È il 1944, anno di guerra e di Resistenza alla dittatura fascista e all'occupazione nazista. Franco Passarella, diciotto anni appena, matura la scelta coraggiosa di partire per la montagna. Vuole unirsi ai partigiani, ai "ribelli per amore-, andare a combattere per la libertà di tutti. Ma poi, misteriosamente, scompare in Val Camonica e dopo la Liberazione non farà ritorno a casa. Cosa spinge un giovane, poco più che adolescente, a rischiare la vita per i propri ideali? Cosa è realmente accaduto lassù, tra quei monti grigi, in quel tempo lontano così carico di odio e di morte? Il libro è un appassionante viaggio alla ricerca di una verità scomoda, sepolta dal silenzio che riemerge lentamente, prepotentemente, a ottant'anni di distanza.
Nel giugno 1942, mentre si andavano precisando i segni dell'annientamento della comunità ebraica dei Paesi Bassi, una giovane donna di ventisette anni scriveva in una cameretta di Amsterdam su modesti quaderni di scuola, la propria vita e il proprio travaglio interiore nella ricerca di Dio. P. Lebeau, autore del libro, ripercorre la vita di Etty Hillesum attraverso i suoi scritti proponendo al lettore una testimonianza intensamente personale, di una singolare modernità e soprattutto scevra da riferimenti espliciti a qualunque tradizione confessionale.
Protagonista emblematica della storia d'Israele, ricordata da alcuni con affetto e da altri con biasimo, amata o detestata, ma sempre e comunque considerata iconica e quasi leggendaria, Golda Meir è stata la prima premier donna, e finora l'unica, alla guida dello Stato d'Israele, segnandone per sempre, con la sua forte personalità e le sue scelte politiche, l'identità e il destino. Nata a Kiev in epoca zarista, seguì prima la famiglia negli Stati Uniti per poi trasferirsi da adulta in Palestina, territorio all'epoca sotto il protettorato britannico. Animata da spirito pionieristico e dal sogno socialista sionista, Golda ha scalato pian piano tutti i gradini del Mapai, il partito laburista, prima come membro di un kibbutz, poi come segretaria e impiegata del sindacato dei lavoratori, fino ad arrivarealla carica di ministro del Welfare, degli Esteri e infine ad assumere il ruolo di primo ministro dal 1969 al 1974.
Il generale più famoso d'Italia, autore del libro più venduto e discusso del momento, "Il mondo al contrario", torna in libreria con la sua autobiografia. Un volume molto personale, che accompagna il lettore alla scoperta di un uomo che ha scelto di essere incursore in ogni momento della vita. Sempre in prima linea, protagonista di scelte imprevedibili e non convenzionali, capace di realizzare l'impossibile. Alla fine, il coraggio vince.
Il volume ripercorre la straordinaria vicenda umana del Domenicano Henri Didon, protagonista delle origini del Cio, il massimo organismo sportivo internazionale, che contribuì a fondare a fine Ottocento con l'amico Pierre de Coubertin. Nell'ottica del rinnovamento del sistema educativo ai fini della formazione integrale della persona, Didon assecondò l'idea di Coubertin di utilizzare gli sport atletici nelle scuole. Questo fu solo l'inizio di un progetto, con radici tomiste, che ha visto nascere il famoso motto "Citius, altius, fortius", vera e propria "palestra di virtù".
«Dai miei ricordi dell'infanzia e della giovinezza ho tratto emozioni e memorie che mi hanno commosso. Dalla mia vita di medico ho cercato di trarre spunti per riflessioni sulla vita stessa, sulla scienza, sul significato di essere medico e di essere medico cattolico». Il grande neurochirurgo Giulio Maira si racconta in queste pagine come in un intimo diario. Un viaggio che attraversa tanti anni dall'infanzia alla maturità, ripercorrendo le esperienze più importanti, l'intreccio di scienza e vita, la fede, l'incontro con le suore di Madre Teresa, i personaggi conosciuti, i pazienti eccellenti (come Gian Carlo Menotti, Francesco Cossiga, Giulio Andreotti, Oscar Luigi Scalfaro), l'amicizia e la collaborazione con Rita Levi Montalcini. In "Le farfalle dell'anima" (un omaggio a Ramón y Cajal e a come lui definiva i neuroni) ritroviamo una vita intera spesa per la medicina e per la scienza intesa come servizio per il prossimo. Un concentrato di umanità che scaturisce dal prendersi cura di qualcuno che soffre e che si trova in un momento di debolezza fisica e psicologica. La sua testimonianza originale è anche un tentativo di far capire ai più giovani che ogni lavoro va affrontato con passione e coraggio: mai essere tiepidi di fronte alle scelte importanti. Mettiamo in campo «cuore e coraggio».
