L'amore si impara come qualunque altra cosa nella vita. Non è definibile a parole, è piuttosto un modo di vivere, di essere e di sentirsi vivi. Se si assimila questo concetto nella forma più piena, spiega l'autore, si può alla fine ottenere dalla vita il premio più ambito: quello di essere completamente se stessi. L'arte di amare spiegata in tutti i suoi aspetti fisici e psichici.
Non è vero che tutte le famiglie felici si assomigliano. La felicità di una famiglia non è la totale assenza di problemi, non è un’unità di misura e nemmeno una foto incorniciata in bella mostra sopra uno scaffale del salotto. La felicità – in quel turbolento e sempre diverso ecosistema che si crea ovunque ci sia un rapporto tra genitori e figli – è piuttosto qualcosa che ha a che fare con la consapevolezza e l’autostima. Nelle parole di Alberto Pellai e Barbara Tamborini: «una famiglia consapevole ha un progetto e una direzione, non improvvisa le scelte educative e sa sfruttare i momenti chiave della vita». La più autorevole coppia italiana di psicoterapeuti torna con un libro unico nel suo genere, scritto nella chiave totalmente inedita del gioco e nel linguaggio semplice e comunicativo che ne ha già reso celebri gli autori, per insegnarci come il livello di autostima famigliare può condizionare l’insieme di abitudini, linguaggi e automatismi che regolano la vita quotidiana tra le mura di casa. Un manuale per potenziare l’autostima di tutti – dei grandi così come dei piccoli – attraverso un metodo fondato sui sei pilastri che reggono un nucleo domestico: la famiglia, gli amici, il corpo, le emozioni, la scuola e il lavoro, l’ambiente. Un viaggio da percorrere insieme, giorno dopo giorno, attraverso quiz, test, sfide creative e racconti esemplari per consentire a ciascuno di prendere coscienza dei propri pregi e dei propri difetti e sviluppare le competenze che possono fare di una famiglia una famiglia felice.
Il volume vuole essere una riflessione critica sul costrutto di competenza interculturale e, soprattutto, su alcuni nodi critici ad esso legati, che richiedono di essere affrontati facendo ricorso a strumenti, strategie didattiche e proposte operative con relativi adeguamento contestuale, concertazione e confronto di idee tra molteplici attori, in primis i docenti.
Presentazione del volume
Scopo precipuo del sistema educativo e formativo è, specialmente oggigiorno, in una realtà sempre più complessa ed eterogenea, promuovere lo sviluppo di competenze interculturali, il cui possesso è da ritenersi irrinunciabile per l'esercizio consapevole di una cittadinanza mondiale e per una piena inclusione.
Affinché tali obiettivi siano raggiunti, è necessario porre particolare attenzione al miglioramento del clima scolastico in termini di qualità delle relazioni ma altresì rispetto a elementi di carattere più propriamente organizzativo e gestionale della classe. Il presente volume vuole essere una riflessione critica sul costrutto di competenza interculturale e, soprattutto, su alcuni nodi critici ad esso legati, che richiedono di essere affrontati facendo ricorso a strumenti, strategie didattiche e proposte operative con relativi adeguamento contestuale, concertazione e confronto di idee tra molteplici attori, in primis i docenti.
Il testo è rivolto agli studiosi di problematiche pedagogico-didattiche, ma anche a studenti, insegnanti ed educatori, con l'intento di offrire stimoli per incrementare la qualità della scuola.
Marta Milani, dottore di ricerca, è assegnista di ricerca al Centro Studi Interculturali dell'Università degli Studi di Verona diretto dal professor Agostino Portera, nonché coordinatrice didattica del Master di primo livello in "Intercultural Competence and Management" e formatrice per il Gruppo Studio-Ricerca-Formazione Cooperative Learning. Al tema del presente volume ha dedicato diversi articoli apparsi in opere italiane e straniere e una precedente monografia: Competenze interculturali a scuola (QuiEdit 2015).
Porre l'inclusione al centro delle politiche e delle prassi educative significa concentrare l'attenzione sulle esigenze diversificate di tutti gli allievi, nessuno escluso, nel rispetto del principio di pari opportunità e di partecipazione attiva di ognuno. La prospettiva dell'inclusione scolastica è sviluppata nel volume su quattro piani fra loro integrati: il piano dei principi, che tende a sottolineare come ogni individuo, indipendentemente dai tratti culturali o personali, sia un'entità costitutiva dell'istituzione sociale, che trova nella piena valorizzazione di rutti la sua stessa ragione d'essere; il piano organizzativo, inteso come interazione e coordinamento fra i diversi attori che entrano in gioco, sia interni che esterni alla scuola; il piano metodologico-didattico, che si riferisce alle procedure da mettere in campo per promuovere il successo formativo e il ruolo attivo di ogni allievo; e infine il piano dell'evidenza empirica, che fissa l'attenzione sulle ricerche che hanno affrontato il tema dell'educazione inclusiva, al fine di giustificarne l'applicazione generalizzata. Nei capitoli viene enfatizzata la dimensione operativa, associando alla trattazione teorica di ogni argomento delle proposte curricolari riferite a diverse situazioni e ambiti disciplinari.
