Sulla scia del messaggio agostiniano de "La città di Dio", il Medioevo è l'inizio di una nuova era e per una civiltà che muore, quella apparentemente eterna e immutabile dell'impero romano, un'altra nasce sulle fondamenta del cristianesimo. Questo Atlante storico illustrato sviluppa i tratti essenziali della produzione e della trasmissione del sapere medievale e delle sue discipline, incrociandoli con le concezioni culturali e sociali, con i diversi momenti e stili della storia dell'arte e della vita religiosa. Sia nella cartografia sia nei testi, viene dato ampio spazio alle principali tappe della storia politico-sociale e il risultato è un affresco sintetico che orienta alla conoscenza dell'Occidente medievale dalla fine del secolo IV all'inizio del secolo XVI, arricchito da una ricca documentazione fotografica, di luoghi, architetture e opere d'arte. Ci si imbatte in una cultura, in alcuni grandi personaggi e in momenti fondamentali nella storia del sapere universale, nei quali il cristianesimo, con le proprie istituzioni ed espressioni, offre un impulso basilare e garantisce l'equilibrio dei poteri a vantaggio delle libertà delle città e delle persone. Questo Atlante storico, con il contributo di studiosi di fama internazionale, si propone come uno strumento sintetico utile per la conoscenza del Medioevo europeo.
Un volume ricco di suggestioni, aggiornato alle ultime ricerche archeologiche, con un ricco apparato illustrativo. Un itinerario artistico che permette al lettore di seguire lo sviluppo di una delle più eccezionali avventure intellettuali e artistiche della civiltà umana. Tracciare un profilo dell'arte espressa dalla civiltà mesopotamica, la cultura sviluppatasi nella "Terra fra i due fiumi", Tigri ed Eufrate, è un'impresa allo stesso tempo ardua e necessaria. Ardua perché un'intera biblioteca è stata dedicata all'argomento sin dai primi scavi archeologici ottocenteschi; necessaria perché i più recenti ritrovamenti archeologici, le nuove scoperte e l'approfondimento delle conoscenze nel settore necessitano di continue puntualizzazioni e precisazioni che gettano nuova luce su un insieme che rapidamente evolve, rendendo più dettagliato il quadro complessivo. E questo è tanto più vero quando si esaminino le successive stratificazioni culturali avvenute in Mesopotamia, tenendo conto della continuità di insediamento verificatasi nel corso dei millenni in questa terra. Alle tre sezioni principali che componevano l'edizione originale di questo volume - quella dell'antichità che possiamo definire "classica" della Mesopotamia regale con i grandi e celebrati imperi, seguita dall'epoca dell'ellenismo, preludio all'età partica e sasanide e, infine, dalla stagione islamica, in genere un po' sottaciuta e trascurata - si aggiunge oggi un contributo che rende conto delle recenti scoperte archeologiche in merito al periodo preislamico. Il risultato è uno spaccato a tutto tondo del ruolo di centro elaboratore e diffusore della cultura che nei millenni ha avuto l'Iraq.
Il mondo della pittura di icone, che Florenskij - soggiogante figura di mistico, filosofo, matematico e teologo, quale poteva apparire soltanto in quella prodiga fioritura di genialità che si ebbe in Russia nei primi anni del secolo scorso - ci svela in queste pagine, rimarrebbe per sempre incomprensibile se lo si avvicinasse con i consueti strumenti della critica d'arte. Esente dalla prospettiva, incompatibile con la concezione della pittura dominante in Occidente dal Rinascimento in poi, l'icona presuppone una metafisica delle immagini e della luce. Ed è a questa metafisica che Florenskij ci introduce, scendendo poi in analisi storiche acutissime, che svariano dalla pittura fiamminga alle tecniche della preparazione dei colori, dalle forme dei panneggi al significato dell'oro e al nesso fra le icone e la liturgia della Chiesa orientale. Accompagnati da questa guida incomparabile, possiamo così finalmente varcare le «porte regali» dell'iconostasi, «confine tra mondo visibile e mondo invisibile», luogo dove si manifesta una pittura sublime, in cui le cose sono «come prodotte dalla luce».
