Curata da Gioia Mori, la monografia - che accompagna l'esposizione romana ripercorre la carriera di questa affascinante artista polacca che visse in Russia, a Parigi, in Italia, per approdare poi negli Stati Uniti e passare gli ultimi anni della sua vita in Messico. Attraverso dipinti e opere su carta, viene ricreata l'atmosfera del tempo, i grandi eventi storici, ma anche le tendenze dell'arte a lei contemporanea, in un percorso che consente al lettore di immergersi e di immedesimarsi nel mondo e nella vita dell'artista, piena di glamour ma segnata anche dai grandi eventi storici del Novecento. Pittrice cosmopolita e icona dell'Art déco, Tamara de Lempicka ha creato immagini che sono diventate il simbolo di un'epoca, "i folli" anni Venti e Trenta di cui diventa la più brillante interprete, introducendo nei suoi dipinti i simboli della modernità e rappresentando la donna emancipata, libera, indipendente e trasgressiva. Considerando la vita come un'opera d'arte e sostenuta da una volontà ferrea di affermazione, Tamara coltiva il suo talento artistico, ma anche costruisce con cura la propria immagine di donna elegante e sofisticata, divenendo presto la protagonista stravagante della mondanità europea.
Michelangelo Pistoletto è conosciuto in Europa come uno dei maggiori artisti viventi ed è considerato negli Stati Uniti un sensibile anticipatore delle pratiche artistiche di partecipazione contemporanea. Il catalogo presenta oltre 130 lavori, provenienti da collezioni private sia americane che europee. Il lettore potrà seguire il percorso artistico di Pistoletto, dalla rigorosa indagine sulla rappresentazione di se stesso fino allo sviluppo delle collaborazioni creative che hanno caratterizzato la sua ricerca, grazie all’analisi dei primi ritratti della metà degli anni cinquanta fino alle azioni collettive dei tardi anni sessanta e primi settanta. I testi di approfondimento sono a cura di studiosi italiani e internazionali quali, Carlos Basoaldo, anche curatore del volume, Angela Vettese, Claire Gilman, Gabriele Guercio, Jean François Chevrier, Suzanne Penn. A chiusura del catalogo una cronologia storico - artistica.
A letto, in salotto, ad alta voce, in viaggio, all’aperto, in biblioteca, incapaci di staccare gli occhi dalla pagina scritta, immerse nel piacere della lettura, donne intelligenti e, per questo, pericolose, che si dedicano al sapere, all’arte di vivere, all’ozio, alla seduzione. Dopo il bestseller Le donne che leggono sono pericolose, andato dritto al cuore di molte lettrici, questo nuovo volume ci mostra quante ancora possano essere le sfaccettature della passione femminile per i libri.
Un nuovo viaggio attraverso le sale di un museo immaginario con le più belle immagini di Edgar Degas, Edward Hopper, Gustave Caillebotte, Tamara de Lempicka, Félix Vallotton, Diego Velázquez e molti altri.
Leggere incanta. Chi legge scopre paesi lontani, pensieri profondi e conosce la materia di cui sono fatti i sogni.
Le donne che leggono sono pericolose e intelligenti, e la possibilità di accedere a biblioteche proibite e a libri prima irraggiungibili le ha rese, nel corso dell’ultimo secolo, più consapevoli e più sagge. Cominciando a mettere in discussione le limitazioni imposte loro, sono diventate non solo insidiose per le convenzioni, ma sempre più audaci perché immancabilmente più coscienti del prossimo e dell’arte di vivere.
In questo museo immaginario incontriamo donne che si dedicano allo studio, all’ozio, alla seduzione, alla lettura ad alta voce, alla lettura in senso moderno, alla filosofia, ai salotti, e ancora molte altre figure che hanno saputo uscire dal conformismo nella vita reale oppure attraverso il mondo immaginario di chi le osserva.
STEFAN BOLLMANN ha studiato germanistica, storia e filosofia, con una tesi di dottorato su Thomas Mann. Autore di numerose pubblicazioni, insegna all’Università di Monaco.
