«Non posso dimenticare le ascese giovanili in Grigna passando dalla cresta Segantini… Credo che la via della Chiesa di oggi sia una via stretta: la chiamerei la via del crinale.»
È lucido e consapevole, ma pieno di speranza, lo sguardo con cui il cardinale Angelo Scola racconta la sua vita, la Chiesa e l’Italia, nella profonda e sorprendente conversazione con Luigi Geninazzi: dalla riscoperta della scelta cristiana nell’adolescenza alla militanza in Comunione e Liberazione in fecondo dialogo con il «genio educativo» di don Giussani, e dalle incomprensioni con qualche autorità ecclesiastica milanese all’amicizia con Giovanni Paolo II che lo nomina vescovo a soli quarantanove anni.
Non mancano ricordi personali e collettivi, dal travaglio della lunga malattia e dall’esperienza della psicoanalisi al passaggio tra il papato di Ratzinger, a cui fin dall’avventura di «Communio» lo lega una intensa amicizia intellettuale, e quello di Bergoglio, definito «un salutare colpo allo stomaco per le Chiese d’Europa».
Al centro di questo ricco affresco di aneddoti e riflessioni si staglia una domanda cruciale: a che punto è la Chiesa di oggi? Tra chi riduce il cristianesimo a semplice religione civile e chi propone un puro ritorno al Vangelo, il cardinale indica una «terza via» che è quella delle implicazioni dei misteri della fede.
E dell’impegno fattivo dei credenti per contribuire, ripartendo dalla fede, alla «nascita di una nuova Europa, inevitabilmente meticcia ma non per questo senza più identità».
Padre Cappello, sacerdote gesuita, è stato per quarant'anni un eccezionale confessore, che soccorreva con la medicina della misericordia chi era rimasto ferito nelle battaglie della vita. Padre Pio ai romani che andavano da lui diceva: «Perché venite da me, quando a Roma avete padre Cappello?». Tutti coloro che lo hanno conosciuto lo ricordano come un uomo buono, mite, sorridente, sapiente e umile. Chi si rivolgeva a lui restava colpito dal suo sguardo: non si soffermava sui limiti e sui peccati, che appartenevano al passato, ma su ciò che il Signore poteva fare con ognuno. Leggendo queste pagine, anche noi possiamo incontrare un vero uomo di Dio, per lasciarci afferrare dal suo sorriso rassicurante e dalla sua illuminante saggezza.
Questo libro ha l'intento di far capire la grandezza di Giovannino Guareschi a 360 gradi. Egli non è stato solo un grande scrittore, ma in un certo qual modo anche un grande "teologo" ed un grande "filosofo", pur non possedendo titoli accademici né per l'uno né per l'altro. Un grande "teologo", perché ci ha preso. È riuscito a "profetizzare" le conseguenze ultime della crisi della Chiesa quando questa era solo agli albori. Un grande "filosofo", perché in un tempo di trionfo di relativismo, situazionismo e nichilismo, egli parla del buon senso contadino, quello robustamente realista che riesce a fare anche del "comunistissimo" Peppone un uomo della tradizione.
Gaetana Sterni nasce a Cassola (Vicenza) il 26 giugno 1827 e vive a Bassano del Grappa. Non ancora sedicenne sposa Liberale Conte, vedovo con tre figli in tenera età. Dopo otto mesi di matrimonio felice, mentre è in attesa di un figlio, le muore il marito. Perde anche il bambino a tre giorni dalla nascita. Per interesse, è ingiustamente separata dagli orfani, a lei affezionatissimi, e privata della sua casa. Nel 1847 la propensione alla famiglia sembra spingerla a nuove nozze, ma Gaetana, affascinata da Dio, si affida decisamente a Lui che vuole essere «l'unico sposo dell'anima sua». Per questo entra nel convento delle Suore Canossiane di Bassano. La pace e l'intimità con Dio l'appagano, tuttavia dopo appena quattro mesi, per la morte della madre, deve lasciare il convento e assumersi la responsabilità della famiglia, composta solo di minori. A ventisei anni, finalmente libera da ogni impegno, quando fa progetti per realizzare il suo ideale di vita claustrale, «solo per fare la volontà di Dio» entra nel Ricovero di Bassano, dove impegna tutta se stessa nel servizio dei poveri e degli ammalati. Fra tante contraddizioni e difficoltà, Gaetana trova il suo punto di equilibrio e di forza nell'aspirazione profonda a «compiacere il Signore» facendo la Sua volontà, che intuisce come volontà di bene verso tutti. Si abbandona «come debole strumento» nelle mani di Dio e questa umile disponibilità la conduce, quasi senza che se ne avveda, a dar vita alla Congregazione delle Suore della Divina Volontà. Gaetana muore a Bassano il 26 novembre 1889. È proclamata beata da Giovanni Paolo ii il 4 novembre 2001.
