Le istituzioni di un popolo sono le forme di vita sociale che esso segue per abitudine, si dà con libera scelta o riceve da un’autorità. Esse sono intimamente legate non solo all’habitat in cui esso vive, ma anche alla sua storia. Per essere ben comprese, le istituzioni d’Israele devono venir confrontate con quelle dei popoli vicini, soprattutto della Mesopotamia, dell’Egitto e dell’Asia minore, di cui conserviamo una documentazione molto abbondante, ma anche, nonostante la scarsezza della nostra informazione, con quelle dei piccoli Stati della Siria e della Palestina, tra i quali Israele si è conquistato un territorio o che sono sorti nello stesso suo tempo e coi quali ha avuto contatti d’ogni genere. La presente opera offre soltanto le conclusioni di tutte queste ricerche. A modo d’introduzione e a causa delle loro tenaci sopravvivenze, essa espone innanzitutto i costumi nomadi e l’organizzazione delle tribù. Segue lo studio delle istituzioni familiari, civili e politiche e successivamente quello delle istituzioni militari e religiose. Il titolo dell’opera limita il suo argomento all’Antico Testamento; se si è citato talvolta il Nuovo, lo si è fatto solo a modo di aggiunta o per chiarimento. Nello studio dell’Antico Testamento stesso, le istituzioni occupano una posizione subordinata e il lettore potrà talvolta sentirsi assai lontano dal messaggio spirituale e dottrinale ch’egli cerca nella Bibbia. Tuttavia lo sfiora sempre e spesso lo tocca immediatamente. I costumi familiari, i riti funebri, lo statuto degli stranieri o degli schiavi, le concezioni sulla persona e sulla funzione del re, i rapporti stabiliti tra la legge, anche profana, e l’Alleanza con Dio, il modo di fare la guerra, tutto ciò porta il riflesso delle idee religiose e queste trovano nel culto e nella liturgia la loro espressione cosciente.
Questo secondo volume continua l'analisi di Deuteronomio/Devarim seguendo, secondo la scelta operata nel primo volume, la suddivisione in parashòt propria della tradizione ebraica: la parashat Reé (Dt 11,26 - 16,17) e la parashat Shofetìm (Dt 16,18 - 21,9). Questa parte di Deuteronomio/Devarim è comunemente detta Codice deuteronomico. Contiene al suo interno gli ammonimenti e le esortazioni che Mosè fa al suo popolo, ammonimenti che investono la vita sociale del popolo e che riguardano l'individuo, la famiglia e l'intera comunità. Mosè esorta il suo popolo ad essere fedele al Signore col mettere in pratica gli statuti - chuqqim, i decreti - mishpatim, i precetti - mitzwot, contenuti nella Torà.
Nella Bibbia lo scenario in cui viene rivelato il Decalogo (erroneamente noto come i "Dieci Comandamenti") è il deserto: è dunque proprio in una situazione in cui manca l'essenziale per vivere ed è concreta la possibilità di morire che vengono donate le "parole di vita". Tra tuoni e lampi, una densa nube cala sul Sinay, mentre sempre più forte si ode nel silenzio circostante il suono dello shofar. Ha-Shem scende sul monte, Mosheh vi sale: ha così inizio il dono della Torah. "Faremo e ascolteremo" rispondono i figli d'Israele, a significare che l'ascolto delle Parole cresce man mano che esse si incarnano nella vita di ognuno, perché "di fronte all torah siamo tutti uguali, ma ognuno ode la sua voce in modo diverso".
