Il volume, in continuità con l'approccio delineato nel primo, analizza i principali snodi della filosofia moderna - dall'umanesimo rinascimentale all'evoluzionismo - ponendo al centro la questione antropologica e le "vie" di un umanesimo che la modernità ha proposto. Le grandi questioni tematizzate nel manuale - anima, corpo, relazioni - trovano nella filosofia moderna una rinnovata attenzione e un'apertura a molteplici dimensioni dell'umano: dall'arte all'economia, dalla politica al diritto, dalla teologia alla logica. È un'epoca storica ricca e variegata che, tra non univoche interpretazioni, risulta essenziale per comprendere la configurazione del pensiero occidentale contemporaneo, i suoi esiti e le sue sfide. Si rinnova così la capacità di inaugurare uno spazio di confronto con altre discipline e con un nuovo percorso storiografico che segna profondamente le attuali proposte antropologiche.
Addentrarsi ad esplorare oggi il tema della vocazione alla propria identità è più che mai appassionante e delicato. Si tratta infatti di attraversare un territorio in cui si incrociano in modo misterioso, e ogni volta unico, natura e cultura, auto-trascendenza e condizionamenti, biologia e simboliche, relazioni e solitudini esistenziali, molteplicità e unità. Con questo volume il gruppo di Ricerche di Ontologia Relazionale (ROR) ha voluto aprire uno spazio affinché speculativi ed educatori, insieme a terapeuti e sociologi, potessero condividere l'indagine di questo territorio mettendo in comune le mappe delle proprie esplorazioni, tracciate con molto lavoro e in tanti anni nell'ambito delle rispettive aree di competenza. Come sappiamo una mappa non può rappresentare esaustivamente la realtà che rappresenta, ma permette di orientarsi nel pensiero, senza il cui apporto riflessivo non è possibile trarre dalla vita una esperienza e tanto meno trasformare il vissuto in cultura. Abbiamo perciò titolato il volume Identità relazionale e formazione perché crediamo che il farsi delle identità - siano esse professionali, sociali o spirituali - non sia osservabile senza una stabile attenzione al farsi e al moltiplicarsi delle relazioni.
È tempo di rispolverare la statua esposta nelle nostre chiese. È tempo di darle un volto umano, perché la santità non è ciò che ci allontana dall'umanità, ma ciò che ci impegna infinitamente in essa. Così, Giuseppe di Nazareth non è un padre ideale, ma un padre concreto, travolto, come tutti i padri qui sulla terra, dalla vita che si dona attraverso di lui. E poiché suo figlio è il Figlio di Dio, la Vita in persona, è ancor più sopraffatto di noi, cercando di fare bene, senza dubbio, ma mai all'altezza del suo compito - come si può essere all'altezza dell'Altissimo? - e quindi dovendo sempre affidarsi al Padre eterno. Tra esegesi biblica ed esperienza familiare, Fabrice Hadjadj ci offre in dodici lezioni una piccola guida pratica, intelligente e leggera, per questi nostri tempi così incerti e precari, cercando delle risposte agli interrogativi più profondi ma anche pratici della vita quotidiana. Mostrandoci, così, che oggi come ieri, forse ancora più di ieri, la paternità è la prima e più forte delle avventure.
Nel leggere il titolo e sottotitolo di questo libro, forse qualcuno potrebbe sorprendersi che concetti così astratti come "identità" e "relazione" abbiano a che fare non solo con una realtà concreta e singolare come la corporeità umana, ma soprattutto con ciò di cui essa è condizione, ovvero l'Io, sorgente degli atti umani che rivelano persona. Il saggio vuole descrivere proprio il rapporto fra queste realtà, apparentemente così lontane le une dalle altre, perché - e questa è la tesi centrale - l'origine ed il destino della libertà umana si trova nella relazione con altre persone. A partire da questa tesi l'autore traccia una storia filosofica dell'identità in tre tappe fondamentali: la visione dell'identità come corporeità razionale, che corrisponderebbe al principio d'individualizzazione della metafisica classica ovvero alla materia signata quantitate; la visione moderna dell'identità come autocoscienza; e, infine, la visione post-moderna del rifiuto dell'identità e della sua sostituzione con le differenze. La tesi proposta in questo saggio tiene conto della verità parziale contenuta in questi modi di concepire l'identità. Secondo l'autore, l'identità non è costituita solo da corporeità, autocoscienza, ma anche dalle differenze, specialmente dall'alterità, anzi essa è presente in ognuna delle sue relazioni. Psicologia, neuroscienze e sociologia sono alcune delle discipline da cui si prende spunto nel tentativo di confermare la validità di questa tesi.