Ludovico Maria Sforza detto "il Moro" (1452-1508) fu un personaggio di primo piano nella politica e nella cultura del suo tempo. La scalata al potere dello Sforza, la sua personalità e i suoi progetti in campo culturale e artistico sono all'origine dello splendore della corte milanese a fine Quattrocento. Da cadetto destinato a un profilo politico minore, diventò il settimo duca di Milano grazie a una strategia abile, paziente e talvolta spregiudicata, rimuovendo insidie e ostacoli provenienti da molti avversari e nemici. Tra coloro che cercarono di chiudere la strada alle sue ambizioni, l'ultimo e fatale fu Luigi di Orléans, che nel 1495 lo contrastò in Lombardia e nel 1500, diventato re di Francia, lo sconfisse e lo relegò in una prigione presso Tours, dove restò fino alla fine dei suoi giorni.
Nulla mancava alla Germania di Hitler per costruire una bomba atomica, e sarebbe stata la prima della storia. C'era il sostegno delle alte gerarchie naziste, c'era l'appoggio della casta militare, c'erano i laboratori e gli impianti industriali meglio attrezzati d'Europa e c'era infine un gruppo di scienziati guidati dal genio della meccanica quantistica Werner Heisenberg, premio Nobel per la Fisica nel 1932 che, pur ricevendo proposte dalle migliori università e dai più prestigiosi istituti di ricerca del mondo, si rifiutò di lasciare il suo Paese. Perché allora non ci fu un'atomica nazista? Una risposta a questa domanda è ben nota: Heisenberg e gli altri scienziati tedeschi sbagliarono i calcoli e sostennero che il piano avrebbe richiesto troppi anni di studi, un'enorme quantità di uranio e sarebbe rimasto comunque di difficile realizzazione. Di fronte a questo scenario, i gerarchi nazisti avrebbero optato per altre strategie. Ma Heisenberg era stato sincero? Aveva davvero creduto che la bomba rappresentasse una possibilità tecnicamente irrealizzabile? Sono le domande che ispirano il lavoro investigativo di Thomas Powers, premio Pulitzer che ha dedicato anni di ricerca a seguire le pur labili tracce lasciate dallo scienziato tedesco, recuperando relazioni ufficiali e documenti segreti, ricostruendo conversazioni private con colleghi e amici, cercando di ricomporre la personalità, le idee morali e politiche di questo gigante della Fisica del Novecento, e smontando una fittissima trama di false accuse, fraintendimenti, reticenze. Come e forse più ancora che nel caso di Oppenheimer, la storia segreta dell'atomica nazista s'interseca con le vicende personali di alcuni tra i più grandi scienziati del secolo scorso: oltre allo stesso Heisenberg e a Robert Oppenheimer, Niels Bohr, Victor Weisskopf, Enrico Fermi, Max Born e molti altri. A rendere la vicenda ancor più intricata è la presenza, accanto agli scienziati e a volte a loro insaputa, dei servizi segreti, che svolsero opera di disinformazione, attivarono reti di spionaggio, progettarono missioni omicide. Questo libro, molto discusso fin dalla sua prima edizione americana nel 1993, propone una ricostruzione profonda e convincente degli avvenimenti legati al progetto dell'atomica nazista e del ruolo di assoluto protagonista giocatovi da Heisenberg stesso. Con lo stile incalzante dello scrittore di spy stories e con il talento del giornalista investigativo, Thomas Powers affronta uno dei capitoli più oscuri e misteriosi del Novecento. Prefazione di Stefania Maurizi.
In tutte le raffigurazioni è l'uomo dalla faccia dimezzata, da quando, nemmeno trentenne, un occhio e la radice del naso li aveva perduti per un colpo di lancia ricevuto durante una giostra. Nella storia del Rinascimento italiano, Federico da Montefeltro, duca di Urbino, è il più stimato e strapagato condottiero, circondato dalla fama per non aver perso (quasi) mai una battaglia. Intelligente, coltissimo, ottimo stratega, bravo statista, abile diplomatico, scaltro (ma sempre elegante) curatore dei propri interessi, assieme al suo grande amore, la giovanissima e affascinante seconda moglie Battista Sforza, Federico riuscì a trasformare la corte del Montefeltro in uno dei centri della cultura e della politica italiane. Ma come ogni vita avventurosa che si rispetti, anche quella di Federico fu costellata da intrighi e misteri mai del tutto risolti: come riuscì da figlio 'bastardo' a impadronirsi del potere? Che ruolo ebbe nella famosa 'congiura dei Pazzi'? La vita incredibile di uno dei personaggi più significativi del Rinascimento italiano.