Questo volume racconta il mondo "sottosopra" immaginato da Marc Chagall (Vitebsk, 1887 - Saint-Paul de Vence, 1985), uno dei più originali, immaginifici e complessi artisti del secolo scorso. Edito in occasione di una mostra ospitata a Roma - già presentata al Musée National Marc Chagall di Nizza - il volume documenta circa ottanta opere tra dipinti e disegni, alcuni dei quali inediti, provenienti dal Musée National D'art Moderne Centre Georges Pompidou, dal Musée National Marc Chagall di Nizza e da collezioni private. A fare da sfondo a queste è un universo sottosopra, in cui il capovolgimento dell'ordine costituito può derivare tanto da catastrofi e tragici sconvolgimenti quanto dal fascino e dal piacere. La selezione di opere presentate consente di indagare, in particolare, le affinità che l.artista condivise con i Surrealisti - anche loro seguaci della "rivoluzione" e del sovvertimento dei valori stabiliti - e il forte legame con la sua identità religiosa, strettamente connesso alle origini russe ed ebraiche. Il volume ed è completato da apparati biobibliografici.
Come è noto, la nozione di romanico "lombardo" supera largamente i confini amministrativi dell'attuale Lombardia, a marcare uno dei centri propulsori a raggio europeo del rinnovamento architettonico e artistico dopo l'Anno Mille. Al punto che quasi un secolo fa un grande storico dell'arte americano, Arthur Kingsley Porter, tentando con una monumentale catalogazione sinora insuperata di censirne i monumenti conosciuti, inglobava nel concetto l'intera Italia centro-settentrionale. Per non parlare della diffusione di formule architettoniche e soluzioni decorative, come quella degli archetti pensili, che ne proiettano anche a grande distanza i presunti effetti. Essa ne individua comunque il baricentro, che nella triangolazione tra Milano, Como e Pavia segna i raggiungimenti più alti del fenomeno, oltre a registrare la fitta trama di esperienze diffuse nel territorio, con densità e coerenza non comuni. Quale sia la ragione di tale situazione privilegiata è difficile dire. Si è fatto appello, non impropriamente, alla lunga tradizione di maestranze specializzate nella lavorazione della pietra (estratta dalle vicine cave prealpine) che si è voluta far risalire ai "magistri comacini" di età longobarda (ma si discute ancora sulla corretta etimologia del nome), o meglio ai maestri intelvesi e poi campionesi, che percorsero le strade dell'Italia centro-settentrionale tra il XII e il XIV secolo.
La Storia dell'Archeologia della Mesoamerica si fonde con la storia stessa del Messico. Dopo lo scontro coloniale che ha distrutto le antiche civiltà, dagli Aztechi ai Maya, i nuovi arrivati, mescolandosi agli indigeni, hanno lentamente cercato di ricostituire il mondo pre-colombiano.
Il grande antropologo ed archeologo Eduardo Matos Moctezuma da anni lavorava a questo progetto che va dai primi codici fatti rifare dai missionari agli indigeni nel '500, all'archeologia scientifica ed ai musei e siti archeologici dei giorni nostri. Il Messico durante 500 anni ha cercato, tramite l'Archeologia, di ritrovare la sua identità meticcia.
L'opera ha un corredo illustrativo che va da documenti antichi ed inediti sino al presente ed esce nel bicentenario dell'indipendenza e nel centenario della Rivoluzione Messicana.
Contestualmente al rigoroso restauro della chiesa di San Francesco Saverio a Mondovì, il volume, con i contributi di eminenti studiosi, mostra il successo di quest'ultima impresa con stupende tavole a colori e descrive la prima opera di Andrea Pozzo, poi divenuto famoso con le sue opere romane.