Che cos'è la persona? Cos'è la coscienza? Esiste l'anima? Siamo eterni o la morte segna la fine della nostra esistenza? Un saggio filosofico sulla metafisica della persona a partire dal problema degli universali, la questione dei particolari concreti, la persistenza delle entità nel tempo e il problema dell'identità. Tutte questioni che includono la domanda su cosa sia una persona e cosa garantisca la sua persistenza nel tempo. Il libro accende poi un faro sulle principali teorie relative all'identità personale, vale a dire: la visione biologica, la visione psicologica, la visione costituzionale, la visione ilemorfica e altre posizioni importanti nel dibattito contemporaneo.
Pensieri, aforismi e sentenze: è in forma breve il diario intimo che Simone Weil tenne fra il 1940 e il 1942. Ogni suo pensiero racchiude un afflato universale che riverbera l'assoluto, la certezza che soltanto l'amore sovrannaturale è libero, lecito e naturale. Il resto appartiene al qui e ora, con tutto il peso dell'immanenza. Weil ci dice che la totale permanenza così come l'estrema fragilità restituiscono il senso dell'eterno, e le sue parole ci sono di conforto: le sentiamo vibrare dell'urgenza di dare al nostro vivere un senso più alto.
Prendendo spunto dall'indirizzo degli esegeti che negli ultimi tempi si mostrano sempre più interessati agli aspetti normativi della Bibbia e del più esteso antico Vicino Oriente, l'autore riflette sulla legge del taglione nella sua formulazione tipica di "occhio per occhio, dente per dente". E offre una lettura aderente al significato letterale dei testi in cui ricorre tale lemma. Non si tratta di un principio di vendetta, ma di riparazione del danno procurato. Le pagine sfatano gli innumerevoli equivoci e pseudo-interpretazioni dell'antigiudaismo cristiano e della stessa cultura laica sedimentatisi nel corso dei secoli.
L'energia della speranza è un potente catalizzatore che si manifesta attraverso le emozioni, la forza di volontà e la vibrazione delle nostre aspirazioni più elevate. Sentire che siamo in grado di realizzare progetti audaci e ambiziosi è il motore che ci spinge a plasmare gioiosamente i nostri programmi di vita, lasciando una impronta duratura. Non stiamo parlando della speranza sovrannaturale del cristianesimo, dove la certezza si basa sull'ausilio divino. Invece, esploriamo le idee di Leonardo Polo sulla speranza a livello umano, attraverso una lente filosofica che offre una solida base per dialogare con la psicologia contemporanea. Qui, la speranza come emozione positiva si collega alla visione aristotelica e tomistica della passione che ci dà il coraggio di osare. Polo dichiara audacemente che la speranza è più di una semplice inclinazione; è la tendenza umana elevata a virtù. Questa virtù diventa il tessuto connettivo della nostra esistenza, proiettandoci verso il futuro senza compromettere la speranza teologale. La visione di Polo ci spinge a considerare la speranza come un elemento fondamentale, un vero e proprio telaio che supporta la nostra vita. In questa cornice, la speranza non è solo un sentimento, ma una forza costruttiva che ci guida attraverso l'incertezza e ci spinge a realizzare le nostre aspirazioni più profonde. La sua presenza ci invita a guardare al futuro con un senso di fiducia, intraprendenza e connessione con gli altri. Questo studio offre validi spunti per integrare i paradossi della speranza antica, che poggia sulla tensione tra l'illusione e il benessere fugace che ci offre. In quel contesto, il destino è più potente di noi, e l'ultima parola del vaso di Pandora non fa che mantenere una luce effimera e ingannevole nella nostra precarietà esistenziale. Secondo Polo, la speranza è un ingrediente imprescindibile per una vita che si dona, che cresce collaborando con gli altri e sviluppando la propria libertà. Il futuro diventa così un compito collettivo che ci fa crescere come persone.
Il problema dei diritti umani è sempre stato un argomento oggetto di rivendicazioni e dibattiti. Il libro propone un metodo di lettura dei diritti umani, visti nella loro evoluzione storica, basato su due diversi approcci: personalistico e individualistico. Cerca poi di verificare la validità di tale proposta metodologica mediante l’analisi di alcuni fondamentali testi normativi (Carte, Dichiarazioni, Costituzioni), ribadendo in conclusione la convinzione del valore primario della prospettiva personalistica nell’attribuire solida fondazione e coerente giustificazione ai diritti dell’uomo.
Destinatari
Studenti di filosofia, diritto e giurisprudenza, teologia attenti al dialogo tra ragione e teologia.
