a lasciare un segno profondo nella storia del sapere, come al-Farabi (870-950) e Ibn Khaldun (1332-1406). Spirito di corpo, coloritura della mentalità e capacità di integrazione sono alcuni dei fattori su cui maggiormente gli intellettuali musulmani concentravano la loro attenzione. Da ciò emerge una dottrina del pluralismo quale elemento centrale di una originale analisi politica. Gli autori del volume la sviluppano sia in relazione alla storia dei grandi imperi del passato, sia nei confronti di alcune delle più significative e recenti crisi politiche e sociali.
Lo scopo principale di questo volume è favorire una comprensione della cultura giuridica islamica nella sua complessità e unitarietà.