Il tema dell'anima e il suo stretto legame con l'identità e la libertà dell'uomo.
Martin Heidegger era un credente? E' noto che fosse un pensatore di formazione cattolica, ma qui l'interrogativo, accostandosi al vissuto spirituale, investe la cosa stessa del suo pensare,: la domanda sull'essere. In una prospettiva che fa dell'ermeneutica l'insieme di etica, estetica e filosofia, queste dimensioni diventano espedienti della fattività della vita in quanto tale. Di qui l'intreccio tra fede e ragione, filosofia e teologia, riflessioni che hanno lasciato un solco nel pensiero teologico contemporaneo - da Bultmann a Rahner, Przywara, Bonhoeffer - e persino nella fisionomia di Heidegger come "anticattolico". La sua stessa ricerca di una "nudità radicale dell'essere" afferma e nega al contempo il rapporto con la trascendenza: se la povertà dell'esserci è la ragione del suo filosofare - e quesito comune alla fede - quella stessa nudità è una condanna a non lasciar balenare le ragioni della salvezza attesa invece dal cristiano. Nel dialogo tra Pierfrancesco staggi e un testimone d'eccezione quale Heinrich Heidegger, emerge, insieme ai ricordi di famiglia, un ritratto inedito di Martin Heidegger.
Heinrich Heidegger, sacerdote diocesano e nipote di Martin Heidegger, si è laureato in Filosofia e Teologia all'Università di Freiburg e Munchen. Vicino allo zio nell'ultima fase della sua vita, ne ha raccolto preziose testimonianze filosofiche e teologiche. Dal 1994 a Mebkirch cataloga materiali sulla biografia del filosofo.
Pierfrancesco Stagi svolge attività di ricerca presso le Università di Torino, Tubingen e Freigburg.
Lo gnosticism o "spirit gnostico" costituisce l'essenza dell'epoca tardo-antica, visibile in Filone, in Origene e persino nell'antignostico Plotino: letteralmente "conoscenza", fa perno sull'angoscia dell'uomo e sull'idea di "fuga dal mondo". Per la sua naturale mescolanza di elementi mitologici e cristiani, ermetici e mistici, non è però circoscrivibile storicamente a un solo ambito, religioso o culturale. Una prospettiva dualista che, opponendo tenebre e luce, sfera mondana e sfera divina, è il sostrato del pensiero occidentale dall'antichità all'età moderna, ma anche del Novecento - con Heidegger, Barth, Benjamin… Questo stesso è il nucleo della speculazione di Hans Jonas, ed è presentato qui nei suoi lineamenti, frutto di un lungo scavo filologico, come "principio gnostico". Un pensare la contraddizione, e guadagnare la verità, che diventa modello ermeneutico: sul piano esistenziale si traduce nel rispondere all'angoscia del mondo con il "principio responsabilità" che, rovesciando la gnosi nel senso di appartenenza al reale, ci rende soggetti liberi di agire.
Hans Jonas (1903-1993) è stato tra i maggiori filosofi della seconda metà del Novecento.
Claudio Bonaldi collabora con l'Università di Milano per la cattedra di Filosofia morale.
"Che cos'è la verità?" è la domanda che Ponzio Pilato fece a Gesù e che oggi viene rivolta, nell'ambito di una disputatio tenutasi nella cattedrale di Rouen, a due filosofi francesi contemporanei, ben noti anche al pubblico italiano: Fabrice Hadjadj e Fabrice Midal. Partendo da punti di vista radicalmente diversi, entrambi propongono al lettore interessanti spunti di riflessione su una questione che ha attraversato la storia della filosofia, della religione, della letteratura e dell'arte, e che ciascuno è costretto ad affrontare nel corso della vita. Per Midal la ricerca della verità si inscrive nell'ambito del buddhismo, verso cui il filosofo, di origine ebraica, ha da tempo rivolto il suo interesse (ritrovandone echi suggestivi anche in Rilke e in Monet). Per Hadjadj - pure di origine ebraica, ma convertito al cristianesimo - la ricerca della verità si realizza soprattutto nell'incontro con l'Altro, colto nella sua irriducibile diversità e concretezza, di cui la persona di Cristo è l'espressione folgorante e assoluta.