Il libro del Levitico è dedicato al culto comunitario di Israele. Perché, prima ancora di essere un'etica, la religione è una celebrazione. Si tratta di un libro misterioso, poco letto, a prima vista difficile, in cui Mosè dopo aver appreso le leggi di Dio codifica nei minimi dettagli riti, sacrifici, parole e gesti di supplica o di offerta. Più che un semplice repertorio di norme da osservare (che sembrano elencate apposta per sconcertare e urtare il lettore del XXI secolo, più che edificarlo), il Levitico offre tuttavia una profonda riflessione teologica sulla liturgia. La manifestazione ieratica del divino davanti al popolo di Dio riunito in assemblea è brillantemente analizzata in questo commentario di Vogels. L'esegeta guida il lettore attraverso le sottigliezze di un libro che è parte indivisibile dalla Torah - anzi, il suo libro centrale, quello in cui troviamo l'affermazione: «Ama il prossimo tuo come te stesso» (Lv 19,18). Dietro tutte le complessità, le precauzioni, gli avvertimenti, che sono deliberatamente presentati in maniera ridondante al fine di raddoppiarne la solennità, nel Levitico viene annunciata la rivelazione che divamperà nel vangelo: Dio si lascia avvicinare dall'uomo, fino a farsi toccare. Una rilettura potente di alcune pagine fondamentali dell'Antico Testamento, pagine nelle quali Dio incontra coloro che egli ha scelto e che l'hanno scelto. «Il Levitico, un libro a prima vista poco attraente, "dona solo a chi ha già": a chi ha un certo gusto per la celebrazione liturgica e un desiderio di santità. Nulla di nuovo: uno che non ha il minimo interesse per lo sport non apprezzerebbe mai una partita della Nazionale o il Giro d'Italia» Walter Vogels.
Il racconto della Torah si apre con la narrazione di un omicidio, segno della violenza ontologica radicata nell'uomo. Caino e Abele hanno il compito di rappresentare ciò che vi è di più universale nella natura umana. L'Autore mostra come alcune tradizioni interpretative abbiano favorito una lettura tipologica e ideologica in cui i due fratelli sarebbero la prefigurazione di un antagonismo eterno tra ebraismo e cristianesimo. Ma un'attenta analisi di altre tradizioni esegetiche rivela come il racconto della Genesi sia più complesso di quanto sembri e sia imperniato su un dialogo tra i due fratelli abbozzato dal primo, neppure tentato dal secondo. Abele, che tutti aspiriamo a incarnare, è anche colui che non si è mai interessato di suo fratello. La domanda del dialogo deve essere posta all'Abele che è in noi, perché è lui che, nonostante le sue presunte virtù, non rivolge uno sguardo a suo fratello. L'impellente interrogativo «Dov'è Caino, tuo fratello?» può, quindi, riassumere lo spirito del percorso che qui si propone, provando a far dialogare due tradizioni esegetiche, ognuna delle quali ambisce ad essere la discendenza di Abele.
Immersi come siamo in una vita frenetica, investiti da un flusso incontenibile di conoscenze, nozioni, pratiche sociali, prospettive di senso, diventa fondamentale avere un sismografo in grado di cogliere gli andamenti del nostro vissuto e una bussola per orientarci. Tutto questo è possibile attraverso la cura del mondo interiore. Tutto questo è possibile a partire da chi rappresenta un modello di riferimento, indicato come tale da diverse tradizioni religiose e culturali: Abramo. Una figura capace di inserirsi nel nostro cammino, attraverso un percorso quotidiano di meditazione semplice ma esigente, perché il protagonista non è più “l’altro” sconosciuto, distante da noi, ma siamo noi stessi, chiamati ad agire in prima persona. Questa proposta, adoperabile da tutti, si articola in 190 tracce di meditazione e 720 domande, secondo l’approccio di Ignazio di Loyola, fondatore dei gesuiti e autore degli Esercizi spirituali.
Abramo ha avuto un’indiscussa centralità nella tradizione ebraica e in quella cristiana. Proprio per questo ognuna delle due tradizioni ne ha evidenziato quegli aspetti che considerava più congeniali e significativi. Momenti salienti della vita del patriarca, come la vocazione, la benedizione, la circoncisione e l’aqedah di Isacco, nonché tematiche come l’osservanza della Torah, sono stati interpretati secondo istanze teologiche e prospettive religiose diverse. Tuttavia, uno sguardo più attento ai testi permette di rinvenire fili comuni e di scovare prestiti da una tradizione all’altra. Se ne deduce che la realtà delle relazioni tra ebrei e cristiani nei primi secoli, anche e forse soprattutto dal punto di vista esegetico, era molto più aperta a contatti reciproci di quanto lasci credere l’applicazione rigida e precoce del modello della separazione tra le due strade. Anche in questo senso Abramo si dimostra «padre di molti».
