Il 2 dicembre 1923 nasceva Maria Callas, la "Divina", regina indiscussa e icona immortale della lirica. In occasione del centenario della nascita, il libro si concentra su un aspetto poco esplorato della vita del grande soprano: la sua spiritualità, in particolare la sua fede in Dio. Attingendo a una grande quantità di documenti, lettere, testimonianze, immagini, e soprattutto alla sua conoscenza personale della celebre cantante greca, Renzo Allegri ne disegna un ritratto unico e coinvolgente, ripulito anche dallo strato di dicerie, pettegolezzi e falsità che nel corso degli anni sono stati detti e scritti sulla Callas. Prefazione di Cecilia Gasdia.
La biografia del giudice Rosario Livatino, ucciso in un agguato mafioso nel 1990, con la postfazione dell'Arcivesco di Agrigento, mons. Montenegro.
Ave propone la ristampa della biografia del giudice Rosario Livatino, ucciso in un agguato mafioso nel 1990 mentre si recava ad Agrigento per assolvere al suo delicato incarico di giudice a latere. Il 9 maggio 2021 è la data scelta da papa Francesco per la beatificazione del giudice ragazzino. Dichiarato martire in odium fidei lo scorso 22 dicembre, di Livatino il cardinal Montenegro – che ha curato la postfazione del libro Ave – ha detto: «Sarà il primo magistrato laico, impegnato in prima fila nella lotta alla mafia, a essere proclamato Beato e Martire». La data scelta per la beatificazione è fortemente simbolica: chi non ricorda il grido di condanna di Giovanni Paolo II contro la mafia, nella Valle dei Templi, il 9 maggio 1993?
«Mi definisco “amministratore” perché tale mi sento. Non mi sono mai nascosto: ho avuto anch’io paura, soprattutto nei primi giorni della pandemia; l’ho condivisa con tutti i cittadini e abbiamo capito insieme, strada facendo, che le “istruzioni per l’uso” non le conoscevamo semplicemente perché non c’erano». Il ragazzo della Marca trevigiana diventato ministro delle Politiche agricole a soli quarant’anni è cresciuto. È l’uomo riconfermato alla guida della Regione Veneto per il terzo mandato consecutivo. Riflettere sulle scelte compiute nelle drammatiche ore dell’emergenza Covid-19 gli ha fornito lo slancio per ripercorrere le tappe fondamentali in cui si sono formati e consolidati valori e principi della sua attività istituzionale. Luca Zaia si confronta con le sue umili origini, in una famiglia segnata dall’esperienza dell’emigrazione e del duro lavoro, racconta gli anni degli studi e la scoperta della vocazione al servizio delle istituzioni come riscatto per la sua gente, dall’incontro con la Liga al legame con il territorio, dai successi delle Colline del Prosecco patrimonio Unesco al confronto serrato con le catastrofi climatiche, fino alla gestione di un sistema sanitario d’eccellenza, che ha dato il massimo davanti alle sfide della pandemia ed è stato indicato in ambito internazionale come un esempio da imitare. Infine, ritornando sulle lezioni apprese e sul ruolo trainante del Veneto come laboratorio di buone pratiche e innovazioni, fa il punto sui più importanti cambiamenti in atto, dalla semplificazione amministrativa alla collaborazione tra sindaci e governatori, fino alla madre di tutte le riforme, quell’autonomia che è la chiave per la transizione verso un federalismo regionale e che appare ancora più urgente oggi, per ridare speranza alla comunità e non sprecare una preziosa occasione di rinascita.
Questo libro non è un catalogo di storie esemplari. È invece una sequenza di vicende che più normali di così non potrebbero essere. Dentro queste pagine ci sono persone che dovreste e potreste conoscere perché camminano per le stesse strade dove camminiamo tutti e tutte, fanno le stesse cose che facciamo noi e a qualunque sguardo superficiale apparirebbero del tutto prive di quella misteriosa luce di predestinazione che dovrebbe distinguere una persona speciale dalla massa di chi speciale non è. Sono tutte storie così, semplici al punto che brillano solo se qualcuno se ne accorge e le racconta, e hanno protagonisti con nomi comuni.
La Fede di un Brigatista Rosso, poi arruolato nella Folgore e che ha operato per lunghi anni nella Sezione Speciale Antiterrorismo dei Carabinieri e in altri Apparati dello Stato, con l'aiuto spirituale della Chiesa e delle focolarine legate a Graziella De Luca, è al centro dei più importanti risultati nella lotta al terrorismo brigatista e alla pacificazione degli anni di piombo. Prefazione di Angelo Picariello.