Jacob Burckhardt ha scritto alcuni dei testi più influenti di storia della civiltà del Rinascimento in Italia, determinandone un'interpretazione che ha dettato legge fino agli studi degli anni Settanta di Eugenio Garin. Georg Simmel, filosofo e sociologo, ha posto l'estetica degli 'oggetti' dell'arte e dell'architettura come uno dei temi centrali della sua riflessione postkantiana, relativistica, fenomenologica e 'prerazionale'. A duecento anni dalla nascita di Burckhardt e a cento dalla morte di Simmel, a loro è dedicato questo numero dell'Annuario, che ne celebra tutta l'importanza per la cultura europea.
Capolavoro poco frequentato di Botticelli, Quadri dalla Divina Commedia presenta i disegni tracciati con incomparabile maestria dal pittore per illustrare l'opera dantesca. Il commento è affidato alla penna contemporanea di Quirino Principe. Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici, cugino di secondo grado di Lorenzo il Magnifico, commissionò a Botticelli l'illustrazione su pergamena della Divina Commedia di Dante: un foglio per ogni canto dell'Inferno, del Purgatorio e del Paradiso, in formato 47x32,5 cm. Il lavoro, pur molto avanzato nei disegni, non fu portato a compimento col colore, diversi fogli sono purtroppo andati perduti. Sette dei superstiti sono conservati nella Biblioteca Apostolica Vaticana, mentre la maggior parte si trova a Berlino. Siamo di fronte a un capolavoro di Botticelli, di cui pubblichiamo una scelta dei fogli più completi e meglio conservati. La selezione è accompagnata da un commento d'eccezione quello di Quirino Principe che da alcuni anni intrattiene un assiduo pubblico nella fortunatissima Lectura Dantis, la lettura integrale e il commento della Divina Commedia iniziata nel 2017. Due drammatizzazioni a confronto: quella grafica di Sandro Botticelli e quella scritta di Quirino Principe.
Ogni stagione ha il suo Caravaggio. Questa è la più propizia, perché l'apparizione dell'Ecce Homo a Madrid è stata accompagnata da un coro di consensi senza precedenti per un'opera apparsa dal nulla. Non capitava da tempo che un dipinto mettesse d'accordo gli studiosi, imponendosi con una evidenza inequivocabile, e questo ci fa riflettere su ciò che resta, allo stato degli studi, a partire dalla mostra di Caravaggio curata da Roberto Longhi a Palazzo Reale di Milano nel 1951, vero atto di rinascita di Caravaggio dopo una damnatio memoriae durata circa tre secoli. Da questa data, il 1951, il nome di Caravaggio si infiamma ancora una volta, accendendo i desideri del mercato e dei critici, che si affannano a individuarne di nuovi, anche laddove, essi, Caravaggio non sono. E a disconoscerne altri che Caravaggio potrebbero essere, a volte anche con grande furbizia. Questo libro di Vittorio Sgarbi, dunque, non solo dà conto, per la prima volta, in modo molto sistematico, documentato e con un ricco apparato iconografico, dell'ultimo straordinario ritrovamento caravaggesco, l'Ecce Homo, a Madrid. Ma è anche l'occasione di percorrere un viaggio avventuroso ed entusiasmante nei labirinti, rivalità, furbizie che hanno accompagnato la riscoperta di Caravaggio, a partire da quel fatidico 1951, settanta anni fa esatti.
La prima storia globale dell'arte dell'icona che ripercorre la sua diffusione geografica, gli stili che l'hanno caratterizzata e le tecniche utilizzate nel corso dei secoli. L'icona nasce nel Vicino Oriente ellenistico, nell'ultimo periodo dell'Impero romano e la sua diffusione interessa paesi quali Egitto, Palestina, Giordania, Siria, Libano, Anatolia, ma dal IX secolo sarà Costantinopoli, centro del nuovo Impero bizantino, a divenirne il massimo centro propulsore. Da qui le icone raggiungeranno anche Etiopia, Georgia, Armenia, la Grecia e tutte le isole dell'Egeo, per poi proseguire il loro viaggio nei Balcani e nel mondo slavo. Nel XII secolo raggiungeranno Kiev, il cuore della prima Russia, poi Novgorod e Mosca, la terza Roma, come sarà chiamata anche dopo la caduta di Costantinopoli. La varietà di stili e tecniche, che caratterizza le icone, rispecchia le specifiche tradizioni culturali ed estetiche dei paesi nei quali si sono sviluppate, anche se sono sempre riconoscibili quali immagini dotate di forza simbolica, liturgica, religiosa e, talvolta, anche politica. I maggiori studiosi si sono confrontati sul tema, per realizzarne la prima storia artistica globale: significati, evoluzione, soggetti cui l'icona si ispira e, infine, la comprensione di come un'immagine possa trascendere il reale pur rappresentandolo.
