Questo libro ha preso forma nei primi mesi della tragedia abbattutasi su quella che, come gridano le coscienze ancora avvertite, "non è una Striscia, è Gaza!". Esso risente della progressiva comprensione dei fatti via via che accadevano, ma viene anche da una lunga frequentazione con la cosiddetta "questione palestinese", che lo Stato di Israele ha creduto di aver chiuso rendendo impossibile la soluzione dei due Stati e sancendo che «il diritto di esercitare l'autodeterminazione nazionale nello Stato di Israele è esclusivamente per il popolo ebraico». Ciò significava negare l'esistenza stessa del popolo palestinese. Se questo è il risultato, vuol dire che tale "questione" va risolta in tutt'altro modo, a partire da una riforma dello Stato di Israele e del suo rapporto con gli Ebrei della Diaspora.
Nel turbolento periodo storico caratterizzato dalla crisi ucraina e da quella delle materie prime, i paesi europei guardano al Mediterraneo con rinnovato interesse, soprattutto in materia di politiche energetiche. Nazioni come l'Algeria e la Libia diventeranno sempre più interlocutori privilegiati per gli interessi europei. A preoccupare è in particolar modo la Libia che, a undici anni dalla caduta di Gheddafi, non ha ancora ritrovato la sua unità e nella quale alcuni gruppi di potere esercitano il controllo con il costante uso delle armi. Ciò pone inevitabilmente una serie di interrogativi alla comunità internazionale e in particolare all'Europa, considerando anche la particolare posizione strategica di Tripoli rispetto alle rotte dei migranti provenienti dall'Africa. Dall'altra parte del Mare Nostrum, invece, la Turchia si erge a potenza regionale cercando di diventare mediatore tra l'Occidente e la Federazione russa. Nel 2023 la Repubblica turca festeggerà i suoi cento anni di storia: nonostante le riforme kemaliste abbiano impresso al paese una svolta laica e filo-europea sin dagli anni Venti del Novecento, Ankara si caratterizza oggi per un ritorno all'Islam politico, voluto soprattutto dall'attuale presidente Erdo?an, e per le sempre più frequenti violazioni dei diritti civili fondamentali. L'Atlante Geopolitico del Mediterraneo, giunto alla sua nona edizione, resta uno strumento per comprendere queste e altre complesse dinamiche della sponda meridionale del nostro mare.
100 Panchine per Roma raccoglie l'ideazione, la progettazione e la realizzazione di un'azione nata nel 2019 al Rebirth Forum Roma, dispositivo di attivazione del tessuto sociale territoriale ideato da Cittadellarte-Fondazione Pistoletto e presente in varie città del mondo. Attraverso la testimonianza dei vari attori che hanno partecipato al progetto, alle foto e alle dediche che contraddistinguono le 100 panchine adottate come
investimento in cultura, il catalogo racconta di come la "demopraxia", il fare del popolo, sia la pratica applicazione della società civile. L'arte come metodo demopratico. L'arte come metodo per riparare lo strappo che ha separato e allontanato i rappresentanti dai rappresentati.
Il Mediterraneo continua a essere, dal punto di vista sociale e geopolitico, una delle aree più instabili del pianeta. Il Covid-19 ha avuto un impatto notevole su tutta l'area e ha contribuito a rafforzare le tendenze autoritarie in alcuni paesi come Egitto e Turchia. Se le mancate elezioni del dicembre 2021 in Libia hanno mostrato tutta l'instabilità e le profonde divisioni del paese, la Siria continua a essere segnata da un interminabile conflitto, mentre il Libano ha dovuto fare i conti con una situazione economica sempre più grave. In un Mediterraneo altamente frammentato nel quale emergono nuovi attori regionali, continua il disimpegno diretto degli Stati Uniti, elemento che impone all'Europa una maggiore assunzione di responsabilità politiche. Quali saranno le tendenze sociali della regione? E quali saranno le risposte dei singoli paesi a fenomeni epocali come la pandemia e i flussi migratori? A queste e a molte altre domande risponde l'Atlante Geopolitico del Mediterraneo 2022, giunto alla sua ottava edizione, uno strumento ormai imprescindibile per addetti ai lavori e non solo.
Nel 1519, all’apice della sua carriera artistica, Raffaello scrive con Baldassar Castiglione una lettera a papa Leone X accusando i pontefici precedenti e la curia cardinalizia di aver distrutto tanta parte di Roma antica allo scopo di «cuocerne i marmi e farne vile calce pozzolana». L’autore delle Stanze della Segnatura e dello Sposalizio della Vergine descrive la Città Eterna come il «cadavere di una nobile patria», raccontando già allora l’urgenza di conservarne tutta la «grandezza italiana» insita nel suo immenso patrimonio. Roma invece subirà nei secoli successivi la violenza della speculazione politica ed edilizia – salvo sotto la tutela di sindaci laici e progressisti come Pianciani e Nathan – che ne mutilerà il volto e persino l’anima.
