"Pensare l'impensabile" è la prima e più importante raccolta di scritti di Nina Coltart; pubblicato per la prima volta nel 1992, è un classico della psicoanalisi inglese. L'impensabile attraversa tutti i capitoli ed è affrontato da Nina Coltart con libertà, coraggio e rigore al tempo stesso. Analista di grande ingegno ed esperienza clinica, propone la sua visione di quelli che sono i fattori terapeutici e non terapeutici in psicoanalisi, della valutazione e dei criteri di analizzabilità, delle caratteristiche personali - e spirituali - che l'analista deve coltivare per praticare la "professione impossibile". Uno dei pregi di questo libro è la limpidezza con cui Nina Coltart descrive alcune situazioni cliniche, talvolta estreme, in cui i sentimenti e i vissuti con i quali l'analista è messo a confronto appartengono al dominio dell'impensabile, per esempio il silenzio. Molti di questi casi ricorrono nei diversi capitoli del libro, analizzati da punti di vista diversi, diventando familiari per il lettore. Un testo attuale, in cui Nina Coltart utilizza la sua intuizione, la sua sensibilità clinica e una grande libertà di pensiero anche per avvicinarsi, in modo quasi anticipatorio rispetto agli sviluppi successivi della psicoanalisi, a temi quali il rapporto fra psicoanalisi ed etica, psicoanalisi e spiritualità, psicoanalisi e religione, con particolare riferimento al buddhismo.
Il nostro tempo sembra aver dissolto ogni confine, compresi quelli stabiliti dai tabù. Non esiste più un limite che non sia possibile valicare. La trasgressione è divenuta un obbligo che non implica alcun sentimento di violazione. La disinibizione diffusa ha preso il posto della reverenza passiva e sacrificale di fronte alle nostre vecchie credenze. Ma i tabù devono semplicemente essere smantellati dalla nuova ragione libertina che caratterizza il nostro tempo oppure conviene provare a ripensarli criticamente senza nutrire alcuna nostalgia per il passato? Ci sono parole chiave come preghiera, lavoro, desiderio, colpa, eutanasia, famiglia, che sono state in modi diversi associate ai tabù e che esigono oggi di essere riattraversate criticamente. Vi sono anche figure mitologiche, storiche o letterarie che sono divenute crocevia essenziali della nostra storia individuale e collettiva e che ci spingono a incontrare in modo nuovo lo spigolo duro del tabù: Ulisse, Antigone, Edipo, Medea, Amleto, Isacco, Don Giovanni, Caino. Dal riferimento a grandi autori dell'Occidente - da Platone a Hegel, da Dostoevskij a Sartre, da Freud a Lacan, da Marx a Calvino, da Molière a Beckett - così come nelle miserie della nostra vita quotidiana, Recalcati rintraccia la sparizione del tabù e l'apparizione delle sue nuove maschere.
Questo libro fornisce una guida comprensiva della psicoanalisi italiana degli ultimi decenni, relativamente agli sviluppi teorici e ai progressi clinici più rilevanti, con particolare enfasi su temi quali il transfert, il trauma, gli stati primitivi della mente e la metapsicologia, sui quali il pensiero psicoanalitico italiano ha dato contributi particolarmente significativi. A una prima sezione introduttiva ("Storia della psicoanalisi in Italia") che ripercorre la storia del movimento psicoanalitico in Italia e la sua ricerca, seguono quarantuno articoli scelti per illustrare l'originalità del pensiero teorico e clinico italiano. Questi lavori sono raggruppati in cinque ulteriori sezioni tematiche: "Metapsicologia"; "Pratica clinica, teoria della tecnica, fattori terapeutici"; "La persona dell'analista, il controtransfert e la relazione/il campo analitici"; "Trauma, sofferenza psichica, lutto e working-through"; "Preverbale, precoce, fusionale e stati primitivi della mente". Ogni sezione è preceduta da un commento introduttivo per orientare il lettore in questo affresco del dibattito psicoanalitico italiano, aiutandolo ad addentrarsi in un pensiero e in una esperienza sviluppatisi in maniera diversa dal contesto francese, britannico, nordamericano o sudamericano. È una lettura utile sia per studenti interessati a conoscere i temi della psicoanalisi in Italia, sia per analisti esperti che vogliano approfondire la teoria e la tecnica analitica italiana e alcune importanti sue evoluzioni.
