
Nel confondere memoria privata e memoria collettiva, antropologia e nostalgia, storia e politica, ciò che vorremmo è che il nostro mondo rimanesse quello che abbiamo conosciuto. Ci difendiamo dal cambiamento. Per questo si rivendica sempre l'importanza delle nostre radici culturali, mai delle altrui. Nelle "radici" pensiamo di trovare autenticità e purezza, ma le culture sono mutevoli e complesse, non musei di sopravvivenze imbalsamate. Una pacata riflessione per metterci in guardia contro i ricorrenti appelli all'identità e alla tradizione in quanto ossessioni strumentali e fuorviarti.
Educazione di genere e identità di genere sono espressioni che stanno entrando nell'uso comune. Ma di quale genere si parla? E come coinvolge l'identità della persona e l'educazione all'affettività? Quale significato può assumere in relazione alla sessualità umana? Si tratta di una scelta? Oggi la corrente culturale del gender contesta alcuni stereotipi sociali connessi con il genere maschile e femminile e sostiene la legittimità di altri generi, che rappresentano delle varianti e possono essere connessi a condizioni particolari dal punto di vista biologico o psicologico. Si afferma così una distinzione tra identità di genere e sesso biologico e si rivendica a ciascun individuo la scelta dell'identità di genere che vuole avere. Anche l'idea di orientamento sessuale si presta a ogni interpretazione soggettiva, tanto che il range si fa amplissimo e su Facebook si contano fino a 55 varianti diverse.
Le origini dell'uomo moderno sono davvero così recenti? La teoria dell'evoluzione è così scientificamente documentata e inattaccabile? Una recente interpretazione archeologica condotta da due ricercatori dimostrerebbe il contrario. Secondo Michael A. Cremo e Richard L. Thompson, a dispetto delle più consolidate teorie scientifiche, le origini dell'uomo moderno non risalirebbero a 100.000 anni fa, ma a ben tre milioni di anni fa. I siti archeologici che producono tali evidenze, non solo sotto forma di reperti paleontologici, ma anche di manufatti, vengono dettagliatamente descritti e interpretati in questo saggio affascinante e provocatorio. L'intento divulgativo di questo studio non smorza tuttavia i toni di accusa contro il mondo scientifico, che secondo gli autori avrebbe ignorato e occultato le prove più scomode, con l'obiettivo di mantenere saldo lo "status quo" della teoria evolutiva. Ciò che emerge è che con ogni probabilità non è esistita un'evoluzione del genere umano dall'Australopiteco all'Homo Sapiens, ma che al contrario uomini e ominidi hanno da sempre coesistito sulla Terra e che quindi la teoria evoluzionista della vita sul nostro pianeta, su cui si basano le odierne scienze naturali, non hanno alcun fondamento certo. Introduzione di Graham Hancock.
Ciò che a Sarah Moore Grimké, donna particolarmente sensibile e profondamente religiosa, stava davvero a cuore, era la condizione femminile dal punto di vista morale e intellettuale. Contro una concezione distorta e radicata che sanciva l'inferiorità della donna rispetto all'uomo, si impegnò a dimostrare l'eguaglianza tra i sessi a partire da una diversa interpretazione del testo biblico. Analizzando la condizione della donna nelle relazioni sociali, l'autrice sottopose a una critica serrata l'opinione comune di attribuire solo all'uomo qualità come l'eroismo o l'intelligenza, e, nello stesso tempo, formulò un energico appello all'azione femminile. Queste riflessioni sono una testimonianza di una delle prime espressioni del femminismo americano.
Il filo rosso dei saggi è la scoperta che "non esiste una cultura asessuata". Un Simmel "riformista" applica la sua ontologia dualistica del maschile e del femminile ai problemi della donna nel mondo moderno, rivolgendo l'attenzione ai loro aspetti sociali, politici, sessuali e psicologici. Simmel trova una lingua filosofica per la concretezza di una situazione storica. Ciò rivela i suoi meriti e i suoi limiti, ma soprattutto ne fonda l'attualità nel dibattito attuale, femminista e non, sulla condizione femminile, non priva di valore morale: "Ogni volta che un uomo compra una donna, va perduto un pezzo del rispetto per l'umanità".
