Se per il mondo ebraico Mosè è «il nostro maestro», per il pensiero dei Padri della Chiesa rimane una figura centrale. Il libro raccoglie e analizza le principali testimonianze del mondo ebraico antico e della Chiesa delle origini mostrando i punti di convergenza delle interpretazioni dell'uno e dell'altra. Il patrimonio scritturistico condiviso dà vita a un dialogo interpretativo interessante e fecondo. L'autore adotta la vita di Mosè come filo conduttore facilitando la lettura dell'opera. Emergono osservazioni che aiutano ad andare oltre la cortina del testo e a cogliere aspetti teologici e spirituali di rilievo, anche per l'oggi.
La Bibbia è piena di narrazioni vertiginose ed è altrettanto piena di buchi, non-detti ed ellissi. Dentro questi buchi e queste ellissi, Luca Miele estrae le psicologie dei personaggi: non solo di Sara, Isacco e Abramo ma anche di Agar, Ismaele, il Faraone, lo schiavo Eliezer. Ogni capitolo del libro - quasi un romanzo - è affidato alla voce di un personaggio che racconta in prima persona la sua vicenda. E il fardello esistenziale che lo opprime.
Che lingua parlavano Adamo ed Eva tra loro due, e con il Creatore, quando vivevano nell'Eden? Impossibile rispondere a una simile domanda, eppure è una domanda vertiginosa, portentosa, perché basta porsela con attenzione ed ecco dischiudersi davanti a noi come un antico canto delle delizie, che tanto più interpella il nostro tempo, attirato invece dalle seduzioni di una lingua negativa: un gergo dell'odio, un turpiloquio della malvagità.
Chi è Giobbe? È veramente così paziente come si dice? Come è possibile parlare di un suo viaggio quando sta fermo in mezzo alla polvere e la cenere? E chi sono i suoi amici? Ma soprattutto, chi è quel Dio contro il quale protesta fino a sfidarlo a duello? Le domande che danno spunto all'approccio narrativo proposto da Maspero parlano a ogni uomo, in ogni tempo. La lettura del libro di Giobbe obbliga sempre a passare dalla terza persona alla prima, per ripensare la nostra concezione del mondo e della storia alla luce della possibilità di relazione personale con il Creatore dischiusa dal Cristo.
Con l'invasione assira e la deportazione a Babilonia cominciò a diffondersi nelle comunità ebraiche l'uso dell'aramaico. Col tempo, soprattutto per motivi di studio, di insegnamento e di preghiera, crebbe la necessità di tradurre i testi ebraici che andavano formando il corpus delle Scritture d'Israele. Tali traduzioni (targumim) cominciarono a essere messe per iscritto in epoca ellenistica. Nell'ebraismo rabbinico, ossia nei primi secoli dopo Cristo, cominciò un nuovo corso: vennero scritti progressivamente i targumim di tutti i libri della Bibbia ebraica e, nel corso dei secoli, quelli dei libri profetici acquisirono una certa autorità. Si offre qui al lettore italiano la possibilità di scoprire la ricchezza del Targum di Zaccaria. Il modo in cui il targumista parla di Dio e della sua azione nella storia si manifesta tramite diversi piani che si intersecano, dal lessico alla teologia. La traduzione aramaica è attenta a rispettare l'alterità divina, fino a porre un'asimmetria nella sua relazione con l'essere umano. I termini usati per parlare di Dio hanno precisamente una duplice valenza: segnalare il suo essere totalmente altro, in termini biblici la sua santità, e, nel contempo, la sua cura nei confronti del mondo.
Tra gli studi veterotestamentari la teologia dell'Antico Testamento è stata a lungo considerata il vertice della disciplina. Tuttavia, negli ultimi decenni è diventato sempre meno chiaro di che cosa una teologia dell'Antico Testamento si debba effettivamente occupare. Konrad Schmid affronta innanzitutto il compito di chiarire storicamente il concetto di teologia applicato alla Bibbia; quindi, discute la diversità delle Bibbie ebraiche e degli Antichi Testamenti esistenti, per poi analizzare il carattere teologico dei libri e delle raccolte dell'Antico Testamento sulla base di testi di particolare rilevanza. Konrad Schmid include anche una descrizione della storia teologica dell'Antico Testamento e un'esposizione tematica e storicamente complessa di importanti temi della teologia dell'Antico Testamento.
