Alla quinta edizione traccia un quadro evolutivo della scienza organizzativa, partendo dai modelli meccanici fino ad analizzare i modelli sistemici e la teoria delle contingenze: individuando le variabili fondamentali che influiscono sull'organizzazione aziendale, fornendo spunti di riflessione e strumenti per la valutazione e la progettazione delle diverse forme di organizzazione ed effettuando, infine, una ricognizione sui modelli emergenti. L'organizzazione aziendale ha risentito inevitabilmente dei cambiamenti politici, economici e sociali, che sono intervenuti soprattutto negli ultimi anni: globalizzazione dei mercati, esternalizzazione delle attività, innovazioni tecnologiche, snellimento delle strutture organizzative, generando nelle aziende un continuo processo di adattamento a tali fenomeni. Pertanto, il volume, nel corso della trattazione offre un approfondimento dei principali strumenti di analisi e di progettazione organizzativa utili soprattutto a coloro che operano nel mondo professionale. Il testo, inoltre, pensato soprattutto come strumento di formazione, costituisce un valido sussidio per quanti si apprestano ad affrontare esami universitari e pubblici concorsi.
Puntare sul Diversity Management significa, per un'organizzazione, promuovere strategie di reclutamento e gestione delle risorse umane che mirano alla valorizzazione delle diversità (di genere, origine etnica, età, abilità fisiche, orientamento sessuale, identità di genere). L'ipotesi che sta alla base del Diversity Management è che una gestione della forza lavoro centrata sull'inclusione e sulla promozione della diversità offra ad aziende e amministrazioni pubbliche una serie di vantaggi competitivi: incentivo al cambiamento, valorizzazione dei talenti, spinta a trovare soluzioni innovative, capacità di rispondere all'eterogeneità di clienti e mercati, aumento del commitment dei dipendenti, valorizzazione dei background formativi e di esperienza, creazione di un ambiente di lavoro più armonioso. Nella prospettiva del Diversity Management, infatti, promuovere la diversità è un modo per creare un ambiente di lavoro più inclusivo e al tempo stesso aumentare la competitività dell'impresa, collegando le performance aziendali con questioni di giustizia sociale. Il volume indaga - da un punto di vista storico, economico e sociale - la traiettoria americana, europea e italiana del Diversity Management, e si conclude con una rassegna delle buone pratiche nelle amministrazioni pubbliche europee e nelle public utilities europee.
Nella sua Enciclica "Laudato si'" papa Francesco è stato chiaro: il sistema economico nel quale siamo immersi funziona da cattivo samaritano, aiutando i forti e schiacciando i deboli. Occorre perciò riconoscere ed evidenziare le interconnessioni tra povertà, cibo, acqua, agricoltura ma anche tecnologia, finanza, banche e debito. Per questo, il Giubileo straordinario della misericordia indetto dallo stesso Pontefice, venendosi a celebrare in un periodo in cui l'Europa delle banche continua a imporre nuovi accordi economici e finanziari ai paesi "più deboli" che soffocano sempre più sotto il giogo di Bruxelles, rappresenta un'occasione straordinaria per tornare a discutere della remissione del debito pubblico. Su queste tematiche ricercatori, docenti e attivisti - laici e non - sono intervenuti per confrontarsi, discutere e riflettere, oltre che per riportare con forza all'attenzione dell'agenda politica l'urgenza di nuove strategie finanziarie e commerciali che abbiano come scopo ultimo l'equità economica e sociale.
Il diritto penale di impresa è stato tradizionalmente un'arma del potere punitivo dello Stato destinata in gran parte a rimanere lettera morta, o a colpire esclusivamente i "pesci piccoli". Complice anche la crisi finanziaria globale, assieme a una rinnovata sensibilità verso i temi della sicurezza, oggi non è più così. La grande impresa è chiamata sempre più spesso a fare i conti con la giustizia penale, tanto in chiave repressiva quanto in chiave preventiva. Attraverso l'analisi di una serie di casi esemplari (Porto Marghera, Eternit, Ilva, ThyssenKrupp) il volume, cui contribuiscono alcuni fra i migliori studiosi della materia, fa il punto sulla portata e sul mutamento di ruolo della giurisprudenza nella materia penale economica in Italia, senza tralasciare puntuali riferimenti alla dimensione europea del fenomeno.