Quest'anno l'Atlante dell'infanzia è dedicato alla scuola. Entra sul tema da un punto di vista preciso: quello dei bambini e degli adolescenti che sono nelle condizioni di maggior rischio e per i quali la scuola rappresenta, da sempre e in tutto il mondo, una delle poche ancore di salvezza. Vi sono scuole che hanno svolto e svolgono un ruolo anticipatore, di avamposto, con un artigianato intelligente, un pensiero pratico. Accanto a tante eccellenze, nelle scuole italiane si incontrano tuttavia situazioni inaccettabili, di analfabetismo didattico, precarietà organizzativa, carenze strutturali, deserti relazionali, vere e proprie discriminazioni e ingiustizie che fanno pagare un prezzo enorme proprio ai bambini più svantaggiati, così come testimoniano i dati su quella grave emergenza che Save the Children ha definito povertà educativa. Com'è possibile che il meglio e il peggio coesistano nella più grande infrastruttura educativa del Paese? Come agire sulle cause delle diseguaglianze educative che segnano intere generazioni? Come rileggere, a partire da queste contraddizioni, l'autonomia scolastica, la distribuzione delle risorse, la formazione e lo statuto professionale degli insegnanti, e un tema spinoso come quello della valutazione? Per riformare davvero la scuola si potrebbe cominciare investendo nella trasformazione delle zone più a rischio in comunità educanti, che nel concreto significa non lasciare da sola la scuola a combattere la povertà educativa. Con la costruzione di comunità educanti dove oggi regnano il degrado urbano e la criminalità si va a lavorare in frontiera: quella che segna l'orizzonte del nostro Paese e della nostra democrazia.
Raccontarsi per rileggere la propria esistenza alla luce di una nuova prospettiva. Duccio Demetrio, filosofo dell'educazione e fondatore della Libera Università dell'Autobiografia, ci mostra in questo libro come intraprendere un percorso di autoformazione coraggioso e creativo. Nella prima parte, Demetrio discute da un punto di vista teorico l'approccio autobiografico come fonte di formazione di sé e come modalità per un'interpretazione simbolica della propria vita. Nella seconda, vengono presentate le parole chiave che compongono il "lessico autobiografico", un insieme di termini che rinviano al lavoro di autonarrazione. È dunque questo un libro sul senso dello scrivere personale in grado di orientare il lettore verso i passaggi tematici e gli snodi esistenziali indispensabili per intraprendere una scrittura autobiografica non superficiale o banale. Perché, come sostiene Demetrio, "il bisogno di raccontarsi è una costante della nostra esistenza. Arriva il momento in cui raccontare la propria storia diventa una necessità. Non si tratta solo di affidare le proprie memorie a un foglio di carta o a una pagina elettronica; scrivere di noi e della nostra vita passata sollecita una maturazione interiore".
Il testo, primo di due volumi di carattere teorico-pratico, offre agli educatori di realtà giovanili e scolastiche un percorso per sviluppare un approccio creativo all’uso delle arti e ai media.
La sfida è imparare a valorizzare le arti e a utilizzare gli strumenti di comunicazione non da fruitori passivi, ma da produttori attivi di contenuti. Il mondo della comunicazione può aiutarci a parlare al cuore dell’uomo, fornendo strumenti privilegiati per un serio lavoro educativo.
Questo primo volume fa zoom su arti, musica, cinema e televisione, teatro e danza, radio; pone inoltre le premesse generali valide anche per il percorso formativo sull’uso dei media digitali, di cui si occuperà il secondo volume.
Soltanto il 12% dei bambini gioca con la mamma, il 17% con il papà e più del 44% esclusivamente da solo. Questo libro aiuta i genitori a comprendere il valore del gioco per lo sviluppo del bambino, per rinforzare le relazioni familiari e favorire quelle sociali.
Il testo affronta gli aspetti teorici legati al gioco e offre consigli pratici. I primi capitoli sono dedicati all’importanza del gioco nella formazione, ai suoi benefici psicologici e pedagogici. Particolare attenzione è dedicata al tema degli spazi di gioco, agli impegni eccessivi a cui sono obbligati i ragazzi e a come ogni relazione con i coetanei venga spinta nella direzione della competizione. I capitoli successivi offrono strumenti e spunti per (ri)cominciare a giocare: dai luoghi (all’aperto, al chiuso, al ristorante, al supermercato, ecc) alle modalità di gioco, passando per i materiali da utilizzare. Infine un capitolo bonus con QR code che rimandano a video e attività pensati in esclusiva per i lettori.