Michelangelo Merisi da Caravaggio cent’anni fa non era per niente amato, oggi invece è diventato un mito popolare, un mito noir, uno degli eroi necessari all’Olimpo dei maledetti, come il maudit- Modì-Modigliani o come i poeti della Beat Generation americana. In questo libro si compie un affascinante viaggio dentro le immagini per scoprire le storie e i segreti nascosti nelle sue opere. I volumi della collana “Simboli e Segreti”, per un certo verso, hanno il sapore dei libri per l’infanzia, dei calendari dell’Avvento: chi guarda tornerà nella magia d’un tempo nel quale i dipinti si guardavano con lentezza, e se per caso o fortuna avrà l’occasione d’incontrare l’originale, in un museo, un palazzo o una chiesa, avrà il sentimento d’incontrare una vecchia conoscenza, un amico.
Philippe Daverio
Caravaggio emoziona, commuove, avvince: davanti ai suoi quadri non si può restare indifferenti, si prova quasi istintivamente il brivido di una presenza, il senso della realtà, un coinvolgimento profondo. Nessun maestro del passato riesce a comunicare altrettanto direttamente con il pubblico di oggi, come dimostra il grande successo riscosso dalle iniziative legate alle celebrazioni per i cinquecento anni dalla morte. Partendo dai personaggi, dagli oggetti, dalle messe in scena dell’artista lombardo, l’analisi dei particolari dei dipinti apre delle “finestre” sulla comprensione delle immagini, spiegando i simboli e i significati più segreti, nascosti e stratificati da cinque secoli sulla tela. Scopriamo quindi curiosità e storie inedite, ad esempio che nel celebre Amore Vincitore, il pittore ha utilizzato delle ali d’aquila conservate nel suo studio come modello e che, una volta entrato il dipinto nelle raccolte d’arte di un cardinale, la vistosa nudità del ragazzo veniva velata da una tenda verde, scostata solo davanti ad amici fidati. Questo volume analizza nel dettaglio cinquantuno capolavori di Caravaggio in ordine cronologico, dal Bacchino malato al San Giovanni Battista, con una lettura guidata dell’immagine attraverso finestre che inquadrano e raccontano i dettagli. In pagine a tema vengono inoltre messi in luce elementi ricorrenti, quali i fiori e i frutti, il linguaggio delle mani, le spade e i pugnali o gli autoritratti, legati alle vicende artistiche e biografiche del pittore. Come il primo volume della collana “Simboli e Segreti”, questo libro monografico su Caravaggio ci accompagna in un affascinante viaggio dentro le immagini attraverso una lettura a più livelli di significato, per scoprire le storie e i segreti nascosti nelle opere del “maestro della luce”.
L’esistenza a Barcellona di un monumento come la Sagrada Familia nel cuore del XX secolo resta un’eccezione e insieme una sfida per la cultura architettonica contemporanea. Questo libro - attraverso un repertorio inedito di immagini e gli interventi di studiosi e degli stessi protagonisti del cantiere - testimonia come nella Sagrada Familia si materializzi un’originale saldatura fra la componente tecnica e quella del significato, fra la dimensione creativa individuale ed il lavoro collettivo, fra il contesto civile di una città e lo spazio sacro di una chiesa. Senza nulla togliere al genio di Gaudì, anzi a conferma della sua inventiva, il volume testimonia perciò l’esistenza di un cantiere vivo animato da architetti, ingegneri, esperti di tecnologie digitali, artigiani, storici dell’architettura, teologi e iconografi, tutti coinvolti nel progresso del progetto di Gaudì.
Numerose opere sono state consacrate, parzialmente o totalmente, alla scultura romanica; tuttavia è difficoltoso fornire un quadro cronologico coerente di un’arte la cui evoluzione, in un periodo relativamente breve, non ha nulla di lineare. L’approccio scelto fino ad ora è stato essenzialmente regionale e ha posto l’accento sulla reale diversità che caratterizza le principali «province» dell’arte romanica. Questo libro tenta un altro metodo: mettere in rilievo, attraverso un’analisi maggiormente tipologica, ciò che costituisce l’unità della scultura romanica, ossia le fonti di ispirazione comune, il ricorso agli stessi modelli (anche se l’interpretazione non è univoca), l’adattamento ai medesimi schemi iconografici; soluzioni parallele adottate per rispondere alle stesse necessità.