Il saggio mostra uno scenario dove risulta chiaro che la società medievale, a partire dal monachesimo di S. Benedetto e proseguendo con l'analisi della Scuola francescana, racchiude in sé il cuore del rapporto tra etica, mercato ed economia. Nel libro il lettore troverà incarnati questi principi, che servono non per promuovere un ritorno nostalgico al passato, ma una nuova agorà per guardare all'avvenire, tenendo presenti i valori antropologici che provengono dal pensiero francescano e che si trovano in sintonia con le aspirazioni dell'uomo contemporaneo.
Questo libro è un saggio di economia, ma si legge come un thriller. Come in un giallo l'autore indaga partendo dagli indizi (subprime, cartolarizzazioni, Collateralized Debt Obligations, identifica le prove (le scommesse fraudolente delle banche sulla pelle dei correntisti), cerca il colpevole (la crisi è morale), rintraccia il movente ("la legge del più forte"). Ma Gaël Giraud, che prima di esser gesuita è stato banchiere e conosce di persona il mondo degli hedge fund e delle Banche centrali, si spinge oltre. E traccia la strada per cercare un futuro di vita alla nostra società, rattrappita dentro lo schema del "paradigma tecnocratico" (papa Francesco) che mira a ottenere di più (risorse, prodotti, benessere) con meno (sforzi, investimenti, partecipazione).Transizione ecologica significa una società di beni comuni in cui il credito sia considerato mezzo e non fine per realizzare riforme a vantaggio di tutti e benefiche per l'ambiente: rinnovamento termico degli edifici, cambi di prassi nella mobilità, tasse più alte per chi inquina, in pratica "un'economia sempre meno energivora e inquinante". "La transizione ecologica sta ai prossimi decenni come l'invenzione della stampa sta al XV secolo o la rivoluzione industriale al secolo XIX - spiega Giraud -. O si riesce a innescare questa transizione e se ne parlerà nei libri di storia; o non si riesce, e forse se ne parlerà fra due generazioni, ma in termini ben diversi!".
Il coraggio e la forza per sconfiggere dinamiche e prassi che in passato sono state decisive per la crescita e che ora possono essere diventate un limite.
Le organizzazioni e le comunità non sono tutte uguali. Le Organizzazioni a Movente Ideale (OMI) nascono attorno a degli ideali, grazie all’azione di persone portatrici di doni o carismi e raggiungono il loro scopo – servire il ‘carisma’ che le ha originate – solo se sono ogni tanto capaci di morire e risorgere. Molta parte della saggezza istituzionale dei dirigenti di movimenti e comunità ‘carismatiche’ sta nell’avere il coraggio e la forza per ‘uccidere’ prassi e norme che in passato erano state decisive per la loro crescita, e spesso volute dagli stessi fondatori. Ma sta solo in questa ‘distruzione creatrice’ il futuro e la salvezza di OMI e movimenti carismatici.
I risultati economici e sociali dell'Italia sono da vent'anni tra i peggiori dei Paesi avanzati. Bassa crescita del Pil, alta disoccupazione, alto debito pubblico, bassi investimenti, contrazione della base industriale. Il senso comune attribuisce tale situazione esclusivamente alle inefficienze e agli sprechi della politica, e alla mancata realizzazione di adeguate riforme liberiste. Eppure, si dimentica che quanto accade è, prima di tutto, influenzato da tre fenomeni di importanza epocale. Il primo è la realizzazione del mercato mondiale che ha trasformato le imprese, delocalizzato gli investimenti e decretato la fine delle tradizionali politiche pubbliche degli Stati-nazione. Il secondo è la "crisi secolare" che rimette in discussione la capacità del capitalismo di garantire lo sviluppo economico e la soddisfazione dei bisogni collettivi. Il terzo è l'integrazione valutaria europea che, rigidamente allineata alle logiche neoliberiste, ha peggiorato l'impatto della crisi. Se se ne vuole uscire, bisogna prima di tutto andare al di là dei luoghi comuni e capire i meccanismi della globalizzazione e dell'integrazione europea. Domenico Moro ce li spiega in questo volume impreziosito da grafici e tabelle esplicative.
