Roma, 11 luglio 1855. Antonio De Felici, cappellaio,reo di avere attentato alla vita del segretario di Stato cardinale Giacomo Antonelli, viene giustiziato.
Roma, 21 settembre 1861. Cesare Lucatelli, facchino, accusato dell’omicidio di un gendarme durante gli scontri fra i pontifici e la folla il 29 giugno, festa di San Pietro e Paolo, viene giustiziato.
Fra le due esecuzioni, fra un popolo e un governo che non ha più autorità su questa terra, il disfacimento dello Stato Pontificio, la fine del potere temporale del papa, l’Unità d’Italia e una città che attende di conoscere il suo destino. Messa troppo spesso in ombra da vicende che già allora occuparono le prime pagine dei giornali italiani ed europei – una su tutte, l’impresa dei Mille di Garibaldi – la storia romana, della città e dello Stato Romano, alla metà dell’Ottocento, dopo la gloriosa quanto breve avventura della Repubblica mazziniana, è poco conosciuta dal grande pubblico.
Roma, il papa, il re è la cronaca dettagliata, quasi accanita di tutto quel che accadde dentro e attorno a Roma negli anni che portarono alla proclamazione del Regno d’Italia.
Ancora una volta, come già in Storia avventurosa della Rivoluzione romana, Stefano Tomassini incrocia i pensieri e le azioni di Vittorio Emanuele ii e Pio ix, Cavour e Napoleone iii, Garibaldi e Mazzini, le osservazioni dei forestieri più o meno affezionati, i pregiudizi o le intuizioni dei diplomatici, i vizi e le virtù del clero, gli entusiasmi, le accidie, le ironie e le ire del popolo.
17 marzo 1861: a Torino, in seduta straordinaria, il Parlamento subalpino proclama la nascita del Regno d’Italia, a compimento di un ciclo di vicende che dai moti costituzionali nei decenni della Restaurazione postnapoleonica, giunge alla conquista garibaldino-piemontese della Sicilia e del Mezzogiorno, con l’appoggio decisivo della Gran Bretagna. In queste pagine Massimo Viglione sviluppa un’analitica ricostruzione del processo risorgimentale, con sguardo privilegiato alle correnti di pensiero che l’hanno caratterizzato, sottolineando come i nodi irrisolti dell’unificazione politica abbiano pesato su tutta la successiva storia italiana del diciannovesimo e ventesimo secolo, culminata nell’enfasi del nazionalismo e del fascismo, nella guerra civile e nella morte stessa del concetto di patria.
08/03/2011
È in libreria «1861. Le due Italie» di Massimo Viglione
«1861. LE DUE ITALIE»
Identità nazionale, unificazione, guerra civile
di Massimo Viglione
IL LIBRO
17 marzo 1861: a Torino, in seduta straordinaria, il Parlamento subalpino proclama la nascita del Regno d’Italia, a compimento di un ciclo di vicende che dai moti costituzionali nei decenni della Restaurazione postnapoleonica, giunge alla conquista garibaldino-piemontese della Sicilia e del Mezzogiorno, con l’appoggio decisivo della Gran Bretagna. In queste pagine Massimo Viglione sviluppa un’analitica ricostruzione del processo risorgimentale, con sguardo privilegiato alle correnti di pensiero che l’hanno caratterizzato, sottolineando come i nodi irrisolti dell’unificazione politica abbiano pesato su tutta la successiva storia italiana del diciannovesimo e ventesimo secolo, culminata nell’enfasi del nazionalismo e del fascismo, nella guerra civile e nella morte stessa del concetto di patria.