"Ma come si possono adorare il legno e la pietra?" si chiedevano i missionari cristiani - e alcuni etnologi - di fronte al mistero delle religioni africane. Quale sia il senso del feticismo, cosa significhi (e implichi) attribuire forza vitale e potenza di senso a quelli che a noi appaiono solo degli oggetti, ce lo spiega Marc Auge in queste pagine, mostrandoci come nel "feticcio" trovi in realtà espressione un'affascinante concezione del rapporto tra cose e persone. Tra materia e vita, tra uomini e divinità, tra morti e viventi, sostiene un sacerdote del Benin, non c'è soluzione di continuità, come non c'è tra un individuo e un altro. Il feticismo, quindi, come chiave paradossalmente attuale per comprendere non solo un sistema di pensiero apparentemente molto lontano dal nostro, ma per intuire anche molte questioni al centro della riflessione delle scienze umane sulla surmodernità: la crisi del soggetto, la frammentazione dei confini tra categorie e relazioni. Nella postfazione Nicola Gasbarro - che ha tradotto e curato il volume ricostruisce il quadro teorico della riflessione di Auge, tracciando le coordinate dell'incrocio inevitabile tra antropologia e storia delle religioni.
"Etnografa, allieva o vicina ai grandi nomi della moderna etnografia e antropologia (quelli del Musée de l'Homme parigino), Germaine Tillion ha studiato in gioventù l'Algeria scoprendo la persistenza dei costumi e l'intreccio tra economia e società, tra credenze e pratiche, e ponendosi istintivamente, e verrebbe da dire cristianamente, dalla parte dei deboli è però chiara e profonda nell'analisi di un assetto sociale, di come esso si è formato e si regge... Militante, e segnata da una tradizione che possiamo dire socialista, ha reagito all'invasione tedesca della Francia in modo combattivo, e lo ha scontato venendo spedita nel lager di Ravensbruck dove sua madre è morta e dove ha contribuito alle azioni di resistenza continuando ad analizzare la realtà, anche la più atroce, con le lenti della sua scienza, per capire spiegare combattere anche quel nuovo tipo di dominio e di massacro... Mi viene da accostare la Tillion a certe figure femminili del dopoguerra italiano che ho avuto modo di frequentare e dalle quali ho avuto modo di imparare, in particolare quelle che, venendo dalla Resistenza, sono state vicine alla politica ma facendo politica a modo loro. Educando, con le parole e con i fatti. Penso ad Ada Gobetti, a Margherita Zoebeli, o ad Angela Zucconi".
Questo libro propone una galleria di storie vere e insieme esemplari: troveremo i casi di Remo e Katia, vittime di una madre anaffettiva e incurante; di Lira, che a otto anni comprende e accetta l'amore omosessuale del padre; di Lina, madre adottiva alla ricerca disperata dei genitori naturali del figlio diciottenne; di zia Flora e zia Rosa, due anziane signore che si prendono cura di una bambina appena nata; di Lucia, vittima di abusi da parte del compagno della madre; e poi di Luca, figlio felice di una coppia omogenitoriale... Queste e altre testimonianze ci fanno entrare nel vivo delle vite di bambini e famiglie che si affacciano ogni giorno nelle aule del Tribunale per i minorenni, in cui l'autrice ha operato per oltre trent'anni. L'obiettivo è non solo quello di far luce sui cambiamenti profondi della famiglia, ma anche di sollecitare scelte efficaci in tutti coloro che hanno un ruolo educativo verso bambini e ragazzi.