Ricostruendo in questo pamphlet la parabola umana e artistica di Raffaello, Vittorio Emiliani prosegue il suo percorso
di divulgazione e difesa dei beni artistici del nostro paese contro l’incessante minaccia dell’antipolitica e del malcostume culturale.
C'erano una volta le Petromonarchie del Golfo, Stati che galleggiavano sul petrolio e seguivano fedelmente le indicazioni in politica estera degli Stati Uniti. Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Oman: sabbia e oro nero, facoltosi sceicchi e lusso fiabesco; scarsa popolazione, democrazia interna molto limitata, forte immigrazione dall'Africa e dal Sudest asiatico e lavoratori in condizioni di semischiavitù. Questa rappresentazione del Golfo Persico - semmai in passato sia stata veritiera - oggi non è più attendibile. Se è vero che le agiatezze di emiri e sultani non sono terminate, gli europei non possono invece prendersi il lusso di ignorare come i Paesi del Golfo influenzino con sempre più forza la politica mondiale: non solo rendita petrolifera ma anche energie rinnovabili, ricerca scientifica, eventi sportivi, alta moda, passione per il made in Italy, architettura all'avanguardia, turismo ed ecologia. E poi armi, politica estera aggressiva, conquista di interi settori di mercato, lenta e difficile emancipazione delle donne, repressione della dissidenza politica, furti archeologici e - strano a dirsi fino a poco tempo fa - autonomia politica proprio dagli Stati Uniti. Il presente lavoro colma un imbarazzante vuoto nella saggistica italiana, quello sull'irrimediabile centralità dell'Arabia Saudita e degli altri Stati del Golfo nella politica globale. Con stile asciutto e approccio analitico gli autori scavano in profondità e spiegano perché, d'ora in avanti, sarà impossibile ignorare questa parte di mondo.
Il fenomeno migratorio che ha attraversato il Vecchio continente negli ultimi anni sta creando profonde spaccature all’interno dell’Unione europea e nei singoli paesi membri. La questione è stata affrontata – troppo a lungo – come una semplice emergenza e non come un processo strutturale destinato a proseguire nei prossimi decenni. Dalla sua corretta gestione dipenderà molto probabilmente la tenuta futura dell’Unione, così come la creazione di stabili e pacifici rapporti tra le due sponde del Mediterraneo. Quale sarà dunque la risposta dell’Europa e quale l’atteggiamento dei singoli paesi membri? Quali saranno gli effetti sui rapporti tra questi ultimi e i paesi del Nord Africa e del Medio Oriente? A queste e a tante altre domande risponde l’Atlante Geopolitico del Mediterraneo 2018. Il volume, divenuto negli anni punto di riferimento per gli studi sul tema, è corredato da 11 schede paese relative agli Stati della sponda sud del Mediterraneo, redatte da storici e analisti con l’obiettivo di raccontare l’attuale situazione geopolitica dell’area e gli scenari futuri.
Il 16 novembre 1989, in piena guerra civile salvadoregna, uno squadrone della morte del paese centro-americano uccide il gesuita Ignacio Martín-Baró, per via delle sue posizioni culturali e politiche contro l’oppressione della dittatura e le sue connivenze con gli Stati Uniti d’America. Ignacio Martín-Baró è il teorico della Teologia della liberazione ma soprattutto, essendo stato docente di psicologia all’Università del Centro America dei Gesuiti, è ritenuto il padre della Psicologia della liberazione. Per la prima volta i suoi scritti e il suo pensiero – la psicologia deve essere, senza se e senza ma, sempre al servizio delle popolazioni oppresse – vengono tradotti in Italia.
Con uno scritto di Noam Chomsky.
La promessa di Facebook è renderci lettori e autori delle nostre stesse storie, ma in realtà il social network di Mark Zuckerberg costruisce una catena di montaggio della "narrazione narrabile" che imprigiona vite, biografie e racconti possibili. Processando i metadati, i comportamenti e le interazioni di miliardi di utenti all'interno del giardino chiuso della piattaforma, l'algoritmo si impone come un narratore onnisciente e totalitario, una macchina di storytelling predittivo a beneficio degli unici lettori che contano davvero: gli inserzionisti pubblicitari. Il potere di narrazione di Facebook e del suo autore è il potere di un'ideologia della tecnologia e del mercato funzionale alla monetizzazione, all'espropriazione e all'ingabbiamento dell'organizzazione sociale, del lavoro e della vita delle persone: come direbbe Michel Foucault, è un processo di oggettivazione e assoggettamento, la comparsa di una nuova modalità di controllo nella quale ogni individuo riceve una gratificazione costante che lo imprigiona nel suo status così come configurato dalla piattaforma algoritmica.