Dalla Repubblica dell'antica Roma agli oligarchi russi di oggi, è sempre stato così: un ristretto numero di individui spaventosamente ricchi domina l'economia e la politica del suo tempo. Come abbiano accumulato capitali così spropositati diventa irrilevante una volta che siano entrati nella ristretta cerchia di chi conta davvero. Dal banchiere dei papi Cosimo de' Medici ai padroni delle ferriere della Rivoluzione industriale, l'origine di quelle favolose fortune viene presto dimenticata, mentre i super-ricchi forniscono fondi per la costruzione di chiese e istituzioni culturali, si inventano patroni delle arti e delle lettere e, ansiosi di essere accettati dall'establishment, si sforzano di ripulire la loro immagine con grandiosi gesti di filantropia, esibizioni di stile e opulenza, imprese che i comuni mortali possono solo sognare. Gli oggetti del desiderio e gli status symbol possono cambiare, ma le regole sono sempre le stesse: gli schiavi, le concubine, i forzieri pieni d'oro e i castelli inespugnabili hanno lasciato il posto ai jet privati, i super-yacht, le isole private e le squadre di calcio, ma il gioco rimane uguale - e la storia sembra dimostrare che questo 0,01% vince ogni volta sul restante 99,99%. Ma è destinato a essere sempre così? dimostrare che questo 0,01 per cento vince sempre sul restante 99,99 per cento. Ma è destinato a essere sempre così?
La disuguaglianza è uno dei problemi più urgenti con cui ci confrontiamo oggi. Conosciamo la dimensione del problema, il discorso su un 99% contrapposto all'1% fa ormai parte del dibattito pubblico, ma poco si è discusso di che cosa si possa fare al riguardo, a parte disperare. Secondo l'illustre economista Anthony Atkinson, possiamo fare molto più di quanto immaginano gli scettici. Il punto non è semplicemente che i ricchi stanno diventando più ricchi, ma che non riusciamo a contrastare la povertà e che la rapida trasformazione dell'economia sta lasciando indietro la maggioranza delle persone. Se si vuole ridurre la disuguaglianza, non bastano le proposte di nuove tasse sui più abbienti per finanziare programmi già esistenti. Occorrono idee originali. Atkinson raccomanda politiche innovative in cinque campi: la tecnologia, l'occupazione, i sistemi di sicurezza sociale, la condivisione del capitale e la tassazione. E difende la validità di tali politiche a fronte degli usuali argomenti contrari e delle scuse addotte per l'inazione, ossia che un simile intervento farà contrarre l'economia, che la globalizzazione rende impossibile agire e che i costi per metterle in atto sono troppo alti. Più che un semplice programma per il cambiamento, questo libro è una voce di speranza e di consapevole ottimismo sulle possibilità dell'azione politica. Prefazione di Chiara Saraceno.
La temperatura media globale è in crescita ormai da più di cent'anni. Con sempre maggiore frequenza eventi estremi come uragani, piogge torrenziali o siccità prolungate rovesciano sul nostro habitat e le nostre vite i loro effetti disastrosi. Al pari della disoccupazione e delle crisi monetarie internazionali, il cambiamento climatico è uno dei grandi problemi economici (oltre che etici) da fronteggiare. Possiamo ancora farlo? La direzione giusta - ci indicano gli autori - è quella dello sviluppo sostenibile: una strada che, agendo con urgenza, è ancora possibile percorrere.
È tutto finito? In un'epoca di globalizzazione, la varietà e l'individualità delle marche e del branding saranno completamente annientate da potenti multinazionali che domineranno i mercati mondiali? Finiremo tutti per acquistare e utilizzare versioni delle stesse cose? I luoghi del mondo arriveranno a somigliarsi sempre di piú, come accade oggi agli aeroporti? Quali implicazioni comporterà per il tradizionale dominio dei marchi occidentali la vertiginosa crescita dei nuovi mercati in India, Cina, Brasile, dove si stanno affermando marchi globali basati su punti di forza e tradizioni culturali locali? Che impatto avranno la tecnologia digitale e la crescita vorticosa dei clienti attraverso i social media? Che influssi produrrà tutto ciò sui prodotti e i servizi che consumiamo? Le aziende esistono solo per realizzare profitti e crescere, oppure per aiutare la società, o per entrambe le cose? E cosa vogliamo davvero noi, clienti globalizzati? Wally Olins - guru mondiale del branding e delle identità aziendali - analizza ogni aspetto dell'argomento intrecciando l'approccio commerciale con quello storico, sociologico, antropologico. Racconta in termini vivaci e pragmatici il rapido evolversi del nostro mercato globale; mette a fuoco i problemi che affliggono le imprese di oggi; critica il comportamento immorale delle aziende, loda quelle che costruiscono e sostengono con successo il loro marchio; e attraverso esempi brillanti predice la natura e le forme del branding del futuro.