Un giovane psicoanalista formato alla scuola di Jacques Lacan è chiamato a insegnare a contratto dall'Università di Urbino per la cattedra di Teoria e tecnica del colloquio psicologico. L'anno accademico è quello del 1998-99. Le sue lezioni si svolgono nell'Aula Magna dei Collegi di Urbino e vengono seguite da centinaia di studenti della facoltà di Psicologia. L'atmosfera è elettrica: è la prima volta che, in quella università, il nome di Lacan non viene lasciato ai filosofi e agli studiosi di scienze umane ma viene calato nella realtà viva della clinica psicoanalitica. Nell'Aula Magna dei Collegi i posti sono esauriti e col passare del tempo gli studenti si sistemeranno accalcati e seduti a terra. Questo libro riporta quelle lezioni, che hanno avviato molti allievi allo studio di Lacan e della psicoanalisi. Il lettore troverà inoltre un saggio e una conferenza ritrascritta da un Recalcati più maturo che hanno sempre come tema il colloquio clinico e la pratica della costruzione del caso clinico in psicoanalisi.
Nelle tradizioni religiose l'esperienza mistica assume nomi diversi: unio mystica per i cristiani, satori per i maestri zen, samadhi per gli induisti, fana per i sufi. Questo «sentimento oceanico», come lo definiva Freud, viene spesso descritto dai mistici con un linguaggio nuziale e un frasario espressamente erotico. Analogamente, gli psicotici tendono a rivestire i loro deliri paranoici di contenuti religiosi. Cosa può dire la psicoanalisi su questo intreccio di santità e disagio? E come distinguere un'autentica esperienza mistica da un disturbo della mente?
Massimo Recalcati lavora sulla fisionomia psichica dei figli nel mondo di oggi e indica la possibilità di un superamento dell'Edipo, a partire dalla parabola evangelica del figliol prodigo, che apre una possibilità invisibile al mito greco: quella del ritorno alla legge del padre e della capacità del padre di festeggiare quel ritorno. Perché i nostri figli vivono immersi in un mondo che mai come oggi è quello del godimento cieco e vuoto, e a volte sembrano lontani, forse perduti. Tuttavia, come Recalcati indica, attingendo alla sua esperienza clinica, ma anche lavorando su figure di figlio come Amleto o Isacco, c'è sempre la possibilità che un figlio si ritrovi, e venga ritrovato.
Un grande scrittore e una psicoterapeuta si confrontano sulla necessità dell'uomo di raccontarsi e di inventare delle storie. J. M. Coetzee e Arabella Kurtz prendono in considerazione la pratica psicoterapeutica, e il suo più ampio contesto sociale, partendo da prospettive diverse, ma al centro di entrambi i loro approcci vi è il comune interesse per la verità e per le storie. Uno scrittore lavora in solitudine, ed è l'unico responsabile della storia che racconta. Il terapeuta, viceversa, collabora con i pazienti per far emergere un racconto della vita e dell'identità del paziente che sia allo stesso tempo significativo e vero. Che tipo di verità le storie create dal paziente e dal terapeuta cercano di scoprire? La verità oggettiva o quella mutevole e soggettiva dei ricordi esplorati e rivissuti durante la relazione terapeutica? Confrontandosi con le opere di grandi scrittori come Cervantes e Dostoevskij o di psicoanalisti quali Freud e Melarne Klein, e discutendo di psicologia individuale o dei gruppi (le classi scolastiche, le bande giovanili, le società coloniali), Coetzee e Kurtz propongono al lettore illuminanti intuizioni sulla nostra capacità - e difficoltà - di analizzarci e di raccontare, a noi stessi e agli altri, le storie della nostra vita.