L'AUTORE
Massimo Viglione insegna Storia Moderna e Storia del Risorgimento presso l’Università Europea di Roma ed è ricercatore dell’Istituto di Storia dell’Europa mediterranea del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Si è specializzato sul tema delle conseguenze della Rivoluzione Francese in Italia, in particolare sulle insorgenze controrivoluzionarie e sulla problematica risorgimentale. Numerose sono le sue pubblicazioni a riguardo, fra le quali ricordiamo: Rivolte dimenticate. Le insorgenze degli italiani dalle origini al 1815 (Città Nuova, 1999); Le insorgenze. Rivoluzione & Controrivoluzione in Italia. 1792-1815 (Edizioni Ares, 1999); «Libera Chiesa in libero Stato». Il Risorgimento e i cattolici: uno scontro epocale (Città Nuova, 2005); L’identità ferita. Il Risorgimento come Rivoluzione & la Guerra Civile italiana (Edizioni Ares 2006). Ha inoltre curato il volume collettaneo La Rivoluzione Italiana. Storia critica del Risorgimento (Il Minotauro, 2001).
Due libri racchiusi in un unico volume: una narrazione accompagnata da qualche frammento iconografico; poi il racconto scandito da moltissime immagini, da un oceano di "carte povere", con le indispensabili didascalie per orientarsi in un Risorgimento finora mai visto. Lo scrittore-giornalista è salito sui piroscafi dei Mille, il Piemonte e il Lombardo, insieme a Garibaldi, viaggiando con le camicie rosse da Quarto a Marsala, e risalendo la penisola fino al Volturno. È un viaggio in cui risaltano soprattutto i personaggi in apparenza minori, che non hanno ricevuto pubblica gloria pur dando interamente se stessi, fino alla morte, alla causa. Il collezionista è andato a visitare gli artisti, gli artigiani, i "creativi" dell'epoca, a volte oscuri, che nel corso di questi 150 anni unitari hanno lasciato il loro segno per affrescare quel clima, quel sentimento popolare, quel particolare contesto storico e culturale.
Il 2011 è l’anno in cui si celebra il 150° dell’Unità d’Italia. È un’occasione per richiamare quella storia e per fare il punto sul presente, sull’Italia in cui viviamo. Da più parti viene rievocata la storia dell’unificazione, si mettono in evidenza vantaggi e contraddizioni; con il rischio di passare da una scontata adesione ad un atteggiamento problematico che arriva a mettere in dubbio l’unità stessa del Paese. Cosa hanno a che vedere i cattolici con questa storia? Qual è il contributo che hanno dato alla sua maturazione e soprattutto quale può essere oggi il ruolo che debbono giocare i credenti in una situazione nuova e difficile?
Il trentennio affrontato in questo volume – cruciale non solo per l’Italia, ma per tutta l’Europa – sembra aprirsi nel segno della restaurazione: i moti del 1831 vengono schiacciati, si riaffermano gli equilibri sanciti dai trattati di Vienna, il nostro Paese resta diviso in Stati solo nominalmente autonomi.
Eppure, nonostante le forze insurrezionali si mostrino deboli e disunite e il vecchio patriottismo della Carboneria fallisca, quei fermenti dimostrano definitivamente la fragilità del sistema, aprendo la strada agli slanci politici e sociali che costituiscono il culmine del Risorgimento. Gli anni che seguono sono densi di avvenimenti e personaggi indimenticabili: la Giovine Italia di Mazzini, Garibaldi, le “Cinque giornate” di Milano, le annessioni piemontesi, la resistenza borbonica, Cattaneo e Cavour, D’Azeglio e i Savoia, la musica patriottica e appassionata di Verdi.
È senza dubbio uno dei momenti più studiati della storia italiana, sul quale però i giudizi continuano a dividersi. Montanelli ce lo racconta attraverso la pura ricostruzione dei fatti, rispondendo senza partigianeria a domande ancora irrisolte: come si è arrivati all’unificazione? Quali conseguenze ha comportato? Un saggio ormai divenuto classico, che ha proposto uno sguardo diverso sul nostro passato, e quindi sul nostro presente. Perché, come dice l’autore, “l’Italia di oggi è figlia di quella del Risorgimento, ed è quindi in questo periodo che ne vanno cercati i caratteri e le malformazioni”.