Autore
Gianfranco MAGLIO (Portogruaro, 1957), laureato in giurisprudenza e in filosofia, è docente stabile presso la cattedra di filosofia dell’ISSR “Giovanni Paolo I” di Treviso - Facoltà Teologica del Triveneto e avvocato patrocinante in Cassazione. Oltre a numerosi saggi di filosofia del diritto, filosofia morale e filosofia medievale comparsi in diverse riviste scientifiche, ha pubblicato: L’idea costituzionale nel medioevo. Dalla tradizione antica al “costituzionalismo cristiano” (Verona, 2006); Lineamenti di filosofia del diritto. Il fondamento dell’esperienza giuridica: dialogo fra ragione, teologia e storia (Padova, 2011); La coscienza giuridica medievale. Diritto naturale e giustizia nel medioevo (Padova, 2014); Ordine e giustizia in Dante. Il percorso filosofico e teologico (Padova, 2015); Libero arbitrio e libertà in San Bonaventura (Padova, 2016); Il mondo di Dante e la povertà evangelica (Padova, 2018); Libertà e giustizia nel pensiero di Tommaso d’Aquino. Un modello di umanesimo cristiano (Padova, 2020).
Fin dalle età più remote la bellezza ha sedotto lo spirito umano. La vicenda dell’uomo, infatti, è contrassegnata dalla ricerca del bello, manifestantesi sotto tutte le latitudini e in tutte le epoche e coinvolgente, in forma crescente, ogni ambito dell’umana esistenza. A ciò si aggiunge che l’interesse per il fenomeno artistico ha determinato ai nostri giorni il sorgere di approcci teoretici molteplici: approcci di na­tura psicologica, sociologica, etnologica, fenome­nologica, che, tut­ta­via, a motivo delle precomprensioni loro sottese, lasciano sovente inevasa la questione concernente la definizione dell’arte e l’essenza del bello. Scopo di questo volume è pertanto offrire uno studio in chiave filosofica della problematica estetica che, sen­za pretese di esaustività e in dialogo con le soluzioni più rilevanti maturate nel corso dei secoli, pervenga a una definizione dell’arte che ritrovi nella bellezza la ragion d’es­­sere più profonda e, nel pulchrum, una dimensione trascendentale dell’essere e un anelito ineliminabile di ogni esistente. È inoltre convincimento dell’autore che, se è eccessivo affermare che solo la bellezza può salvare l’uomo, un’esistenza, in cui il vero, il bene e il bello non siano armoni­camente correlati tra loro, è radicalmente inadeguata a colmare le ambizioni dello spirito umano.
Almeno sin dai lavori di Étienne Gilson sulle origini scolastiche della filosofia cartesiana, sappiamo che il Cogito non è apparso per generazione spontanea nella mente di Cartesio, ma che esso passò attraverso una lunga storia che abbraccia tutto il Medioevo. Il presente volume esplora i maggiori momenti di questo itinerario. Presso sant'Agostino e san Bonaventura, il Cogito viene tematizzato in chiave squisitamente teologica, come segno dell'immagine trinitaria nell'uomo.
Con Domenicani del Duecento e del Trecento, sant'Alberto Magno, san Tommaso 'Aquino e pure Meister Eckhart, la riflessione sull'autocoscienza assume un carattere più direttamente filosofico anche se, ben lungi dall'opporsi alla sua integrazione nella sacra doctrina, essa ne elabora i fondamenti gnoseologici e metafisici. Giovanni Duns Scoto si muove ancora in questa prospettiva. Invece, i pensatori francescani successivi, come Guglielmo di Ockham e la sua posterità nominalista, utilizzeranno in maniera crescente il Cogito come uno strumento epistemologico destinato a misurare il campo del possibile.
Nel presente volume vengono pubblicati gli atti del Convegno Internazionale Il Cogito nel Medioevo, organizzato dalla Cattedra Marco Arosio e la Facoltà di Filosofia dell' Ateneo Pontificio Regina Apostolorum a Roma, i giorni 13-14 ottobre 2020, con i contributi dei professori Alain Contat, Christian Ferraro, Juan Antonio Gaytán, Alessandro Ghisalberti, Rupert Mayer, Carmelo Pandolfi, Graziano Perillo, Davide Riserbato.
Possiamo dire di essere liberi se le nostre decisioni sono spesso il compromesso tra una ragione sedotta dall'oggettività e una emotività che reagisce a ogni stimolo senza starci troppo a pensare? Il confronto serrato tra Kierkegaard e Rahner, tra il filosofo del pathos e il teologo del logos, mostra la possibilità di una vera libertà a partire da quell'uomo libero che fu Cristo. "Pathos e logos sono [...] riconciliati proprio nel credente, il quale sente e conosce, desidera e discerne, vuole e comprende". (Dalla Prefazione di P. Gaetano Piccolo SJ).