Una serie di conversazioni su politica, religioni e mondo che, nella loro diversità e varietà, presentano la politica come un prisma con diverse facce illuminate da una sola luce. La speranza è che si possa cogliere l'unità dell'insieme e lasciare che questa luce si irradi. Il contesto nel quale ciò può compiersi è quello del dialogo, di cui avvertiamo tutti un bisogno radicale per uscire dalla conflittualità incontenibile che deriva dal non saper vivere la differenza, dal non sapere o dal non saper orientarsi.
Cosa hanno in comune l'ordine dello spirituale e quello del politico? La riflessione cristiana intorno allo Spirito di Dio non è estranea a questo interrogativo. La dimensione spirituale non rimanda propriamente alla sfera dell'interiorità e dell'intimità, ma allo spazio aperto e inclusivo delle relazioni possibili. La crisi generalizzata che sta interessando i sistemi economici e politici globali può essere attraversata immaginando nuovi sistemi di socialità e dando vita a inedite imprese comuni. L'azione dello Spirito è forza e principio di ispirazione per l'edificazione della comunità. Lo Spirito non solo connette, unisce e avvicina, ma avvia processi di fecondità relazionale aprendo spazi inauditi di prossimità, generatività e inclusione.
In "Pene d'amor perdute" di William Shakespeare c'è una scena celebre per la sua oscurità che, se messa in rapporto con quanto Giordano Bruno aveva scritto nell'Inghilterra di Elisabetta I, consente la messa a fuoco del maggiore problema politico dell'Occidente cristiano sconvolto dalle guerra di religione: la fondazione della sovranità autonoma dello Stato secolare - un problema che per tutto il secolo XVII continuerà a essere al centro del pensiero di Hobbes e Spinoza, e che comportava l'ineluttabile scontro dell'autorità secolare con quella religiosa, cattolica o riformata che fosse. Partendo dai concreti tentativi di soluzione di quel problema in Inghilterra, Francia e a Venezia, Gilberto Sacerdoti ne porta alla luce le radici intellettuali: da un lato il conflitto fra Papato e Impero, dall'altro il ruolo giocato non soltanto dall'"averroismo latino", ma anche dalle originarie fonti di quel pensiero islamico-ebraico medievale in cui la filosofia aveva per la prima volta rifiutato di essere ancella della teologia. Dietro Bruno, Bodin e Sarpi emergono poco a poco le figure di Averroè, Maimonide e Al-Farabi.
Pochi giorni prima che Hitler diventasse Cancelliere, Martin Buber, una delle figure più autorevoli dell'ebraismo tedesco, partecipò a un convegno insieme a relatori nazionalsocialisti, neo-nazionalisti e antisemiti, in cui discorso teologico e fede politica finirono fatalmente per sovrapporsi. L'incontro fu organizzato da Jakob Wilhelm Hauer, ordinario di Indologia all'Università di Tubingen, di lì a poche settimane non solo fervente sostenitore della dittatura, ma anche informatore dei servizi segreti di Himmler. La partecipazione di Buber al convegno e l'adesione di Hauer al nazismo diedero luogo a un significativo intreccio biografico. A distanza di ottant'anni riemergono dagli archivi documenti che permettono di ricostruire - anche grazie ad altri scritti coevi (come la disputa con il teologo cristiano Karl Ludwig Schmidt), carteggi inediti e fotografie d'epoca - un'intricata vicenda rimasta finora ignorata. Una vicenda, non priva di contraddizioni e ambiguità, che pone in una nuova luce lo stesso essere e pensarsi ebreo di Buber, sulla base di una riflessione teologico-politica che nasce calandosi all'interno di un clima culturale, nella Germania fra le due Guerre, ostile all'integrazione ebraica nella nazione tedesca.
Nel libro un confronto tra globalizzazione e teologia. La prima non impatta forse sulla seconda? L'analisi parte da lontano per approdare ai giorni nostri. E delinea, in definitiva, due tipologie molto diverse di globalizzazione: quella del potere politico e quella di una fede religiosa.
La distinzione tra fede e politica - affermava mons. Luciano Monari, all'epoca vescovo di Piacenza - Bobbio, incontrando gli amministratoti locali piacentini il 15 novembre 1999 - è ormai un dato acquisito che nessuno desidera rimettere in discussione. Il Vangelo, ricordava ancora, non insegna quale politica fiscale, urbanistica o assistenziale possa rispondere con maggiore efficacia alle esigenze delle persone in una data situazione. Per questo a chi sceglie di impegnarsi in questo campo, sottolineava, bisogna chiedere lo sforzo della comprensione, della conoscenza reciproca, della formazione. Punti di riferimento che hanno guidato il pensiero e l'azione di mons. Monari anche a Brescia, dove ha promosso e sostenuto la nascita di una Scuola di formazione per l'impegno sociale e politico. In questa pubblicazione trovano spazio le riflessioni e le relazioni che negli anni il Vescovo di Brescia ha proposto ai partecipanti alla scuola e, indirettamente a tutte le persone che credono che l'impegno della politica sia esigenze perché assume le forme di un servizio al bene dell'umanità.
