Basilio, Gregorio di Nissa, Ambrogio, Girolamo, Agostino appartengono a un mondo che appare lontano dai bisogni e dagli interessi della nostra società 'liquida', peraltro dominata dai poteri forti dell'economia e della politica e dai ritmi frenetici delle accelerazioni tecnologiche. Poco importa se i Padri della Chiesa hanno compiuto una grande opera di risemantizzazione delle antiche forme letterarie, retoriche e filosofiche, mantenendo vivo il mondo classico e contribuendo alla formazione della modernità. Il loro 'luogo naturale' non deve essere uno scaffale delle biblioteche dei Seminari, il loro 'confino' un'aula universitaria frequentata da una cerchia molto ristretta di addetti ai lavori. L'idea che dei giovani liceali e universitari possano essere interessati e trovino il tempo per leggere i Padri suona alquanto strana e di controtendenza. Eppure, è questa la strada che l'autore e i suoi collaboratori hanno scelto di percorrere, raccogliendo il guanto di una sfida che si è rivelata di sorprendente vitalità, perché dal dialogo con il pensiero dei Padri sono sorte forti provocazioni e chiavi di lettura propositive per interpretare, vivere e trasformare il nostro tempo.
Nel IV secolo, in concomitanza con l'edificazione delle grandi basiliche costantiniane e la restaurazione della Gerusalemme cristiana, inizia a diffondersi la pratica dei pellegrinaggi ai luoghi dell'Antico e del Nuovo Testamento, considerati occasioni di conoscenza e di preghiera.Epistole inviate in patria, resoconti e «guide» agli itinerari geografici e liturgici vanno presto a costituire una vasta letteratura, nella quale si colloca con caratteristiche uniche l'Itinerarium Egeriae, resoconto in forma epistolare di un viaggio realmente compiuto in Terra Santa.L'autrice, conosciuta con il nome di Egeria, risulta a tutt'oggi non identificata storicamente e anche la datazione dell'opera, pervenuta attraverso un unico manoscritto scoperto ad Arezzo, è incerta.
Considerato tra i massimi interpreti del Cantico dei cantici, a cui dedicò una raccolta di quindici folgoranti omelie, Gregorio di Nissa si rivela seguace di Origene nell'interpretazione allegorica delle Scritture, di cui sostiene tuttavia anche il valore letterale. In questi testi, Gregorio condensa la riflessione teologica dell'età matura e vede nel libro sapienziale l'allegoria dell'iniziazione a Dio. La potenza creatrice della Parola, presenza stessa del Verbo, è attingibile in un processo di purificazione e di sintonizzazione mistica a cui l'interpretazione allegorica facilita il cammino. La scrittura interpretativa è a sua volta una celebrazione del potere della parola, che crea infinite immagini, fantasie di cose, piante, animali e racconti fino a ricoprire il già ricco testo biblico.
I Cinque Discorsi Teologici di Gregorio di Nazianzo sono il monumento perenne dell'indagine trinitaria, presentazione metodologica e sostanza del dogma. Li pronunziò a Costantinopoli nell'ostilità accanita di ariani e pneumatomachi. Gregorio è netto nelle idee e incisivo nella forma. Non si trattava di idee, si trattava della salvezza eterna. Soprattutto sullo Spirito Santo è stato risolutivo. Atanasio aveva impostato la dottrina, Basilio l'aveva perfezionata pure non senza reticenze, Gregorio la precisò definitiva. Nei secoli successivi la ricerca teologica sullo Spirito Santo si è costantemente ispirata e confrontata con questi Cinque Discorsi Teologici di Gregorio.
La redazione del Commento di Tommaso agli Analitici secondi (Posteriori) di Aristotele si colloca tra il 1271 e il 1272, vale a dire fra gli ultimi mesi del secondo periodo d'insegnamento dell'Aquinate a Parigi (1269-72) e l'inizio del suo nuovo incarico a Napoli. Il libro I del testo aristotelico è dedicato all'analisi della dimostrazione, dei suoi caratteri e dei suoi requisiti; una volta trattati questi temi, si può passare - nel libro II - alla considerazione dei principi della dimostrazione (vale a dire, il termine medio e i principi primi indimostrabili) e del modo in cui veniamo a conoscerli. Ma che cos'è la dimostrazione o "sillogismo dimostrativo", o "sillogismo scientifico"? In che cosa si differenzia dal sillogismo in generale, a cui Aristotele ha già dedicato i libri degli Analitici primi (Priori)? E perché ce n'è bisogno?