Don Peppino Diana era soltanto un giovane prete, affamato di vita. Né cercava la morte né desiderava il martirio. Don Peppino non è stato un funzionario del sacro, un asettico distributore di sacramenti e di certificati, un burocrate della religione, un indifferente celebrante di morti ammazzati. Non ha accettato di tollerare i soprusi, le intimidazioni e la paura che la camorra imponeva a Casal di Principe e non solo. Annunciando il Vangelo in una terra di omicidi e violenza come prete non ha mai potuto predicare la rassegnazione. In una realtà dove la camorra pretendeva di cogestire il sacro e anche di finanziarlo, di governare e controllare bisogni e diritti, don Peppino ha semplicemente offerto la testimonianza sacerdotale che non era possibile nessuna intesa tra chi uccideva e pretendeva di essere il padrone del mondo e un cristiano, tanto più un prete. Don Peppino aveva il senso della missione in quanto parroco al quale è affidato un popolo e per quel popolo mette in conto la propria vita. Non dunque l'eroismo dei super uomini, ma la testimonianza di un semplice uomo, incarnato in una storia comune ma che non ha trovato scuse per tacere e ha cercato di capire cosa andasse fatto in quel luogo e in quel momento.
Il 3 agosto del 1924 moriva a Bishopbourne, un piccolo e tranquillo villaggio dell'Inghilterra meridionale, Józef Teodor Konrad Korzeniowski, ovvero Joseph Conrad, uno dei più grandi scrittori della modernità. Unico erede di una famiglia aristocratica polacca, quasi cinquant'anni prima aveva lasciato il suo Paese per sfuggire alla polizia zarista e per inseguire il sogno romantico di una vita sul mare. Si era imbarcato a Marsiglia e aveva navigato per vent'anni. Questa vita avventurosa, sempre a contatto con il lato più selvaggio e imprevedibile della natura e degli esseri umani, trovò poi forma, trasfigurata, in capolavori come "La linea d'ombra", "Cuore di tenebra", "Lord Jim", "Tifone". Con lui si viaggia dall'arcipelago malese al Centro America, dal cuore del continente africano a cupe atmosfere londinesi, leggendo storie che hanno affascinato generazioni di lettori, coinvolgendo i più giovani per il senso dell'avventura e del mistero e i più adulti per la profondità e la molteplicità di punti di vista interpretativi e narrativi. Questa biografia, intrecciando vita e opere, ne porta in piena luce aspetti coinvolgenti e intramontabili: il confronto con la natura e con la storia, la solitudine e le responsabilità dell'uomo, l'amore per la libertà e l'avversione per ogni totalitarismo.
Questa è la storia di Franco Basaglia, nato nel 1924, figura rivoluzionaria che ha dimostrato che i 'pazzi' potevano vivere fuori dagli istituti e che ha lottato per il superamento degli ospedali psichiatrici. Ma è anche la storia di Rosa, coetanea di Basaglia, una giovane donna nata e cresciuta non lontano da lui, che viene investita da un'auto e che da quel momento combatte con le crisi epilettiche e con la malattia mentale. Rosa per tutta la vita affronta il manicomio, l'elettroshock, l'uso massiccio di psicofarmaci, l'assenza di diritti civili, lo stigma. «Cento giorni che non torno», ripete a una delle figlie che la va a trovare in manicomio di nascosto, perché una madre internata è una vergogna. Le due vite di Franco e Rosa corrono parallele in un secolo in cui l'approccio alla malattia mentale cambia profondamente. Con l'approvazione della legge 180 si apre una stagione di speranze, ma l'iniziale entusiasmo lascia spazio presto alla lotta delle famiglie con servizi pubblici sottodimensionati, alla preoccupazione per i Tso violenti, alla diffusione di un 'manicomio chimico'. Valentina Furlanetto ci accompagna, con la lucidità della cronista e la sensibilità della scrittrice, in un viaggio tra dolore, vergogna, voglia di libertà.