Il volume è dedicato alla lettura ebraica di Gn 22, la pagina forse più celebre ed enigmatica della Bibbia, dove si narra del "sacrificio" (in ebraico aqedah, lett. "legamento") di Isacco. Il testo è suddiviso in due parti. La prima tratta dell'importanza attribuita a Gn 22 dalla tradizione d'Israele, caratterizzata da una incessante rilettura della pagina biblica, costantemente posta al centro della vita ebraica fino ai nostri giorni. La seconda parte si configura come un'ampia antologia di testi, quasi tutti inediti in lingua italiana, che attraverso l'epoca rabbinica e il medioevo giungono fino al mondo chassidico e alla modernità. Il confronto con i testi, arricchiti da note esaurienti, consente al lettore di accedere con rara efficacia all'affascinante mondo spirituale dell'ebraismo, in un confronto quanto mai arricchente per il cristiano, perché condotto su una pagina biblica essenziale per la interpretazione ecclesiale delle Scritture.
San Giuseppe è il più santo dei santi, tanto che san Gregorio nazianzeno (330-390) scrive: "il Signore ha riunito in Giuseppe come nel sole, tutta la luce e lo splendore degli altri santi tutti insieme". I testi apocrifi, raccolti, ci aiutano a comprendere meglio l'ambiente del primo cristianesimo e a collocare la vita di Giuseppe nel contesto della Galilea di I secolo, mettendo in luce l'umanità di un uomo che per volere di Dio è stato chiamato a prendersi cura di suo Figlio. L'apocrifo Storia di Giuseppe falegname del II-III secolo è l'unico scritto che parla della vita e della morte di Giuseppe, una pietra preziosa che arricchisce la corona dell'Incarnazione. In agonia Giuseppe, confortato da Gesù e Maria, fa la sua professione di fede: "O Gesù nazareno, Gesù mio consolatore, Gesù liberatore della mia anima. Gesù mio protettore. Gesù, nome soavissimo sulla mia bocca e su quella di tutti coloro che lo amano. Nella storia della devozione san Giuseppe è invocato come il Patrono della Chiesa universale e protettore dei poveri, esuli, dei padri e degli sposi.
La fonte delle gesta narrate è senz’altro il Libro della Genesi, ma il narratore nel raccontare fa leva sulla fantasia e perciò –come si esprime Origene– il racconto biblico è espresso in forma favolistica. Le verità della Sacra Scrittura vengono così comunicate nella forma più semplice e più gradita soprattutto ai fanciulli.
I midrashîm raccontano le meraviglie che Dio ha operato in favore del suo popolo Israele. Naturalmente il racconto segue il testo sacro però lo amplia, arricchendolo di sapienti osservazioni e illustrandolo con similitudini, paragoni e parabole.
Questa antologia ha un immenso valore pedagogico, perciò la raccomandiamo caldamente a genitori e maestri.
Il profeta Osea sposa una donna che sembra divertirsi a tradirlo. Il lettore che si limitasse a compiangere la triste esperienza del profeta rischia di non cogliere il messaggio fondamentale del libro. Il protagonista del dramma non è Osea ma Dio stesso, che vuole costruire una storia d'amore con ogni credente. Osea ci rivela una dimensione umana della personalità divina: Dio, per sua scelta, si è legato all'umanità e l'ha fatta oggetto del suo amore. La gioia di Dio dipende dalla risposta dell'uomo. Gioele ci dice che la creatura umana di fronte alle disavventure è chiamata a mettersi davanti a Dio per cogliere il messaggio che Egli vuole inviarci. Se la nostra condotta è in sintonia con il progetto divino, ogni sciagura può diventare un momento di salvezza. Lo Spirito effuso su ogni credente suggerirà, di volta in volta, la risposta del Signore.
Il testo propone una serie di riflessioni bibliche aperte a tutta la comunità. La sua attualità è apparsa evidente poi, dopo la presentazione della Lettera Enciclica di Papa Francesco "Fratelli tutti". Guidati dalla figura del patriarca Giuseppe, infatti, il cammino proposto mira a rendere ciascuno consapevole del fatto che riconoscersi e vivere da figli e fratelli non è affatto scontato. Giuseppe è l'esempio di un uomo che ha saputo realizzare la propria vita attraverso il dono della Sapienza, nonostante tutte le difficoltà che incontra. È Dio a guidare le vicende umane, anche se segnate dal male e dal peccato; la Sua provvidenza emerge in tutta la sua tenerezza e misericordia. Così è per l'incontro di due giovani che avviano un cammino d'amore verso il matrimonio; così è per la nascita di un figlio in una famiglia; così è per una vocazione alla vita consacrata e al ministero sacro.