PEPITA ONLUS è una cooperativa sociale creata a Milano da un gruppo di educatori esperti in interventi educativi e sociali, percorsi di formazione e attività di animazione rivolte a scuole, comuni e oratori. In collaborazione con istituzioni universitarie, tra cui l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Pepita realizza ricerche sociali sugli adolescenti.
Senza, non riescono a stare. Vivono immersi nello schermo dello smartphone, o in quello del pc, perennemente connessi tra loro e con il mondo, ma spesso sconnessi dalla realtà. Sono le nuove generazioni, dai Millenials in poi, "nativi digitali" e cittadini virtuali del mondo intero. A tavola, a scuola, al cinema, al bar, non se ne separano mai, e il timore più grande è non avere campo o credito.
La psicologa Maria Rita Parsi indaga sulla "Generazione H", la generazione di ragazzi esposti sin dalla più tenera età alla seduzione del web. La facilità di accesso, le soluzioni immediate a ogni problema, da quelli scolastici a quelli esistenziali, la semplificazione delle relazioni fanno di internet il mondo parallelo perfetto, al cui confronto quello reale appare faticoso e deludente. Per questo gli adolescenti ci passano tanto tempo, come qualunque genitore sa bene. E pur senza arrivare agli estremi della sindrome di Hikikomori, la H del titolo − quel fenomeno nato in Giappone che riguarda ragazzi che si chiudono nella loro stanza e vivono solo in rete, senza lavorare, né studiare, completamente staccati dai genitori, dagli amici, dalla realtà −, la pervasività del virtuale nella vita dei giovani pone qualche dilemma su come relazionarsi con questi alieni. E vigilare affinché i limiti non vengano superati.
Le storie di ragazzi che hanno rischiato di perdersi nel mondo virtuale mostrano i pericoli dell'uso incontrollato del web, ma dimostrano anche che affrontarli senza demonizzarlo è possibile, e indispensabile. Con il contributo di genitori, insegnanti ed educatori, per proteggere il capitale più grande di ogni società: il benessere psicofisico dei giovani.
«Non avevo nessuna intenzione di fare il maestro, come non avevo nessuna intenzione di fare la guerra e ho finito per fare sia l’uno che l’altra».
Per otto anni, dal 1960 al 1968, il maestro Alberto Manzi conduce Non è mai troppo tardi, la più celebre trasmissione educativa della Tv italiana. Quelle vere e proprie lezioni per insegnare a leggere e scrivere ad adulti analfabeti, seguite in duemila punti d’ascolto organizzati in tutto il Paese, consentirono a un milione e mezzo di persone di conseguire la licenza elementare. Nell’ultima intervista rilasciata prima della morte e affidata a Roberto Farné, Manzi ricorda gli anni di Non è mai troppo tardi, ma si sofferma anche su molti altri episodi della sua vita di educatore: la prima esperienza, subito dopo la guerra, nel carcere minorile Aristide Gabelli di Roma; la personale battaglia contro i voti, che lo portò otto volte sotto il Consiglio di disciplina; l’esperienza ventennale in Sudamerica per insegnare a leggere e scrivere a gruppi di Indios analfabeti.
Dalle due eloquenti linee sul test di gravidanza fino al travaglio, dalla nascita al ritorno a casa, fino alle prime complicate uscite con bimbo al seguito. Frasi e pensieri fulminanti e divertenti, dalla dolcezza disarmante, immortalati in illustrazioni piene di ironia. Un libro dal tono lieve e sognante, anche quando affronta le difficoltà e le frustrazioni, in cui dell’immediatezza di linee e colori ritroviamo il legame specialissimo e intenso che unisce una mamma al proprio neonato.
Questo libro vuole fornire gli strumenti necessari per fronteggiare e prevenire le problematiche del bullismo e del cyberbullismo. I temi affrontati riguardano gli aspetti psicologici, la normativa, la responsabilità e la consapevolezza nell'uso di internet, e altre tematiche utili da conoscere. È necessario che tutti siano informati su un fenomeno che da tempo preoccupa insegnanti, genitori e studenti. È a loro che è rivolta questa guida e anche a tutti coloro che desiderano approfondire lo studio di questo fenomeno. Come ha scritto uno studente: "il silenzio non aiuta!". È, infatti, impegnandoci e costruendo insieme modelli di intervento efficaci nella scuola e nella famiglia che potremo superare un problema così diffuso e importante. Il volume nasce dalla volontà e dall'impegno dell'AIED (Associazione Italiana per l'Educazione Demografica) di Roma, che da anni aiuta - attraverso i suoi servizi medici e psicologici - le giovani vittime del bullismo.