Esistono vicende, nella storia umana, che hanno una dirompenza più inappariscente dei grandi sconvolgimenti, ma un rilievo e una durata ben maggiori. Per comprenderne le vere dimensioni sono d’ostacolo gli specialismi non dialoganti e gli arroccamenti sugli spalti identitari. Ce lo insegna in modo esemplare l’invenzione della prospettiva, argomento tra i più studiati di una storia dell’arte che nel Rinascimento fiorentino di Ghiberti, Brunelleschi e Alberti celebra insieme gli atti costitutivi di una rivoluzionaria tecnica culturale e i propri solitari fasti disciplinari. Con mossa felicissima, Hans Belting spariglia le carte e mette in prospettiva la prospettiva stessa. Grazie alla sua indagine si chiariscono fino in fondo le alleanze tra pratiche pittoriche, dottrine artistiche, conoscenze scientifiche, e soprattutto si svela la fecondità di un paradosso: all’apice della sua fioritura, l’Occidente definì il canone percettivo, attraverso il quale ci appropriamo del mondo sotto forma di immagine, attingendo a una teoria della visione concepita quattro secoli prima da un matematico arabo nativo di Bassora, Alhazen, in un contesto religioso islamico che bandiva le immagini perché giudicate contraffazioni blasfeme della creazione di Dio. Lo scarto temporale e i travisamenti dei traduttori propiziarono inopinatamente, sulla questione nevralgica delle consuetudini visive, il cortocircuito tra due civiltà che avrebbero poi acuito la reciproca lontananza. Civiltà dello sguardo, quella occidentale, fondata sul primato dell’occhio e sulla sovranità del soggetto osservatore. Civiltà che privilegia la luce, quella araba, fedele al grafismo non iconico dell’ornamento. Belting riesce a intrecciare le loro differenze, così da renderle vivide per contrasto, come nell’emblema della finestra, che nella nostra tradizione è soglia da cui lasciare spaziare lo sguardo all’esterno, mentre nella cultura islamica è grata rivolta all’interno, dove il chiarore del giorno filtra in geometriche dissolvenze decorative. Che cosa implichi vedere, quanto sia necessario che i dissimili si scambino gli sguardi e vengano guardati nelle loro talora irriducibili peculiarità, poteva mostrarcelo solo un ingegnoso frontaliere degli studi, l’ideatore di un’antropologia delle immagini.
l'autore
Hans Belting, è professore emerito di Storia dell’arte e teoria dei media presso la Hochschule für Gestaltung di Karlsruhe, dove ha fondato il corso interdisciplinare «Immagine-corpo-medium: una prospettiva antropologica». Tra le sue opere tradotte in italiano: Il Medio Oriente e l’Occidente nell’arte del xiii secolo (1982), L’arte e il suo pubblico. Funzione e forme delle antiche immagini della Passione (1986), La fine della storia dell’arte o la libertà dell’arte (1990), Il culto delle immagini. Storia dell’icona dall’età imperiale al tardo Medioevo (2001) e I tedeschi e la loro arte. Un’eredità difficile (2005). Presso Bollati Boringhieri ha pubblicato La vera immagine di Cristo (2007).
Il volume si pone come un ideale percorso riccamente illustrato, guidato da due eminenti storici dell’architettura e dell’arte, che accompagna il lettore da Houston a Chandigarh, da Parigi a Hiroshima, fino allo spazio interstellare immaginato da un grande architetto come Paolo Soleri. In questi luoghi memorabili, solo apparentemente lontani, ritroviamo diverse tipologie di monumenti (cappelle, musei, parchi) che, consacrati dai loro autori alla Pace, vengono idealmente accostati da questa comune dedicazione. Si susseguono così opere e progetti di architetti come E. Tange, Philip Johnson, J.L. Sert, Le Corbusier, T. Ando, M. Botta e grandi realizzazioni di artisti come Picasso, Chagall, Rothko; capolavori che si ergono come monito e speranza per l’umanità.