Nel 2011 ricorre il 150 anniversario dell'Unità d'Italia. Un libro che fa emergere attraverso un'analisi storica accurata i pregi e i difetti dell'Unità d'Italia.
99 domande su quello
che credete di conoscere dell'Unità d'Italia
e che invece (forse) non conoscete affatto
La festa dei centocinquant'anni di unità cade in un'Italia smarrita, un paese che rinnega se stesso e i propri padri fondatori. Ma perché abbiamo un cattivo rapporto con il movimento nazionale che diede origine allo Stato italiano? E per quale ragione ci sentiamo italiani, ma non cittadini di uno Stato nazionale?
Emilio Gentile ripercorre un secolo e mezzo di storia italiana attraverso la lente del rapporto con il Risorgimento e nel confronto con le voci più autorevoli della storiografia italiana e straniera. Da una riflessione svolta senza retorica, senza condanne e senza apologie, emerge il ritratto realistico di un popolo continuamente oscillante fra euforia e depressione, orgoglio e avvilimento, presunzione di grandezza e complesso di inferiorità. Una comunità rissosa, incapace di accordarsi su cos'è l'Italia e cosa sono gli italiani.
Libertà e benessere sono legati a doppio filo. La libertà è l'insieme di valori e regole, scritte e non, che promuovono l'iniziativa individuale, rendono la società aperta, ricettiva del nuovo e vivace culturalmente, premiano i talenti e spronano ad assumere rischi e investire nel futuro.
Così genera benessere, non solo economico. Il benessere è foriero di maggiore libertà perché accresce il ventaglio delle scelte accessibili alle persone, che sono perciò più disponibili al cambiamento. Maggiore libertà, dunque, per creare più benessere. Maggiore benessere per accrescere la libertà.
Nei saggi che compongono questo volume il cammino dell'economia e della società italiane, dall'Unità a oggi, è ripercorso seguendo il binomio libertà-benessere, per trarne insegnamenti e puntare a nuovi traguardi.
L'Italia è tra le prime dieci economie nel mondo. La conquista del benessere è stata più rapida nelle fasi di maggiore libertà ed esposizione alla concorrenza. Da troppi anni, invece, fatica a progredire. Come rilanciare lo sviluppo? Come superare la crisi che preesisteva alla recessione globale?
Che cosa è stato il Risorgimento? Nella vulgata recepita nei testi scolastici diversi conti non tornano. Uno per tutti: com’è possibile che, in nome della libertà e della Costituzione, i governi liberali decidano la soppressione di tutti gli ordini religiosi della Chiesa di Roma, quando il primo articolo dello Statuto dichiara il Cattolicesimo «religione di Stato»? Sta di fatto che 57.492 persone vengono messe sul lastrico, cacciate dalle proprie case, private del lavoro, dei libri, degli arredi sacri, degli archivi, della vita che hanno scelto. Non a caso i papi Pio IX e Leone XIII individuano nel Risorgimento un tentativo di «sterminare la religione di Gesù Cristo», messo in atto dalla massoneria.
A centocinquant’anni dall’unità in Italia non solo si stenta ad ammettere questi fatti, documentati nell’evidenza delle fonti, ma si continua, da Nord a Sud, a combattere la comune identità cattolica quasi fosse l’ostacolo che preclude a un’autentica coesione nazionale.
L’Autrice – coraggiosa antagonista di ogni ideologia, come spiega mons. Luigi Negri nella sua introduzione – si muove da concezioni opposte: perché l’Italia possa riacquistare l’unicità che la caratterizza nella storia ha bisogno di riconoscere il peccato originale da cui è stata originata: l’attacco frontale alla tradizione cristiana e alla Chiesa cattolica.
Una coraggiosa, atipica, sferzante ricostruzione storica dell'Unità d'Italia, da parte del più irriverente Italiano Cardinale: Giacomo Biffi.