Sono intervenuti ad Amatrice e a Rigopiano, e prestano la loro attività ovunque sia necessario l’impiego di personale specializzato per soccorrere le vittime di crolli dovuti a sismi, esplosioni o dissesti idrogeologici: sono gli Usar, un’unità speciale dei Vigili del Fuoco, dotati di attrezzature dalla tecnologia particolarmente avanzata, grazie alle quali localizzano persone intrappolate sotto le macerie e forniscono i primi soccorsi.
Il libro racconta l’esperienza di quattro di loro, per i quali salvare vite umane è lavoro quotidiano. Il loro impegno presuppone coraggio, laboriosità, solidarietà, generosità, qualità che trasformano una vita ordinaria in «qualcosa di grande».
Giorgio La Pira [Pozzallo (RG) 1904 - Firenze 1977] è stato un protagonista della vita del Novecento italiano e non soltanto; docente universitario in mezzo ai giovani, uno dei padri della Costituzione italiana, deputato e sottosegretario, sindaco di Firenze attento alle attese della povera gente, instancabile fautore di un dialogo di pace fra Est e Ovest, fra Nord e Sud del mondo negli anni ancora dominati dai muri e dai blocchi ideologici.
Questo profilo biografico intende documentare come tutte le scelte di Giorgio la Pira, nei diversi passi e ambiti della sua vita, siano state dominate dalla profondità e dalla forza della fede che lo animava e lo motivava. Sorprendente uomo di azione, politico onesto e competente, amico dei poveri, sfuggente a tutti gli schemi precostituiti, è stato contemporaneamente uomo di contemplazione, convinto che la preghiera è in ogni epoca storica la forza capace di trasformare il mondo.
Oscar Arnulfo Romero, l’Arcivescovo ucciso nel 1980 a San Salvador, va verso la beatificazione. Ciò che sostenne la sua coscienza di pastore, profeta, credente e salvadoregno, disposto a difendere i diritti umani sino al dono di sé, fu la chiarissima percezione della necessità della liberazione dal peccato come radice di ogni altra liberazione.
Cristo era, nella sua riflessione, colui che porta alla liberazione integrale e che non permette di nascondere il conflitto e le responsabilità storiche, ma che invita tutti alla conversione.
Romero sostenne fino alla morte il suo servizio al Vangelo, specialmente verso i poveri, illuminando l’azione pastorale della chiesa nella denuncia dei mali storici e sociali.
«Formatosi alla scuola del Concilio, don Tonino è stato formatore e appassionato curatore di vocazioni con l’impegno di tutto se stesso: innamorato della sua vocazione, sapeva fare innamorare gli altri della chiamata di Dio, mettendo ali alla sua vita quotidiana, sapendo leggere nei cuori, irradiando luce di fede e di carità con la sua semplice presenza, curando i rapporti personali senza mai massificare le relazioni, costruendo ponti di dialogo e di misericordia, ispirandosi sempre all’ideale della perfetta letizia». (Dalla prefazione di Mons. Bruno Forte)
Il libro di Mons. Angiuli conduce il lettore a rintracciare un don Tonino forse meno noto, ma necessario per comprenderne a tutto tondo la figura: l’educatore di coloro che, come lui, avevano avuto il sentore di una chiamata particolare; una chiamata di dedizione a Cristo, alla Chiesa e, di conseguenza, all’umano in ogni sua espressione.