Spirito religioso, politico a tratti spietato, ma tutt'altro che privo di ispirazioni ideali, Richelieu fu il protagonista della fase storica in cui si affermarono gli Stati assoluti e il moderno sistema delle relazioni internazionali, divenendo rapidamente una figura quasi mitica, che ancora affascina la cultura europea. Cadetto di una famiglia di piccola nobiltà, divenne poco più che ventenne l'attivo vescovo riformatore della piccola diocesi di Luçon. Legatosi alla regina madre Maria de' Medici, iniziò una carriera politica che fu bruscamente interrotta, nel 1617, dalla disgrazia della sua protettrice, allontanata dal potere dal figlio, Luigi XIII. Richelieu tornò al potere solo nel 1624, insieme a Maria de' Medici, e divenne l'uomo di punta di un vasto progetto di rafforzamento del potere monarchico e di affermazione della Francia sul piano internazionale. I successi conseguiti con la sconfitta dei protestanti francesi e l'intervento militare in Italia nella guerra di successione di Mantova gli portarono la completa fiducia di Luigi XIII, ma il suo crescente potere e le sue scelte di politica estera determinarono una rottura insanabile con il partito cattolico e con Maria de' Medici, che nel 1631 fu costretta a fuggire dalla Francia. Da questo momento e fino alla morte, Richelieu fu un primo ministro quasi onnipotente, il centro di una estesissima rete di potere e il bersaglio di una serie infinita di congiure. Lontano da ogni forma di machiavellismo, Richelieu espresse una concezione del potere come una forma di razionalità, ispirata da Dio, chiamata a imporsi su una società conflittuale e lacerata. Da questa ispirazione derivarono una politica fortemente assolutista e l'intervento nella guerra dei Trent'anni (1635), che avviò la costruzione di una nuova struttura delle relazioni internazionali in Europa.
I1 2024 è un anno degasperiano perché ricorda 70 anni dalla scomparsa del grande statista Alcide De Gasperi, cui tanto l'Italia post-fascista deve.
Fra i molti scritti in sua commemorazione che sono apparsi, il libro a firma di Leonardo Brancaccio che il lettore ha per le mani si distingue per una esplicita missione, quella di offrire una ricostruzione della figura e delle opere di De Gasperi capace di parlare ai giovani di impegno, responsabilità, valori, tolleranza€ spirito di unione, visione di lungo periodo, dimensioni quanto mai necessarie per affrontare molti problemi attuali.
(Dalla prefazione di Vera Negri Zamagni)
A 70 anni dalla sua morte, forse non abbiamo bisogno di un nuovo De Gasperi e non ci è nemmeno chiesto di essere noi i nuovi De Gasperi. Ci è chiesto di vivere il nostro tempo con la libertà e con la responsabilità che abbiamo incontrato nelle pagine della sua biografia, scegliendo con consapevolezza e onestà, cercando di stare in equilibrio tra passato e futuro.
(Dalla postfazione di Marco Odorizzi)
Nel centenario dell'assassinio di Giacomo Matteotti (1885-1924), questo libro ne ripercorre la vicenda in modo non rituale. Di uno dei delitti più simbolici dell'intero Novecento non si vuole, infatti, né offrire un racconto dettagliato, né scandire i canoni consolidati dei suoi quando, come, perché, né farsi sedurre dalle trame delle mille eredità, storiche e soprattutto memoriali, che da un secolo a questa parte si sono accumulate. Enzo Fimiani reinterpreta Matteotti, proponendo al lettore alcune sfide intellettuali e civili. Almeno tre emergono come principali: decostruire il suo mito su tutti i diversi piani nei quali si sviluppa, ideale o politico, celebrativo o ideologico, per ricondurlo alla storia e alle sue molteplici variabili; «normalizzare» la sua uccisione togliendole la patina di evento eccezionale, non per fare opera di deminutio bensì per inserirla in contesti più ampi e complessi, ridando così un peso e un significato non di maniera alla sua esistenza; riflettere sullo strano destino politico di Matteotti, icona del Novecento, ma, per certi versi, cattiva coscienza delle contraddizioni e dei cortocircuiti di tutte le famiglie politiche del secolo, nella «sua» sinistra come nelle destre, perché a nessuna omologabile, da nessuna manipolabile e, per tutte, «una macchia, una colpa».