Questo libro è il racconto di un pensiero per così dire "al lavoro", in cui non si tratta semplicemente di esporre tesi o elaborare "punti di vista", quanto piuttosto di fare attenzione e riconoscere quando _ e come - gli eventi, gli incontri, le idee mettano in questione la nostra ragione, la provochino a domandare, a cercare il significato di sè e del mondo. e' solo accogliendo questa provocazione che la ragione si scopre a sua volta capace di porre e di mantenere aperte le questioni decisive per il nostro tempo.
Per questo l'inquietudine non è uno stato d'animo particolare in cui il nostro io venga a trovarsi di fronte a certi problemi, ma costituisce come la stoffa della nostra ragione, vale a dire il suo dinamismo più proprio e il suo metodo permanente. Un'inquietudine che non è solo il sintomo di una mancanza o la ferita di un'incapacità, ma anche e soprattutto il segno della presenza, in noi, di una domanda che è sempre più grande di noi.
Il volume raccoglie articoli, interventi, relazioni dell'autore organizzati in quattro sezioni tematiche (1. L'io, la razionalità, l'educazione; 2. Libertà vs verità; 3. La sfida del nichilismo; 4. Accogliere il reale, desiderare l'infinito) introdotte da un'intervista dell'autore: "L'età dell'incertezza".
Il determinismo è stato uno dei temi più discussi nel pensiero occidentale, attraversando campi assai diversi, dalla filosofia alla religione, dalla scienza alla poesia. Ciò sembra dipendere dallo stretto legame che esso intrattiene con una delle questioni centrali nella vita umana: la natura e l'estensione della nostra libertà. Ma il determinismo è davvero una teoria che non lascia scampo al libero arbitrio, trasformando ogni individuo in una marionetta, illuso però nel profondo di essere lui a far muovere lo spiedo? Per rispondere a tale domanda, l'autrice ripercorre le opere degli autori che più hanno contribuito all'elaborazione di tale concetto, mettendo in luce i diversi significati che il determinismo ha assunto nei tre ambiti tradizionali della metafisica (mondo, Dio, uomo).
"Un modo di concepire e di praticare la filosofia del diritto tuttora esemplare: per il rigore analitico, per la chiarezza concettuale e per l'impostazione razionale dei problemi. L'alternativa tra giusnaturalismo e positivismo giuridico è tornata oggi a riproporsi nel diverso modo di concepire le costituzioni e il costituzionalismo: come insiemi di principi morali oggetto di bilanciamento legislativo o giudiziario, oppure come sistemi di limiti e di vincoli normativi rigidamente imposti a tutti i pubblici poteri. Di qui l'attualità di questo libro, quale fonte tuttora preziosa di chiarificazioni concettuali e di indicazioni metodologiche." (dalla Prefazione di Luigi Ferrajoli). Il libro è diviso in tre parti. Nella prima parte Bobbio illustra la sua concezione della filosofia del diritto, distinguendone i diversi compiti, analizzandone i diversi problemi e proponendo un programma di lavoro finalizzato alla chiarificazione dei concetti, alla sollecitazione del confronto tra i diversi orientamenti filosofici contro ogni forma di dogmatismo. Le altre due parti del libro sono dedicate alla secolare controversia tra giusnaturalismo e positivismo giuridico, della quale Bobbio analizza con chiarezza e precisione i termini, il significato e i diversi piani sui quali l'alternativa viene di solito proposta.
La democrazia non godeva di buona fama nell'antichità, neppure nella città che le aveva dato i natali. L'avversione di gran parte degli intellettuali ateniesi nei confronti del governo 'dei molti' derivava dall'opinione per lo più negativa che gli scrittori antichi avevano del popolo, assimilato a una massa ignorante e irrazionale, facile preda delle lusinghe dei demagoghi. Nell'età moderna il giudizio nei confronti della democrazia muta, ma i dubbi sulla capacità del popolo di autogovernarsi si ripropongono, alimentati dai non pochi casi di pessime decisioni assunte dai cittadini nell'esercizio della sovranità: dalla elezione di Luigi Napoleone a presidente della Repubblica, nel 1848, al voto che conduce al potere Hitler, nel 1933, all'irresistibile ascesa, nel corso del XX e XXI secolo, di improbabili 'uomini della provvidenza' che, in nome del popolo, si ergono al di sopra della legge e dello stato di diritto. Il volume si sofferma su alcuni di questi episodi, identificando quattro distinte dimensioni del problema dell'incompetenza del popolo, esemplificate dalle figure del demos, della plebe, dei subalterni e degli 'stupidi'. Tali figure fanno la loro comparsa in epoche diverse, suscitando la paura e l'ostilità dei ceti colti e aristocratici, ma provocando sconcerto anche in chi crede nel valore dell'eguaglianza politica, ma non si nasconde il problema delle insufficienti capacità critiche dei cittadini-elettori.