A 14 anni Alexandrina, cresciuta nel villaggio portoghese di Balasar, salta da una finestra pur di sfuggire alla violenza di tre uomini. Una caduta di quattro metri che avrà gravi ripercussioni sul suo fisico, per tutta la vita: paralizzata a letto per oltre trent'anni, senza poter ingerire quasi nulla, si nutrì per gli ultimi tredici della sola eucaristia quotidiana. Rivisse per 182 volte, ogni venerdì, la Passione di Cristo, soffrendo i dolori delle stimmate, della coronazione di spine e della flagellazione. In questa biografia si ripercorre la sua vita di mistica e beata, da ragazza coraggiosa a donna devota, per scoprire il dono del sorriso con cui Alexandrina intendeva difendere la pace nel cuore di ognuno.
Pur fra molte incertezze, la leggenda ci narra che Akiva ben Joseph nacque attorno all'anno 50 dell'era volgare, forse nella città di Lod, nell'odierna Israele, e morì martirizzato attorno al 135 per aver continuato a insegnare pubblicamente la Torah nonostante la proibizione delle autorità romane. Si dice che fece in modo di spirare prolungando la parola echad, «uno», che conclude la prima frase della preghiera ebraica Shemà: «Ascolta Israele, il Signore nostro Dio, il Signore è uno». Rabbi Akiva, tuttavia, è una storia prima ancora che un uomo, e questo libro non può dunque essere una biografia nel senso comune del termine. È piuttosto un affresco, che attraverso la figura dell'uomo più saggio e ammirato del Talmud, fotografa la cultura ebraica palestinese del i secolo, nel drammatico momento della sua riconversione da antica religione centralizzata - fondata sul Tempio e sulla casta sacerdotale - a moderna religione diffusa di «maestri» (l'etimo di rabbini), fondata sullo studio e l'interpretazione della Torah. Tanto più che di Akiva abbiamo solo riferimenti interni a quel mondo e nulla di lui ci è invece pervenuto da fonti non ebraiche. Nel Talmud - un'immensa opera letteraria, giuridica, filosofica e religiosa, composta tra il I e il V secolo - Akiva viene descritto come il «capo di tutti i saggi», l'uomo di umili origini che studiò la Legge in età già adulta, il commentatore arguto e inventivo, quasi sempre vincente nelle dispute tra saggi. È l'esempio da seguire, e come tale è considerato l'iniziatore del rabbinismo. A questo Akiva «canonico», Holtz aggiunge qui mille sfaccettature, in un testo denso e godibile, che ci restituisce il senso di un vero e proprio eroe della sapienza, una figura sulla quale si è costruito per diversi secoli l'esempio per eccellenza del buon maestro ebraico. Questo libro può essere letto come un'introduzione al Talmud. Holtz, infatti, analizza la vita di Rabbi Akiva con una metodologia che riflette i procedimenti che si trovano in quell'opera. Così, leggendo queste pagine potremo apprendere due cose: chi fosse Akiva e quanto importante sia ancora oggi la tradizione che ce ne ha tramandato le idee; e in che termini e con quale logica si affrontano i problemi nel Talmud.
Il testo di padre De Ascaniis, curato dal padre Sergio Ticozzi suo confratello e autore di numerosi saggi storici sulla storia del PIME, ci rende edotti sulle difficoltà che questi missionari dovettero affrontare in terra cinese, in un periodo in cui la lotta fra comunisti, nazionalisti e giapponesi travagliava le popolazioni e le esponeva a grandi rischi per la propria vita. Ma anche in quelle temperie, padre De Ascaniis seppe tener fede alla sua missione, come quando (lo leggerete nel libro) dovette mettere in guardia alcuni suoi fedeli dai rischi del comunismo, pur sapendo che stava rischiando di essere denunciato ed incarcerato. La verità va annunziata interamente, per come è, non abbandonando una sana prudenza che non deve mai divenire codardia. Il missionario è colui che abbandona tutto per qualcosa di più grande, quindi la sua prospettiva non può mai essere quella che si esaurisce a viste umane.