In un contesto in cui la frase "chi sono io per giudicare?" è diventata uno slogan agli antipodi rispetto alle intenzioni di chi l'ha pronunciata, la parola di Gesù (Matteo 23,23) che elenca assieme alla fede e alla misericordia, il "giudizio" per primo come punto più importante della Legge, deve senz'altro far riflettere: non si tratta di scegliere fra il giudicare e l'essere misericordiosi, bensì di tenere insieme, con la fede, il giudizio e la misericordia. In questo volume antologico vengono presentate alcune pagine sulla Misericordia tratte dagli scritti dei Padri della Chiesa. Il curatore ne introduce il senso e offre una guida alla lettura.
Il De carne Christi è la prima opera cristologica della latinità, composta da Tertulliano per contrastare l'eresia docetista e gnostica che negava la vera umanità di Cristo. Ma misconoscere la vera umanità di Cristo significa compromettere la realtà della sua opera salvifica, la verità della nostra fede e la certezza della nostra futura risurrezione. L'errore di queste eresie sta nel rifiutare il dato rivelato contenuto nella Scrittura e tramandato dalla Chiesa (argomento della prescrizione), proponendo in modo arbitrario un diverso disegno salvifico che esclude l'incarnazione di Dio (come impossibile o indegna) e rifiuta la redenzione e la risurrezione della nostra carne (non la salvezza della carne ma dalla carne). Tertulliano avverte la pericolosità del sistema gnostico e la necessità di riaffermare la fede della Chiesa sull'identità di Cristo, il Verbo di Dio incarnato, vero Dio e vero uomo, crocifisso e risorto, Figlio di Dio e figlio della vergine Maria. Il Figlio di Dio, facendosi carne per amore dell'uomo, ha elevato l'uomo alla sua dignità divina; morendo e risorgendo per noi è la nostra unica speranza di salvezza.
Un classico della letteratura patristica sulla vita monastica. La biografia di S. Antonio - monaco nativo di Alessandria d'Egitto, vissuto tra il III e il IV secolo - è il best-seller della letteratura cristiana; è infatti una lunga lettera scritta (IV sec.) in greco dal vescovo Atanasio ai monaci d'Occidente al fine di indicare loro nella figura di Antonio Abate l'ideale monastico puro. La Vita, qui presentata nella prima vera traduzione italiana, è interessante per l'attualità del messaggio, mentre l'introduzione evidenzia l'importanza della trasmissione e della diffusione di idee anche in ambiti apparentemente molto lontani fra loro (ascetismo cristiano e yoga). Note di commento, ricche e puntuali, sotto vari aspetti - filologico, storico, esegetico e storico-religioso - accrescono il valore di questo volume.
Il volume, che raccoglie i contributi presentati in occasione del 'Convegno di Ontologia Trinitaria' tenutosi presso l'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano nei giorni 28-30 aprile 2015, intende in primo luogo ricostruire il concetto di Dio-Trinità quale si è formato ed è evoluto nell'àmbito della storia del pensiero europeo, in particolare nell'antichità cristiana, con uno sguardo anche alle riflessioni medievale e moderna. Si cerca anche di prendere in esame i diversi linguaggi e le diverse logiche con cui, di volta in volta nelle diverse epoche della cristianità, il mistero trinitario è stato detto e concepito. Il saggio propone un ampio percorso in cui vengono alla luce e sono confrontati i tentativi dei più grandi teologi e filosofi europei di pensare la Trinità, nelle letture di autorevoli interpreti italiani.
Il libro raccoglie quattro testi dei padri della Chiesa che prendono in esame il capitolo 15 del vangelo di Luca, dedicato alle parabole della pecora smarrita, della moneta perduta e del figlio prodigo.
Se il tema della misericordia Dei attraversa e anima l’intera Scrittura con uno spirito che assume spazio e dimensioni universali, proprio il capitolo dell’evangelo lucano consente di cogliere, in virtù dei molteplici richiami offerti dalle interpretazioni dei Padri, innumerevoli sfumature.
Sant’Ambrogio, per esempio, suggerisce una lettura trinitaria delle tre parabole con riferimento a Cristo pastore e Cirillo d’Alessandria legge nella moneta ritrovata e nell’effigie che porta impressa un modo per ripristinare nell’uomo l’immagine perduta di Dio. Agostino e Pietro Crisologo riflettono soprattutto sul figlio prodigo, con accenti che stimolano la riflessione sulla profondità inesauribile dell’amore di Dio e rendono avvincente la lettura.