La riflessione su alcuni testi biblici, dai quali si traggono suggestioni anche laddove non ci aspetteremmo di trovarle, e la concretezza di alcuni nodi problematici riguardanti la politica ed il diritto, finiscono per incontrarsi, e difficilmente distinguersi, nello sguardo "strabico" dell'autore. Il libro diventa così il tentativo di porsi lungo un confine stretto ma fecondo, tra l'irruzione nella storia di un modo differente di vivere, reso evidente dalla vicenda di Gesù di Nazareth e così pensato da Dio "all'inizio" della storia umana, e la necessità di continuare a servirsi, per costruire un mondo più giusto, di quelle "istituzioni della convivenza" (politica e diritto, appunto), destinate però a dissolversi nell'orizzonte del regno.
Il volume raccoglie contributi di alcuni noti cattolici democratici milanesi e nazionali che hanno insieme discusso sul passato e sul futuro del cattolicesimo democratico. Il loro intento non si limita ad un esame di ciò che è vivo e di ciò che è morto del cattolicesimo democratico ma apre un interrogativo di fondo sulla possibilità di questo soggetto storico e culturale di svolgere una funzione significativa nella nuova società che si delinea. Gli autori dei saggi pubblicati sono o protagonisti diretti delle vicende, spesso con responsabilità di primo piano nelle vicende storiche di questo dopoguerra, oppure osservatori e studiosi attenti del movimento cattolico.
L'Arcivescovo Crepaldi in questo libro difende la Dottrina dei principi non negoziabili, ne chiarisce il significato dell'espressione, mostra come tali principi siano indispensabili per la politica, perché la limitano e la orientano. Collega poi i principi non negoziabili con i temi della tutela del creato, della legge naturale, della coscienza e dell'obiezione di coscienza con i programmi politici e con l'operato del singolo politico.
La teologia politica rappresenta un paradigma filosofico e teologico fondamentale per la nascita e lo sviluppo delle più importanti categorie politiche occidentali. Essa è al contempo un dispositivo teorico e un approccio metodologico finalizzato a interpretare e valutare criticamente le configurazioni del potere politico, le strutture dei rapporti economici o le forme più diverse di coesione sociale. Il volume, ripercorrendo storicamente il pensiero dei principali autori di riferimento nei rispettivi contesti culturali e intellettuali, offre una sintesi critico-ricostruttiva della teologia politica lungo il corso del Novecento, arrivando ad analizzare le prospettive più attuali e gli orizzonti futuri dello stesso paradigma teologico-politico. Si dischiude così un orizzonte di indagine e di ricerca sorprendentemente vivo: la teologia politica si offre, ancora oggi, come prospettiva peculiare e feconda per comprendere le trasformazioni del potere politico, economico e sociale nella complessità del mondo contemporaneo.
Può stupire che l’Opera Madonnina del Grappa per interna tradizione dedita alla “spiritualità” si interessi di Economia di Comunione nella sua proposta apostolica. Poiché «il Verbo si è fatto carne» (Gv 1,18) la nostra intera esistenza umana è toccata dal mistero e dalla chiamata a vivere in modo nuovo, secondo l’ispirazione della comunione con Cristo alla quale siamo chiamati nello Spirito.
Spiritualità non è dunque spiritualismo ma incarnazione. Incarnazione nella persona e nella storia umana del Corpo di Cristo, che unisce a sé l’umanità sua sposa come un solo corpo ed un solo popolo, facendone la “famiglia di Dio” (1Tim 4,15). Spirituale è l’esistenza umana compenetrata, nel concreto tessuto di tutte le proprie espressioni, dallo Spirito Santo, cioè dal dono e dall’amore di Dio.
Questo universalismo ecclesiale che raggiunge il concreto della dimensione economica è antichissimo e ci vieta di considerare gli aspetti economici della vita estranei alla dimensione di carità/agape che contraddistingue l’esperienza cristiana. Essa si apre oggi a considerazioni specifiche e valide che, nel momento storico in cui viviamo, acquistano un particolare significato e attualità.
Dalla Presentazione di Francesco Pilloni
Se è vero che il futuro è nelle mani di Dio, Dio stesso quali mani ha se non le nostre? Pensiamo abbastanza a questo? "Il futuro non è tanto nelle nostre mani, ma lo dobbiamo portare come una cosa preziosa a cui dobbiamo dare vita tutti i giorni, giorno per giorno. Non bastano nove mesi, ce ne vogliono di più. Perché la speranza che noi dobbiamo conservare per noi per continuare a camminare - quella che dobbiamo lasciare in eredità ai figli - si alimenta proprio nella nostra vita. Dio non ha altro modo che darci e donarci il futuro se non attraverso l'opera dell'uomo, la nostra vita è quella che conta agli occhi di Dio" (dalla Presentazione di Chiara De Luca).