Chi vuole rottamare, chi promette di asfaltare, chi minaccia di usare la ruspa. I politici dei nostri giorni amano distruggere, annunciano di voler abbattere l'edificio del passato, anche se di solito finiscono per abbattersi da soli. Ci fu invece un uomo, quando l'Italia era ancora un regno ma stava per diventare una repubblica, che si propose come «costruttore»: Alcide De Gasperi. Intorno a lui, le macerie della guerra provocate da un grande «distruttore». Eppure, De Gasperi riuscì a ricostruire l'Italia. In otto anni da presidente del Consiglio mandò via il re, difese l'integrità territoriale di un Paese sconfitto, ottenne i finanziamenti del Piano Marshall, portò Roma nel Patto atlantico e costruì l'embrione dell'Europa unita con Francia e Germania, creò la Cassa del Mezzogiorno e l'Eni di Mattei, promosse le grandi riforme sociali e avviò il miracolo economico. Invece di una rivoluzione, fece una democrazia. Quella in cui oggi viviamo. Un uomo nato povero e rimasto umile, sobrio e devoto, così diverso non solo dai politici attuali ma anche da quelli del suo tempo. E infatti morì da «uomo solo» nella Dc. Ma l'Italia lo capì e lo ammirò: alla sua morte ci fu un'ondata di commozione nazionale e il treno che trasportò la salma da Borgo Valsugana a Roma fu accolto dalla folla in decine e decine di stazioni. Fu un santo? Secondo alcuni sì. A Roma è in corso il processo di beatificazione che entro il Giubileo del 2025 potrebbe portare alla consacrazione di «venerabilità». Nel settantesimo anniversario della morte, attraverso cinque lezioni di straordinaria attualità - che spaziano dalla sua concezione della democrazia come «antidittatura», che lo portò a essere prima antifascista e poi anticomunista, alla politica estera, alla gestione della spesa pubblica, all'intervento nel Mezzogiorno -, Antonio Polito racconta la storia del primo e unico «premier forte» della Repubblica: per offrirne il modello a chi oggi guida o si candida a guidare l'Italia, ai politici dei nostri tempi.
Quando sono i padri e le madri a seppellire i figli, c'è qualcosa che non va, quell'addio fa più male. Il 19 marzo del '94, quando uccisero Peppe Diana giovane prete, la separazione fu dolorosa. Un padre e una madre, insieme a tante persone, accompagnarono al cimitero la bara del proprio figlio ancora nel pieno della vita. La morte taglia tutti i rapporti? Gli affetti, l'amicizia? Dell'altro, resta solo il ricordo? E nel ricordo non resta forse anche qualcosa di ciò che è stato? Solo nostalgia del passato? O anche del futuro ... delle tante cose che più non saranno! Ciò che avete da lui ricevuto, ora in suo nome donate! «Penso che avresti fatto volentieri a meno della medaglia del Presidente, come di tutte le altre onorificenze che verranno, tu che tanto amavi la vita. Un giorno, forse, la chiesa santificherà il tuo martirio. Sarà abbastanza per la vita che ti è stata tolta? Per le parole che non hai potuto dire ai tuoi fedeli, agli amici? Per le parole che non ci siamo più detti?»
Giovanni Pascoli (1857-1912) è stato forse il più grande poeta italiano moderno: è l'orizzonte da cui muove questa nuova ricognizione che, tenendosi lontano dalle ormai abusate analisi linguistiche e psicanalitiche, riporta in primo piano uno scrittore di portata europea e dallo "sguardo cosmico" che rivoluzionò il linguaggio, i temi e le strutture della poesia del suo tempo. Questo Profilo, scritto con l'estro e la libertà di uno scrittore di vaglia come Bruno Nacci, è arricchito da un commento delle più celebri poesie dell'autore di Myricae e punta al cuore del mistero della sua poesia.
Giulia Farnese fu una delle donne più belle e più potenti del suo tempo. Fu la vera artefice della fortuna dei Farnese che, per mezzo del suo ascendente su Alessandro VI Borgia, da piccoli aristocratici di provincia diventarono una delle più grandi famiglie italiane del Rinascimento. Proprio per questo fu ricordata con gli appellativi di «Venere papale» e «Sposa di Cristo», ma nell'ultimo periodo della sua vita diventò «Illustrissima domina», un'abile imprenditrice e amministratrice dei suoi beni, dotata di un grande senso di carità e di protezione verso le donne del suo feudo di Carbognano. In occasione del cinquecentesimo anniversario della sua morte, l'autore ha voluto ricordare la sua vera storia, aggiornata agli ultimi studi e arricchita di capitoli inediti, dalla quale emergono chiaramente il suo processo di «purificazione» e di riscatto, i suoi sentimenti più intimi e la sua forte carica spirituale.