Lo sviluppo della ricerca storiografica e dell'archeologia hanno permesso di smontare il pregiudizio accademico che vedeva nell'arte romana il prolungamento decadente di quella greca. La cultura romana delle origini viene analizzata come koinè, comunità in gran parte omogenea che ha il suo fulcro nell'italia tirrenica Con un metodo originale Filippo Coarelli ha saputo realizzare una storia dell'arte romana che raccoglie in una visione complessiva la ricerca archeologica e storica svolta da studiosi di diversi Paesi, basando la propria indagine sul dialogo continuo tra i dati archeologici e la tradizione classica sulle origini di Roma. Nei secoli più antichi, quelli della Roma dei re, la città si trovava all'incontro di due mondi artistici ricchi e vivaci - quello etrusco a nord e quello greco-italico a sud - e costituiva una periferia artistica dove influenze e modalità espressive variegate si intrecciavano e interagivano con la sensibilità locale. Nell'età dei re, Roma apparteneva a un territorio relativamente omogeneo, quello dell'Italia tirrenica, i cui segni si colgono nell'urbanesimo, nella celebrazione del sovrano, nei templi e nell'introduzione della scrittura. Nella prima parte dell'età repubblicana - il volume giunge fino al III secolo a.C. - iniziano a prender forma componenti proprie, in un continuo scambio di somiglianza e differenza rispetto ai mondi circostanti. Il quadro politico è cambiato, con l'espansione nel Lazio e la creazione di colonie, ed è così che gradualmente inizia a delinearsi una cultura artistica riconoscibile come «romana».
È stato uno degli editori più eclettici che l'Italia abbia mai avuto, dotato di un fiuto a trecentosessanta gradi per i bestseller e di un amore incondizionato per i libri, che per lui non erano semplici oggetti da proporre e vendere al pubblico, ma veri propri scrigni di tesori, capaci di migliorare la sua esistenza e quella degli altri. Nel corso della sua vita Luigi Spagnol ha seguito una sola regola: cercare le cose migliori dove nessun altro le avrebbe cercate. Fu per questo che nel 1997, prima ancora di finire di leggerne la bozza, decise di pubblicare "Harry Potter e la pietra filosofale". L'anno prima aveva intuito le potenzialità di una favola, "Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare", che avrebbe poi venduto due milioni di copie. Ma oltre che nel fantasy e nella favola il suo talento lo portò a scovare straordinari successi anche in settori molto diversi: dall'umorismo, con "Parola" di Giobbe di Covatta, alla varia, con "Cotto e mangiato" di Benedetta Parodi. Grandi intuizioni, grandi riflessioni e un rispetto ancor più grande per il pubblico di lettori sono stati gli ingredienti di una carriera che possiamo oggi comprendere dagli scritti raccolti in queste pagine. Attraverso l'intensità delle parole di Luigi Spagnol si può cogliere la forza di una vocazione e, soprattutto, si può guardare il mondo attraverso gli occhi di un uomo che, come è stato detto: «Non voleva mai essere protagonista. E fu per questo un editore straordinario».
Già nell'antica Grecia esistevano artiste donne, che hanno decorato palazzi e lasciato tracce del loro lavoro. Durante il Medioevo, per lo più considerato un periodo nel quale le donne non godevano di alcun rilievo nella società, molte opere sono nate grazie alla manualità femminile, che si poteva esprimere soprattutto nei conventi. L'esplosione dell'arte al femminile risale però al Rinascimento, quando alcune artiste sono arrivate a occupare posti di rilievo nelle corti più prestigiose d'Europa godendo di una fama pari ai propri colleghi uomini. Bisogna attendere la fine dell'Ottocento per vedere alcune artiste esporre nelle mostre accanto a pittori uomini: spesso si tratta di compagne di artisti famosi, altre volte di donne capaci di imporre la propria personalità oltre al proprio talento. Sono le apripista di un fenomeno che nel corso del XX secolo diventerà inarrestabile: le artiste firmeranno i manifesti delle avanguardie storiche e saranno sempre più protagoniste, finché nella seconda parte del secolo supereranno i propri colleghi in quanto a fama e quotazioni sul mercato. "Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori" è il titolo della celeberrima opera di Giorgio Vasari che, nel Rinascimento, ha costituito un vero e proprio canone. Oggi Costantino D'Orazio rende onore alle tante 'eccellenti artiste' di cui i canoni si sono troppo spesso dimenticati.
