"Ho deciso di scrivere questo libro per presentare la Cabbala come una fonte di saggezza, che ha dimostrato la propria validità nel corso di migliaia di anni. In effetti, come guida spirituale e pratica alla vita, la Cabbala è, oggi, più attuale che mai. Questo libro racconta la vera storia della Cabbala: come è nata, come si è evoluta e come può rappresentare, oggi, una guida per tutti noi, aiutandoci a vivere in modo sereno e prospero, pur nelle incertezze del mondo di oggi. Racconta anche il viaggio personale che state per intraprendere alla scoperta del significato della vita e della nostra collocazione nell'universo. Ho raccontato la storia della Cabbala in modo chiaro e semplice, perché desidero che la lettura di questo libro sia gradevole quanto è stata la sua scrittura. Se poi 'La Cabbala rivelata' dovesse riuscire a donare sicurezza e serenità alla vostra vita e un'occhiata all'eternità, questa sarà la mia ricompensa." (Michael Laitman)
Tra luglio e dicembre del 1933 il teologo cristiano Gerhard Kittel e il filosofo ebreo Martin Buber intrattengono una polemica pubblica che si esprime attraverso alcuni brevi testi, proposti integralmente per la prima volta in italiano. La disputa si incentra sulla figura del ger, lo straniero che nei tempi biblici viveva in mezzo al popolo d'Israele e la cui collocazione sociale diviene ora paradigmatica per l'atteggiamento cristiano nei confronti degli ebrei che, a parti invertite, hanno assunto quel ruolo nella società tedesca. La discussione, che riguarda una questione attualissima - divenuta ancor più cruciale dopo l'ascesa di Hitler al cancellierato il 31 gennaio 1933 - assume quindi la veste di una diatriba nell'ambito dell'esegesi biblica. L'esito dovrebbe per Kittel fornire - e per Buber sottrarre - al legislatore tedesco un supporto biblicamente fondato per assumere decisioni sul posto e sul ruolo da assegnare agli ebrei nel Terzo Reich. Al di là del palese fair play accademico, tutto separa religiosamente e politicamente i due interlocutori. L'unico terreno comune è il riferimento al testo biblico, la cui normatività ed esemplarità è costitutiva, sia pure in modo non identico, delle rispettive appartenenze religiose.
Il primo menù completo che compare nella Bibbia viene descritto nel libro della Genesi e riguarda il cibo che Abramo offre ai suoi ospiti, poi rivelatisi di natura divina: focacce di fiore di farina probabilmente impastate con olio; tenera carne di vitello; latte acido che fa pensare allo yogurt; latte fresco come bevanda. L'ebraismo, che esprime la più corposa legislazione alimentare mai conosciuta in nessun'altra religione, non è vegetariano anche se distingue animali leciti e proibiti, fissa norme rituali ben precise per l'uccisione e l'eliminazione del sangue e proibisce di cucinare insieme latte e carne. Al contrario delle religioni dell'Oriente e dell'islam, la religione ebraica non conosce divieti per quanto riguarda il vino e si limita a condannarne l'eccesso. L'autore parte da una presentazione generale per poi illustrare le norme alimentari, con gli aspetti teologici e le questioni ancora aperte. Chiude con alcune ricette di facile preparazione, con cui chiunque può cimentare le proprie capacità di "dialogo gastronomico".
Israele è un Paese dai mille volti, un coloratissimo "mosaico umano" che tuttavia, ancora oggi, rimane nel complesso poco conosciuto, quasi "nascosto" dietro le ombre del conflitto israelo-palestinese. Lungi dall'essere una società monolitica sotto l'aspetto religioso, etnico o politico (accontentarsi dello "stereotipo" dell'israeliano come ebreo bianco di origine europea è ormai riduttivo), ospita tante "tribù", ciascuna con proprie peculiarità. Elisa Pinna traccia una panoramica di queste componenti (spesso minoritarie): dagli ebrei ultraortodossi agli abitanti dei kibbutz, dai coloni alle comunità di immigrati, dai drusi ai cristiani di espressione ebraica. Un viaggio attraverso i tasselli che contribuiscono a formare il mosaico-Israele. La prefazione è di Amira Hass, giornalista molto nota in Israele, corrispondente del quotidiano Haaretz da Ramallah, nei Territori palestinesi. Una voce spesso critica - a volte caustica - nei confronti del suo stesso popolo e della politica israeliana.
Due interventi brevi e profondi intorno al silenzio, tema cruciale sia per la riflessione religiosa che per l'analisi della società contemporanea. Una dimensione costitutiva dell'uomo sempre più messa a rischio, con la conseguenza di parole svuotate di senso in un inutile, diffuso brusio. Il biblista ed ebraista Piero Stefani parte dalla Bibbia (che in quanto racconto scritto rappresenta un primo, insuperabile ammutolirsi della parola divina) per indagare la sfida dell'apparente silenzio di Dio davanti a situazioni come Auschwitz o la storia di Giobbe. Il filosofo Silvano Zucal propone un approfondimento su questa ricchezza dell'umano a partire dalla dialettica costitutiva tra il silenzio e le parole, considerando i rischi di una parola che smarrisce senso e comunità.