Sommario
Introduzione. Volti della misericordia. Note biografiche degli autori. Nota bibliografica.
I. Le parabole della misericordia. 1. Ambrogio. Trilogia della misericordia. 2. Agostino. Sui due figli.
3. Cirillo di Alessandria. La pecora, la dracma, il padre. 4. Pietro Crisologo. Il padre e i due figli.
Note sugli autori e sul curatore
Ambrogio (340ca–397). Figlio di un funzionario imperiale e avviato alla carriera di magistrato, fu eletto vescovo dal popolo di Milano per acclamazione (374). Da questo momento, era soltanto un catecumeno in attesa del battesimo, si impegnò nello studio sistematico delle Scritture e nella predicazione, attendendo con rigore e fermezza all’ufficio episcopale. La sua opera è ricca di insegnamenti morali e spirituali (De officiis ministrorum, 391; De virginibus, 373); ampia è anche la produzione di opere dogmatiche (tre trattati contro l’arianesimo e due sui sacramenti) e assai significativa è la produzione esegetica (Exameron, due serie di sermoni sui salmi) a cui appartiene anche l’importante commento sul Vangelo di Luca in 10 libri (da cui è tratto il testo antologizzato) che costituisce anche l’unica opera del vescovo milanese relativamente al Nuovo Testamento.
Agostino (354–430). Proveniente da una famiglia di piccoli proprietari terrieri della Numidia, arriva alla conversione al cristianesimo nella maturità. Durante il viaggio a Milano del 387 incontra il vescovo Ambrogio e da lui riceve il battesimo. Al suo ritorno in Africa è consacrato prima sacerdote e poi nominato vescovo di Ippona. La sua vastissima produzione letteraria ne riflette l’impegno nella lotta contro le eresie, nell'approfondimento delle questioni teologiche, morali, dottrinali e spirituali. Per la profondità e finezza del suo pensiero, esposto in libri come le Confessioni e la Città di Dio, Agostino si è meritato il titolo di Dottore della Chiesa e l’appellativo di doctor gratiae. Alla sua attività di predicatore fanno capo i Sermoni da cui è tratto quello che qui si traduce (112/A), appartenente alla serie dei discorsi su passi isolati del Nuovo Testamento (Sermones de Scripturis).
Cirillo di Alessandria (†444). Alla morte di Teofilo, di cui era il nipote, Cirillo divenne patriarca di Alessandria nel 412. Dal carattere intraprendente e combattivo, si distinse nella controversia contro Nestorio, che ebbe il suo culmine nella convocazione del Concilio di Efeso (431) con la condanna e la deposizione del patriarca di Costantinopoli e l’affermazione della dottrina cristologica della divinità di Cristo e dell’unione nella sua persona della natura umana e di quella divina – sintetizzata nella formula: Una natura Verbi Dei incarnata – che gli ha fatto guadagnare il titolo nella storia della teologia di doctor incarnationis. Lo scritto che qui si presenta, tratto dal Commentarius in Lucam, all’interno della sua produzione letteraria si situa tra le opere esegetiche, l’altro grande filone, non meno importante e significativo, che il patriarca alessandrino ha sviluppato insieme a quello più specificamente polemico e dogmatico.
Pietro Crisologo (†450). Scarse sono le notizie sulla sua vita. Nel 433 divenne vescovo di Ravenna, ultima capitale dell’impero romano d’occidente. La sua figura storica è possibile in parte ricostruirla a partire dalle sue opere oratorie (179 sermoni nell’edizione delle Opere della collazione degli Scrittori dell’area ambrosiana) e una lettera ad Eutiche in cui invita l’archimandrita bizantino, condannato come eretico per via della confusione che faceva in Cristo delle due nature, a rimettersi all’autorità del papa per dirimere la questione. Dal corpus dei Sermoni, la metà dei quali trattano un argomento biblico, si traduce il V, sul padre e i due figli, dove è chiaramente esplicitato che il suo modo di interpretare le Scritture non è solo quello di studiarne il senso letterale ma anche quello di indagarne il significato spirituale, nell’intenzione «di sollevarsi dal senso letterale a una comprensione mistica e straordinaria della divinità» (V,1).