Parlare della donna significa spesso, oggi, soffermarsi sulle discriminazioni cui va incontro, sulla necessità di fare altri passi importanti nel campo dell'uguaglianza con l'uomo, sulla preoccupazione per l'escalation della violenza di genere. Molto cammino ci aspetta ancora, ma un aiuto prezioso può arrivarci da una strada finora poco percorsa, che supera gli stereotipi dei luoghi comuni e rovescia i termini della questione: non si tratta di promuovere la rincorsa della donna a essere 'come l'uomo', ma di evocare l'identità femminile come risorsa anche per l'uomo e per la società. Partendo dalla teoria psicoanalitica della donna come portatrice di un'apertura che crea varchi nella realtà ordinata e regolata dallo sguardo maschile, Francesco Stoppa costruisce un'originale riflessione su come l''anomalia' femminile, con la sua capacità di accogliere l'inatteso, di tracciare solchi e aprire spazi di incontro, possa rappresentare un modello diverso di approccio alla vita e di costruzione dei legami. Questa diversità della donna oppone infatti all'autoreferenzialità e alla semplificazione maschile l'esercizio di civiltà che consiste nel dare ospitalità a tutto ciò che non entra mai a regime, ma in cui riposano i tratti più autentici dell'umano. È come il comune 'gioco del quindici', ci suggerisce sorridendo Stoppa, dove è la casella assente a far funzionare tutto, a permettere, per il fatto di essere vuota, il movimento delle altre. Ed è come la costola perduta di Adamo: una 'rottura', una perdita di equilibrio, capace di riportare all'uomo un surplus di vita. «Questo è una donna per l'uomo: il precipitato, la forma, certo effimera ma per i suoi effetti miracolosa, grazie a cui il richiamo della vita, il suo mistero, trovano di che incarnarsi. La vita di cui allora possiamo anche cessare di avere paura, che possiamo accogliere in noi fino a prendercene cura, fino a esserle grati di aver interrotto il nostro sonno senza sogni».
"Ci fu un tempo in cui ero convinta che Lacan sapesse tutto di me. Mi sentivo trasparente davanti a lui. Non avere nulla da nascondere mi dava una libertà totale, ma non solo. Una parte essenziale del mio essere era affidata a lui, che la proteggeva, io non me ne occupavo. Ho vissuto anni al suo fianco in questa leggerezza." Attraverso i luoghi che hanno esplorato insieme e le persone che hanno frequentato, Catherine Millot racconta l'"altro" Lacan, quello dei viaggi in Italia, a Roma e a Venezia, il Lacan delle gite in macchina (un pazzo al volante?), che guida senza tenere conto del colore dei semafori, o quello dei tuffi nella piscina di Guitrancourt in ogni stagione e con qualsiasi tempo. In questo testo elegante, delicato e spesso divertente, il lettore sarà sorpreso di scoprire, dietro lo psicoanalista Lacan, un uomo generoso, seducente, senza pregiudizi e molto semplice nei rapporti con gli altri.
È possibile leggere “con uno sguardo diverso” la Bibbia senza tradirla o fraintenderla? La prospettiva psicoanalitica proposta in questo saggio aiuta a scoprire contenuti, idee, emozioni che la pagina evangelica contiene in sé e comunica, al di là di letture di comodo o convenzionali.«Trovo molto interessante questo rapporto tra linguaggio psicoanalitico e lettura del Vangelo, perché l'attenzione ai sentimenti, alla cura degli affetti, alle proprie esperienze personali è importante per accogliere la Bibbia come parola rivolta a tutti» (dalla prefazione di don Virginio Colmegna).Una densa rilettura “con uno sguardo diverso” di alcuni famosi brani evangelici che parlano a tutti, credenti e non credenti.
Prendendo le mosse dal lavoro di Winnicott e Bion, lo psicoanalista Thomas Ogden mostra come una vita non vissuta possa essere riconquistata nell’esperienza dell’analisi. Il libro analizza il ruolo dell’intuizione nella pratica psicoanalitica e il processo di sviluppo di uno stile analitico unico e soggettivo. Ogden affronta le molte interazioni tra verità e cambiamento psichico, l’effetto trasformativo degli sforzi di confrontarsi con la verità dell’esperienza e il modo in cui gli psicoanalisti possono comprendere l’evoluzione psichica dei loro pazienti. Il volume traccia una nuova via che gli analisti possono percorrere per utilizzare la nozione di verità nel lavoro clinico, così come nella lettura psicoanalitica delle opere di Kafka e Borges.
Ogni giorno, all’ora del pranzo, siamo costretti a subire vere e proprie nevrosi traumatiche. Panini, Coca Cola, tramezzini e hamburger: è questa la vera psicopatologia della vita quotidiana, e il vero disagio della civiltà. Quale miglior terapia di un libro di cucina freudiana, di questa lista di piaceri orali soddisfatti à la carte? Le ricette mescolano le migliori intuizioni della cucina viennese ai ricordi del padre della psicoanalisi. E, naturalmente, il gusto è dato da una straordinaria ironia. Questo titolo è destinato ai golosi di aneddoti sui grandi della psicoanalisi ma anche a quanti vorranno divertirsi a trasformare in piatti fumanti le proposte di questo singolare ricettario in salsa viennese.