La Festa di Pesach, i canti dell'Haggadà, il racconto dell'esodo, la tradizione... Interamente a colori e rivolto alle famiglie. Illustrato da disegni di bambini, oltre che da fotografie, il libro rappresenta una guida semplice e allegra per condurre qualsiasi pubblico all'interno della Pasqua ebraica, con i valori, i significati, i simboli che trasformano una cena in una esperienza indimenticabile.
Nel luglio 1555, con la bolla "Cum nimis absurdum" papa Paolo IV limitò i diritti della comunità ebraica dello Stato della Chiesa e impose l'istituzione del ghetto. Da quel momento in poi, gli ebrei a Roma avrebbero dovuto vivere in una o più strade contigue, separate dalle abitazioni dei cristiani. Questa imposizione fu accompagnata da varie clausole, quali il divieto di avere servitù cristiana, la possibilità di commercio solo di stracci e vestiti usati e l'obbligo di portare il cappello o il fazzoletto giallo per uomini e donne. Lo scopo primario del ghetto doveva essere quello di accelerare la conversione degli ebrei e la dissoluzione della loro cultura, ma - come qui mostra Kenneth Stow, uno dei massimi esperti di storia degli ebrei italiani - già prima del 1555 gli ebrei romani avevano sviluppato modelli di comportamento individuali e comunitari in grado di poterli sostenere anche nei periodi più duri. Dopo la creazione del ghetto riuscirono a rafforzare ulteriormente le proprie strategie di acculturazione e a sviluppare quindi una microcultura che ne salvaguardò l'identità attraverso i secoli. Grazie ad un sapiente gioco delle parti, gli ebrei romani misero in scena un "teatro sociale" in grado di farli sopravvivere, restando ebrei e romani, all'interno di un ambiente cristiano che le gerarchie ecclesiastiche avrebbero voluto dominante e oppressivo.
"Raccontandoci queste storie, le nostre madri ci facevano addormentare, quando eravamo piccoli, e noi sentivamo in esse la loro nostalgia per i luoghi della loro infanzia, lasciati per sempre, e rivisitati con la fantasia. Per mezzo di queste storie i nostri padri ci hanno educati al buon comportamento e alle buone azioni, e ci hanno insegnato a ridere. [...] Dentro queste storie l'uomo trova sempre le parole che gli spiegano la ragione e le circostanze della vita, e la consolazione ai dolori che non hanno rimedio". (Matilde Cohen Sarano)
A dieci anni dalla morte del grande filosofo francese, questo volume tocca una delle questioni che più hanno occupato la sua riflessione negli ultimi anni di vita: l'eredità culturale ebraica nel rapporto con l'Occidente. Nelle tre interviste qui pubblicate, Derrida prende posizione nei grandi dibattiti del nostro tempo indagando temi specifici: la sfida della giustizia, il dovere del perdono e quello della memoria, l'ordine mondiale e le superpotenze, il confronto inquietante con l'Altro. A partire dalla circoncisione (patto di alleanza, marchio degli eletti, ma anche incisione, segno, separazione, e in quanto tale atto linguistico) Derrida riflette sull'essenza conoscitiva dell'ebraismo e sulle questioni che l'eredità culturale ebraica pone a tutto l'Occidente. Nelle pieghe di un discorso sottile ma sempre vivacemente militante, le parole-chiave della riflessione civile e morale vengono ricondotte da Derrida alla loro radice storica. Liberate dalle secche della banalità attraverso il loro potenziale di polisemia, di ambiguità e di mistero, le grandi parole d'ordine tornano qui a offrire conoscenza e risposte che stimolano a pensare fuori dai luoghi comuni.
In questo libro, che si distingue per chiarezza e semplicità d'esposizione, Jacob Neusner risponde agli interrogativi fondamentali che riguardano il mondo del giudaismo da cui è nato il cristianesimo. Neusner dà un quadro delle vicende storiche e religiose di Israele e analizza il patrimonio del giudaismo che si conservò tra coloro che non divennero cristiani. Neusner discute anche la controversa questione dei farisei e tenta di ricostruire l'identità dell'Hillel storico. Questo libro, ben documentato e accessibile, si rivolge direttamente a tutti coloro che sono interessati alla fede ebraica e cristiana e ne cercano il senso risalendo alle loro comuni radici storiche.
Sotto il nome di Teologia ebraica si raccolgono le fila dei molteplici percorsi che nella storia del popolo ebraico hanno sviluppato idee, dottrine e credenze in senso lato "teologiche", i cui tratti divengono più chiari in età moderna e contemporanea. L'analisi storica qui compiuta va dalla costituzione della Bibbia ebraica al giudeo-ellenismo, dalla letteratura rabbinica e qabbalistica fino alla cesura della Shoà, intrecciando alcuni dei più significativi spunti dei nostri giorni - la teologia politica dopo la nascita di Israele, la teologia femminista, le correnti postmoderne. Si apre così una prospettiva sul particolare profilo culturale che accomuna una comunità religiosa in movimento, non circoscrivibile in un sapere dai contorni chiusi, e che include la concezione di Dio ma anche la nozione di Israele, la Legge (Torà) scritta e orale e il commento dei testi sacri, la celebrazione del tempo nella liturgia (quotidiana e sabbatica, mensile e annuale) e un ampio spettro di pratiche personali e collettive che, nei secoli, hanno forgiato l'identità ebraica - un'identità plurale.