Curatore. Lucio Coco all’attività di docente affianca il lavoro di ricerca sulla tradizione patristica. Ha curato numerose edizioni di Padri della Chiesa greci e latini. Collabora attivamente alla collana dei Testi Patristici dell’editrice Città Nuova presso la quale ha pubblicato in prima edizione importanti opere di Giovanni Crisostomo, Evagrio Pontico, Gregorio di Nazianzo. Altri suoi lavori hanno avuto per oggetto la spiritualità medievale (Gertrude di Helfta, Tommaso da Kempis) e la spiritualità della lettura.
Nonostante la sua profonda sensibilità per l'argomento, Agostino non mai ha composto alcun trattato sistematico dedicato all'amicizia. Questo tema tuttavia percorre diverse pagine dei suoi scritti, e la sua riflessione arriva sino a innovare, grazie alla ricchezza dell'esperienza cristiana, il contenuto che la tradizione classica gli attribuiva.
Il percorso che qui viene proposto intende verificare la particolare declinazione delle relazioni interpersonali che hanno arricchito la vita del vescovo d'Ippona. La scelta è stata tuttavia di privilegiare i testi rispetto all'ambizione di una ricostruzione della sua teoria dell'amicizia e delle sue definizioni. Per questo, al lettore è affidata la fatica e la bellezza di accostare direttamente le pagine agostiniane, seppure delicatamente guidato e accompagnato da brevi introduzioni e da un sobrio apparato di note, attraverso i quali è facile cogliere qualche ipotesi interpretativa.
Le regole alimentari di Gerolamo, tradotte per la prima volta in italiano, costituiscono la terza sezione di uno scritto molto più ampio, l’Adversus Iovianianum, un testo di carattere polemico finalizzato a contestare le dottrine del monaco milanese Gioviniano, condannato prima a Roma dal papa (390) e poi dal vescovo Ambrogio.
Per controbattere alla tesi secondo la quale «l’astinenza non è migliore dell’assunzione riconoscente del cibo» Gerolamo ribadisce l’importanza del digiuno nella tradizione della Chiesa e nella storia della filosofia. Tenersi lontani dai cibi e dai piaceri giova alla meditazione del religioso e all’astrazione del pensatore; lontano da ogni demonizzazione, l’invito è a scegliere «la secchezza al grasso», i cibi leggeri a quelli pesanti, i piatti semplici a quelli elaborati. In tal senso l’opera di Gerolamo diventa una vera e propria «dietetica» che privilegia la verdura, i legumi e la frutta, facendo riecheggiare tutta la sapienza dell’antica medicina ippocratica e galenica, che considerava il cibo anche un farmaco.
Sommario
Introduzione. Nota bibliografica. Le regole alimentari. 1. La tesi di Gioviniano. 2. La posizione di Gerolamo. 3. Il tipo di alimentazione di vari popoli. 4. I cinque sensi vie d’accesso per i vizi. 5. Il caso dei filosofi. 6. Il corpo è un fanciullo, l’anima il [suo] pedagogo. 7.Il Protrettico alla medicina di Galeno. 8. Cura della podagra. 9. Dicearco, Senofonte, Cheremone. 10. Le sette dei giudei. 11. Esempi dalla Scrittura. 12. Gli eretici che rifuggono i cibi. 13. Il digiuno dei cristiani.
Note sull'autore
Secondo Prospero di Aquitania, Gerolamo sarebbe nato nel 331 e morto nel 420. Dopo i primi studi nella natia Dalmazia, si trasferì a Roma e soggiornò a Treviri, Aquileia e in Oriente. Eremita nel deserto di Calcide, ai confini tra la Siria del nord e la regione occidentale dell’Eufrate, venne ordinato prete dal vescovo di Antiochia. Si trasferì a Costantinopoli, poi a Roma e nuovamente in Oriente. Gerolamo è autore della Vulgata, la prima traduzione completa in lingua latina della Bibbia dal greco e dall’ebraico.
Curatore. Lucio Coco all’attività di docente affianca il lavoro di ricerca sulla tradizione patristica. Ha curato numerose edizioni di Padri della Chiesa greci e latini. Collabora attivamente alla collana dei Testi Patristici dell’editrice Città Nuova presso la quale ha pubblicato in prima edizione importanti opere di Giovanni Crisostomo, Evagrio Pontico, Gregorio di Nazianzo. Altri suoi lavori hanno avuto per oggetto la spiritualità medievale (Gertrude di Helfta, Tommaso da Kempis) e la spiritualità della lettura.