Il volume è destinato a tutti coloro che desiderano utilizzare gli strumenti della logica, della dialettica e della retorica per argomentare correttamente, cioè per sostenere una propria tesi o confutare una tesi avversaria, ma anche per comprendere con capacità critica le posizioni altrui. In un'epoca in cui si è fatti bersaglio di messaggi e tesi di ogni genere, da parte di politici, pubblicitari, giornalisti, intellettuali televisivi, oratori nazionalpopolari, questo testo, qui presentato in una nuova edizione ampliata e approfondita, è un vademecum necessario per chi continua a credere nel valore dell argomentazione razionale.
Oggi, più che del declino dei valori, forse occorrerebbe parlare della pericolosa incertezza in cui versano i discorsi. Il dibattito pubblico deraglia anche per la profonda confusione che riguarda certe parole-cardine della vita associata, come appunto "verità". La filosofia contemporanea ha riflettuto a lungo sulla nozione di verità, ma se poco o nulla è trapelato nella sfera pubblica, la mancata comunicazione va imputata ai filosofi stessi, troppo chiusi in ambiti di ricerca non dialoganti, innanzitutto, tra loro. Finalmente una delle filosofe italiane più lette crea il ponte di cui c'era bisogno, trattando la verità come un concetto "speciale", ossia fondamentale e trasversale, che va chiarito preliminarmente per non incorrere in abusi e fraintendimenti. Franca D'Agostini ci spiega in che cosa consiste la straordinarietà di questa parola, ne precisa significato e uso e ne discute la legittimità. A scettici e nichilisti raccomanda: rendete duttile la vostra logica, e non avrete più molte ragioni di scetticismo riguardo alla verità. Se infatti scienza, cultura, politica, religione si avvalessero di logiche più duttili e metafisiche più permissive, è probabile che molte difficoltà a discriminare il vero dal falso verrebbero meno.
Che significato ha l’esperienza estetica nella nostra vita di cittadini di un mondo globalizzato e ipertecnologico? In che misura le preferenze estetiche sono dettate soltanto da emozioni e sentimenti? Quale immagine della mente umana ci restituisce un’analisi filosofica dei fatti estetici? A tali domande questo libro risponde in maniera chiara e originale. Misurandosi con il dibattito filosofico contemporaneo ma anche con la ricerca nell’ambito delle neuroscienze e della psicobiologia, l’autore definisce l’esperienza estetica come sintesi tra gli aspetti emotivi e quelli cognitivi della percezione.
Interrogato da un teologo su quale fosse la caratteristica più spiccata di Dio creatore, il biologo inglese J.B.S.Haldane rispose: "Una smodata predilezione per i coleotteri". All'epoca se ne consideravano circa quattrocentomila specie contro... una sola del genere Homo. E forse i coleotteri popoleranno il pianeta quando Homo sapiens non sarà nemmeno più un ricordo. Frutto di cosmica contingenza, uno dei tanti arbusti del "cespuglio della vita" sopravvissuti alla lotta per l'esistenza, l'essere umano si è fatto strada in una natura che non perde occasione di schiacciarlo, facendogli provare il senso della solitudine nell'Universo. In questo libro Telmo Pievani ci rammenta che la comparsa degli organismi viventi è stata un fenomeno inatteso, e ne ricostruisce la storia evolutiva come un intrico di biforcazioni privo di direzioni privilegiate, sicché anche l'animale uomo si rivela tutt'altro che l'eccezione animata dalla scintilla divina. Proprio in questo modo si conquista una rinnovata solidarietà con tutta la "rete del vivente", come la chiamava Charles Darwin, senza nessuna concessione a fondamentalismi e superstizioni.