Spendereste qualcosa in più per saltare una coda? Accettereste dei soldi per farvi tatuare il corpo con messaggi pubblicitari? È etico pagare le persone perché sperimentino nuovi farmaci pericolosi o perché donino i loro organi? E che cosa dire dell'assumere mercenari per combattere le nostre guerre? O del comprare e vendere il diritto di inquinare? O del mettere all'asta le ammissioni alle università d'élite? O ancora del vendere il diritto di soggiorno agli immigrati disposti a pagarlo? Non c'è qualcosa che non funziona in un mondo dove tutto è in vendita? Negli ultimi decenni, i valori del mercato sono riusciti a soppiantare logiche non di mercato in quasi ogni ambito della vita: la medicina, l'educazione, il governo, la legge, l'arte, gli sport, persino la vita familiare e le relazioni personali. Quasi senza accorgercene, sostiene Sandel, siamo così passati dall'avere un'economia di mercato all'essere una società di mercato. In "Giustizia", Sandel si era dimostrato un maestro nell'illustrare con chiarezza e vivacità i complessi dilemmi morali con cui dobbiamo confrontarci nella vita quotidiana. Ora, in questo nuovo libro, affronta una delle massime questioni etiche del nostro tempo e suscita un dibattito finora assente nella nostra epoca ossessionata dai soldi: qual è il giusto ruolo dei mercati in una società democratica e come si fa a tutelare i beni morali e civili che i mercati non rispettano e che i soldi non possono comprare?
Autore:
Gusmeroli Fausto
È ricercatore presso la Fondazione Fojanini di Studi Superiori di Sondrio, città in cui vive. Collabora con il Dipartimento di Produzioni Vegetali dell'Università degli Studi di Milano e ha svolto attività di docenza in Master di primo e secondo livello. Ha pubblicato su riviste scientifiche nazionali e internazionali sui temi della biodiversità; è autore di libri e articoli divulgativi sugli stessi temi e sulla cultura alpina.
Contenuti:
Crisi. Ossia krísis: trasformazione.
Siamo alle soglie di una svolta epocale, paragonabile a quella che diecimila anni fa rese i raccoglitori-cacciatori una società rurale, o a quella che nel Settecento introdusse la società industriale. Come allora, il sistema appare oggi al collasso.
Il cambiamento, un vero sovvertimento, comincerà da un altro modo di guardare alla vita, al domani. Con gli occhi della cicala, è la provocazione di questo libretto. E se fosse lei ad avere ragione, invece della formica di Esopo? Nella favola, la formica è accumulo, crescita a tutti i costi, competizione, fretta... Egoismo.
La cicala è utopia.
«Chiedo scusa alla favola antica,
se non mi piace l'avara formica.
Io sto con la cicala,
che il più bel canto non vende,
regala»
(Gianni Rodari)
Autore:
Bosio Roberto
Nato ad Acqui Terme (AL), laureato in Economia con una tesi di geografia sul Sud del mondo, è insegnante di sostegno a Torino. Ha scritto diversi libri tra cui, per la EMI: Oltre il capitalismo (2010) e Lo scomodo profeta della Bassa (2011). È autore di due seguiti blog sulla piattaforma Blogosfere: economiaefinanza. blogosfere.it e contintasca.blogosfere.it
Contenuti:
Ma come diavolo avremo fatto a precipitare dentro a questa crisi infinita?
Noi lavoravamo, compravamo e vendevamo, amavamo... vivevamo, insomma. Con alti e bassi, più o meno come sempre. Poi, parole come spread, derivati, subprime hanno fatto irruzione nei nostri telegiornali. E nella nostra anima. Vorremmo capirci qualcosa almeno.
Questo opuscolo prova a spiegare con chiarezza cos'è avvenuto, e come si potrebbe uscirne. Lo fa con le parole di un autore competente ma dalla parte della gente comune (fa l'insegnante di sostegno - precario, avete indovinato).
Sono temi difficili, è vero. Ma che riguardano la nostra vita.
Se c'è un economista che ha sempre guardato ai mercati finanziari e alla globalizzazione con un occhio critico, questo è Joseph Stiglitz: premio Nobel per l'economia nel 2001, nello scatenarsi della crisi economica globale di questi anni Stiglitz ha trovato conferma di molti degli avvertimenti che, spesso inascoltato, ha per decenni rivolto alle istituzioni, ai politici e ai suoi colleghi economisti. Fino a poco tempo fa il mercato globale era considerato da molti ormai immune da instabilità e perfettamente in grado di gestire qualunque rischio finanziario: in questo contesto, la politica sbagliata del governo americano e il comportamento senza scrupoli di molti individui, ma anche di intere banche e società finanziarie, hanno determinato la crisi del credito negli Stati Uniti, che si è poi rapidamente estesa a tutto il mondo attraverso i canali della finanza globale, spedendo le economie di tutto il mondo in caduta libera. Con questa analisi sferzante Stiglitz interviene nel dibattito internazionale che si è aperto non solo sugli errori del governo americano, ma anche sulla solidità del sistema finanziario globale, se non sulla stabilità stessa del capitalismo come forma di organizzazione dell'economia.