«Del mio tempo mi interessa tutto. E se poi si tratta di arte, di creatività e di bellezza, semplicemente mi perdo». Flavio Caroli, tra i più noti e stimati critici e storici dell'arte italiani, ci ha fatto innamorare delle grandi opere del passato. In questo nuovo volume ci prepara invece al colpo di fulmine con «il genio del Duemila», individuandone i «pilastri», perché «non si può capire l'arte d'oggi se non se ne conoscono almeno le fondamenta». All'origine dei tanti linguaggi dell'arte contemporanea, Caroli identifica sette rivoluzioni maturate a partire dagli anni della Seconda guerra mondiale. L'avventura non può che cominciare con l'Action Painting e le tele di Jackson Pollock - accanto a lui, il francese Jean Fautrier, fondatore dell'Informale al di qua dell'Atlantico -, per proseguire con la Pop Art in un «mondo che sfugge in ogni modo dai confini dell'arte visiva tradizionale». Mentre poi fotografia e pittura figurativa, due linguaggi in combattimento tra loro da più di un secolo e mezzo, s'impongono attraverso gli scatti di Irving Penn e di Ugo Mulas, e i quadri di Francis Bacon e Lucian Freud: tutto è già pronto per le rivoluzioni successive. L'Arte Ambientale, il Minimalismo, l'Arte Concettuale, l'Arte Povera, la Body Art, l'autolesionismo nella Londra negli anni Settanta, la pioniera Marina Abramovi?, l'Arte Astratta, Anish Kapoor, «ponte mirabile fra arte d'Oriente e arte d'Occidente», fino agli «antimanieristici» anni Ottanta - che sempre, nei diversi secoli, più che chiudere il proprio tempo anticipano il secolo che sta per cominciare -, con protagonisti, tra gli altri, Jean-Michel Basquiat e Keith Haring. Caroli racconta la formazione e l'evoluzione di questi fondamentali snodi artistici, ne segnala le derivazioni, le eredità maturate e le proiezioni nel futuro. Tra ricordi personali, aneddoti e interpretazioni poetiche, accompagnati dalle immagini dei capolavori degli ultimi settant'anni, "I sette pilastri dell'arte di oggi" è un prezioso viatico per leggere la nostra contemporaneità con gli occhi dell'estetica.
Oscuro stregone o geniale scienziato, artista illuminato da Dio o eretico miscredente? Tra la Firenze di Savonarola e Machiavelli e la Roma dei rivali Michelangelo e Raffaello, nella vita di Leonardo da Vinci si ritrovano tutta la magnificenza e le contraddizioni del Rinascimento: un'età dell'oro per le arti, con l'umanesimo e la scoperta dell'America, ma anche un'epoca di fanatismo religioso e caccia alle streghe, con l'Inquisizione e i roghi di libri. Nel 1901 Merekovskij non pubblicò solo un romanzo storico, ma anche la più penetrante delle biografie di Leonardo: un uomo semplice e tormentato che viveva il mondo come un'eterna scoperta, curioso come un bambino; capace di studiare per settimane il volo di una mosca "con la stessa matita e lo stesso amore con cui poco prima aveva disegnato il divino sorriso della Vergine". Un precursore che diede tutto se stesso nel tentativo di donare le ali all'umanità, ma che era destinato a rimanere incompreso fra i suoi contemporanei, come un "uomo che si sveglia nel buio, troppo presto, mentre tutti gli altri dormono ancora".
Merezkovskij Dmitrij S. (San Pietroburgo, 1865 - Parigi, 1941) Scrittore, poeta e critico, è annoverato tra i padri del simbolismo russo. Spirito libero poco incline ai compromessi, combatté sia l'autocrazia zarista sia la rivoluzione bolscevica, e nel 1917 fu costretto a emigrare a Parigi. Dopo aver ricoperto per oltre cinquant'anni un ruolo predominante nella cultura russa ed europea, dalla fine degli anni Trenta è stato progressivamente dimenticato, per essere riscoperto solo negli ultimi decenni. Nel 2013 Castelvecchi ha pubblicato il suo romanzo La morte degli dèi, sull'Imperatore Giuliano l'Apostata.