La donna che mette al mondo un figlio non è mai sola. II primo a essere coinvolto è il suo compagno: coinvolto da lei e per lei, ma anche coinvolto in prima persona. Quando nasce un bambino, "nascono" anche una madre, un padre, dei nonni. Per lasciare spazio al neonato, sulla scacchiera della famiglia ognuno si ritrova collocato in una casella diversa, a interpretare un ruolo a cui non è preparato e nel quale talvolta deve improvvisare. Con la sua presenza, quel bambino che sconvolge i ruoli genera scompiglio. E lo sconvolgimento dei ruoli, a sua volta, produce sul bambino degli effetti che spesso non sono riconoscibili da chi gli è più vicino. Basandosi su una lunga attività clinica di pediatra e sulla propria consapevole esperienza di figlio, padre e nonno, Franck Dugravier descrive la catena di cambiamenti che la nascita di un bambino provoca. Rovesciando la prospettiva usuale, l'autore guarda il bambino e partendo da lui ricostruisce le relazioni che un figlio "mette al mondo": senza sentimentalismi ma con uno stile di grande dolcezza Dugravier racconta così - da quelli iù prevedibili ai più sorprendenti - i diversi modi di diventare genitori.
Il libro rappresenta la prima ricognizione, in ambito italiano, dell'antropologia simbolica o religiosa. Oltre a fornire una dettagliata ricostruzione di alcuni cardini fondamentali delle prospettive filosofico-antropologiche dei tre autori di riferimento (Mircea Eliade, Gilbert Durand e Julien Ries), il volume propone una visione sintetica della disciplina, ponendosi sia come introduzione alla stessa sia come originale riflessione sul suo statuto. "Introduzione all'antropologia simbolica. Eliade, Durand, Ries" è dunque rivolto al lettore che si avvicina per la prima volta all'oggetto, così come allo specialista (antropologo, storico, filosofo o sociologo delle religioni) interessato a considerare e approfondire un punto di vista inedito e ulteriore in relazione alla propria disciplina.
In una prospettiva antropologica, il libro smonta stereotipi e luoghi comuni sul Medio Oriente e sulla vita delle sue popolazioni, per cogliere quanto di più specifico vi è nei sistemi culturali di quest'area. In che senso si può parlare di identità islamica? Esiste un nesso tra politica e religione? Quali sono le dinamiche sociali prevalenti? A quali cambiamenti la regione è andata incontro con la creazione degli stati nazionali e, a partire dal secondo dopoguerra, con l'egemonia acquisita da alcuni paesi rispetto ad altri? E qual è, oggi, il ruolo dell'Arabia Saudita nel successo del fondamentalismo islamico? A partire anche dall'esperienza personale, Ugo Fabietti evidenzia le profonde tensioni che percorrono il Medio Oriente, in bilico tra passato e presente, autoritarismo e democrazia, tradizione e modernità, introducendo il lettore alla realtà complessa di questa regione, dai confini fluidi e incerti, politicamente instabile e tuttavia più che mai presente sulla scena del mondo contemporaneo.
"Gli uomini hanno i viaggi, le donne hanno gli amanti." Se André Malraux avesse conosciuto meglio alcune delle protagoniste di queste pagine, forse non si sarebbe azzardato a liquidare così le passioni femminili. Perché spesso quelle storie d'amore sono il motore nascosto di grandi eventi storici. Soprattutto se a innamorarsi sono donne che hanno avuto un ruolo importante nello spionaggio del Novecento. Alcune hanno iniziato a collaborare con i servizi segreti per spirito d'avventura e patriottismo, altre perché non avrebbero potuto fare diversamente, e sono partite contro tutto e tutti gettandosi con un paracadute come Krystina Skarbek o resistendo alle più atroci torture come Odette Brailly. La più famosa è Mata Hari, la più insospettabile Joséphine Baker, mogli infelici e collezioniste di amanti, l'una giustiziata come doppiogiochista, l'altra convinta collaboratrice della sua patria d'elezione, la Francia. E come loro Gertrude Bell, archeologa, scrittrice e agente segreto in Medio Oriente durante lo Grande Guerra. E ancora Violette Morris, campionessa sportiva francese, bisessuale, che lavorò per la Germania, o la bellissima attrice austriaca Hedy Lamarr, che fuggendo a un marito dispotico che collaborava con i tedeschi, ne portò con sé i segreti militari. Cinzia Toni ha restituito a queste Donne pericolose il loro posto nella storia. Sono ritratti indimenticabili di avventuriere affascinanti e ambigue, passionali e generose, potenti ed emozionanti.