Durante l'ultimo World Economic Forum di Davos si è scritto che un fantasma stesse perseguitando i potenti della terra, riuniti nella cittadina svizzera: lo spettro di Karl Polanyi, lo scienziato sociale che, con "La grande trasformazione", raccontò l'impatto della società di mercato e dell'industrializzazione sulla civiltà occidentale, e colse meglio di chiunque altro gli effetti politici, culturali e antropologici della crisi degli anni trenta. Oggi, mentre imperversa una nuova Grande recessione, idee che parevano ormai relegate alle librerie polverose dei dipartimenti universitari sono riemerse in tutta la loro attualità. Prima fra tutte, la questione, fondamentale, del ruolo dell'economia nella società. Al centro dei saggi raccolti in queste pagine, scritti tra il 1919 e il 1958 e inediti a livello mondiale, c'è il tentativo di indicare la strada per tornare a un'economia ancorata alla società e alle sue istituzioni culturali, religiose, politiche, in aperta polemica con l'ideologia del "laissez-faire". Storico, giurista, antropologo ed economista, decenni fa Polanyi parlava già dei problemi del nostro presente: le distorsioni della democrazia generate dal liberismo sregolato, le conseguenze del capitalismo sull'ambiente, la tendenza alla mercificazione di ogni cosa, il ruolo del potere pubblico nell'affermazione e nella tenuta del sistema economico.
Mai tante crisi tutte insieme: clima, ambiente, energia, risorse naturali, cibo, rifiuti, economia. Eppure la minaccia della catastrofe non fa paura a nessuno. Come fare? Ci vuole una nuova intelligenza collettiva. Stop a dibattiti tra politici disinformati o in conflitto d'interessi. Se aspettiamo loro sarà troppo tardi, se ci arrangiamo da soli sarà troppo poco, ma se lavoriamo insieme possiamo davvero cambiare. L'autore racconta il suo percorso verso la resilienza, ovvero la capacità di affrontare serenamente un futuro più incerto, e indica il programma politico che voterebbe. Il cambiamento deve partire dalle nostre case (più coibentate), dalle nostre abitudini, più sane ed economiche (dal consumo d'acqua ai trasporti, dai rifiuti alle energie rinnovabili, dall'orto all'impegno civile). Oggi non possiamo più aspettarci soluzioni miracolistiche: meglio dunque tenere il cervello sempre acceso, le luci solo quando servono.
La prima globalizzazione, nella seconda metà dell'Ottocento, fu accompagnata, e in un certo senso guidata, da un'élite internazionale ristretta e potente, artefice di un nuovo sistema economico. A propria capitale eresse la più grande metropoli di allora, Londra, sede di due imperi: quello diplomatico-militare vittoriano e quello informale, dai confini mobili, della finanza. I merchant bankers londinesi furono un'aristocrazia atipica, che intrecciava il potere del denaro con quello delle relazioni istituzionali e sociali. In questo libro si racconta l'ascesa di tale élite imperiale, capitalistica e aristocratica insieme, e se ne descrivono il profilo sociale e la cultura operativa. Si parte dalla scoperta della globalizzazione, si analizzano poi da una parte la diffusione di speculazione e gioco di Borsa e dall'altra la concentrazione in poche mani di un colossale potere economico e politico. I finanzieri internazionali si erano dati tacite ma stringenti regole comportamentali che delimitavano lo spazio tanto della concorrenza quanto della cooperazione. L'epoca in cui la globalizzazione si delineò non fu affatto un periodo di anarchia economica, bensì di regolazione dell'economia, sebbene su basi rigorosamente privatistiche. E forse è questa la differenza più profonda rispetto alla globalizzazione del nostro tempo, che ha sottratto la dinamica della finanza a ogni regola.
"Finanza killer. Non con i nostri soldi", un testo a cui partecipano Alex Zanotelli, Francesco Gesualdi e Andrea Baranes, affronta i temi della crisi finanziaria mondiale, dei mutui subprime, dei derivati, dei paradisi fiscali, del sistema finanziario ombra, del debito pubblico. L'obiettivo dello spettacolo è far capire come siamo precipitati nella crisi, ma soprattutto cosa è possibile fare per uscirne: perseguendo una maggiore giustizia economica, sociale e ambientale, riconducendo la finanza a servizio dell'economia e delle persone. Quindi una finanza etica che pone gli esseri umani prima dei profitti: in questo orizzonte vanno assunte le decisioni da parte dei governi, ma anche le scelte di noi cittadini.
Negli Stati Uniti l'economia postindustriale, basata sul sapere e sull'innovazione, sta cambiando profondamente il mercato del lavoro, sia per la tipologia dei beni prodotti sia per le modalità e, soprattutto, le località in cui vengono realizzati, creando enormi disparità geografiche in termini di istruzione scolastica, aspettativa di vita e stabilità famigliare. Per alcune regioni e città, infatti, la globalizzazione e la diffusione di nuove tecnologie vogliono dire aumenti nella domanda di lavoro, più produttività, più occupazione e redditi più alti. Per altre, chiusura di fabbriche, disoccupazione e salari sempre più bassi. E poiché questa radicale ridistribuzione di impieghi, popolazione e ricchezza è un processo destinato a diffondersi nei prossimi decenni in ogni angolo del Vecchio continente, Italia compresa, le dinamiche in atto oltreoceano offrono importanti lezioni anche per i paesi europei. Di questa "nuova geografia del lavoro" Enrico Moretti traccia una mappa dettagliata: visita città in ascesa, che vedono fiorire un virtuoso intreccio di buoni impieghi, talento e investimenti, e città in declino; passeggia per le vie di Pioneer Square, quartiere trendy di Seattle, e per quelle di Berlino, la capitale più attraente d'Europa, ma anche una metropoli sorprendentemente povera; e scopre che ogni posto di lavoro creato in centri di eccellenza dell'innovazione ne genera almeno cinque in altri settori produttivi, e tutti retribuiti meglio che altrove.