L'Italia è uno dei Paesi fondatori delle Comunità europee, la Spagna vi è entrata solo nel 1986 dopo un lungo iter negoziale iniziato negli anni Sessanta ma destinato al successo solo dopo la morte di Franco e il ritorno del Paese alla democrazia. Si tratta, evidentemente, di due storie molto diverse, ma ciò non impedisce né di ripercorrere in parallelo il rapporto di Italia e Spagna con l'Europa, né di ricercare possibili punti di convergenza e anche di contatto tra le vicende politiche dei due Paesi a partire dal ruolo di trait d'union tra politica interna ed estera svolto dall'europeismo nei rispettivi processi di transizione democratica. Più specificatamente, la prima parte del volume è incentrata sull'analisi della dimensione storico-politica e sul percorso compiuto dalla storiografia dei due paesi su tali tematiche, mentre la seconda focalizza l'attenzione sui partiti e sui movimenti, sottolineando l'interazione tra le istanze europeiste presentate da questi soggetti della sfera pubblica e i sistemi politici entro i quali hanno dispiegato la loro azione.
Pavese è stato il prototipo dell'editore postmoderno. Nel suo lavoro per l'"officina Einaudi" ha espresso un'idea di cultura allora decisamente anticonformista: una cultura poco ideologica, senza timori di scorrettezza politica, inclusiva e non illuministicamente distintiva. Nasce così la collana viola, con la prima traduzione italiana del reazionario Jung, nasce così la sua idea di pubblicare nella stessa collana "Il capitale" di Marx, "Le mille e una notte" e la Bibbia, suscitando scandalo fra gli altri einaudiani. Le sue lettere a Giulio Einaudi e ai principali consulenti della casa editrice, tra i quali Norberto Bobbio, Felice Balbo, Natalia Ginzburg, Giaime Pintor, Elio Vittorini, raccolte insieme per la prima volta con la presenza di numerosi inediti, permettono di vedere da vicino i suoi percorsi editoriali e il suo mestiere di pubblicare libri.
La vicenda di Milada Horàkovà, membro della resistenza antinazista e deputata del partito social-nazionale, contraria al totalitarismo comunista e per questo arrestata nel 1949, accusata di alto tradimento e spionaggio e condannata nel 1950 a morte tramite fucilazione nel cortile della prigione di Praga-Pankrac, nonostante le proteste dell'opinione pubblica internazionale, è emblematica dell'opposizione ai totalitarismi del '900.
Questo libro stabilisce un collegamento costante tra la storia della famiglia e la più ampia e drammatica storia della prima metà del Novecento. Finora nessuna storia del XX secolo aveva posto al centro della propria analisi la famiglia né aveva esaminato i momenti chiave della rivoluzione e della dittatura attraverso le lenti della vita familiare. Ginsborg attinge a un repertorio sterminato di fonti e letture per mettere insieme immagini e storie che fotografano le dinamiche familiari e il loro contesto sociale e politico. Coniugando storia sociale, narrazione biografica e storia della cultura, Ginsborg concentra la sua indagine comparativa su cinque paesi: la Russia, nel passaggio dall'Impero allo Stato sovietico; la Turchia, dall'Impero ottomano alla Repubblica; l'Italia fascista; la Spagna della rivoluzione civile; e la Germania, da Weimar allo Stato nazista. Costruendo ogni capitolo come una piccola biografia di un personaggio emblematico - da Halide Edib e Margarita Nelken, ad Aleksandra Kollontaj; dal gerarca nazista Goebbels al futurista Marinetti e al comunista Gramsci - lascia intravedere sullo sfondo la vita familiare degli stessi grandi dittatori - Stalin e Hitler ma anche Atatürk, Franco e Mussolini. Emerge un quadro in cui le risorse delle famiglie affetti, rete, solidarietà, segreti e lealtà - si fanno sentire anche quando il loro mondo sembra totalmente schiacciato dai regimi dittatoriali.