Chiunque si rivolga a Dio con le parole dei salmi sa le difficoltà che questa pratica, sia essa occasionale oppure regolare, porta con sé. Spesso si ha la sensazione di avere a che fare con parole sconosciute, come se stessimo usando una lingua che conosciamo "per sentito dire", ma il cui significato ci rimane precluso. Anche se nei salmi si esprimono esperienze universali, la situazione da cui nasce ogni singola composizione non necessariamente è la nostra. La gioia esuberante che sottende l'espressione di lode o la profonda sofferenza che il linguaggio del lamento fa emergere sono legate a esperienze che non sempre possono essere trasferite o riferite a noi. Ecco allora che, nella prima parte, l'autore affronta alcune domande di carattere generale: quali sono le parole della preghiera? Cosa succede in noi quando preghiamo? In che modo la Chiesa primitiva usava e interpretava i salmi? Poi, nella seconda parte, offre riflessioni sui diversi temi toccati nel Salterio - lode e rendimento di grazie; angoscia, sofferenza e lamento; peccato e perdono; morte e vita... -, dedicando a ciascuno una piccola trattazione. È importante conoscere i salmi in modo non superficiale, così che le loro parole trovino risonanza in noi quando proviamo un'esperienza intensa: allora nuove espressioni verranno ad arricchire il nostro dialogo con il Dio di Gesù. Questa introduzione al Salterio è seguita da un "programma a temi" che illustra il senso dei salmi più usati nella liturgia.
Il libro di Daniele è stato scritto in un tempo di persecuzione, e ambientato in un altro tempo tremendo, l'esilio babilonese, perché potesse donare al popolo di Israele parole simili a quelle che lo avevano salvato lungo i fiumi di Babilonia. In questo contesto storico il popolo aveva bisogno di cercare nuovi racconti che dicessero una nuova-antica fede. Nacquero così comunità testimoni di come si possa cambiare questo mondo sognandone un altro, espressione di una forma di resistenza non violenta: non abbracciarono le armi ma presero la penna, pregarono e scrissero. Il libro di Daniele ci dice che visioni, angeli, sogni, numeri e draghi possono diventare altri strumenti per cacciare via i dittatori, per combattere i soprusi e la violenza contro le donne, per difendere una storia e un'identità. Tali narrazioni, arrivate fino a noi, sono sentinelle di un'alba che arriverà, perché non può non arrivare. Un'alba che deve arrivare presto, che deve arrivare oggi. Si può cambiare questo mondo sognandone un altro!
È il secondo libro che Anna Maffei dedica al commento di un vangelo a partire dalla propria esperienza: se il Vangelo di Giovanni era stato un dialogo a tu per tu con «l'evangelista del cuore», il dare del tu all'autore del Vangelo secondo Matteo implica un allargamento dell'interlocuzione e del cammino. Così, Massimo Aprile, compagno di vita e di ministero, apre il "noi" di questo libro, nel quale stai per essere collocato anche tu. Prefazione di Cristina Arcidiacono.
Geremia è profeta in tempo di crisi. Vive in un periodo storico più difficile del nostro, ma molte analogie ci accomunano alla sua stagione. Anche se rischia di essere considerato esclusivamente profeta di sventura, uomo triste e cupo, tanto che il suo nome ha dato origine alle cosiddette "geremiadi", è invece profeta che semina speranza laddove la storia, e il peccato del popolo, sembrano non lasciare altro che rovine. Ci ricorda che, se si vuole avere l'audacia di edificare e costruire qualcosa di nuovo, occorre avere altrettanto coraggio nell'estirpare e demolire, distruggere e rimuovere. Il suo rotolo ci costringe al discernimento: cosa sradicare e abbattere, per poter piantare ed edificare.
In questo volume padre Renato Colizzi accompagna il lettore in un cammino che si affianca a quello di Israele nel deserto, dalla liberazione dall'Egitto fino alle soglie della Terra Promessa. In questo percorso anche noi, come singoli e come popolo, siamo chiamati a sfidare il faraone e ad ascoltare la Parola di Dio e la legge annunciata sul monte Sinai. Se faremo questo, pur camminando nel deserto cominceremo a sentirci protetti dal Signore, che ci accompagna come in una nube; e isseremo a nostra volta la tenda dell'alleanza, scoprendo la bellezza di una liturgia di pace e comunione con il Dio liberatore.
In una prosa vivace e accattivante Michael Coogan ripercorre la lunga storia dei dieci comandamenti cercando di spiegare per quali vie siano diventati il decalogo. La Bibbia ebraica tramanda versioni diverse del decalogo: perché furono necessarie? come si giunse a stabilire quale fosse la più autorevole? Nell'agile saggio di Coogan si approfondisce il significato che i dieci comandamenti poterono avere per lettori dei tempi biblici, e si fa osservare come la loro forma non sia mai stata fissa e perché non sempre siano stati osservati rigorosamente. Oggi è evidente che non tutti i valori sanciti dal decalogo sono difendibili, non ad esempio la proprietà di schiavi né la donna come possesso dell'uomo. Quale funzione continuare a riconoscere ai dieci comandamenti?